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mercoledì 29 ottobre 2025

Il Paradiso

Una storia ebraica narra di un uomo che è stufo della sua vita con la moglie e i figli.
La moglie lo domina e lo vessa, i figli lo disprezzano e gli ridono dietro.
Si sente una vittima e pensa che sia venuto per lui il momento di cercare la Gerusalemme celeste, il Paradiso.
Dopo molte ricerche, trova un vecchio saggio che gli spiega la strada in dettaglio: "Il Paradiso c'è, eccome, ed è nel tal posto. Bisogna fare parecchia strada, ma con un bel po' di fatica ci si arriva".
L'uomo si mette in cammino. Di giorno marcia, e la notte, stanchissimo, si ferma in una locanda per dormire.
Siccome è un uomo molto preciso decide, la sera, prima di coricarsi, di disporre le sue scarpe già orientate verso il Paradiso, per essere ben sicuro di non perdere la direzione giusta. Durante la notte, però, mentre lui dorme, un diavoletto dispettoso entra in azione e gli gira le scarpe nella direzione opposta.
La mattina dopo l'uomo si sveglia, guarda le sue scarpe, che gli paiono orientate in maniera diversa rispetto alla sera prima, ma non ci fa troppo caso e riprende il cammino, che ora è nella direzione contraria a quella del giorno precedente: verso il punto di partenza.
A mano a mano che procede, il paesaggio diventa sempre più familiare. 
A un certo punto arriva nel paese dove è sempre vissuto, che però crede sia il Paradiso: «Come assomiglia al mio paese il Paradiso». 
Siccome è il Paradiso, tuttavia, ci si trova bene e gli piace moltissimo.
Poi vede la sua vecchia casa, che però pensa sia il Paradiso: «Come assomiglia alla mia vecchia casa!». Ma siccome è il Paradiso, gli piace moltissimo.
Lo accolgono sua moglie e i suoi figli: «Come assomigliano a mia moglie e ai miei figli! 
Qui in Paradiso tutto assomiglia a quello che c'era prima».
Però, siccome è il Paradiso, tutto è bellissimo. 
La moglie è una persona deliziosa, i figli sono straordinari, tutti sono pieni di qualità e aspetti che nel vivere quotidiano egli non avrebbe mai sospettato possedessero. 
«È strano come qui in Paradiso tutto assomigli a ciò che c'era nella mia vita di prima in modo così preciso, ma come allo stesso tempo tutto sia completamente diverso!».

Ad ogni secondo, entriamo in Paradiso oppure ne usciamo.

La schiava Agar dipinta da Pieter Lastman

LA (CONTRO)TESTIMONIANZA IN CASO DI IMPROVVISO DISASTRO

«In caso di un improvviso disastro, qual è la prima cosa che la gente mette in salvo?».

In una bella tavolata di amici, che si erano ritrovati insieme in casa di uno di loro per le festività di fine anno con mogli e figli, durante l'aperitivo, questa domanda suscitò una vivace discussione. 

- «Il libretto degli assegni», disse uno. 
- «Gli oggetti preziosi» suggerì una donna.
- «I figli!», disse deciso un altro. E mise tutti d'accordo.

In caso di un improvviso cataclisma tutti avrebbero pensato per prima cosa ai figli. 

In quel momento saltò il coperchio della pentola a pressione in cucina e uno sbuffo di vapore entrò nella stanza. 

Nel giro di pochi secondi, tutti fuggirono fuori, rovesciando sedie e bicchieri. 

Ad eccezione dei bambini, che furono dimenticati in casa a giocare sul pavimento.

Ci nutriamo di parole e finiamo per credere alle nostre stesse chiacchiere.


Buona giornata a tutti :-)












sabato 25 ottobre 2025

L'albero dai frutti d'oro

Un imbroglione matricolato, che non distingueva il mio dal tuo, e si impossessava, allegramente, dell'uno e dell'altro, fu, infine, catturato, e condannato a morte!
In cambio della vita, offrì ai Giudici un segreto sbalorditivo: il metodo per piantare alberi, che producevano frutti d'oro!
La notizia giunse all'orecchio del Sovrano, il quale pensò, che valesse la pena, di fare un tentativo.
L'uomo spiegò, tranquillamente, che era pronto a dimostrare la sua straordinaria capacità, e chiese soltanto un pizzico di polvere d'oro, e una pala! Il Sovrano accettò e disse:
«Ma, se non è vero, finirai nelle mani del boia!»
Il mattino seguente, il Re, e tutta la sua corte, si ritrovarono nel giardino reale. L'uomo si inchinò profondamente, davanti a tutti i dignitari, vestiti in gran pompa, e disse:
« Potentissimo Sire: vedrai, che è molto semplice! Io scaverò una piccola buca, nella terra , vi metterò un pizzico d'oro e, per tre giorni, verserò un secchio d'acqua , il terzo giorno, l'albero spunterà, e porterà tre frutti d'oro, che, a loro volta, potranno essere seminati e diventare altri alberi, carichi di frutti d'oro massiccio!».
Si spanzietì il Re che urlò :
« Allora! Smettila di "cianciare", e semina l'oro, se, fra tre giorni, non vedo i frutti d'oro, finirai sul patibolo! »
Piagnucolò il furbacchione dicendo :
«O sommo Signore! Non posso, farlo io! Il segreto funziona solo, a una condizione: la mano, che semina l'oro, deve essere totalmente innocente, e non aver mai commesso nulla di ingiusto, in caso contrario, il prodigio non avviene! Per questo, come puoi ben capire, non posso utilizzare il segreto, per me. Ma, tu sei nobile, e clemente, Signore: e, quindi, puoi! »
Il Re afferrò la vanga, ma gli venne in mente quello che aveva commesso, durante l'ultima guerra e disse :
«Le mie mani grondano di inutili crudeltà, verso i nemici! Renderei vana, la magia, è meglio, che ci provi qualcun altro!».
Il Sovrano fece un cenno, al Ministro del Tesoro. Ma, invece di avvicinarsi, il Ministro si ritrasse dicendo :
«O magnifico Sovrano, ti ho sempre servito fedelmente, ma, una volta, mi è occorso un incidente increscioso, nella camera del Tesoro: un pezzo d'oro è rimasto attaccato, alla suola delle mie scarpe, e così...».
Brontolò il Re dicendo :
«Va bene!  Il mio incorruttibile Giudice supremo, impugnerà la pala!».
Il Giudice rifiutò, con un inchino:
«Volentieri, lo farei, ma, in questo momento, inizia un importante processo, che non posso, assolutamente, perdere... Scusatemi!».
Il Re si voltò, e vide che, piano piano, Ministri, gentiluomini, consiglieri, e cortigiani, se l'erano squagliata, alla "chetichella", e si mise a ridere:
« Me l'hai fatta, furbone matricolato! Così, so, che nessuno è innocente... Neppure io! Ho capito, la lezione: prendi i tuoi soldi, vattene, e non farti mai più vedere!».

Gesù disse : Chi, di voi, è senza peccato, scagli la prima pietra… Ma quelli, udito ciò, se ne andarono, uno per uno, cominciando dai più anziani, fino agli ultimi! "Per questo, oggi, nel mondo, non esistono alberi, che danno frutti d'oro...".



«Il nipote di Rabbi Baruch, il ragazzo Jehiel, giocava un giorno a nascondino con un altro ragazzo. 
Egli si nascose ben bene, ma il compagno non si vedeva. 
Uscì allora dal nascondiglio, si accorse che quello non l’aveva mai cercato e pianse. 
Corse nella stanza del nonno e si lamentò del cattivo compagno di gioco. Rabbi Baruch, con gli occhi pieni di lacrime, gli disse: “Così dice anche Dio: io mi nascondo, ma nessuno mi vuole cercare”.




Ricomincio da me

“In questo momento di crisi invece di aspettare che la Chiesa cambi, che il mondo cambi, che tutto cambi, bisogna iniziare da noi, ripartire da cose minime, dalla libertà interiore, dal perdono, perché solo il perdono riapre il futuro ed è la forza della nostra debolezza.”

- don Luigi Verdi - 



La felicità 

Molti purtroppo credono che la felicità consista nell’avere, nel ricevere e sono sempre amareggiati. Sono sempre amareggiati perché considerano ogni persona come un attentato alla propria sicurezza, al proprio benessere. 
Non hanno capito che più si dà e più si è felici. 
Se la mia felicità dipende da quello che voi fate per me, io sarò sempre infelice perché voi non potete entrare nella mia testa e sapere che io oggi mi attendo una telefonata, una visita, un regalo, allora io sarò sempre amareggiato. 
No, la mia felicità non consiste in quello che gli altri possono fare per me, ma in quello che io posso fare per gli altri.

- Padre Alberto Maggi - 





Buona giornata a tutti. :-)


domenica 19 ottobre 2025

Il vestito nuovo del re - Hans Christian Andersen

 C’era una volta un re molto vanitoso, il quale non pensava ad altro che ad indossare gli abiti dei migliori sarti del suo reame. 
Un giorno gli si presentarono due imbroglioni che gli dissero: «Noi siamo capaci di confezionarti un vestito così bello che mai nessuno ne ha portato l’eguale. Però, se la persona che vi posa lo sguardo è stolta, o non è degna del posto che occupa, non riuscirà a vederlo. Solo chi è intelligente e saggio lo potrà vedere». 
Il re aderì entusiasta e ordinò subito il vestito nuovo, alloggiò i sarti nella sua reggia, diede loro tutto il necessario, e rimase in attesa. 
Dopo alcuni giorni mandò il suo primo ministro a controllare se il vestito fosse pronto. 
I sedicenti sarti risposero di sì e mostrarono all’inviato del re un angolo con alcune stampelle, ma del vestito nessuna traccia. Sapendo il ministro che l’indumento sarebbe rimasto invisibile agli inetti e agli stolti, fece finta di vederlo e ne lodò a lungo l’originalità, i drappeggi, i colori. Poi andò a riferire tutto al re, descrivendo e magnificando oltre ogni dire il nuovo abito. 
Il sovrano, al colmo dell’eccitazione, ordinò che gli fosse portato. Arrivarono i sarti con sagome e stampelle, sulle quali ovviamente non c’era nulla. 
Ma anche il re, per non fare brutta figura, osservò che il vestito era meraviglioso, anzi, lo avrebbe indossato subito e sarebbe uscito per la città in parata. Si fece togliere ciò che indossava e si lasciò “rivestire” dai finti sarti; poi, con tanto di dignitari, cortigiani, fanfara, scorta e musicanti, uscì per la città. 
Intanto la notizia si era diffusa in un battibaleno e le vie, i balconi, le piazze erano gremite da non dirsi. E tutti, dignitari e popolo, non facevano che osannare il vestito nuovo del re. 
Ma all’improvviso un bambino tra la folla si mise a gridare: «Guardate, guardate, il re va in giro per la strada nudo!». Allora tutti si guardarono in faccia, cominciarono a bisbigliare e poi a ridere a crepapelle. E il sovrano, rosso di vergogna, si ritirò di corsa nella reggia. 
C’era voluta la trasparenza di un bambino per smascherare un’intera parata di ipocrisia. 

Da una novella di Hans Christian Andersen



Il lupo non viene da noi con la sua faccia rossa e le sue corna. Lui viene da noi travestito da tutto quello che abbiamo sempre desiderato.




Per San Gregorio Magno l’invidia non solo sconfessa il comandamento della carità ma è un vizio capitale molto prolifico: da essa scaturiscono mormorazione, detrazione, distruzione dell’altro, risentimento, gioia per la sua rovina, odio sino all’omicidio».




Gesù e la libertà 

….. Opposto alla figura di Gesù il Vangelo presenta l'uomo che non volendo raggiungere la sua pienezza umana mediante la pratica di un amore fedele, tenta di farlo mediante la pratica religiosa* elevata da mezzo a fine e che diventa un alibi, un surrogato ed un ostacolo alla sua pienezza divino/umana.
[* Con Religione intendiamo quell'insieme di atteggiamenti, desideri, aspirazioni dell'uomo rivolti verso la divinità per ottenerne la benevolenza]
Gesù non si stanca di mettere in guardia da atteggiamenti "religiosi" (Mt 23). Questi danno all'uomo l'illusione di aver già raggiunto la sua pienezza ma ne paralizzano di fatto il processo crescitivo.
Al contrario dei maestri spirituali della sua epoca, Gesù lascia piena libertà ai suoi nella vita spirituale.
Mai impone ai suoi delle preghiere o dei comportamenti particolari che distinguano il gruppo.
Il "distintivo" della comunità di Gesù non consisterà né in abiti né in oggetti particolari da indossare e né da proibizioni o regole igienico-alimentari.
L'unico distintivo dal quale si riconosce che un individuo appartiene al gruppo di Gesù è un amore che assomigli sempre più a quello di Dio: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).
Gesù ponendo - come unico distintivo della sua comunità - la pratica visibile di questo amore, esclude ogni altro criterio. L'identità della sua comunità non verterà in osservanze, leggi o culti.
Ciò che distingue è in realtà quel che avvicina agli altri. Infatti mentre ogni distintivo (sia esso abito, segno di riconoscimento, culto, ecc.) "distingue" cioè separa, l'amore, che è un linguaggio universale, unisce.(..)


-  Padre Alberto Maggi -




Buona giornata a tutti. :-)







sabato 20 settembre 2025

Non ho tempo - Michel Quoist

Sono uscito, o Signore.
Fuori la gente usciva.
Andavano, venivano, camminavano, correvano.
Correvano i motorini. Correvano le macchine.
Correvano i camion. Correva la strada.
Correva la città. Correvano tutti.
Correvano per non perdere tempo.
Correvano dietro al tempo, per guadagnar tempo.
Arrivederci, signore, scusi, non ho tempo.
Ripasserò, non posso attendere, non ho tempo.
Termino questa lettera, perché non ho tempo.
Avrei voluto aiutarla, ma non ho tempo.
Non posso accettare.. per mancanza di tempo.
Vorrei pregare, ma non ho il tempo.
Il bambino, gioca, non ha tempo subito... più tardi...
Lo scolaro, deve fare i compiti, non ha tempo subito... più tardi...
L'universitario, ha i suoi corsi e tanto lavoro, non ha tempo subito...più tardi...
Il giovane, fa dello sport, non ha tempo subito... più tardi...
Il padre di famiglia, ha i bambini, non ha tempo subito... più tardi...
I nonni, hanno i nipotini, non hanno tempo subito... più tardi...
Sono malati! Hanno le loro cure, non hanno tempo adesso... più tardi...
Sono moribondi, non hanno...
Troppo tardi!... non hanno più tempo!
Così gli uomini corrono tutti dietro al tempo, o Signore.
Passano sulla terra correndo, frettolosi, precipitosi.
E non arrivano mai a tutto, perché manca loro tempo.
Signore, sembra che Tu abbia fatto un errore di calcolo.
Le ore sono troppo brevi! I giorni sono troppo brevi!
Le vite sono troppo brevi! Ma Tu sai quello che fai.
Tu non ti sbagli quando distribuisci il tempo agli uomini.
Tu doni a ciascuno il tempo di fare quello che tu vuoi che egli faccia.
Ma non bisogna perdere tempo,
sprecare tempo,
ammazzare il tempo.
Perché il tempo è un regalo che tu ci fai,
ma un regalo che non si conserva.
Signore, io ho tempo.
Tutto il tempo che tu mi dai.
Gli anni della mia vita.
Le giornate dei miei anni.
Le ore delle mie giornate.
Sono tutti miei.
A me spetta riempirli, serenamente,
con calma, ma riempirli tutti, fino all'orlo.
Per offrirteli, in modo che della loro acqua insipida
Tu faccia un vino generoso,
come facesti un tempo a Cana per le nozze umane.
Non Ti chiedo questa sera,
o Signore,
il tempo di fare questo e poi ancora quello che io voglio,
ti chiedo la grazia di fare coscienziosamente,
nel tempo che tu mi dai,
quello che tu vuoi ch'io faccia.
In questo sta la  felicità.
(Padre Michel Quoist)



“La persistenza della memoria ”
conosciuto anche come Gli orologi molli
Salvador Dalì – 1931
The Museum of Modern Art di New York

Capita il giorno in cui gli scenari crollano. Alzarsi, tram, quattro ore di fabbrica o di ufficio, mangiare, quattro ore di lavoro, mangiare, dormire e Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato sullo stesso ritmo. Capita che un giorno, un giorno soltanto, il "perché" emerge, e tutto comincia in questa stanchezza tinta di stupore. "Comincia", questo è l'importante. La stanchezza è alla fine degli atti di una vita meccanica, ma inaugura allo stesso tempo il movimento della coscienza.

- Albert Camus - 
Da: Il mito di Sisifo



«Nel corso di una maturazione, il bisogno di chiedere si elimina.
Si smette di chiedere ad una relazione ciò che essa non contiene.
Questo non impedisce di vivere, di sposarsi, di avere figli, di funzionare.
Ma si smette di chiedere al proprio marito o alla propria moglie di appagarci, perché non possono farlo, perché non sono tenuti a farlo.
Smettere di credere alle proprie favole, significa dare libertà all'altro.
È smettere di utilizzarlo per la propria personale fantasia.
Dunque, è una prova di amore e di affetto.
Fino a quando si chiede all'altro di appagarci, ci si serve di lui come di un oggetto: se non ci soddisfa più, lo cambiamo!
Quando si ama profondamente qualcuno, non gli si chiede niente.
Si crea una relazione profonda.
Nei momenti in cui non chiedo niente, mi accorgo che c'è questa tranquillità, questa disponibilità nella quale posso infine essere presente a mia moglie, a mio marito, a mio figlio, ai miei genitori.
Sono presente, perché, in quel momento, ascolto.
Quando chiedo, non ascolto. Quando non chiedo niente, sono totalmente ascolto.
Se si entra veramente nella sensibilità di cui parliamo adesso, invece di chiedere qualcosa a una relazione, voi date qualcosa a questa relazione.»

(Eric Baret)



Buona giornata a tutti. .-)




















venerdì 25 luglio 2025

da: "Vivendo nella carne" - don Luigi Giussani

 "...Per cui l'origine della strozzatura, l'origine dell'aridità, l'origine dell'inutilità del tempo che si usa, che si passa, è data da due cose. 

Prima cosa, la mancanza della fede: "Simone, mi ami tu più di costoro?" e lui per tutta la vita si è sentito ripercuotere da quella domanda: quello era un uomo che viveva la fede. O Zaccheo, che ha vissuto tutta la vita sentendo la ripercussione di quella parola. 
" Zaccheo!" - che gli ha detto quell'individuo, strano o altrimenti estraneo. "Anche se non capisco cosa vogliono dire, però sono parole che mi hai detto tu, o Signore. M'hai detto tu di dirle, me le suggerisci tu, attraverso il tuo corpo che è la Chiesa. E' la compagnia che tu mi hai data che mi suggerisce queste parole, per cui devono essere importanti": già questo ti obbliga a una pietas che altrimenti non conosceresti.
E il secondo fattore (il primo è la mancanza di fede) è la mancanza dell'umano, perchè non si possono dire delle parole che non abbiano senso per la mia esistenza: è un'onta, una vigliaccheria,  è una meschinità, è ripugnante. Invece delle parole potete mettere le azioni della giornata, potete mettere il lavoro della giornata. Per questo dicevo che anche il tagliare le fette nello scantinato semibuio (dove regnano i topi!) può essere una cosa grande. I

n che senso è una cosa grande?
Uno, se non si domanda questo non procede più - come abbiamo detto la prima sera gli Esercizi- non cammina più. Ma con che coraggio ripeti certe cose, se non t'accorgi da che cosa insorgono, che cosa giudicano e come cambiano la tua esperienza? " E', se cambia".

- Don Luigi Giussani -
da:  "Vivendo nella carne", pag. 38-39, ed. La Feltrinelli




"Dunque è stato detto che basta ripetere e si capisce di più.
Certamente questa è un'intuizione vera: ripetere fa capire di più, tant'è vero che bisogna scrivere; dicevano gli antichi ai propri scolari : "Semel scriptum, bis lectum": 
Però non è automatico: tu puoi alzarti e ripetere l'Angelus, ripetere le Lodi, ripetere... senza che niente di te si muova. Si muove, per esempio, soltanto la superficie di te: "Com'è bello questo inno. Nel primo chiarore del giorno"! : soltanto un aspetto cutaneo - come quando c'è un brivido che fa venire i brividi - ma non muove nè la mens, questa profonda misura delle cose, nè l'affectus, e tu resti sempre con i piedi impantanati dove sei.
La ripetizione in questo aggrava il tuo problema, non lo diminuisce: "Ho continuamente ripetuto e non ho mai capito, capisco di meno".
Invece occorre - ho detto- che tu sposti: quando ti alzi, devi spostarti.

Spostare che cosa? Spostare l'attenzione della tua mente, che è tesa al niente o sottesa violentemente da immagini non giudicative, non utili, almeno non necessarie. Da questa distrazione in cui normalmente l'uomo vive, devi
"spostarti" a fissare, da una parte, le grandi parole che sull'esperienza umana sono state dette da Gesù e, dall'altra parte, il sanguinoso bisogno che l'esperienza umana ha di parole consimili."

- don Luigi Giussani -
da: "Vivendo nella carne", pag. 42-43, ed. La Feltrinelli



"Il perdono è la misericordia, perchè è Dio, non uomo."
"Comunque, hai sottolineato la caratteristica più stupefacente dell'esperienza cristiana: il trionfo della letizia, il sopravvento della letizia. Non lo dico io, l'ha detto Gesù: "Questo vi ho detto perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena."
Per esempio, il mugugno o il risentimento verso sè stessi perchè si è sbagliato, quando si è sbagliato è sbagliato! - come dice il profeta Osea la dove paragona Dio alla mamma con un bambino - Il bambino sbaglia, la mamma lo abbraccia e lo bacia. Se il bambino dicesse. " Va via, perchè io ho sbagliato", stonerebbe; la mamma risponderebbe: " Ma guarda che io sono mamma, non sono un bambino!
"E' quello che ha risposto Dio al profeta Osea "Sono Dio e non uomo".
Il perdono è la misericordia, perchè è Dio, non uomo.
Ti ringrazio dell'osservazione che hai fatto. Tu hai usato la parola...
Non c'è più tristezza...
Non c'è più tristezza. Ma questo è riverberato e indicato anche nei rapporti umani veri: in un rapporto umano vero di amore non c'è spazio per la tristezza; c'è spazio per il dolore, ma non per la tristezza."

- don Luigi Giussani -
da: "Vivendo nella carne", pag. 112-113, ed. La Feltrinelli



Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 21 luglio 2025

L'elemosina – don Bruno Ferrero

Un giorno di molto tempo fa, in Inghilterra, una donnetta infagottata in un vestito lacero percorreva le stradine di un villaggio, bussando alle porte delle case e chiedendo l'elemosina. Molti le rivolgevano parole offensive, altri incitavano il cane a farla scappare. Qualcuno le versò in grembo tozzi di pane ammuffito e patate marce. Solo due vecchietti fecero entrare in casa la povera donna.
«Siediti un po' e scaldati», disse il vecchietto, mentre la moglie preparava una scodella di latte caldo e una grossa fetta di pane. Mentre la donna mangiava, i due vecchietti le regalarono qualche parola e un po' di conforto.
Il giorno dopo, in quel villaggio, si verificò un evento straordinario. Un messo reale portò in tutte le case un cartoncino che invitava tutte le famiglie al castello del re. L'invito provocò un gran trambusto nel villaggio, e nel pomeriggio tutte le famiglie, agghindate con gli abiti della festa, arrivarono al castello. Furono introdotti in una imponente sala da pranzo e ad ognuno fu assegnato un posto.
Quando tutti furono seduti, i camerieri cominciarono a servire le portate. Immediatamente si alzarono dei borbottii di disappunto e di collera. I solerti camerieri infatti rovesciavano nei piatti bucce di patata, pietre, tozzi di pane ammuffito. Solo nei piatti dei due vecchietti, seduti in un angolino, venivano deposti con garbo cibi raffinati e pietanze squisite. Improvvisamente entrò nella sala la donnetta dai vestiti stracciati. Tutti ammutolirono. «Oggi - disse la donna - avete trovato esattamente ciò che mi avete offerto ieri».
Si tolse gli abiti malandati. Sotto indossava un vestito dorato. Era la Regina.

Un riccone arrivò in Paradiso. Per prima cosa fece un giro per il mercato e con sorpresa vide che le merci erano vendute a prezzi molto bassi. Immediatamente mise mano al portafoglio e cominciò a ordinare le cose più belle che vedeva.
Al momento di pagare porse all'angelo, che faceva da commesso, una manciata di banconote di grosso taglio. 
L'angelo sorrise e disse: "Mi dispiace, ma questo denaro non ha alcun valore".
"Come?", si stupì il riccone.
"Qui vale soltanto il denaro che sulla terra è stato donato", rispose l'angelo.

Oggi, non dimenticare il tuo capitale per il Paradiso.

- don Bruno Ferrero - 
da: Cerchi nell'acqua


Dio in principio si mise da parte, e così ebbe inizio il mondo. 
Questo è il segreto dell'amore: 
mettersi da parte. 
Se puoi, cerca soprattutto 
di metterti da parte. 
Chiedi per te 
solo un piccolo angolo nel tempo. 
Metti confini al tuo volere, 
e guarda come fiorisce un mondo.

- Mary Gales Ryian - 


Preghiera per l'ospitalità

Gesù mio, nato in una stalla
perché nella locanda non c'era posto per te e per la tua famiglia,
benedici tutti quelli che offrono ospitalità.
Fa' che abbiano sempre posto per i poveri
e per i viaggiatori in cammino.
Dà loro il coraggio e la forza
di accogliere tutti i loro ospiti
e fa' che ricordino che tutto quello
che avranno fatto per loro l'avranno fatto per te.
Gesù mio, benedici tutti quelli che danno ospitalità.
Lo Spirito Santo dica loro
che saranno bene accetti
e privilegiati nel Regno dei Cieli
che ospita tanta gente,
e soprattutto i più poveri tra i poveri.
Amen.

- Madre Teresa di Calcutta -



Buona giornata a tutti. :-)