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sabato 23 settembre 2023

Sia dolce il nostro autunno - Adriana Zarri

Signore, che il nostro autunno
sia dolce e remissivo,
come di alberi che cedono le foglie,
dolcemente, alla terra;
e restano in attesa dell'estate:
la grande estate senza fine
della tua gloria,
della tua luce,
del tuo amore.
Come un fuoco acceso
con pannocchie di grano,
che nessun vento può spegnere.

- Adriana Zarri - 
(Il pozzo di Giacobbe)


Impallidisce il giorno 
e tremano le foglie 
al soffio frizzantino
della brezza vespertina...

È autunno.

Avanza anche nella mia Vita.

Trascorsa l'estate infuocata,
ardori che furono
fantasie inebrianti di carne,
si fa avanti a lunghi passi
la stanca stagione
dove il cuore raccolse
prima i frutti,
saccheggiando vigne
rimaste quasi spoglie.
Trascorse ormai
le ore dello specchio
a guardare il mio riflesso,
ho esaurito lacrime amare
vestite di qualcuno
che non mi Vide mai.

Io, uccellino fragile
spaventato in quel cielo immenso
dove non spiccò il suo volo ,
quasi perso in quel silenzio
che sapeva di arsenico e di miele.
Viene ora l'autunno a cantare
che sono ancora Viva
e che la fiamma ancora brucia
calda e vivida nel cuore.
Prima di essere luminosa scia,
ancora cammino
sull'argine del fiume rosso
a celebrare la Vita
che inclemente se ne andrà.

Frassati Emiliana

da Voli di Poesia


Buona giornata a tutti :-)






martedì 7 marzo 2023

L'anello più prezioso

Un vecchio orafo, proprietario di un piccolo laboratorio, un giorno ricevette un ordine particolare da un cliente molto importante.

Si trattava di un giovane molto ricco, che rimasto colpito dalle bellissime creazioni viste in vetrina, entrò nell’oreficeria e disse all’artigiano:
“Mi serve un anello speciale da regalare alla mia amata in un giorno speciale, non baderò a spese. Passerò tra una settimana”
Il giovane non disse altro, salutò garbatamente e se ne andò.
L’orafo conosceva il giovane di fama, sapeva che era davvero una persona di parola e… con tanti soldi, quindi si mise all’opera, realizzò alcuni anelli, uno più bello e costoso dell’altro.
Lavorò tre lunghi giorni, forgiò cinque splendidi anelli:
il primo, completamente d’oro bianco ricoperto di diamanti purissimi;
il secondo era in oro giallo con rubini splendenti;
il terzo era in filigrana d’oro, senza pietre, ma molto lavorato, quindi molto prezioso;
il quarto in oro giallo e bianco, con zaffiri e smeraldi;
l’ultimo era molto semplice, ma con un grosso e costoso diamante.
Li lucidò per bene e li mise dentro un prezioso cofanetto e poi in cassaforte.
Gli anelli rimasero custoditi per quattro giorni aspettando l’arrivo del ricco signore.
In questo tempo gli anelli ebbero il modo di fare quattro chiacchere…

“Ragazzi, secondo voi, chi di noi sarà scelto dal ricco cliente per questa importante occasione?” Chiese uno di loro.
“Secondo me” Disse il primo con grande presunzione “Non ci sono dubbi! Sarò senz’altro io! Ho più diamanti di tutti, e si sa che i diamanti hanno un valore inestimabile!”
“Certo é vero” Disse il quinto con molta sicurezza “Ecco perché sceglierà me! Io ho un solo diamante… ma è enorme! E si sa che non è la quantità che conta, ma la qualità!”
“Forse è vero” Aggiunse il secondo snobbando gli altri “Ma i diamanti hanno un po’ stancato, sono passati di moda. Sicuramente sceglierà me: giallo come il sole e rosso come l’amore! L’ideale per la propria amata!”
“Tu dici?” Intervenne subito il terzo “Ma cosa c’è meglio dell’oro nella sua purezza? Io non ho pietre preziose che mi abbelliscono, perché l’oro nella sua semplicità è la cosa essenziale, sono di filigrana è questo che mi rende speciale!”
“Solo oro bianco, solo oro giallo, solo diamanti… Ma che dite!” zittì tutti il quarto con tono scocciato “Ci va tutto! Io sono di due qualità d’oro, e con due tipi di pietre, proprio come due persone che si amano, sono due entità diverse, ma unite con eleganza… insomma, io sono l’anello giusto per loro!”
Passarono quattro giorni di discussioni animate tra anelli che volevano far sentire le proprie ragioni gli uni agli altri.
Tutti pensavano di essere il migliore, di essere l’anello giusto!
Arrivò il giorno e l’importante cliente venne a ritirare l’anello ordinato.
L’orafo aprì con mano tremolante la cassaforte, prese il prezioso cofanetto e lo dischiuse lentamente con molta emozione davanti agli occhi del ricco cliente che guardò un attimo gli anelli… aggrottò le sopracciglia… fece uno sguardo dubbioso e: “Tutto qui?”
Il vecchio artigiano rimase sbalordito, ma non perse la calma, voleva assolutamente che il cliente non se ne andasse a mani vuote.
Subito gli propose qualcosa dalla vetrina e, mentre l’orafo mostrava altri articoli al giovane, gli anelli nel cofanetto si guardavano attorno imbarazzati.
Che figuraccia, credevano di essere perfetti per le loro pregiate caratteristiche, uno azzardò:
“Povero orafo, è troppo vecchio, non è più bravo come una volta...”
“Già!” Aggiunse un altro… “Ormai non ci vede neanche tanto bene, probabilmente abbiamo qualche imperfezione...”
Così gli anelli incominciarono ad incolpare il loro costruttore per l’insuccesso.
Intanto il vecchio artigiano mostrava ogni tipo di anello al giovane ricco, ma sempre con esito negativo, fino a che… ad un tratto il ragazzo rimase colpito da un anello, lo guardò da lontano, poi gli si avvicinò ed esclamò “Questo è quello che cercavo!!”
“Ma è una fede nuziale!” disse quasi con disprezzo l’orafo.
“Ma io devo sposare la mia amata! Quando ho detto che era per un giorno speciale, mi riferivo al mio matrimonio, è proprio questo che stavo cercando… semplice e umile, senza nessuna pietra, senza nessuna lavorazione…è la mia sposa la cosa più importante nel giorno del matrimonio, l’anello è solo un simbolo!”
L’orafo non poté fare altro che accondiscendere a quanto aveva appena sentito e un po’ abbattuto incartò l’anello, il meno costoso che possedeva tra tutti i suoi lavori.
Il giovane andò via molto soddisfatto ringraziando il vecchio artigiano: “Sapevo che entrando qui avrei trovato ciò che mi serviva!”

La Bibbia paragona Gesù ad uno sposo e la chiesa, formata da tutti i credenti di tutto il mondo, è la Sua sposa.

Per diventare la sposa di Gesù non abbiamo bisogno di fare grandi cose, Lui ci ama, e ci ha donato una cosa che ci fa Suoi, la fede!


Tutto, Signore, custodisci, 
nel palmo della tua mano; 
perché la vita 
- tutta la vita ch'io conosco, 
e anche la vita che non ho vissuta - 
è appena una goccia di rugiada, 
sopra il tuo palmo aperto. 
Però io ci ho nuotato dentro, 
a quella goccia; 
per me è stata grande come te 
perché, al di fuori, non ti avrei conosciuto 
né ti potrei conoscere. 
Questa vita che è tua, 
perché viene da te, 
questa vita che è mia, 
perché tu me l'hai data, 
è la goccia, il lago, il mare 
nel quale ho navigato, per tanti anni 
e dal quale non posso essere tolto 
perché boccheggerei, 
come fa un pesce, 
fuori della sua acqua

 - Adriana Zarri - 

Da: Dodici lune


Buona giornata a tutti :-)

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domenica 8 gennaio 2023

Gennaio – Giovanni Pascoli

                                            Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco,
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi; un balbettio di pianto;
passa una madre; passa una preghiera!

- Giovanni Pascoli -


Per Natale metto dentro al nido una piccola statua di Gesù Bambino che, insieme all'albero, mi accompagna fino all'Epifania che, come dice il proverbio, tutte le feste si porta via.
Ma nella mia casa non porta via niente, perché la festa continua, la vita continua, perché Dio continua fino all'eternità.

- Adriana Zarri -
da: "Un eremo non è un guscio di lumaca"


Il coraggio 

Il coraggio
 
non è la quercia svettante
che vede le tempeste
andare e venire.
E’ il fragile bocciolo 
che spunta
nella neve.

- Alice Mackenzie Swaim -


Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 3 dicembre 2022

Dacci Signore il tuo mantello - Adriana Zarri

 Arriveremo con i piedi sporchi
e ce li laverai,
come facesti con gli apostoli.
Guarda, Signore, al nostro autunno
e raccogli le colpe
come una triste vendemmia.
Lasciaci nudi e soli,
senza consolazioni ambigue,
senza inganni pietosi,
senza grappoli verdi.
Donaci gli occhi di Maria peccatrice
e, scaldaci con il tuo mantello.
I giorni sono brevi
e le nottate lunghe.
Il fuoco si spegne nel camino.
Le castagne
si sono fatte nere,
il letto, è gelido e deserto.
Dacci, Signore, il tuo mantello!

- Adriana Zarri -
Tratto da "Il pozzo di Giacobbe. Raccolta di preghiere da tutte le fedi"


Dall’altra parte della terra
il sole che qui si cela dietro l’orizzonte,
là emerge dalla notte.
Così l’autunno ha un suo corrispondente
in una lontana primavera.

- Adriana Zarri -


"Il sole ci aveva sfiancati, resi febbrosi;
ora la nebbia ci placa, ci fa rientrare in noi.
Le finestre aperte sono come finestre chiuse,
non offrono visioni ma solo tende di grigio.
E’ tempo di chiuderle e riscoprire la casa.
Autunno di silenzio ritrovato,
di concentrazione densa,
di solitudine calda,
di meditazione,
di preghiera,
di te"

- Adriana Zarri -



 L’autunno è tempo di preghiera, di ascolto,
di lenta e faticosa attesa di te.
E tu vieni furtivo.
L’autunno è il tempo della fede:
del credere ciò che non è ancora,
del credere che sarà,
che fiorirà,
che darà frutti.
L’autunno è tempo di raccolta,
ma di una seminagione lontana;
ed è tempo di semina,
per un lontano raccolto [...]
Autunno di frutti caduti,
autunno di foglie secche,
autunno di nebbie grigie,
autunno tuo:
del tuo passaggio silenzioso,
del tuo amore paziente,
della tua attesa lunga.

- Adriana Zarri -


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lunedì 4 aprile 2022

Liberati dal giogo del male - don Luigi Giussani

"Dal paese d'Egitto ci hai tratti
E cammini con noi nel deserto,
Per condurci alla santa montagna
Sulla quale s'innalza la Croce."

Inno dei Vespri del Tempo di Quaresima 
  
Liberati dal giogo del male, descrive quello che è il tempo liturgico della Quaresima.
La Quaresima è il ricordo del lungo viaggio fatto dagli ebrei per essere liberati dall'Egitto, che è simbolo della schiavitù del male, dell'alienazione; è il ricordo di quel grande passaggio durato quarant'anni nel deserto.
Ma noi sentiamo la vita come un esodo, come l'uscita verso il suo significato? Questo significato già ci è stato dato, perciò la vita come esodo è l'affermarne in noi di qualcosa che è già presente, a differenza degli Ebrei che camminavano verso qualcosa che ancora non avevano. 
Percepire la vita come esodo, e percepire lo scopo della vita come la Pasqua ultima, vera, eterna, significa ricondurre tutto il desiderio della vita all'affermarsi in noi di quello che è già accaduto, che è già dentro la nostra vita, di quella storia che è incominciata con Abramo, che ha avuto il suo culmine profetico in Mosè e la grande avventura del popolo ebraico dall'Egitto fino alla Palestina.
Perciò non ci possiamo meravigliare che la parola "deserto" o la parola "sete", "fame", o la parola "confusione" o la parola "lamento", o la parola " ribellione" gremiscano questo esodo nuovo, come hanno gremito l'esodo antico. 
Ma il presentimento della grazia profonda di Pasqua, che è l'inizio della Presenza che è già in noi, è solo in proporzione al desiderio che abbiamo che si manifesti in noi quello che è già presente, ciò che avvenne.
"Pascha nostra immolatus est Christus", "Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato".
Questo è il fulcro, dovrebbe essere il fulcro di tutto il nostro modo di pensare, di giudicare, di sentire, e dovrebbe diventare la forma del nostro decidere, del nostro atteggiamento pratico.
Qui è contenuto tutto il discorso quaresimale: che la Croce è necessaria alla Risurrezione, che il sacrificio è necessario per la verità dei rapporti, perché non sia menzogna il nostro rapporto tra di noi e con le cose.

- Don Luigi Giussani -
da: “Tutta la terra desidera il Tuo volto”



Il nostro maestro interiore 

(..) Guardate, voi giovani avete un grosso difetto - l'ho avuto anch'io - ed è la ricerca del padre. Si va alla ricerca del maestro, della guida autorevole, del grande condottiero; no, siamo tutti figli di Dio e non c'è maestro; il nostro maestro è nell’ invisibile. 
"Uno solo è il vostro maestro ed è nell'invisibile": questa è una parola che non troverete in nessuna conoscenza religiosa, solo nel cristianesimo.
I cristiani hanno un solo maestro; ed egli è nell'invisibile, nel profondo del nostro essere.
C'è chi approfitta del fatto che molti uomini hanno bisogno di un maestro. 
Ci sono dittatori e ci sono quelli che vogliono essere dominati dai dittatori; il dittatore ha la possibilità di esserlo soltanto se ci sono degli schiavi.
Liberarsi dalla ricerca del capo, camminare ognuno col proprio  passo, è la grande libertà cristiana; l'andare a cercare direttori spirituali e tutte le varie guide è un decadere nella religione del Padre. 
Nella religione del Figlio uno solo è il maestro ed è nell'invisibile, nel profondo di noi. 
Questa non è faciloneria: quando affrontiamo noi stessi con lucidità, coraggio e rispetto, ci spaventiamo, perchè il nostro essere profondo esige da noi delle azioni che il nostro essere superficiale non vorrebbe compiere; ma questo è il maestro.(..)

- Giovanni Vannucci -
Tratto da: “Cristo e la libertà”




La preghiera di Gesù come Figlio “uscito dal Padre” esprime in modo particolare il fatto che egli “va al Padre”. 
“Va” e al Padre conduce tutti coloro che il Padre “ha dato a lui” (cf. Gv 16, 28.17). 
A tutti, inoltre, lascia il durevole patrimonio della sua preghiera filiale: “Quando pregate, dite: “Padre nostro . . .”” (Mt 6, 9cf. Lc 11, 2). 

Come appare da questa formula insegnata da Gesù, la sua preghiera al Padre è caratterizzata da alcune note fondamentali: è una preghiera piena di lode, piena di sconfinato abbandono alla volontà del Padre, e, per quanto concerne noi, piena di implorazione e di richiesta di perdono. 
In questo contesto rientra in modo particolare la preghiera di ringraziamento.

- San Giovanni Paolo II, papa -
Udienza Generale, Mercoledì, 29 luglio 1987



Tutto, Signore, custodisci, 
nel palmo della tua mano; 
perché la vita 
- tutta la vita ch'io conosco, 
e anche la vita che non ho vissuta - 
è appena una goccia di rugiada, 
sopra il tuo palmo aperto. 
Però io ci ho nuotato dentro, 
a quella goccia; 
per me è stata grande come te 
perché, al di fuori, non ti avrei conosciuto 
né ti potrei conoscere. 
Questa vita che è tua, 
perché viene da te, 
questa vita che è mia, 
perché tu me l'hai data, 
è la goccia, il lago, il mare 
nel quale ho navigato, per tanti anni 
e dal quale non posso essere tolto 
perché boccheggerei, 
come fa un pesce, 
fuori della sua acqua

- Adriana Zarri - 
Da: Dodici lune



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mercoledì 1 gennaio 2020

Anno nuovo, vita nuova? - Ezio Risatti, sdb

"Anno nuovo, vita nuova. Da quest'anno smetto di fare cosa vogliono gli altri e faccio di testa mia!".
È l'impegno che ogni trecentosessantacinque giorni - trecentosessantasei negli anni bisestili - un gran numero di uomini e di donne prendono con se stessi man mano che si avvicina lo scoccare della mezzanotte. 
Una promessa che merita di essere mantenuta, ma ad alcune condizioni…
Un esercito di "maestri".
Anche se molti pensano di essere liberi e indipendenti, la realtà dimostra che - dal momento della nascita a quello della morte - si è sottoposti a messaggi che, in modo più o meno subdolo, tendono a orientare la volontà, le aspirazioni e i desideri. 
"Maestri" di vita che - talora consigliando e indirizzando, talaltra ammiccando o minacciando - inducono le persone a fare ciò essi reputano essere il loro bene.
Cominciano, quando si è ancora in fasce, i genitori e i famigliari impegnati a evitare che il neonato caschi dal passeggino e si faccia male e ad insegnargli a distinguere - man mano che acquista consapevolezza di sé e del mondo che lo circonda - ciò che gli fa bene da ciò che è nocivo. 
Continuano, negli anni della scuola e della giovinezza, i professori e gli amici, che - tra una lezione, una pizza e una partita di calcetto - propongono la propria visione della vita e del mondo. 
Si aggiunge, lungo tutto il corso della vita, l'influenza dei mezzi e delle tecniche di comunicazione sociale: radio, cinema, televisione, Internet e social network propongono instancabilmente - a ritmi sempre più frenetici - suggerimenti, strategie di comportamento, interventi di specialisti, "consigli per gli acquisti" più o meno invadenti per divulgare mode e modi di vivere e di pensare.
Si tratta, non di rado, di messaggi in conflitto tra loro. 
Come quando, per esempio, si assiste - nel corso del medesimo intervallo pubblicitario - a uno spot che invita a non rinunciare mai alla bontà di un dolce imbottito di creme e di zuccheri seguito da un altro che esalta l'importanza di una vita sana e senza grassi ed esorta a pranzare a base di barrette dietetiche. 
A dar retta a tutti c'è il rischio concreto di diventare pazzi…
Scavare nel profondo per essere più veri
Di fronte a questa cascata inesauribile di stimoli e di suggestioni è quanto mai fondamentale imparare a ragionare con la propria testa, a lavorare su se stessi per comprendere sempre più a fondo il proprio essere e la propria vocazione profonda. 
Non si tratta, naturalmente, di trasformarsi in "schegge impazzite" tese ad assecondare i capricci superficiali del momento ma di diventare progressivamente uomini e donne capaci di scavare dentro se stessi per depurare i desideri profondi da sensazioni, emozioni e stati d'animo passeggeri e, non di rado, fuorvianti. 
"Conosci te stesso" era scritto sulla facciata del tempio di Apollo, a Delfi, e non si stancavano di raccomandare Socrate e le scuole filosofiche dell'antica Grecia ai propri discepoli. E il loro ammonimento è ancora attuale. 
Conoscere se stessi è un lavoro, un cammino faticoso ma essenziale per essere sempre più in grado di valutare consapevolmente se e in quale misura accogliere o rifiutare la miriade di stimoli e di condizionamenti più o meno invadenti e subdoli che provengono quotidianamente dall'esterno.
Il sintomo che rivela che si sta "scavando" davvero dentro se stessi e si sta crescendo nella consapevolezza di sé è l'aumento della stima nei propri confronti, la soddisfazione - che si rinnova e si amplifica di volta in volta - per aver saputo dire dei sì e dei no coerenti con il proprio percorso di vita. Imparare a guidare sempre più responsabilmente la propria esistenza e a non diventare pedine nelle mani di chi ha tutto l'interesse a trasformare le persone in "burattini" è, senza dubbio, non solo la sfida di quest'anno, ma di tutti gli anni futuri.

- Ezio Risatti, sdb -



Ecco, Signore, un anno nuovo 

Ecco, Signore, un anno nuovo. Non sappiamo come sarà e possiamo solo sperare e farci auguri inutili che tuttavia carichiamo di buoni auspici.
"Buon anno! Buon anno!" ci diciamo; e l'esclamazione rimbalza e si diffonde come quando diciamo "buon giorno!" o "buona notte!" e il più delle volte si tratta quasi di un intercalare, privo di consistenza, privo di umana solidarietà: una vuota abitudine, a livello di pura cortesia. 
Potrebbe esprimere affetto, salire dall'umana simpatia fino a giungere alla cristiana carità; e invece non esprime più nulla: è una pura emissione di voce, una mera espressione di buone maniere prive ormai di sentimenti veri. 
Ci scivola, scialba, sulla lingua, impegnando soltanto i muscoli vocali, spesso neanche la mimica facciale, spesso neanche un sorriso accompagna la voce: "buon giorno" e basta, senza nulla dietro.
Forse, Signore, l'abbiamo detto troppe volte; e quel giorno non è più un giorno con l'alba e il tramonto, il sole che sorge e monta, alto, nel cielo e poi declina, nella sera; e l'augurarlo buono non è più un auspicio di gioia: è una specie di pedaggio obbligato, imposto dalla nostra civiltà, quando incrociamo un conoscente. Forse, Signore, l'abbiamo detto troppe volte e quel giorno non è più un giorno e la bontà non è più una bontà. 
L'uso continuo ce l'ha consumato nella bocca e nel cuore perché, di solito, noi non sappiamo reggere alla reiterazione senza perdere la verità e la partecipazione degli inizi. Ed invece dovremmo; e ricordarci che, ogni volta, è come se fosse la prima: anzi è in effetti la prima che, in quel momento, diciamo o facciamo o siamo; e dopo sarà un'altra, differente, anche se le somiglia, ma la stessa non è.
Esiste perfino un vecchio assioma, che ripetono i nostri moralisti, il quale afferma: "ab assuetis non fit passio", non ci commoviamo più, ai gesti consueti e ripetuti. 
Che triste filosofia, Signore! 
Se fosse vera distruggerebbe il matrimonio, l'amicizia: tutto distruggerebbe; e il nostro mondo farebbe naufragio in un mare piatto, senza onde, senza nessuna increspatura di stupore, di emozione, di passione, senza entusiasmo, senza nulla. 
Non ci credo, Signore, a quell'assioma che ho studiato a scuola; anche se so che grava su di noi, come una perenne minaccia; e che il tempo può rinnovare ma, più spesso, consuma. E il combattere questo incombente appiattimento è l'impegno primario della nostra vitalità e novità e perdurante fervore. E so anche che non ci può riuscire senza il tuo aiuto, perché tu non se il Dio delle cose vecchie e ripetute senza partecipazione: tu sei il Dio vivente delle cose viventi e risorgenti dalla tomba del tempo che le uccide; ma poi lo stesso tempo ce le rimette in mano, nuove. Questo, Signore, sei, e non il Dio della passione spenta: quella passione che la nostra omiletica ha sovente umiliato riducendola ai "bassi istinti" (e quali sono, poi gli istinti bassi se non quelli abbassati da noi?). 
La passione è l'emozione e l'entusiasmo che dovremmo versare su ogni cosa; e tu, Signore, tu sei il Dio della passione accesa, che non si spegne mai, come non si spegne la fede, la speranza, la carità. (Ed è ben vero che san Paolo dice che la speranza cessa nella vita futura, davanti a te, raggiunto. Ma tu, Signore, anche raggiunto, resti irraggiungibile, sempre al di là d'ogni possibile presa, e sempre oggetto di ogni ulteriore speranza.)
Tu, Signore, sei il Dio della passione sempre accesa, della speranza inestinguibile e della novità che non invecchia: sei il Signore che ci difende all'usura del già detto e ci ridà la gioia di ciò che è nuovamente da dirsi, da farsi, da viversi. Ed il "buon giorno" ritorna ad essere un "buon giorno", ricco di cielo e di sole; e il "buona notte" ricco di stelle e di luna; ed entrambi ricchi di simpatia e di amore.
Così, Signore, sia per il nostro "buon anno!" che, in questi giorni, diciamo tanto spesso. Fa che sia un anno pieno di stagioni, di erbe primaverili, e di affocate stoppie estive, e di frutti pendenti dell'autunno, e di silenzio candido e innevato, di fuochi accesi, di tavole imbandite come quelle che accoglievano te, quando pranzavi con gli amici.
Riempi, Signore, i nostri auguri; di questa densità esistenziale; e dacci la passione dell'amicizia e la capacità di auspici veri.

"Buon anno, amici, buon anno!" Più di trecento giorni pieni di sole, di luna, di nuvole, di neve; più di trecento giorni, pieni di solidarietà e di gioia; e, se verrà il dolore, che sia vissuto con amore.
"Buon anno, amici, buona vita!"

- Adriana Zarri -
(1919-2010)



Buon inizio d'anno!!

Il Dio di ogni consolazione
disponga nella sua pace i vostri giorni,
e vi conceda i doni della sua grazia.

Stefania


domenica 3 marzo 2019

Difendimi Dio della stanchezza - Adriana Zarri

«Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri. 
Ero giovanissimo, avevo l'illusione che l'intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò m'ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà della notte a meditare sulle questioni più astruse. 
Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra. 
Mi ero ridotto a una vita quasi vegetativa: ma non animalesca. 
Leggicchiavo un poco, pregavo, passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l'orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari. Una sera, anzi una notte, mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull'erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. 
Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. 
Ruppe il silenzio, ma non l'incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad una ispirazione profonda: 
«Com'è bello! E pure c'è chi dice che Dio non esiste». 
Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell'ora: dopo mesi di studi aridissimi, toccò tanto al vivo l'animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri. 
Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremil'anni: 
«I cieli narrano la gloria di Dio». 
Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: 
«Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore». 
Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c'era nell'animo suo, custoditovi da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi.» 

- Enrico Fermi -




"Quando un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di divorarne il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di sé che ferisce e irrita la carne del mollusco, e l’ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l’estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all’intruso strati di se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. A cerchi concentrici costruisce in un periodo di quattro o cinque anni una perla dalle caratteristiche uniche e irripetibili. 
Ciò che all’inizio serviva a liberare e difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva, diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile.
Così è la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessanti..." 

Alessandro D'Avenia -
da: "Cose che nessuno sa"




Amami tu, Signore
anche se non sono amabile,

anche se sono povero,

anche se non lo merito,
anche se ti amo poco,
amami tu, Signore.


Quando mi alzo al mattino, pieno di sogni,
quando mi corico alla sera, pieno di delusioni,

quando lavoro per inerzia,

quando mi riposo e sono vuoto,
quando prego e sono distratto,
quando non ho voglia di amarti,
amami tu, Signore.


Quando penso di amare te
senza amare gli uomini,

quando mi illudo di amare gli uomini

senza amare te,
quando temo di amare troppo
amami tu, Signore.


Quando ho paura di compromettermi,
e ho paura di impegnarmi,

quando fuggo l'amore,

quando nessuno mi ama,
amami tu, Signore.


- Adriana Zarri -
teologa e scrittrice, 1919-2010 




Buona giornata a tutti. :-)

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