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venerdì 14 luglio 2023

da: "Silenzio" - Romano Battaglia

 La nostra vita scorre in mezzo al chiasso, tra fiumi di parole spesso inutili che servono solo a coprire le nostre incertezze, il disagio interiore quando siamo a contatto con gli altri.
Ho sperimentato l'effetto del silenzio su di me, sulle mie sensazioni, sul mio animo nelle lunghe notti estive, quando la folla degli incontri pomeridiani al “Caffè de La Versiliana” era ormai lontana e l'aria di protagonismo degli ospiti e del pubblico si era dissolta alle soglie della cattedrale verde del bosco, le voci, i discorsi, gli applausi si erano spenti.
L'ho trovato, il silenzio, la notte, nel mio giardino, sotto il cielo stellato, in mezzo alle piante di pitosforo e rosmarino, tra il profumo delle rose, nel luogo dove mi piace pensare sosti l'anima che vuole ritornare bambina.
In queste ore notturne, in compagnia di un gatto e al lume di candela, ho rievocato episodi vicini e lontani. Ho rivisto i volti di tante persone, ho risentito le loro voci, ho riflettuto sulla vita, sugli errori che mi hanno condizionato, sulle paure, sui sentimenti, sui dubbi che hanno frenato l'azione.

Queste notti mi hanno permesso di rivalutare il silenzio: esso solo ci consente di ritagliare spazi di buonsenso per non essere travolti dal ritmo incalzante dell'arroganza dilagante, per intrecciare un dialogo sereno con noi stessi e con gli altri.

- Romano Battaglia -
da: Silenzio, Editore Rizzoli, Milano 2005



Il silenzio è la forza che agisce in questo libro come un solco vero e inafferrabile.
E una linea di fuga che un uomo non più giovane sceglie per tentare di liberarsi dal gioco balordo degli incontri e degli inviti intrisi di protagonismo.
Ed è una scommessa vincente, perché nella solitudine, lontano dalla civiltà del rumore e del fatuo, l’uomo ritrova la parte più autentica di sé, quella che pensava di aver sepolto molti anni prima insieme ai sogni e ai progetti mai realizzati.

- Romano Battaglia -
da: Silenzio, Editore Rizzoli, Milano 2005


Bastava una sola, semplice cosa: il silenzio, il non parlare portava molto più tempo per pensare.
Pensare portava più tempo ad ascoltare.
Ascoltare portava amore per l’immobilità, e l’immobilità era la strada per la risposta…

- Romano Battaglia -
da: Silenzio, Editore Rizzoli, Milano 2005


Bisogna saper ascoltare il silenzio del cielo per capire il significato della nostra vita su questa terra.
Il cielo ci aiuta a ricordare.

- Romano Battaglia -
Il silenzio del cielo


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 12 giugno 2023

La morte del pessimismo - leggenda araba

C'era una volta un vecchio, così vecchio che non ricordava neppure di essere stato giovane. E forse non lo era mai stato.
In tutto il tempo che era stato in vita, ancora non aveva imparato a vivere.
E, non avendo imparato a vivere, non riusciva neppure a morire.

Non aveva speranze né turbamenti; non sapeva né piangere né sorridere.
Nulla esisteva al mondo che potesse addolorarlo e stupirlo. Trascorreva i suoi giorni inoperosi sulla soglia della sua capanna, guardando con occhi indifferenti il cielo, quello zaffiro immenso che Allah pulisce ogni giorno con la soffice bambagia delle nuvole.
A volte qualcuno si fermava ad interrogarlo. Così carico d'anni qual era, la gente lo credeva molto saggio e cercava di trarre qualche consiglio dalla sua secolare esperienza.

«Che cosa dobbiamo fare per conquistare la gioia?» gli chiedevano i giovani. «La gioia è un'invenzione degli stolti», rispondeva lui.

Passavano uomini dall'animo nobile, apostoli bramosi di rendersi utili: «In che modo possiamo sacrificarci, per giovare ai nostri fratelli?» gli domandavano. «Chi si sacrifica per l'umanità è un pazzo», rispondeva il vecchio con un ghigno sinistro.

«Come possiamo indirizzare i nostri figli sulla via del bene?», domandavano i padri e le madri. «I figli sono serpi», rispondeva il vecchio. «Da essi non ci si può aspettare che morsi velenosi».

Anche gli artisti e i poeti, nella loro ingenuità, si recavano talvolta a consultare quell'uomo. «Insegnaci ad esprimere quell'anelito che abbiamo nel cuore!», gli dicevano. «Fareste meglio a tacere», sogghignava il vegliardo.

Le convinzioni malvagie di colui che non sapeva né vivere né morire, poco a poco si diffondevano nel mondo.
L'Amore, la Bontà, la Poesia, investiti dal ventaccio del Pessimismo (poiché tale era il nome del Vecchio), si appannavano e inaridivano.
L'esistenza umana veniva sommersa in una gara di stagnante malinconia.

Alla fine Allah si rese conto dello sfacelo che il Pessimismo operava nel mondo, e decise di porvi riparo. «Poveretto», pensò, «scommetto che nessuno gli ha mai dato un bacio». Chiamò un bambino e gli disse: «Va' a dare un bacio a quel povero vecchio».

Subito il bambino obbedì: mise le braccia intorno al collo del vecchio e gli scoccò un bacio sulla faccia rugosa.
Il vegliardo fu molto stupito - lui che non si stupiva di niente. Difatti, nessuno mai gli aveva dato un bacio. E così il Pessimismo aperse gli occhi alla vita, e morì sorridendo al bambino che lo aveva baciato.

Leggenda araba



Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto,  ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,  ma di come danzare nella pioggia!

Kahlil Gibran -



Tu ti credi già al limite delle possibilità ed ecco che nuove forze accorrono.
È proprio questa la vita.

- Franz Kafka -

Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 26 maggio 2023

Amore - Piero Gribaudi

C'era una volta un uomo di nome George Thomas, era pastore protestante e viveva in un piccolo paese. Una mattina della Domenica di Pasqua stava recandosi in Chiesa, portando con sé una gabbia arrugginita. La sistemò vicino al pulpito. La gente era alquanto scioccata. Come risposta alla motivazione, il pastore cominciò a parlare...
Ieri stavo passeggiando, quando vidi un ragazzo con questa gabbia. Nella gabbia c'erano tre uccellini, tremavano dal freddo e per lo spavento. Fermai il ragazzo e gli chiesi:
"Cos'hai lì, figliolo?" "Tre vecchi uccelli" fu la risposta.
"Cosa farai di loro?" Chiese
"Li porterò a casa e mi divertirò con loro", rispose il ragazzo.
"Li stuzzicherò e strapperò le piume così litigheranno. Mi divertirò tantissimo".
"Ma presto o tardi ti stancherai di loro. Allora cosa farai?"
"Oh, ho dei gatti," disse il ragazzo." A loro piacciono gli uccelli, li darò a loro".
Il pastore rimase in silenzio per un momento." Quanto vuoi per questi uccelli, figliolo?"
"Cosa!? Perché, mica li vuoi, Signore, sono uccelli di campo, niente di speciale. Non cantano. Non sono nemmeno belli!"
"Quanto?" Chiese di nuovo il pastore.
Pensando fosse pazzo il ragazzo disse: "10$".
Il pastore prese 10$ dalla sua tasca e li mise in mano al ragazzo.
Come un fulmine il ragazzo sparì. Il pastore prese la gabbia e con delicatezza andò in un campo dove c'erano alberi e erba. Aprì la gabbia e con gentilezza lasciò liberi gli uccellini. Cosi si spiega il motivo per la gabbia vuota accanto al pulpito. Poi iniziò a raccontare questa storia.

Un giorno Satana e Gesù stavano conversando. Satana era appena ritornato dal Giardino di Eden, era borioso e si gonfiava di superbia.
"Sì, Signore, ho appena catturato l'intera umanità. Ho usato una trappola che sapevo non avrebbe trovato resistenza, ho usato un'esca che sapevo ottima. Li ho presi tutti!"
"Cosa farai con loro?" Chiese Gesù.
Satana rispose: "Oh, mi divertirò con loro! Gli insegnerò come odiare e farsi male a vicenda, come bere e fumare e bestemmiare. Gli insegnerò a fabbricare armi da guerra, fucili e bombe e ammazzarsi fra di loro. Mi divertirò un mondo!"
"E poi, quanto hai finito di giocare con loro, cosa ne farai?" , chiese Gesù.
"Oh, li ucciderò!" Esclamò Satana con superbia.
"Quanto vuoi per loro?" Chiese Gesù.
"Ma va, non la vuoi questa gente. Non sono per niente buoni, sono cattivi. Li prenderai e ti odieranno. Ti sputeranno addosso, ti bestemmieranno e ti uccideranno. No, non puoi volerli!"
"Quanto?" Chiese di nuovo Gesù.
Satana guardò Gesù e sogghignando disse: "Tutto il tuo sangue, tutte le tue lacrime e la tua vita."
Gesù disse: "affare fatto!"
E poi pagò il prezzo. Il pastore prese la gabbia e lasciò il pulpito.

- Piero Gribaudi - 

dal libro "Il libro della saggezza interiore. 99 storie intorno all'uomo" di Piero Gribaudi




La sete 

Un giovane si presentò a un sacerdote e gli disse: "Cerco Dio".
Il reverendo gli propinò un sermone. Concluso il sermone, il giovane se ne andò triste in cerca del vescovo. "Cerco Dio".
Monsignore gli lesse una sua lettera pastorale. 

Terminata la lettura, il giovane, sempre più triste, si recò dal papa. "Cerco Dio".
Sua santità cominciò a riassumergli la sua ultima enciclica, ma il giovane scoppiò in singhiozzi.
"Perché piangi?", gli chiese il papa del tutto sconcertato. 

"Cerco Dio e mi offrono parole."
Quella notte il sacerdote, il vescovo e il papa fecero un medesimo sogno. Sognarono che morivano di sete e che qualcuno cercava di dar loro sollievo con un lungo discorso sull'acqua.

da: "Agenda Missionaria"



Senza comunione non può esserci testimonianza: la grande testimonianza è proprio la vita di comunione. Lo disse chiaramente Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). 
Questa comunione è la vita stessa di Dio che si comunica nello Spirito Santo, mediante Gesù Cristo. 
E’ dunque un dono, non qualcosa che dobbiamo anzitutto costruire noi con le nostre forze. 
Ed è proprio per questo che interpella la nostra libertà e attende la nostra risposta: la comunione ci chiede sempre conversione, come dono che va sempre meglio accolto e realizzato.

- Papa Benedetto XVI - 
Omelia, 10 ottobre 2010



Buona giornata a tutti. :-)


sabato 20 maggio 2023

L'acqua della bontà e altre storie

Un frate cappuccino, andando alla questua, entrò un giorno in una casa, dove una donna piangeva. Domandò: - Perché piange, la mia cara donna? 
Quella rispose: - Perché mio marito mi maltratta spesso, mi picchia perfino. Riprese il frate: - So che tu sei buona e perciò capirai il mio rimedio. - Quale rimedio? - interrogò la donna? - Ecco, prendi questa bottiglietta. Quando tuo marito minaccerà tempesta, metti in bocca quest’acqua prodigiosa. Vedrai che il temporale cesserà quasi d’incanto. 
Quando il marito con il suo caratteraccio prepotente incominciava ad urlare, la buona donna si metteva l’acqua in bocca, e quindi, naturalmente, non poteva rispondere. 
Vedendo tanta dolcezza e sentendo silenzio, il marito si calmava: la sua ira sbolliva immediatamente. 
Ritornando, il frate chiese: - E allora come va la mia medicina? Rispose la donna: - Mi costa un mondo di fatica, ma è veramente prodigiosa! - Certo - concluse il buon frate cappuccino, - è nient’altra che acqua di fonte, acqua di bontà... Ne ho qui una bottiglietta anche per suo marito!



 Avvenne una volta che un uomo decise di ripudiare la moglie, poiché non gli aveva dato figli. 
Si presentò allora al rabbino per avere la sua approvazione. 
Il rabbino disse: — Approvo, ma a una condizione. Che come avete fatto festa quando vi siete uniti, così facciate festa ora che vi dividete. 
Fu fatta quindi una gran festa, con danze, cibi prelibati e ottimo vino. 
La donna approfittò dell’occasione per far bere il marito più del solito, così che questi, in preda all’euforia, a un certo punto le disse: — Figliola, puoi portare via dalla mia casa quel che più ti piace; e poi torna alla casa di tuo padre. 
Che cosa fece allora la donna? 
Quando il marito fu addormentato, ordinò ai servi di portare lui e il letto in cui dormiva nella casa di suo padre.



Quando ti chiedi cos’è l’amore,
immagina due mani ardenti che si incontrano,
due sguardi perduti l’uno nell’altro,
due cuori che tremano di fronte all’immensità di un sentimento,
e poche parole per rendere eterno un istante.

- Alan Douar - 


La Grazia del dialogo

Signore Dio, ti lodiamo e ti glorifichiamo 
per la bellezza di questo dono che si chiama dialogo.

E' un "figlio" prediletto di Dio perché è simile alla corrente alternata che rifluisce incessantemente in seno
alla Santa Trinità.

Il dialogo scioglie i nodi, dissipa i sospetti,
apre le porte, risolve i conflitti, fa crescere la persona.
E' vincolo di unità e fonte di fratellanza.
O Signore Gesù, 
quando appare la tensione concedimi l'umiltà necessaria 
per non voler imporre la mia verità contrastando la verità del mio fratello,
fa' che io sappia tacere al momento opportuno 
e aspettare che egli abbia completato il suo pensiero.
Dammi la saggezza per capire 
che nessun essere umano è in grado di possedere 
l'intera verità assoluta,
e che non c'è errore o stravaganza ai miei occhi 
che non racchiuda qualche elemento di verità.
Dammi la saggezza per riconoscere che anch'io,
posso sbagliare su qualche aspetto della verità,
e che dalla verità del fratello posso invece arricchirmi.
E infine dammi la generosità di pensare 
che anch'egli ricerca onestamente la verità,
e di accogliere senza pregiudizi e con benevolenza
le opinioni degli altri.
O Signore Gesù, dacci la grazia del dialogo. Amen

- Padre Ignazio Larranaga - 


Buona giornata di dialogo a tutti e.... tutte. :-)




sabato 25 marzo 2023

Il professore e il barattolo della vita

Un insegnante di filosofia voleva incoraggiare i suoi studenti a riflettere sulla vita.

Prese un barattolo di vetro che posò sul tavolo, successivamente prese una dozzina di palline da golf e le iniziò ad inserire una ad una all’interno del barattolo.

Dopo che ebbe finito di riempire il barattolo con le palline da golf domandò ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno.

Tutti dissero di sì.

Il professore prese ora dei sassolini e li iniziò a versare all’interno del barattolo, gli studenti si accorsero che le piccole pietre si inserivano negli spazi lasciati dalle palline da golf.

Quindi il professore chiese se adesso il barattolo fosse realmente pieno, di nuovo ricevette un collettivo “si”.

Allora il professore prese una busta con della sabbia e la iniziò ad inserire all’interno del barattolo.

La sabbia si andò a inserire tra gli spazi rimasti tra le palline e le pietre riempiendo così ulteriormente il barattolo di vetro.

A questo punto il professore chiese nuovamente se il barattolo adesso fosse finalmente pieno.

Gli studenti sicuri del fatto che al suo interno non vi fosse più spazio per nulla, risposero in coro di sì.

Il professore sorridendo tirò fuori una birra e iniziò a versarne una parte all’interno del barattolo.

Gli studenti stupiti e divertiti da quanto appena visto scoppiarono a ridere. Finita la risata, il professore disse:

“Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita: 
le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, l’amore, gli affetti, la salute, gli amici e le nostre passioni. Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene.
I sassolini sono le altre cose che ci importano come il lavoro, la casa, la macchina, i soldi, etc.
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.

Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto né per le palle da golf né per i sassolini.
La stessa cosa succede con la vita.
Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energie nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti.

Fate attenzione alle cose che sono cruciali per la vostra felicità: giocate con i vostri figli, visitate i vostri cari, prendetevi il tempo per andare dal medico, dedicate tempo e attenzioni al vostro partner, praticate il vostro sport o hobby preferito e coltivate e inseguite i vostri sogni.

Ci sarà sempre tempo per pulire la casa, falciare il prato, guardare la televisione ecc.

Occupatevi prima delle palline da golf, delle cose realmente importanti.
Stabilite le vostre priorità, il resto è solo sabbia.”

Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentassero le birre. Il professore sorrise e disse:
“Sono contento che tu me l’abbia chiesto. E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la tua vita, ci sarà sempre spazio e tempo per bere una birra con un amico.”


Dall’inverno alla primavera

Quando l’inverno muore
lentamente nella primavera,
nelle sere di quei bei giorni limpidi,
lieti, senza vento,
su cui si tengono spalancate
per le prime volte le finestre
e si portano sulle terrazze i vasi dei fiori,
le città offrono uno spettacolo gentile
e pieno d’allegrezza e di poesia.
A passeggiare per le vie si sente,
di tratto in tratto, sul viso,
un’ondata d’aria tiepida, odorosa.
Di che? di quali fiori? di quali erbe?
Chi lo sa!

(Edmondo De Amicis)


Buona giornata a tutti :-)


www.leggoerifletto.it











venerdì 10 marzo 2023

Da: Il libro di sabbia di Jorge Luis Borges

 La linea è costituita da un numero infinito di punti; il piano, da un numero infinito di linee; il volume, da un numero infinito di piani; l'ipervolume, da un numero infinito di ipervolumi... No, decisamente non è questo, more geometrico, il modo migliore di iniziare il mio racconto. È diventata ormai una convenzione affermare che ogni racconto fantastico è veridico; il mio, tuttavia, è veridico.

Vivo solo, a un quarto piano di calle Belgrano. Qualche mese fa, verso sera, sentii bussare alla porta. Aprii ed entrò uno sconosciuto. Era un uomo alto, dai lineamenti indistinti. Forse era la mia miopia a vederli così. Tutto il suo aspetto lasciava trasparire una dignitosa povertà. Era vestito di grigio e aveva in mano una valigia grigia. Intuii subito che era straniero. All'inizio mi parve vecchio, poi mi resi conto che ero stato tratto in inganno dai suoi radi capelli biondi, quasi bianchi, come quelli degli scandinavi. Nel corso della nostra conversazione, che non sarebbe durata neppure un'ora, seppi che veniva dalle Orcadi.

Gli indicai una sedia. L'uomo tardò a parlare. Emanava un senso di malinconia, come me adesso. «Vendo Bibbie, » spiegò. Non senza pedanteria gli risposi: «In questa casa ci sono varie Bibbie inglesi, compresa la prima, quella di John Wiclif. Ho anche quella di Cipriano de Valer, quella di Lutero, che letterariamente è la peggiore, e un esemplare della vulgata latina. Come vede, non sono esattamente le Bibbie a mancarmi». Dopo un attimo di silenzio ribatté: «Non vendo solo Bibbie. Posso mostrarle un libro sacro che forse le interesserà. L'ho acquistato ai confini di Bikaner».

Aprì la valigia e la posò sopra il tavolo. Era un volume in ottavo, rilegato in tela. Senza dubbio era passato per molte mani. Lo esaminai; il suo insolito peso mi meravigliò. Sul dorso c'era scritto Holy Writ, e sotto Bombay. «Sarà del diciannovesimo secolo » osservai. «Non lo so. Non l'ho mai saputo» rispose. Lo aprii a caso. La scrittura mi era sconosciuta. Le pagine, che mi sembrarono logore e povere dal punto di vista tipografico, erano stampate su due colonne alla maniera di una Bibbia. Il testo era fitto e disposto in versetti. Negli angoli in alto comparivano numeri arabi. Attrasse la mia attenzione il fatto che la pagina pari portasse (mettiamo) il numero 40.514 e quella dispari, successiva, il 999. La voltai: il verso aveva una numerazione a otto cifre. C'era anche una piccola illustrazione, come si usa nei dizionari: un'ancora disegnata a penna, come dalla mano goffa di un bambino. Fu allora che lo sconosciuto mi disse: «La guardi bene. Non la vedrà mai più.»

C'era una minaccia nell'affermazione, ma non nella voce. Guardai bene il punto esatto e chiusi il volume. Poi lo riaprii immediatamente. Cercai invano la figura dell'ancora, pagina dopo pagina. Per nascondere il mio sconcerto, gli chiesi: 

«Si tratta di una versione delle Scritture in qualche lingua indostanica , non è vero?» 

«No» rispose. Poi abbassò la voce come per confidarmi un segreto: «L’ho acquistato in un villaggio della pianura, in cambio di qualche rupia e della Bibbia. Il proprietario non sapeva leggere. Ho il sospetto che nel Libro dei Libri vedesse un amuleto. Apparteneva alla casta più bassa; nessuno poteva calpestare la sua ombra senza contaminarsi.» Mi disse che il suo libro si chiamava il Libro di Sabbia, perché né il libro né la sabbia hanno principio o fine.

Mi disse di cercare la prima pagina. Appoggiai la mano sinistra sopra il frontespizio e aprii il volume con il pollice quasi attaccato all'indice. Fu tutto inutile: tra il frontespizio e la mano c'erano sempre varie pagine. Era come se spuntassero dal libro. «Adesso cerchi la fine.» Fu un altro fallimento; riuscii appena a balbettare con una voce che non era la mia: «Non è possibile.» Sempre sottovoce, il venditore di Bibbie mi disse: «Non è possibile, ma è. Il numero di pagine di questo libro è esattamente infinito. Nessuna è la prima, nessuna l'ultima. Non so perché siano numerate in questo modo arbitrario. Forse per suggerire che i termini di una serie infinita ammettono qualsiasi numero.»

Poi, come se pensasse a voce alta: «Se lo spazio è infinito, siamo in qualsiasi punto dello spazio. Se il tempo è infinito, siamo in qualsiasi punto del tempo.» Le sue considerazioni mi irritarono. Gli domandai: «Lei è religioso, non è vero?»

«Sì, sono presbiteriano. La mia coscienza è limpida. Sono sicuro di non avere imbrogliato l'indigeno quando gli diedi la Parola del Signore in cambio del suo libro diabolico.» Gli assicurai che non aveva nulla da rimproverarsi e gli chiesi se era di passaggio in città. Mi rispose che di lì a pochi giorni pensava di ritornare in Patria. Fu allora che seppi che era scozzese, delle isole Orcadi. Gli dissi che personalmente amavo molto la Scozia per via di Stevenson e di Hume. «E di Robbie Burns» mi corresse. Mentre parlavamo io continuavo a esplorare il libro infinito. Con finta indifferenza gli chiesi: «Ha intenzione di offrire questo bizzarro esemplare al Museo Britannico?» «No. Lo offro a lei» mi replicò, e fissò una cifra elevata. Gli risposi, con tutta sincerità, che quella somma era inaccessibile per me e rimasi a pensare. In pochi minuti il mio piano era pronto. «Le propongo uno scambio » gli dissi. «Lei ha ottenuto questo volume per qualche rupia e per le Sacre Scritture; io le offro l'ammontare della mia liquidazione che ho appena riscosso, e la Bibbia di Wiclif in caratteri gotici. L'ho ereditata dai miei genitori.» « A black letter Wiclif! » mormorò. Andai nella mia stanza da letto a prendere il denaro e il libro. Sfogliò le pagine e studiò la copertina con fervore di bibliofilo. «Affare fatto » mi disse. Mi meravigliai che non mercanteggiasse. Soltanto in seguito compresi che era entrato in casa mia deciso a vendere il libro. Mise in tasca le banconote, senza neppure contarle. Parlammo dell'India, delle Orcadi e degli jarls norvegesi che le avevano governate. Era già notte quando l'uomo se ne andò. Non l'ho più rivisto né ho mai saputo il suo nome. Pensai di mettere il Libro di Sabbia nello spazio vuoto lasciato dal Wiclif, ma alla fine decisi di nasconderlo dietro alcuni volumi scompagnati delle Mille e Una Notte. Andai a letto e non dormii. Verso le tre o le quattro del mattino accesi la luce. Andai a prendere il libro impossibile e iniziai a sfogliarlo. Su una pagina vidi l'incisione di una maschera. Nell'angolo in alto c'era un numero, non ricordo quale, elevato alla nona potenza. Non mostrai a nessuno il mio tesoro. Alla gioia di possederlo si aggiunse il timore che me lo rubassero, e poi il sospetto che non fosse davvero infinito. Queste due inquietudini aggravarono la mia ormai antica misantropia. Mi erano rimasti alcuni amici; smisi di vederli. Prigioniero del libro, quasi non mettevo piede fuori di casa. Esaminai con una lente il dorso logoro e le copertine, ed esclusi la possibilità di un trucco. Scoprii che le piccole illustrazioni distavano duemila pagine l'una dall'altra. Incominciai ad annotarle pian piano in una rubrica, che in poco tempo riempii. Non si ripetevano mai. Di notte, durante i brevi intervalli che mi concedeva l'insonnia, sognavo il libro. Verso la fine dell'estate compresi che il libro era mostruoso. A nulla valse considerare che non meno mostruoso ero io, che lo percepivo con occhi e lo palpavo con dieci dita provviste di unghie. Sentii che era un oggetto da incubo, una cosa oscena che infamava e corrompeva la realtà. Pensai al fuoco, ma ebbi paura che la combustione di un libro infinito fosse altrettanto infinita e soffocasse il pianeta nel fumo. Ricordai di avere letto che il luogo migliore per nascondere una foglia è un bosco. Prima di andare in pensione lavoravo nella Biblioteca Nazionale, che conserva novecentomila libri; so che a destra dell'atrio una scala curva si immerge nel seminterrato, dove si trovano i periodici e le carte geografiche. Approfittai di una distrazione degli impiegati per abbandonare il Libro di Sabbia su uno di quegli umidi scaffali. Cercai di non far caso né a che altezza né a quale distanza dalla porta. Mi sento un po' sollevato, ma non voglio nemmeno passare per calle México.

Da: Il libro di sabbia di Jorge Luis Borges 


“La stampa, ora abolita, è stata uno dei peggiori mali dell’uomo, perché tendeva a moltiplicare testi superflui fino alla vertigine.”

- Jorge Luis Borges - 


“Per vedere una cosa bisogna comprenderla.” 

- Jorge Luis Borges -

martedì 7 marzo 2023

L'anello più prezioso

Un vecchio orafo, proprietario di un piccolo laboratorio, un giorno ricevette un ordine particolare da un cliente molto importante.

Si trattava di un giovane molto ricco, che rimasto colpito dalle bellissime creazioni viste in vetrina, entrò nell’oreficeria e disse all’artigiano:
“Mi serve un anello speciale da regalare alla mia amata in un giorno speciale, non baderò a spese. Passerò tra una settimana”
Il giovane non disse altro, salutò garbatamente e se ne andò.
L’orafo conosceva il giovane di fama, sapeva che era davvero una persona di parola e… con tanti soldi, quindi si mise all’opera, realizzò alcuni anelli, uno più bello e costoso dell’altro.
Lavorò tre lunghi giorni, forgiò cinque splendidi anelli:
il primo, completamente d’oro bianco ricoperto di diamanti purissimi;
il secondo era in oro giallo con rubini splendenti;
il terzo era in filigrana d’oro, senza pietre, ma molto lavorato, quindi molto prezioso;
il quarto in oro giallo e bianco, con zaffiri e smeraldi;
l’ultimo era molto semplice, ma con un grosso e costoso diamante.
Li lucidò per bene e li mise dentro un prezioso cofanetto e poi in cassaforte.
Gli anelli rimasero custoditi per quattro giorni aspettando l’arrivo del ricco signore.
In questo tempo gli anelli ebbero il modo di fare quattro chiacchere…

“Ragazzi, secondo voi, chi di noi sarà scelto dal ricco cliente per questa importante occasione?” Chiese uno di loro.
“Secondo me” Disse il primo con grande presunzione “Non ci sono dubbi! Sarò senz’altro io! Ho più diamanti di tutti, e si sa che i diamanti hanno un valore inestimabile!”
“Certo é vero” Disse il quinto con molta sicurezza “Ecco perché sceglierà me! Io ho un solo diamante… ma è enorme! E si sa che non è la quantità che conta, ma la qualità!”
“Forse è vero” Aggiunse il secondo snobbando gli altri “Ma i diamanti hanno un po’ stancato, sono passati di moda. Sicuramente sceglierà me: giallo come il sole e rosso come l’amore! L’ideale per la propria amata!”
“Tu dici?” Intervenne subito il terzo “Ma cosa c’è meglio dell’oro nella sua purezza? Io non ho pietre preziose che mi abbelliscono, perché l’oro nella sua semplicità è la cosa essenziale, sono di filigrana è questo che mi rende speciale!”
“Solo oro bianco, solo oro giallo, solo diamanti… Ma che dite!” zittì tutti il quarto con tono scocciato “Ci va tutto! Io sono di due qualità d’oro, e con due tipi di pietre, proprio come due persone che si amano, sono due entità diverse, ma unite con eleganza… insomma, io sono l’anello giusto per loro!”
Passarono quattro giorni di discussioni animate tra anelli che volevano far sentire le proprie ragioni gli uni agli altri.
Tutti pensavano di essere il migliore, di essere l’anello giusto!
Arrivò il giorno e l’importante cliente venne a ritirare l’anello ordinato.
L’orafo aprì con mano tremolante la cassaforte, prese il prezioso cofanetto e lo dischiuse lentamente con molta emozione davanti agli occhi del ricco cliente che guardò un attimo gli anelli… aggrottò le sopracciglia… fece uno sguardo dubbioso e: “Tutto qui?”
Il vecchio artigiano rimase sbalordito, ma non perse la calma, voleva assolutamente che il cliente non se ne andasse a mani vuote.
Subito gli propose qualcosa dalla vetrina e, mentre l’orafo mostrava altri articoli al giovane, gli anelli nel cofanetto si guardavano attorno imbarazzati.
Che figuraccia, credevano di essere perfetti per le loro pregiate caratteristiche, uno azzardò:
“Povero orafo, è troppo vecchio, non è più bravo come una volta...”
“Già!” Aggiunse un altro… “Ormai non ci vede neanche tanto bene, probabilmente abbiamo qualche imperfezione...”
Così gli anelli incominciarono ad incolpare il loro costruttore per l’insuccesso.
Intanto il vecchio artigiano mostrava ogni tipo di anello al giovane ricco, ma sempre con esito negativo, fino a che… ad un tratto il ragazzo rimase colpito da un anello, lo guardò da lontano, poi gli si avvicinò ed esclamò “Questo è quello che cercavo!!”
“Ma è una fede nuziale!” disse quasi con disprezzo l’orafo.
“Ma io devo sposare la mia amata! Quando ho detto che era per un giorno speciale, mi riferivo al mio matrimonio, è proprio questo che stavo cercando… semplice e umile, senza nessuna pietra, senza nessuna lavorazione…è la mia sposa la cosa più importante nel giorno del matrimonio, l’anello è solo un simbolo!”
L’orafo non poté fare altro che accondiscendere a quanto aveva appena sentito e un po’ abbattuto incartò l’anello, il meno costoso che possedeva tra tutti i suoi lavori.
Il giovane andò via molto soddisfatto ringraziando il vecchio artigiano: “Sapevo che entrando qui avrei trovato ciò che mi serviva!”

La Bibbia paragona Gesù ad uno sposo e la chiesa, formata da tutti i credenti di tutto il mondo, è la Sua sposa.

Per diventare la sposa di Gesù non abbiamo bisogno di fare grandi cose, Lui ci ama, e ci ha donato una cosa che ci fa Suoi, la fede!


Tutto, Signore, custodisci, 
nel palmo della tua mano; 
perché la vita 
- tutta la vita ch'io conosco, 
e anche la vita che non ho vissuta - 
è appena una goccia di rugiada, 
sopra il tuo palmo aperto. 
Però io ci ho nuotato dentro, 
a quella goccia; 
per me è stata grande come te 
perché, al di fuori, non ti avrei conosciuto 
né ti potrei conoscere. 
Questa vita che è tua, 
perché viene da te, 
questa vita che è mia, 
perché tu me l'hai data, 
è la goccia, il lago, il mare 
nel quale ho navigato, per tanti anni 
e dal quale non posso essere tolto 
perché boccheggerei, 
come fa un pesce, 
fuori della sua acqua

 - Adriana Zarri - 

Da: Dodici lune


Buona giornata a tutti :-)

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venerdì 10 febbraio 2023

Il cane e l'asino

Un giorno un taglialegna andava nel bosco con il proprio cane e il proprio asino. Il cammino era assai lungo e faticoso. A un certo punto della giornata il taglialegna si fermò in una radura, all'ombra di un faggio, dove si sdraiò e si addormentò beatamente.
Intanto l'asino si mise a brucare l'erba.
Il cane chiese all'asino: "Abbassati un attimo, nel paniere che hai sul dorso c'è del pane, lascia che ne prenda un pezzo, perché ho fame".
L'asino non voltò nemmeno il capo, non voleva perdere neanche un minuto, neanche un filo di quella soffice erba, il suo stomaco doveva riempirsi… Era così stanco!
Poi rispose a bocca piena: "Aspetta che si svegli il padrone, ti darà lui da mangiare". In quel momento sbucò dal margine del bosco un lupo che, a fauci spalancate, si avventò sull'asino.
L'asino chiese aiuto al cane: "Caro cane, aiutami, amico mio! ".
Il cane rispose: "Sono così stanco a affamato. Aspetta che il padrone si svegli, ti aiuterà lui"…
Povero asino, con la zampa sanguinante capì che ogni gentilezza e ogni favore bisogna farli a tempo debito, quando l'amico ne fa richiesta.

Solo così nasce la vera amicizia e la ricompensa…



L'amore non nasce da uno sforzo di volontà, riservato ai più bravi; l'amore viene da Dio, non dalla mia bravu­ra: amare comincia con il lasciarsi amare. Non sia­mo più bravi degli altri, siamo più ricchi. Ricchi di Dio.

- Padre Ermes Ronchi - 


Quanto è difficile parlare di pace oggi! 
Ci siamo illusi, nei decenni scorsi, di potere immaginare un mondo basato sulla reciproca tolleranza e sul rispetto delle diversità. 
L'inizio del terzo millennio, invece, ci ha posti davanti alla cruda realtà di un mondo in perenne lotta, in continua guerra. 
La pace, così tanto agognata, frutto della giustizia, come scrive il profeta Isaia, resta una chimera. Anche chi ha alzato forte la voce per chiedere la pace, spesso si è trovato a farlo con toni combattivi. Gesù, oggi, ci offre una soluzione, una differente chiave di lettura: la pace è suo dono ed è diversa da quella che propone il mondo. 
È suo dono: non solo una conquista ma l'accoglienza di una prospettiva diversa. Possiamo diventare testimoni di pace perché pacificati nel nostro intimo, possiamo costruire spazi di dialogo perché abbiamo un orizzonte di riferimento, il sogno di Dio. 
La pace, allora, va anzitutto coltivata in noi stessi, lasciando che sia la Parola a convertirci, mettendo noi a fuoco i nostri peccati e chiedendone perdono al Signore. 
Con un cuore pacificato diventeremo capaci, allora, di accogliere l'altro nella sua dimensione più profonda.

- Paolo Curtaz - 


Salve, o saldo fondamento della fede; 
Salve, o splendido contrassegno della grazia!
Salve, Tu per cui fu spogliato l'inferno; 
Salve, Tu per cui fummo rivestiti di gloria!
Salve, o voce perpetua degli Apostoli; 
Salve, o degli atleti invincibile coraggio!
Salve, o difesa contro i nemici invisibili; 
Salve, o ingresso alle porte del Paradiso!
Salve, perchè i cieli rallegransi insieme con la terra;
Salve, perché la terra tripudia insieme con i cieli!
Amen. 

Ave Maria!


Buona giornata a tutti, :-)


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