giovedì 30 marzo 2023

L' attesa si fa silenzio - cardinale Angelo Comastri

                          

O Gesù, mi fermo pensoso ai piedi della croce: 
anch’io l’ho costruita con i miei peccati!
La tua bontà, che non si difende e si lascia crocifiggere, 
è un mistero che mi supera e mi commuove profondamente.
Signore, Tu sei venuto nel mondo per me, 
per cercarmi, per portarmi l’abbraccio del Padre. 
Tu sei il Volto della bontà e della misericordia: 
per questo vuoi salvarmi! 
Dentro di me ci sono le tenebre: 
vieni con la tua limpida luce.
Dentro di me c’è tanto egoismo: 

vieni con la tua sconfinata carità. 
Dentro di me c’è rancore e malignità: 
vieni con la tua mitezza e la tua umiltà. 
Signore, il peccatore da salvare sono io: 
il figlio prodigo che deve ritornare, sono io!
Signore, concedimi il dono delle lacrime
per ritrovare la libertà e la vita,
la pace con Te e la gioia in Te.
Amen.

- Card. Angelo Comastri -



Io aspetto, aspetto. Aspetto la Tua risposta. [...]

E' come se entrassi in un luogo, in cui si è fermato qualcuno che amo. 
Ma ora è partito e mi ha lasciato un biglietto: Aspettami, arrivo! [...]
Lui non può mai scomparire. Lui arriva. [...]
Nel mezzo di questa desolazione emerge all'improvviso un pensiero: per me si prepara qualcosa di nuovo. [...]

Così dal vuoto si sviluppa un nuovo spazio per l'incontro con Dio. L'abisso della Sua misericordia inghiotte l'abisso della mia debolezza.[...]
Questo non è una consolazione, ma è la salvezza, l'incoraggiamento e l'esortazione: tieni duro, non cedere, aspetta!
L'impotenza mi spoglia del mio egoismo. [...]
L'impotenza non è una passività pura e semplice. Questa è la tragedia dell'uomo generoso che non può fare il bene, nè vincere il male. Ma proprio questa impotenza è stata redenta. [...]
Solo la disperazione estrema può distruggere tutto. [...]
E l'incarnazione di Gesù è il mistero dell'impotenza, l'impotenza dell'amore. [...]
L'attendere è la sola attività necessaria dell'uomo che è impotente. 
L'ultima risposta al mistero dell'impotenza è la fede in Cristo Risorto.

- Josef Zverina -
1913-1990, Attività e impotenza 
"The Invisible World" PPS IV, 13





"L’intero Vangelo non si riassume forse nell’unico comandamento della carità? La pratica quaresimale dell’elemosina diviene pertanto un mezzo per approfondire la nostra vocazione cristiana. Quando gratuitamente offre se stesso, il cristiano testimonia che non è la ricchezza materiale a dettare le leggi dell’esistenza, ma l’amore. Ciò che dà valore all’elemosina è dunque l’amore, che ispira forme diverse di dono, secondo le possibilità e le condizioni di ciascuno."

- Papa Benedetto XVI -
Messaggio per la Quaresima 2008



Più forte della morte è l’amore.
Più forte della morte è la vita
In silenziosa adorazione di questo sconvolgente Mistero....




Chiniamo il capo e aspettiamo in preghiera......  
il Signore non si farà attendere......


Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 29 marzo 2023

Collocazione provvisoria – don Tonino Bello

 “Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria.
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito. Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non so quella di Cristo.
Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Coraggio.
La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre "collocazione provvisoria". Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. 
E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.
C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. "Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". 
Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. 
Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. 
Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio.
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

(don Tonino Bello)
Tratto da : Don Tonino Bello, Alla Finestra la Speranza, Milano, Paoline editoriale libri, 1988


Tra le confusioni che il mondo ama, ce n’è una che ama in modo particolare: esso confonde il perdono con l’approvazione. 

Per il fatto che Gesù Cristo ha perdonato molti peccatori, il mondo ne vuole concludere che Gesù Cristo non detestava il peccato. 

Il crimine del diciannovesimo secolo è quello di non odiare il male e di fargli delle proposte. Non c’è che una proposta da fargli: quella di sparire. 

Ogni compromesso concluso con il male somiglia non solo al suo trionfo parziale, ma al suo trionfo completo, giacché Il male non chiede sempre di cacciare il bene, ma vuole il permesso di coabitare con lui. Un istinto segreto lo avverte che chiedendo qualcosa, chiede tutto  Appena non lo si odia più, esso si sente adorato.

(Ernest Hello)
1828 - 1885 da: L'uomo (L'homme)


lunedì 27 marzo 2023

Una pietra speciale

Tanto tempo fa, in Palestina, viveva - si fa per dire - una piccola pietra aguzza e grigia, una pietra come tante altre in quel paese denso di caldo e polvere.

Da anni la sua vita scorreva monotona, tanto che a volte si chiedeva cosa ci facesse su quella strada assolata e a chi potesse mai servire il suo stare lì, immobile e muta spettatrice di uno spettacolo sempre uguale.

Quanto aveva sognato qualcosa di eccitante e di insolito! Qualcuno che posasse gli occhi proprio su di lei e la trovasse unica, particolare. Che pensieri assurdi per una pietra...

Ma la vita riserva sempre delle sorprese e un giorno la nostra annoiata amica fu scossa da uno schiamazzo inconsueto, soprattutto per quell'ora particolarmente calda in cui tutti cercavano di ripararsi nell'ombra delle case.

«Cosa mai sta succedendo?» si chiese piena di eccitazione. Potendo guardare solo di sotto in su, in un primo momento non vide altro che una selva di gambe. Le sembrarono però particolarmente risolute ed era sicura che non promettessero nulla di buono.

Le vesti svolazzavano e i sandali non si peritavano di sollevare un gran polverone che, in verità, le dava davvero fastidio ricoprendola di sabbia calda.

Trasportati da quelle gambe, arrivarono anche uomini e donne vocianti, tutti intenti a schernire e insultare qualcuno che la piccola pietra non riusciva ancora a vedere.

Giunte di fronte a un basso muro che cingeva un orto assetato, le gambe si fermarono, ma non le voci, che sempre più reclamavano qualcosa che aveva a che

fare con la punizione per una colpa. Dopo i lunghi anni passati a contatto con l'essere umano, la pietra aveva imparato a decifrarne il linguaggio. Anzi, la sua occupazione preferita era proprio stata quella di mettere insieme tutti quei suoni che le giungevano dall'altro, attraverso i discorsi dei passanti.

A un tratto essa vide, malamente spinta contro il muro, una giovane donna. Di lei poté scorgere anche il viso perché, tutta impaurita com'era, il suo corpo si era fatto piccolo ed era scivolato giù sino a terra, quasi trasformato anch'esso in pietra dall'odio della gente.

"Certamente non avrà ucciso, o percosso, o offeso qualcuno" pensò la pietra. "Il suo sguardo è chiaro e limpido, offuscato sì dalla paura, ma non dall'odio. Cosa può aver mai fatto una creatura così giovane e delicata?".

Tese l'orecchio, voleva assolutamente capire.

Poté distinguere solo alcune parole: colpevole, adultera, e poi amante, amore, offesa. "Ma che assurdo connubio!" pensò la pietra. Per quel che ne sapeva lei, amore e colpa non avevano nulla a che spartire, ma... si sa... l'uomo aveva le sue strane leggi, ben diverse da quelle semplici delle pietre.

Proprio in quel momento una voce si alzò sulle altre e cominciò a gridare: «Lapidiamola, lapidiamola!».

Fu come se un filo avesse tirato contemporaneamente dei burattini: il grido di uno divenne il grido di tutti.

La pietra inorridì e cercò di farsi ancora più grigia e piccola. Mai e poi mai avrebbe colpito quella creatura, mai e poi mai avrebbe ferito la vita. Ma come fare, così com'era alla mercè degli altri?

Già qualcuno si era abbassato per raccogliere alcune sue sorelle che la guardavano atterrite, sperando in qualcosa che né lei né loro certamente avrebbero potuto fare, legate com'erano alla loro natura di pietre.

Nella profondità del suo essere le parve di percepire un cuore che batteva all'impazzata; mai avrebbe pensato di assistere a qualcosa di così terribile.

In tutta quella gran confusione la nostra gentile amica non notò neppure l'avvicinarsi di un uomo.

Egli era arrivato con il passo calmo di chi sa che non occorre affrettarsi per mutare ciò che già è scritto.

La prima cosa che vide di lui furono i sandali assai consumati e, essendo grande esperta di calzature umane, pensò subito si trattasse di un pellegrino.

Riflettendo si disse che un uomo pio non si sarebbe mai accomunato allo schiamazzo degli altri; ma cosa avrebbe potuto fare, lui, da solo?

Tra la folla si fece silenzio, mentre egli sedette tranquillamente nella polvere, proprio vicino alla giovane donna.

«Maestro» chiese uno tra i tanti, «questa donna è un'adultera e la legge prescrive che sia lapidata».

"Lo chiamano Maestro" pensò la pietra, "ma chi sarà, da dove verrà? Pare tanto giovane!".

Ognuno nella piccola assemblea voleva intanto dire la sua: chi si appellava alla legge, chi chiedeva un duro esempio, chi pensava addirittura di conoscere il volere divino.

La pietra non riusciva più a star dietro a tutto quel vociare né riusciva a comprendere come mai quegli uomini avessero in sé tanta sicurezza da poter emettere un giudizio inappellabile.

Chi conosceva il fine di ogni cosa o l'insondabile mistero celato dietro l'effimera apparenza di una forma?

La pietra si sentiva profondamente indispettita. Aveva accettato per lunghi anni la sua condizione, cercando di assecondare ciò che la natura le chiedeva. Come mai la mente umana creava solo inutili problemi?

Il caldo si era fatto opprimente e lei avrebbe voluto che tutto finisse al più presto. Come avrebbe potuto il pellegrino risolvere un pasticcio così complicato! Gli conveniva piuttosto riprendere la sua strada e lasciare agli abitanti del villaggio la responsabilità dei loro gesti.

L'aria era immobile, quell'attimo pareva eterno: quando era iniziato e quando sarebbe finito?

Ogni sentimento sembrava sul punto di esplodere, ma una strana magia lo aveva fissato lì, nell'animo di ognuno. Paura, collera, odio, ipocrisia, superbia, compassione, dubbio parevano attendere un misterioso comando. Fu solo allora che la voce del pellegrino ruppe quell'incantesimo.

«Bene» disse, «se è questo che volete, sia. Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la sua pietra».

Nessuno si mosse. Si stavano interrogando, presi alla sprovvista da quelle parole? Avevano realmente compreso o si era solo dissolta la forza della loro sicurezza?

Fatto sta che si guardarono l'un l'altro; poi, uno alla volta, in silenzio lasciarono la piazza.

Il giovane pellegrino si appoggiò al muretto con un sospiro e, allungando una mano nella polvere, raccolse proprio la nostra piccola amica, facendola scherzosamente rotolare fra le dita. Incredibile! Il suo sogno si era avverato. Qualcuno si era accorto di lei, l'aveva raccolta e ne aveva fatto una pietra davvero speciale!

- Racconto popolare francese - 

da: "Leggende Cristiane. Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini", a cura di Roberta Bellinzaghi, © 2004 - Edizioni Piemme S.p.A. 


Prima o poi nella vita potrebbe capitarvi di essere vittime di un' ingiustizia: accuse prive di fondamento, giudizi errati da parte di persone che vogliono nuocervi e distruggervi.

Sappiatelo e preparatevi ad affrontare queste situazioni per evitare, quando vi capiteranno, che in voi abbiano il sopravvento il turbamento, il dolore o il desiderio di vendicarvi. L' unico buon atteggiamento da tenere in questi casi è quello di continuare a lavorare su voi stessi.

Ditevi che tutto ciò che è ispirato dal mondo divino resterà e brillerà un giorno in tutto il suo splendore, mentre i colpi bassi, gli intrighi e i complotti anche se hanno successo per un po', sono condannati prima o poi alla sconfitta.

Lasciate perciò che le persone ingiuste e cattive affondino, se vogliono, nella propria palude: non faranno altro che indebolirsi e impoverirsi, perché non sanno quanto siano terribili le leggi nei confronti di chi è servo della gelosia, della menzogna e dell'odio.

La potenza del cielo è infinita: lavora impercettibilmente, ma inesorabilmente, e tutto finisce per volgersi a favore di coloro che hanno messo al centro della loro vita un ideale sublime di bellezza e di amore, per l' avvento del Regno di Dio e la fratellanza nel mondo.

- Omraam Mikhaël Aïvanhov - 




Buona giornata a tutti :-)


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sabato 25 marzo 2023

Il professore e il barattolo della vita

Un insegnante di filosofia voleva incoraggiare i suoi studenti a riflettere sulla vita.

Prese un barattolo di vetro che posò sul tavolo, successivamente prese una dozzina di palline da golf e le iniziò ad inserire una ad una all’interno del barattolo.

Dopo che ebbe finito di riempire il barattolo con le palline da golf domandò ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno.

Tutti dissero di sì.

Il professore prese ora dei sassolini e li iniziò a versare all’interno del barattolo, gli studenti si accorsero che le piccole pietre si inserivano negli spazi lasciati dalle palline da golf.

Quindi il professore chiese se adesso il barattolo fosse realmente pieno, di nuovo ricevette un collettivo “si”.

Allora il professore prese una busta con della sabbia e la iniziò ad inserire all’interno del barattolo.

La sabbia si andò a inserire tra gli spazi rimasti tra le palline e le pietre riempiendo così ulteriormente il barattolo di vetro.

A questo punto il professore chiese nuovamente se il barattolo adesso fosse finalmente pieno.

Gli studenti sicuri del fatto che al suo interno non vi fosse più spazio per nulla, risposero in coro di sì.

Il professore sorridendo tirò fuori una birra e iniziò a versarne una parte all’interno del barattolo.

Gli studenti stupiti e divertiti da quanto appena visto scoppiarono a ridere. Finita la risata, il professore disse:

“Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita: 
le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, l’amore, gli affetti, la salute, gli amici e le nostre passioni. Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene.
I sassolini sono le altre cose che ci importano come il lavoro, la casa, la macchina, i soldi, etc.
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.

Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto né per le palle da golf né per i sassolini.
La stessa cosa succede con la vita.
Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energie nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti.

Fate attenzione alle cose che sono cruciali per la vostra felicità: giocate con i vostri figli, visitate i vostri cari, prendetevi il tempo per andare dal medico, dedicate tempo e attenzioni al vostro partner, praticate il vostro sport o hobby preferito e coltivate e inseguite i vostri sogni.

Ci sarà sempre tempo per pulire la casa, falciare il prato, guardare la televisione ecc.

Occupatevi prima delle palline da golf, delle cose realmente importanti.
Stabilite le vostre priorità, il resto è solo sabbia.”

Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentassero le birre. Il professore sorrise e disse:
“Sono contento che tu me l’abbia chiesto. E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la tua vita, ci sarà sempre spazio e tempo per bere una birra con un amico.”


Dall’inverno alla primavera

Quando l’inverno muore
lentamente nella primavera,
nelle sere di quei bei giorni limpidi,
lieti, senza vento,
su cui si tengono spalancate
per le prime volte le finestre
e si portano sulle terrazze i vasi dei fiori,
le città offrono uno spettacolo gentile
e pieno d’allegrezza e di poesia.
A passeggiare per le vie si sente,
di tratto in tratto, sul viso,
un’ondata d’aria tiepida, odorosa.
Di che? di quali fiori? di quali erbe?
Chi lo sa!

(Edmondo De Amicis)


Buona giornata a tutti :-)


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giovedì 23 marzo 2023

Calma - Michel Quoist

                                                                            Signore,
fa' che con calma
riempia le mie giornate,
come il mare lentamente
ricopre tutta la spiaggia;
illumina la mia vita
come i raggi del tuo sole
fanno cantare
la superficie delle acque.

- padre Michel Quoist - 


Che l'ozio sia uno spreco di tempo è un concetto pericoloso messo in giro dai suoi nemici, gente priva di spiritualità. 
Il fatto che l'ozio possa essere enormemente produttivo viene deliberatamente ignorato. I musicisti sono dipinti come lavativi; gli scrittori come ingrati egoisti; gli artisti come pericolosi. 
Nel saggio 'In difesa dei pigri' (1877) Robert Louis Stevenson espresse questo paradosso come segue: 'La cosiddetta pigrizia [...] non consiste nel non far nulla, ma nel fare molto di quel che non è contemplato nei dogmatici formulari della classe dominante'. 
Ogni persona creativa ha bisogno di lunghi periodi di languore, indolenza e occhi rivolti al soffitto per poter sviluppare delle idee.

- Tom Hodgkinson - 
da: L'ozio come stile di vita


La pace

La pace guardò in basso
e vide la guerra,
"Là voglio andare" disse la pace.
L'amore guardò in basso
e vide l'odio,
"Là voglio andare" disse l'amore.
La luce guardò in basso
e vide il buio,
"Là voglio andare" disse la luce.
Così apparve la luce
e risplendette.
Così apparve la pace
e offrì riposo.
Così apparve l'amore
e portò vita.
E il Verbo si fece carne
e dimorò in mezzo a noi.


Laurence Housman -


Buona giornata a tutti. :-)



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martedì 21 marzo 2023

La leggenda di Proserpina e la nascita delle stagioni

In un tempo che tempo non è, gli dei dell’Olimpo popolavano il pianeta dal cielo alla terra, per mari e per monti, fino al regno dell’aldilà.

Sovrano indiscusso dell’Olimpo era il potente Zeus, un Dio pieno di sé che non amava essere disobbedito né contraddetto.

Come tutti i potenti sovrani, Zeus, aveva gusti difficili, non solo riguardo al cibo ma anche in amore. Il sogno di tutte le dee era quello di essere la prescelta sposa del sovrano, ma Zeus sembrava non decidersi mai. Fino a ché un bel giorno una dea bellissima catturò la sua attenzione e conquistò il suo amore. La dea si chiamava Demetra ed era figlia di Crono, re dei Titani, e di sua moglie Rea.

Zeus rimasto estasiato da tanta bellezza chiese la mano di Demetra e la ottenne in sposa.

Nell’Olimpo Zeus e Demetra regnavano felici e contenti. Demetra era ben voluta da tutti gli dei e anche particolarmente amata dagli uomini della Terra. Era la dea dell’agricoltura e della semina, proteggeva i campi, faceva maturare i frutti e biondeggiare il grano, ricopriva la terra di fiori e di erbe. Durante i primi mesi di nozze trascorse il suo tempo a fare quello che sapeva fare meglio, così sulla terra i frutti abbondavano e deliziavano il palato degli uomini, mentre i fiori coloravano e profumavano l’atmosfera, dandole un tocco magico.

Zeus era felice del suo matrimonio e amava profondamente la sua sposa, per questo dopo pochi mesi le chiese di avere un figlio da lei. Il nascituro sarebbe stato il frutto del loro amore e il futuro sovrano dell’Olimpo. Dopo qualche mese la vita matrimoniale di Zeus e Demetra fu allietata dalla nascita di una bambina alla quale diedero il nome di Proserpina, dal latino “ proserpere” (emergere) a simboleggiare la crescita del grano. Il padre Zeus, nonostante avesse desiderato un figlio maschio, alla vista della bambina si innamorò subito di quella piccola creatura che era il riflesso della madre.

Gli anni passavano e Proserpina cresceva bella, forte e sana. Anche lei come la madre era ben voluta da tutti gli dei dell’Olimpo e dalle piccole ninfe che facevano a gara per poter giocare con lei. Fin da piccolissima intraprese varie attività come voleva la tradizione di corte, infatti tutte le principesse affiancavano ai normali studi classici lezioni di arte, musica, dipinto, ricamo e quant’altro fosse di loro gradimento. 

Proserpina amava molto dipingere e trascorreva parte delle sue giornate a raffigurare sulla tela tutti i magnifici paesaggi dell’Olimpo. Tra le altre cose le piaceva molto disegnare abiti che poi la madre faceva realizzare dalla sarta di corte e che lei indossava nelle serate danzanti organizzate dal padre o in quelle dove andavano ospiti. La madre le aveva trasmesso la passione per i gioielli e gli ornamenti vari e lei l’aveva coltivata ottenendo, anche in questa, discreti risultati. 

Crescendo la sua curiosità iniziò a spostarsi verso la terra e tutto ciò che ne faceva parte. La madre negli anni le aveva parlato di paesaggi bellissimi e fiori dai mille colori, che lei aveva sempre immaginato e provato a raffigurare nelle sue tele, sognando il giorno in cui avrebbe finalmente potuto vederli. Sognava di passare pomeriggi immersa nel verde a dipingere paesaggi e a raccogliere fiori che avrebbe usato da ornamento per i suoi abiti, o per creare collane e gioielli. Gli anni passavano ma i genitori non le permettevano di scendere sulla terra poiché temevano potesse essere pericoloso, finché un giorno, con grande stupore della madre e della ragazza, Zeus acconsentì a mandarla con alcune ninfe sulla terra. La madre, che non voleva contraddire il marito, non si oppose alla scelta di Zeus né provò a convincere la figlia a non andare, poiché sapeva che questa volta non l’avrebbe ascoltata.

Era ormai divenuta una fanciulla soave, sempre sorridente, con i capelli biondi e due occhi grandi e profondi.

<< Ora è grande abbastanza per poter scendere con le altre ninfe sulla terra. >> Disse Zeus, mentre guardava la moglie che aveva un’aria preoccupata.

<< Non si è mai abbastanza grandi per incorrere in qualche pericolo, ma non discuterò la tua decisione, poiché so che non metteresti mai a repentaglio la vita di nostra figlia. >> Rispose Demetra.

Davanti all’affermazione di Demetra, Zeus, si sentì come in colpa, ma non lo diede a vedere per non insospettire la moglie.

Preoccupata Demetra chiese al marito di poter essere lei ad accompagnare la figlia nel suo primo viaggio sulla terra, ma questo non acconsentì e con aria adirata le disse che era arrivato il tempo che permettesse alla figlia di vivere come a tutte le ragazze della sua età. Prima di andar via disse a Demetra di stare tranquilla, perché anche se Proserpina non si era mai allontanata dall’Olimpo, con lei ci sarebbero state le ninfe, che conoscevano bene la terra, dove si recavano quasi ogni giorno.

Arrivò il giorno successivo. Il sole quel mattino era più radioso che mai. Proserpina non stava più nella pelle all’idea di scendere finalmente a visitare la terra. Mise uno dei suoi abiti più belli e insieme ad altre ninfe sue amiche andò a fare una passeggiata sulle sponde del lago di Pergusa, nel cuore della Sicilia. Giunti lì si misero a raccogliere rose, giacinti e viole che sarebbero serviti per fare delle ghirlande che avrebbero adornato le loro vesti. Mentre ridevano e si divertivano improvvisamente udirono un forte boato che lacerò l’aria. Le fanciulle iniziarono a gridare e provarono a fuggire, ma la terra si spaccò e dai sottofondi uscì, su un cocchio d’oro trainato da quattro cavalli neri, un Dio bello ma dallo sguardo triste. Era Plutone, Dio delle tenebre, che si era innamorato di Proserpina e aveva chiesto a Zeus di poterla sposare. Quel giorno, dopo aver ottenuto il consenso di Zeus, era salito sulla terra per portarla con sé.

La ninfa Ciane nel tentativo di salvarla si aggrappò al cocchio di Plutone cercando di trattenerlo dal tornare sottoterra, ma non poté impedirlo. Questo suo gesto scatenò la collera di Plutone che la percosse con il suo scettro e la trasformò in una sorgente.

Attirato dalle urla arrivò sul posto il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane, che vedendosi liquefatta la fidanzata si fece trasformare anch’egli in un fiume. Questo ancora oggi al termine del suo percorso si unisce alle acque del fiume Ciane, per poi sfociare con lui nel Porto Grande di Siracusa.

A nulla servirono le grida disperate di Proserpina e la richiesta d’aiuto al padre Zeus, che non poté far nulla dopo che aveva acconsentito a Plutone di sposarla. Prima di sprofondare sottoterra la fanciulla levò un ultimo grido alla madre, le montagne tremarono e i boschi fecero eco alla sua voce, permettendo a Demetra di udirle.

Demetra dall’Olimpo accorse sulla terra in aiuto della figlia. Poco prima di giungere sul lago incontrò le altre ninfe che scappavano e le fermò. Queste le raccontarono di essere fuggite via dopo un forte boato che aveva lacerato la terra e di non avere idea di dove fosse finita Proserpina. A quel punto ritenendole colpevoli della scomparsa della figlia, per non aver fatto nulla, le trasformò in sirene e andò via. Sconvolta cercò ovunque l’adorata figlia, vagando in un lungo e largo per nove giorni. Chiese all’Aurora e al tramonto, ai fiumi e ai mari, ma nessuno le rivelò cosa fosse accaduto alla figlia. All’alba del decimo giorno, dopo le vane ricerche, interrogò il sole nella speranza di ricevere una risposta su quanto accaduto. Il sole nel vederla così triste le rivelò che a rapirla era stato Plutone, dio delle tenebre, per farla sua sposa. Prima che Demetra andasse via, per provare a consolarla, aggiunse che ora Proserpina con il suo sorriso rallegrava il triste mondo degli inferi.

Demetra disperata andò via e si rifugiò a Eleusi, in un tempio a lei consacrato, dimenticandosi della terra.

I giorni passavano e sulla terra i campi iniziarono ad ingiallire, i frutti marcirono, i fiori appassirono e le spighe si seccarono. La terra divenne spoglia e brutta. Gli uomini iniziarono a lamentarsi e a buttare al cielo e agli dei maledizioni di ogni sorta. Non avevano più nulla, i loro campi ormai erano aridi e non davano più alcun frutto. Molte famiglie di contadini non avendo più di che vivere caddero in una profonda disperazione. Gli animali da pascolo andarono in sofferenza per la mancanza di erba da poter mangiare e anche il loro latte ne risentì, al punto che alcune mucche e alcune capre non riuscirono a sfamare i loro cuccioli, alcuni dei quali denutriti morirono. La situazione sulla terra ormai era critica. Occorreva fare subito qualcosa per bloccare la carestia che da lì a poco avrebbe finito per uccidere tutti, animali e uomini.

A quel punto Zeus, avendo compassione degli uomini per tutto quello che stava accadendo sulla terra, mandò la dea Iride da Demetra per chiederle di tornare tra gli dei, ma questa non ottenne risposta. Nei giorni successivi tutti gli dei dell’Olimpo si recarono da Demetra a supplicarla di tornare sulla terra, ma questa rispose loro che sarebbe tornata solo se avesse riavuto sua figlia.

A quel punto per impedire una catastrofe sulla terra, Zeus, mandò Mercurio dal re degli inferi Plutone, per dirgli di restituire la figlia, poiché solo il suo ritorno avrebbe potuto salvare la terra.

Plutone acconsentì e lasciò che Mercurio riportasse Proserpina da sua madre, anche se in cuor suo non voleva perderla per sempre. Mentre la fanciulla si apprestava a salire sul carro,  Mercurio, escogitò un modo per far si che questa dovesse tornare di tanto in tanto agli inferi. Le offrì dei chicchi di Melograno che la fanciulla mangiò, ignara del fatto che secondo un’antica legge divina chiunque mangiasse i chicchi rossi di quel frutto sarebbe rimasto legato al mondo degli inferi per sempre.

Proserpina era felicissima all’idea di riabbracciare la madre e con Mercurio si recò a Eleusi.

Appena Demetra vide arrivare la figlia si rincuorò e corse ad abbracciarla. Madre e figlia, che finalmente si erano ritrovate, parlarono a lungo. Dai racconti della figlia Demetra comprese che ormai il suo legame con Plutone era indissolubile, poiché lei era legata agli inferi e di conseguenza al loro Dio. Non potendo accettare di perdere di nuovo sua figlia, invitò Proserpina ad andare un po’ a riposare, dopo di che si recò da Zeus per convincerlo a fare qualcosa. Giunta da Zeus gli chiese di poter tenere con sé la figlia almeno una parte dell’anno e lui acconsentì, per amore della moglie, della figlia e per far ritornare la terra al suo splendore. 

Da quel giorno, ogni volta che Proserpina torna dalla madre, i prati si ricoprono di fiori, i frutti cominciano a maturare e il grano a germogliare. 

Quel periodo è quello che sulla terra chiamiamo la primavera. Nei restanti mesi dell’anno, invece, quando Proserpina si ricongiunge con Plutone, la terra inizia a sfiorire. Questo periodo ha inizio con l’autunno e dura fino al ritorno della primavera, quando Proserpina e la madre si ricongiungono. La leggenda, difatti, narra che le stagioni nascono proprio dal rapimento di Proserpina.

Il giorno seguente quando Demetra e la figlia fecero ritorno all’Olimpo, in loro onore, ci fu una grande festa. In cielo e in terra finalmente tutto tornò al suo posto e uomini e Dei ricominciarono a vivere felici.


Una luce c’è in primavera

Una luce c’è in primavera
non presente nel resto dell’anno
in qualsiasi altra stagione –
Quando marzo è appena arrivato
un colore appare fuori
sui campi solitari
che la scienza non può sorpassare
ma la natura umana sente.
Indugia sopra il prato,
delinea l’albero più lontano
sul più lontano pendio che tu sappia
quasi sembra parlarti.
Poi come orizzonti arretrano
o il mezzogiorno trascorre,
senza formula di suono
esso passa e noi restiamo –
e una qualità di perdita
tocca il nostro sentimento
come se a un tratto il guadagno
profanasse un sacramento.

(Emily Dickinson)


Buona primavera 2023 (nonostante i venti di guerra....)!!!


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