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domenica 30 marzo 2025

È sempre colpa degli altri! - Anthony De Mello

 Una delle cose essenziali della vita umana, e a cui purtroppo molti cercano di sottrarsi, è la responsabilità personale.
Ogni volta che diciamo: «Non è stata colpa mia»; «È stato lui che ... »; «Sono stato costretto a ... »; «Non ho potuto far altrimenti...», cerchiamo scuse per giustificare la nostra condotta irresponsabile.
Se ho capito chi sono, se ho la piena consapevolezza dei miei diritti e dei miei doveri, se non dò all'opinione o al giudizio altrui un valore superiore alla "mia" opinione e al "mio"giudizio, ecco che non mi troverò più a dover dare la colpa agli altri.
Se ho fiducia nella mia capacità di discernimento, ecco che sarò pienamente convinto di ogni mia azione.
Se giudico l'operato o il pensiero altrui un errore, cioè contrario ai miei principi, ecco che non mi farò coinvolgere, ma avrò la forza morale di rifiutare ciò che altri vorrebbero impormi ..
Essere responsabili è la chiave per una vita consapevole e appagante.

Come il bambino, dopo aver lavorato a lungo con i suoi cubetti, ammira alla fine la sua opera dicendo orgogliosamente: «L'ho fatto tutto da solo», così anche noi dobbiamo sforzarci di operare su noi stessi, sulla nostra coscienza, sulla nostra psiche, per convincerci che la nostra vita è nelle nostre mani. Rendiamoci finalmente conto che la scelta è solo nostra.
Se voglio smettere di fumare, è inutile che io dica: «Però mi calma i nervi», oppure: «Nel mio ambiente tutti fumano. Mi è impossibile smettere». In questo modo cerco di togliermi di dosso la responsabilità di scelta, scaricandola su altri fattori.
«Volere è potere», dice il vecchio adagio. Ed è verissimo. Finché mi limito a dire: «Tenterò, farò del mio meglio, vedrò se ci riesco ... », non otterrò mai niente di positivo. «Tenterò» equivale a «non voglio», o «non mi sento all'altezza», oppure «non ho il coraggio di scelta definitiva».
Troviamolo, questo coraggio, e vedremo come la nostra esistenza assumerà una colorazione diversa.
Via il grigio del "ma", del "però".
Se metto il bicchiere sull'orlo del tavolo, è facile che cada a terra. Dopo sarà inutile prendersela col tavolo o col bicchiere, o magari con la corrente d'aria o la vibrazione di un treno di passaggio che ne hanno causato la caduta fisica.
La responsabilità è solo mia, in quanto stava a me prevedere quanto sarebbe potuto accadere e quindi poggiate il latte in mezzo al tavolo e non sull'orlo, o in frigorifero, o berlo direttamente.
Tutto quanto "ci circonda" può servire a rendere la nostra vita più comoda, più utile o più piacevole. Dobbiamo però fare attenzione a usare con criterio quanto è a nostra disposizione.
L'automobile può farci viaggiare velocemente accorciando le distanze, può condurci in cima a una vetta evitandoci  la fatica della scalata. Può essere però anche strumento di rovina e morte se non sappiamo usarla con prudenza o se, peggio ancora, volontariamente la rendiamo artefice della nostra distruzione. Possiamo fare lo stesso con la ricchezza, con l'amore, con la bellezza, col potere.

Tutte cose splendide, se sappiamo usarle nel modo opportuno, per il fine vero per il quale ci sono state date.
(padre Anthony De Mello)




Volete cambiare il mondo? 
Che ne dite di cominciare da voi stessi? 
Che ne dite di venire trasformati per primi? 
Ma come si ottiene il cambiamento? 
Attraverso l'osservazione. 
Attraverso la comprensione. 
Senza interferenze o giudizi da parte vostra. 
Perché quel che si giudica non si può comprendere. 

- Padre Anthony de Mello -
da: "Messaggio per un’aquila che si crede un pollo"


La  Gratitudine e la Carità
Una volta Dio diede una festa in onore di tutte le virtù, grandi e piccole, umili ed eroiche. Si riunirono tutte in Paradiso in una grande sala splendidamente decorata e cominciarono subito a divertirsi perché si conoscevano bene; alcune erano anche imparentate fra loro. 
All'improvviso Dio notò due belle virtù che a quanto pare non si conoscevano affatto e si trovavano piuttosto a disagio insieme. 
Allora ne prese una per mano e la presentò ufficialmente all'altra. «Gratitudine», disse, «questa è Carità». 
Ma Dio non aveva ancora fatto in tempo a voltarsi dall'altra parte che esse si erano già separate. Così da allora corre voce che neppure Dio riesca a mettere insieme la gratitudine con la carità.

- Padre Anthony de Mello - 
Tratto da “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’oriente” Ed. Paoline 1988



Un rabbino chiese al suo allievo che cosa lo angustiasse. 
"La mia povertà", rispose. 
"Vivo in un tale stato di indigenza che quasi non riesco a studiare e pregare". 
"In questo preciso momento", spiegò il rabbino, "il modo migliore per pregare e studiare è quello di accettare la vita esattamente come si presenta".

- Padre Anthony de Mello - 
Tratto da “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’oriente” Ed. Paoline 1988




Buona giornata a a tutti. :-)







venerdì 28 marzo 2025

Decalogo per essere amabili

 Sorridi
alla monotonia del dolore quotidiano.
Taci
quando t’accorgi che qualcuno ha sbagliato.
Elogia
chi ha operato il bene.
Partecipa
al gioco dei fanciulli, i prediletti di Dio.
Stringi
cordialmente la mano a chi è nella tristezza.
Parla con dolcezza
agli impazienti e agli importuni.
Guarda
con affetto chi cela un dolore.
Saluta
affabilmente gli umili.
Riconosci
umilmente il tuo torto.
Rammaricati
sinceramente del male fatto.




Finché non si impara ad amare se stessi difficilmente si riesce ad amare gli altri.
Finché non si accetta se stessi difficilmente si accettano gli altri.
Finché non si accolgono le proprie zone d’ombra difficilmente si accolgono quelle altrui.
Finché non si realizza pienamente se stessi difficilmente si riesce a permettere che gli altri realizzino se stessi.

Bruno Scattolin – 
da: "Siamo qui con te"



I segni dentro

La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito.
Quelle gocce giallo miele, non scappano, non scivolano via come l'acqua, non abbandonano l'albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora.
I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita. Anche quelli belli diventano punture. Perché, col tempo, si fanno tristi, sono irrimediabilmente già stati, passati, perduti per sempre.
... indelebili sono rimasti attaccati al tronco.
Come fili di resina emanano profumi, sapori, nostalgie.
Tutto ... ha lasciato un segno dentro di noi ...


- Mauro Corona - 




Buona giornata a tutti.:-)



martedì 11 marzo 2025

La missione di Angiolino

 Angiolino era preoccupato. L'Eterno Padre gli aveva assegnato la missione di consolare il suo Figlio agonizzante. "Di che cosa potrà mai aver bisogno il Signore?", pensava tra sé. 
In un baleno lasciò la Gloria del Paradiso, raggiunse la Palestina, si diresse verso Gerusalemme e deviò sul Getsemani. 
Là si arrestò pieno di stupore: lo stesso Dio che aveva contemplato sfolgorante d'infinita gloria, quello stesso Dio davanti al quale stava sempre in adorazione, ora era lì, al buio, prostrato a terra, tutto tremante e angosciato. «Devo assolutamente trovare qualcuno che lo possa consolare!», si disse dirigendosi verso gli Apostoli. «Sicuramente loro sono disposti ad aiutarmi: hanno ricevuto tanti insegnamenti e hanno visto tanti miracoli!». Ma i Discepoli dormivano. 
«Che delusione! Forse tra i miracolati troverò qualcuno disposto a consolarlo!». Il povero Angiolino girò tutta la Giudea: visitò ciechi che vedevano, storpi che camminavano, sordi che sentivano, ma tutti erano intenti a festeggiare la Pasqua. 
«Tutti pensano a festeggiare e non c'è nessuno che pensi al Signore! Vorrà dire che andrò avanti e indietro nel tempo radunando le anime sante del passato e del futuro!». 
Angiolino non ci mise molto: con una velocità supersonica portò un esercito di anime. Tra quelle del passato si distingueva il Re Davide, il profeta Isaia, Mosè, Geremia e tutti gli altri profeti. Brillavano con una luce tutta speciale san Giuseppe e san Giovanni Battista. 
Tra le anime del futuro c'erano gli Apostoli ormai diventati coraggiosi, schiere sterminate di martiri, di vergini e di confessori. Si vedeva santa Chiara che commossa sussurrava: «Era tutta la vita che chiedevo questa grazia...», accanto a lei c'era san Francesco, sant'Antonio, santa Veronica, poi san Domenico, santa Caterina da Siena, santa Gemma, san Giovanni Bosco, san Massimiliano Maria Kolbe... e San Pio che confuso e profondamente commosso assumeva su di sé la pesantissima Croce, condividendo con Cristo le atroci sofferenze della Passione. 
Gesù ne ebbe un gran sollievo, ma la visione delle numerosissime anime che avrebbero disprezzato il suo Sacrificio lo prostrava e addolorava ancora profondamente. 
Allora, Angiolino come un lampo si diresse verso la casa dell'Immacolata. La Signora stava offrendo tutto con Gesù. «Mia dolce Regina, non volevo disturbarti, perché so che stai soffrendo molto e avresti bisogno di essere consolata tu stessa, ma sei l'unica che può aiutarmi!». 
«Angiolino caro, in questo momento l'unica mia consolazione è proprio quella di poter consolare Gesù! Su, presto! Torna nell'Orto degli Ulivi e portagli il mio Cuore!». 
Angiolino tutto tremante prese quel preziosissimo Cuore nelle sue mani di luce e lo portò subito a Gesù.

- Miriam Soter -



Il leccio è un albero grande e longevo, sempreverde e ornamentale, originario dell'area del Mediterraneo. 
Appartiene al genere della quercia e, per la sua bellezza decorativa, è utilizzato per vari impieghi: per arricchire giardini boscosi o creare viali alberati, ma produce anche un ottimo legname. 
Il leccio è un albero di media grandezza dalla chioma verde scuro assai fitta, una corteccia quasi nera, dalla ricca produzione di ghiande. 
Esso ha radici molto forti che scavano nel terreno in profondità, infatti ha un’ottima resistenza alla siccità, perché riesce a procurarsi l'umidità necessaria grazie al suo apparato radicale. 
Nell’antichità, Ovidio raccontava che le api, simbolo delle anime immortali, si posavano su questo albero, apprezzandone l’infiorescenza giallo oro. Inoltre, attirando i fulmini, si credeva che il leccio possedesse funzione oracolare. 
Plinio scriveva che sul colle Vaticano cresceva il leccio più vecchio della città con un’iscrizione su bronzo in caratteri etruschi: segno di come l’albero fosse già oggetto di venerazione. 
Un’altra leggenda giunta fino a noi racconta che, quando il Cristo fu condannato a morte, i carnefici si recarono nel bosco per prendere del legno per poter costruire la croce e il leccio solo offrì il suo legno per la Passione di Cristo. 
Il beato Egidio, compagno di san Francesco, ci dice che Gesù prediligeva il leccio, perché fu l’unico albero a capire che doveva sacrificarsi, in modo che si compisse la Redenzione.



Il simbolo del coniglietto

Uno dei simboli pasquali per eccellenza è il coniglio. Diverse sono le storie che riguardano l’origine di questa tradizione. Si narra che sia nata dai riti pre-cristiani basati sulla fertilità che vedevano nel coniglio e nella lepre, animali molto fertili, i simboli del rinnovamento della vita, rinnovamento che si ha con l’inizio della stagione di primavera. 
Un’altra leggenda vuole che sant’Ambrogio abbia indicato la lepre come simbolo di Resurrezione a causa del suo manto in grado di cambiare colore secondo le stagioni. 
Questo suo variare secondo il ritmo della natura fu collegato al concetto di rinascita e quindi a quello della Resurrezione. 
Il coniglio come simbolo pasquale fu introdotto, per la prima volta, in Germania, nel XV secolo, con la preparazione di dolcetti a forma dell’animale. Furono le stesse popolazioni europee, a seguito dei flussi migratori, a diffondere la tradizione anche in America dove il coniglietto pasquale è chiamato “Easter Bunny”.



In preparazione a questa settimana Santa scopriamo il silenzio: ascoltare in silenzio, meditare in silenzio; e allargare il cuore sul mondo, in silenzio. Cessiamo di fare chiasso, cessiamo di non sciupare e di rovinare la grazia, nel tempo in cui Dio tenta di salvarci e di salvare il mondo. 
In questi giorni la Parola di Dio si intensificherà affinché i nostri occhi non si stacchino da Gesù, ma lo seguano passo dopo passo per apprendere dai suoi gesti il suo amore per tutti noi. 
E solo guardando il suo viso sulla croce potremo incontrare i suoi occhi affranti dal dolore, ma sempre pieni di Misericordia e di affetto, che ci guarderanno come guardarono Pietro, che pure lo aveva tradito, e sentiremo nel profondo del cuore un nodo di dolore e di tenerezza assieme, e inizieremo a seguirlo con un cuore nuovo.



Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione
prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici
e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato,
del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio,
finché tutti abbiano capito nel mio
il tuo Amore.

- Madeleine Delbrel - 



Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 7 marzo 2025

Via con il vento - don Bruno Ferrero

 Nel prato di un giardino pubblico, con il tiepido sole della primavera, in mezzo all'erba tenera, erano spuntate le foglie dentellate e robuste dei Denti di Leone. 
Uno di questi esibì un magnifico fiore giallo, innocente, dorato e sereno come un tramonto di maggio. 
Dopo un po' di tempo il fiore divenne un "soffione": una sfera leggera, ricamata dalle coroncine di piumette attaccate ai semini che se ne stavano stretti stretti  al centro del soffione.
E quante congetture facevano i piccoli semi. Quanti sogni cullava la brezza alla sera, quando i primi timidi grilli intonavano la loro serenata.
"Dove andremo a germogliare?".
"Chissà?".
"Solo il vento lo sa".
Un mattino il soffione fu afferrato dalle dita invisibili e forti del vento. 
I semi partirono attaccati al loro piccolo paracadute e volarono via, ghermiti dalla corrente d'aria.
"Addio... addio", si salutavano i piccoli semi.
Mentre la maggioranza atterrava nella buona terra degli orti e dei prati, uno, il più piccolo di tutti, fece un volo molto breve e finì in una screpolatura del cemento di un marciapiede. 
C'era un pizzico di polvere depositato dal vento e dalla pioggia, così meschino in confronto alla buona terra grassa del prato.
"Ma è tutta mia!", si disse il semino. 
Senza pensarci due volte, si rannicchiò ben bene e cominciò subito a lavorare di radici.
Davanti alla screpolatura nel cemento c'era una panchina sbilenca e scarabocchiata. Proprio su quella panchina si sedeva spesso un giovane. Era un giovane dall'aria tormentata e lo sguardo inquieto.
Nubi nere gli pesavano sul cuore e le sue mani erano sempre strette a pugno.
Quando vide due foglioline dentate verde tenero che si aprivano la strada nel cemento. Rise amaramente: "Non ce la farai! Sei come me!", e con un piede le calpestò.
Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro.
Da quel momento non riuscì più a distogliere gli occhi dalla testarda coraggiosa pianticella. Dopo qualche giorno spuntò il fiore, giallo brillante, come un grido di felicità.
Per la prima volta dopo tanto tempo il giovane avvilito sentì che il risentimento e l'amarezza che gli pesavano sul cuore cominciavano a sciogliersi. 
Rialzò la testa e respirò a pieni polmoni. Diede un gran pugno sullo schienale della panchina e gridò: "Ma certo! Ce la possiamo fare!".
Aveva voglia di piangere e di ridere. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore.
Le piante sentono l'amore e la bontà degli esseri umani. Per il piccolo e coraggioso Dente di Leone la carezza del giovane fu la cosa più bella della vita.

Non chiedere al Vento perché ti ha portato dove sei.
Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi.

Tu sei il messaggio.


- don Bruno Ferrero -
da: "Solo il vento lo sa" di Bruno Ferrero, ed. Elledicì


Stranezze

Mentre camminavo per strada con l'ombrello aperto perché piovigginava, piano, piano si affaccia il sole. 
Che strana cosa, mi sono detto; di solito quando piove non si vede il sole; quando c'è il sole, di solito non piove. Eppure ora piove e c'è anche il sole. Chissà perché? 
Mi sono dato questa risposta: "Dio manda l'acqua per amore; manda pure il sole per amore. Proprio nel suo eccesso d'amore manda e pioggia e sole inspiegabilmente anche insieme". 
Di solito le stranezze, gli eccessi, sono propri degli innamorati.

- Padre Andrea Panont - 
Da: “Chi ha paura di Dio?” Ed. Mimep-Docete



Dio ci chiede di amarlo, mettendo in moto quello che ci ha donato, niente di più, nessun sacrificio, nessun olocausto; chiede intelligenza, forza e cuore, tutto ciò che possediamo!

da: "Gioia infinita. Quaresima e Pasqua 2016" 
























Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 5 febbraio 2025

da: "Castelli di rabbia" - Alessandro Baricco

Eppure, per quanto indubitabilmente sia meravigliosa la luce della sera, c'è qualcosa che ancora riesce ad essere più bello della luce della sera, ed è per la precisione quando, per incomprensibili giochi di correnti, scherzi di venti, bizzarrie del cielo, sgarbi reciproci di nubi difettose, e circostanze fortuite a decine, una vera collezione di casi, e di assurdi - quando, in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. 
C'è il sole, il sole della sera, e piove. Quello è il massimo. 
E non c'è uomo, per quanto limato dal dolore o sfinito dall'ansia, che di fronte a un'assurdità del genere non senta da qualche parte rigirarsi un'irrefrenabile voglia di ridere.
Poi magari non ride, veramente, ma se solo il mondo fosse un sospiro più clemente, riuscirebbe a ridere. Perche è come una colossale e universale gag, perfetta e irresistibile. 

Una cosa da non crederci. 
Perfino l'acqua, quella che ti casca sulla testa, a minute gocce prese di infilata dal sole basso sull'orizzonte, non sembra neanche acqua vera. 
Non ci sarebbe da stupirsi se ad assaggiarla si scoprisse che è zuccherata. Per dire. Comunque acqua non regolamentare. 
Tutt'una generale e spettacolare eccezione alle regole, una grandiosa presa per il culo di qualsiasi logica. Un'emozione. Tanto che tra tutte le cose che poi finiscono per dare una giustificazione a questa altrimenti ridicola abitudine di vivere certo figura anche questa, in cima alle più nitide, alle più pulite: esserci, quando in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. 
Almeno una volta, esserci.

- Alessandro Baricco - 
da: "Castelli di rabbia" , Ed. Universale Economica Feltrinelli



Eravamo nello stesso amore,
in quel momento.
Non abbiamo fatto altro, per anni.
La sua bellezza, i suoi pianti, la mia forza,
i suoi passi, il mio pregare
- eravamo nello stesso amore -
La sua musica, i miei libri, i miei ritardi,
i suoi pomeriggi da solo
- eravamo nello stesso amore -
L’aria in faccia, il freddo nelle mani,
le sue dimenticanze, le mie certezze
- eravamo nello stesso amore.

- Alessandro Baricco -



Io ti ho amato, André, e non saprei immaginare come si possa amare di più. Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che andasse in pezzi pur di stare con te. Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce ad immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. E' scoppiata tutto d'un colpo. C'erano cocci ovunque, e tagliavano come lame. 

- Alessandro Baricco -

da: "Oceano Mare"




...quante discussioni e incomprensioni ci risparmieremmo se riuscissimo a dare più importanza alla presenza di chi amiamo più che al 'terriccio' che porta con sè!




Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it




 

giovedì 23 gennaio 2025

da: "I Promessi Sposi" - Alessandro Manzoni

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. 
La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l'uno detto di san Martino, l'altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. 
Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l'ossatura de' due monti, e il lavoro dell'acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de' torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna. 
Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d'oggi, e che s'incammina a diventar città. 
Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l'onore d'alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire a' contadini le fatiche della vendemmia.



Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. 
Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra, e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un  piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all'intorno, li fissava alla parte d'un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov'era solito d'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno. 
Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d'un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all'anche del passeggiero. 
I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell'intenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert'altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. 
Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com'era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s'aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l'uno dirimpetto all'altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l'altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L'abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov'era giunto il curato, si poteva distinguer dell'aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull'omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d'ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi. 



Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l'aspettato era lui. Perché, al suo apparire,  coloro s'eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt'e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s'era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l'altro s'era staccato dal muro; e tutt'e due gli s'avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s'avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l'indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all'indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell'occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. (..) continua....

- Alessandro Manzoni -
da: "I Promessi Sposi"



Buona giornata a tutti. :-)





martedì 21 gennaio 2025

Le cose che ho imparato dalla vita - Paulo Coelho

 Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:

Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
Che ci vogliono anni per costruire la fiducia  e solo pochi secondi per  distruggerla.
Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
Che la pazienza richiede molta pratica.
Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo a quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via senti che è come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.
È vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo,  ma ci vuole una vita per dimenticarlo.
Non cercare le apparenze, possono ingannare.
Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
Cerca qualcuno che ti faccia sorridere, perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante una giornataccia.
Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.
Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte,  dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente da renderti felice.
Mettiti sempre nei panni degli altri.  Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un the.
Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e tuoi dolori.
Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.
Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te piange.

- Paulo Coelho - 



Certe persone vivono in lotta con altre, 
con se stesse, con la vita.
Allora si inventano opere teatrali immaginarie
e adattano il copione alle proprie frustrazioni.

- Paulo Coelho - 
Dal libro “Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto”


"Io credo ai segnali. Quello che abbiamo bisogno di apprendere è sempre davanti ai nostri occhi; è sufficiente guardarsi intorno con deferenza e attenzione per scoprire dove Dio vuole condurci e quale sia il passo migliore da compiere nel minuto successivo. 
Ho imparato a rispettare il mistero. 
Come diceva Einstein: "Dio non gioca a dadi con l'universo", tutto è collegato e ha un senso. 
Benché esso risulti occulto per gran parte del tempo, noi sappiamo di essere prossimi alla nostra vera missione sulla terra quando ciò che stiamo facendo è permeato dall'energia dell'entusiasmo. 
Se lo è, tutto va bene. Se non lo è, conviene cambiare rotta. 
Quando siamo sulla strada giusta, seguiamo i segnali e, se ci capita di fare un passo falso, ecco che la divinità ci viene in aiuto, evitandoci di commettere un errore."



E' necessario correre dei rischi ...
riusciamo a comprendere il miracolo della vita
solo quando lasciamo che l'inatteso accada.
- Paulo Coelho - 
Dal libro “Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto”


“…i cuori degli uomini sono così: hanno paura di realizzare i sogni più grandi, perché pensano di non meritarlo, o di non riuscire a raggiungerli.”



Buona giornata a tutti. .-)