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domenica 15 dicembre 2024

Le scarpe di Natale – don Bruno Ferrero

 C'era una volta una città i cui abitanti amavano sopra ogni cosa l'ordine e la tranquillità. Avevano fatto delle leggi molto precise, che regolavano con severità ogni dettaglio della vita quotidiana. 
Tutte le fantasie, tutto quello che non rientrava nelle solite abitudini era mal visto o considerato una stranezza. E per ogni stranezza era prevista la prigione.
Gli abitanti della città non si dicevano mai «buongiorno» per la strada; nessuno diceva mai «per piacere»; quasi tutti avevano paura degli altri e si guardavano sospettosamente.
C'erano anche quelli che denunciavano i vicini, se trovavano un po' troppo bizzarro il loro comportamento.
Il commissario Leonardi, capo della polizia, non aveva mai abbastanza poliziotti per condurre inchieste, sorvegliare, arrestare, punire...
Già nella scuola materna, i bambini imparavano a stare ben attenti alle loro chiavi. E c'erano chiavi per ogni cosa: per le porte, per l'armadietto, per la cartella, per la scatola dei giochi e perfino per la scatola delle caramelle!
La sera, la gente aveva paura. 
Rientravano tutti a casa correndo e poi sprangavano le porte e chiudevano ben bene le finestre.

Cristiana aveva i capelli biondi.
Erano rimasti tuttavia dei ragazzi che sapevano ancora scambiarsi qualche strizzata d'occhi e anche degli insegnanti che li incoraggiavano... Ma, soprattutto, c'era Cristiana.
Cristiana aveva i capelli biondi come il sole, gli occhi scintillanti come laghetti di montagna e non pensava mai: «Chissà che cosa dirà la gente?». Nella città si facevano molte dicerie sul suo conto. 
Perché Cristiana aiutava tutti quelli che avevano bisogno di aiuto, consolava i bambini che piangevano e anche i vecchietti rimasti soli, perché accoglieva tutti coloro che chiedevano un po' di denaro o anche solo qualche parola di speranza.
Tutto questo era scandaloso per la città. Non potevano proprio sopportare ulteriormente quel modo di vivere così diverso dal loro. E un giorno il commissario Leonardi, con venti poliziotti, andò ad arrestare Cristiana, o Cri-Cri, come l'avevano soprannominata gli amici. E per essere sicuro che non combinasse altre stranezze, la fece mettere in prigione. 
Questo accadde qualche giorno prima di Natale. Natale era una festa, ma molti non sapevano più di chi o di che cosa. 
Sapevano soltanto che in quei giorni si doveva mangiare bene e bere meglio. Ma senza esagerare, per non prendersi qualche malattia... 
Soprattutto, la sera della vigilia di Natale, tutti dovevano mettere le proprie scarpe davanti al camino, per trovarle piene di doni il giorno dopo. Una cosa questa che, nella città, facevano tutti, ma proprio tutti. Così fu anche quel Natale.

Una gran confusione
All'alba, tutti si precipitarono dove avevano messo le scarpe, per trovare i loro regali. Ma... che era successo? Non c'era l'ombra di un regalo. Neanche un torrone o un cioccolatino!
E poi... le scarpe!
In tutta la città, le scarpe risultavano spaiate. Il commendator Bomboni si trovò con una scarpina da ballo, una vecchia ottantenne aveva una scarpa bullonata da calcio, un bambino di cinque anni aveva una scarpa numero 43, e così di seguito. Non c'erano due scarpe uguali in tutta la città! 
Allora si aprirono porte e finestre e tutti gli abitanti scesero in strada. Ciascuno brandiva la scarpa non sua e cercava quella giusta. Era una confusione allegra e festosa. Quando i possessori delle scarpe scambiate si trovavano, avevano voglia di ridere e di abbracciarsi.
Si vide il commendator Bomboni pagare la cioccolata a una bambina che non aveva mai visto e una vecchietta a braccetto con un ragazzino.
Solo qualche finestra restava ostinatamente chiusa. 
Come quella del commissario Leonardi. Quando però il commissario sentì il gran trambusto che veniva dalla strada, pensò a una rivoluzione e corse a prendere le armi che teneva sul camino. Immediatamente il suo sguardo cadde sulle scarpe che aveva collocato davanti al camino. E anche lui si bloccò, sorpreso. Accanto alla sua pesante scarpa nera c'era... una pantofola rossa di Cri-Cri. Stringendo la pantofola rossa in mano, il commissario corse alla prigione.
La cella dove aveva rinchiuso Cri-Cri era ancora ben chiusa a chiave. Ma la ragazza non c'era. 
Ai piedi del tavolaccio, perfettamente allineate c'erano l'altra scarpa del commissario e l'altra pantofola rossa. Dal finestrino, protetto da una grossa inferriata, proveniva una strana luce. Il commissario si affacciò. Nella strada la gente continuava a scambiarsi le scarpe e ad abbracciarsi.
Con un'insolita commozione, il commissario si accorse che la luce che veniva dal finestrino era bionda e calda come il sole e aveva dei luccichii azzurri, come succede nei laghetti di montagna.
E incominciò a capire.

- Don Bruno Ferrero -
Da: “Storie di Natale, d’Avvento e d’Epifania”, ed. Elledicì



Oggi si è indotti talvolta a pensare che la verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si escludano mutuamente. Conoscere la verità sembra impossibile e gli sforzi per affermarla appaiono sfociare spesso nella violenza. D’altra parte, secondo una concezione ormai diffusa, l’impegno per la pace si riduce alla ricerca di compromessi che garantiscano la convivenza fra i Popoli, o fra i cittadini all’interno di una Nazione. Al contrario, nell’ottica cristiana esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra, così che la pace non sorge da un mero sforzo umano, bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza. Infatti, quando si cessa di riferirsi a una verità oggettiva e trascendente, come è possibile realizzare un autentico dialogo? In tal caso come si può evitare che la violenza, dichiarata o nascosta, diventi la regola ultima dei rapporti umani? In realtà, senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace...

- papa Benedetto XVI - 
dal "Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede" 07 gennaio 2013 -


O Signore, fa' che io comprenda quale grande pace e sicurezza ha il cuore che non desidera cosa alcuna di questo mondo. Infatti, se il mio cuore brama di ottenere i beni terreni, non può essere né tranquillo né sicuro, perché cerca di avere quello che non ha o di non perdere quello che possiede.

- San Gregorio Magno -


Buona giornata a tutti. :-)


sabato 7 dicembre 2024

Sant'Ambrogio, Vescovo e Dottore della Chiesa

 Nato a Treviri da famiglia romana cristiana ed educato a Roma, Ambrogio era diventato governatore della Liguria e dell’Emilia. Recatosi a Milano per impedire tumulti fra cattolici e ariani nell’elezione del nuovo vescovo, venne improvvisamente acclamato lui vescovo dal popolo. 
Era ancora catecumeno, ma dovette accettare. 
Ordinato otto giorni dopo, il 7 dicembre 374, si dimostrò pastore autentico. Lottò a tutt’uomo contro il paganesimo, l’arianesimo, la disgregazione della società. Padre del poveri, soccorritore di ogni oppresso, si oppose più volte con forza al senato, all’imperatrice filoariana, all’imperatore Teodosio. Energico, costante, con vivo senso del pratico e dell’effettuabile, aveva rare doti di amministratore e d’uomo di governo. Nell’azione pastorale portò idee chiare e fermezza, dirittura di mire e senso della misura, ma soprattutto bontà e amore. Tempra di statista, avviò una politica integralmente cristiana ed ebbe altissimo il senso della libertà della Chiesa di fronte al potere imperiale e civile.
Riformò la liturgia, che da lui prese nome di «ambrosiana» e scrisse inni religiosi per il popolo. 
Fu un vero apostolo della carità: tutti potevano ricorrere a lui per qualunque bisogno, e giunse a vendere i vasi sacri per riscattare degli schiavi, affermando: «Se la Chiesa ha oro, non l’ha per custodirlo, ma per darlo a chi ne ha bisogno» (De officiis, II, 136). Sant’Agostino, che lo ascoltava entusiasta, fu da lui avviato alla conversione e accolto nella Chiesa. 
Il segreto della predicazione penetrante di Ambrogio sta in ampie e profonde meditazioni sulla sacra Scrittura. Egli è uno dei quattro grandi dottori dell’Occidente, e un vero «maestro di vita».
Della Preghiera eucaristica della Chiesa di Roma, Ambrogio nel suo libro I Sacramenti mette in rilievo la parte della Chiesa nell’offrire se stessa insieme a Cristo. Se la Messa non ci trasforma in «offerte vive, gradite al Padre», non porta il suo frutto in noi e nelle nostre comunità. Proprio perché egli si è«offerto completamente a Dio», ha potuto farsi «tutto a tutti» in una straordinaria carità verso i fratelli.



Hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la nave sui flutti. Tieni saldo il timone della fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso. Il mare è davvero grande, sconfinato; ma non aver paura, perché«è lui che l’ha fondata sui mari, e sui fiumi l’ha stabilita»(Sal 23, 2).
Perciò non senza motivo, fra le tante correnti del mondo, la Chiesa resta immobile, costruita sulla pietra apostolica, e rimane sul suo fondamento incrollabile contro l’infuriare del mare in tempesta. È battuta dalle onde ma non è scossa e, sebbene di frequente gli elementi di questo mondo infrangendosi echeggino con grande fragore, essa ha tuttavia un porto sicurissimo di salvezza dove accogliere chi è affaticato. 

Se tuttavia essa è sbattuta dai flutti sul mare, pure sui fiumi corre, su quei fiumi soprattutto di cui è detto: «Alzano i fiumi la loro voce» (Sal 92,3). 
Vi sono infatti fiumi che sgorgano dal cuore di colui che è stato dissetato da Cristo e ha ricevuto lo Spirito di Dio. Questi fiumi, quando ridondano di grazia spirituale, alzano la loro voce.
Vi è poi un fiume che si riversa sui suoi santi come un torrente. Chiunque abbia ricevuto dalla pienezza di questo fiume, come l’evangelista Giovanni, come Pietro e Paolo, alza la sua voce; e come gli apostoli hanno diffuso la voce della predicazione evangelica con festoso annunzio sino ai confini della terra, così anche questo fiume incomincia ad annunziare il Signore. Ricevilo dunque da Cristo, perché anche la tua voce si faccia sentire.
Raccogli l’acqua di Cristo, quell’acqua che loda il Signore. Raccogli da più luoghi l’acqua che lasciano cadere le nubi dei profeti. Chi raccoglie acqua dalle montagne e la convoglia verso di sé, o attinge alle sorgenti, lui pure come le nubi la riversa su altri. Riempine dunque il fondo della tua anima, perché il tuo terreno sia innaffiato e irrigato da proprie sorgenti. Si riempie chi legge molto e penetra il senso di ciò che legge; e chi si è riempito può irrigare altri. La Scrittura dice: «Se le nubi sono piene di acqua, la rovesciano sopra la terra» (Qo 11,3).
I tuoi sermoni siano fluenti, puri, cristallini, si che il tuo insegnamento morale suoni dolce alle orecchie della gente e la grazia delle tue parole conquisti gli ascoltatori, perché ti seguano docilmente dove tu li conduci. Il tuo dire sia pieno di sapienza. Anche Salomone afferma: Le labbra del sapiente sono le armi della Sapienza (cfr. Prv 15, 7), e altrove: Le tue labbra siano ben aderenti all’idea: vale a dire, l’esposizione dei tuoi discorsi sia lucida, splenda chiaro il senso senza bisogno di spiegazioni aggiunte; il tuo discorso si sappia sostenere e difendere da se stesso e non esca da te parola vana o priva di senso.

Dalle «Lettere» di sant'Ambrogio, vescovo.



Tutto è per noi Cristo. 
Se desideri medicare le tue ferite,
egli è medico.
Se bruci di febbre,
egli è la sorgente ristoratrice.
Se sei oppresso dalla colpa,
egli è la giustizia.
Se hai bisogno di aiuto,
egli è la forza.
Se temi la morte,
egli è la vita.
Se desideri il cielo,
egli è la via.
Se fuggi le tenebre,
egli è la luce.
Se cerchi il cibo,
egli è il nutrimento.

Gustate, dunque, e vedete
quanto è buono il Signore;
felice l'uomo che spera in lui.


(Sant'Ambrogio)


"L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti ad una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario"

- Sant'Ambrogio - 


Il Signore ci conceda di navigare,
allo spirare di un vento favorevole,
sopra una nave veloce;
di fermarci in un porto sicuro;
di non conoscere dagli spiriti maligni,
tentazioni più forti
di quelle che siamo in grado di sostenere;
di ignorare i naufragi della fede;
di possedere una calma profonda,
e, se qualche avvenimento suscita contro di noi
i flutti di questo mondo,
di avere, vigile al timone per aiutarci, il Signore Gesù,
il quale con la sua parola
comandi alla tempesta di placarsi
e ridistenda sul mare la bonaccia.
A lui onore e gloria, lode perenne nei secoli. Amen.

- Sant'Ambrogio - 




Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 2 dicembre 2024

L’abisso dentro di me e altre preghiere - Chiara Lubich

 La Trinità dentro di me!
L’abisso dentro di me!
L’immenso dentro di me!
La voragine d’amore dentro di me!
Il Padre che Gesù ci ha annunciato
dentro di me!
Il Verbo!
Lo Spirito Santo che voglio sempre avere
per servire l’Opera, dentro di me!
Non domando di meglio.
Voglio vivere in questo abisso,
perdermi in questo sole,
convivere con la Vita Eterna.
E allora?
Potare la vita fuori
e vivere quella di dentro.
Di quanto taglio di comunicazioni
con l’esterno
di tanto Parlo con la Trinità
dentro di me.

- Chiara Lubich -

Adorazione della Santissima Trinità
Albrecht Dùrer - 1511
Kunsthistorisches Museum - Germania

Fu così che ti trovai

Quando si parla d'amore, Signore,
forse gli uomini pensano ad una cosa sempre uguale.
Ma quanto è vario l'amore!
Ricordo che quando t'ho incontrato non mi preoccupavo d'amarti.
Forse perché eri Tu che mi hai incontrato
e Tu stesso pensavi a riempire il mio cuore.
Ricordo che alle volte ero tutta fiamma,
anche se il fardello della mia umanità mi dava noia
e avevo l'impressione di trascinare il peso.
Allora, già d'allora per grazia tua,
capivo un po' chi ero io e chi Tu,
e vedendo quella fiamma come un dono tuo.
Poi mi hai indicato una via per trovarti.
«Sotto la croce, sotto ogni croce - mi dicevi - ci sono io.
Abbracciala e mi troverai».
Me l'hai detto molte volte
e non ricordo le argomentazioni che adducevi.
So che mi hai convinta.
Allora, al sopravvivere d'ogni dolore, pensavo a te,
e con volontà ti dicevo il mio sì...
Ma la croce restava il buio che incupiva l'anima,
lo strazio che la dilaniava, o altro...
Quante sono le croci della vita!
Ma Tu, più tardi, mi hai insegnato ad amarti nel fratello e allora,
 incontrato il dolore, non mi fermavo ad esso, ma accettatolo,
pensavo a chi mi stava accanto, dimentica di me,
E dopo pochi istanti, tornata in me,
trovavo il mio dolore dileguato.
Così per anni e anni: ginnastica continua della croce,
ascetica dell'amore.
Sono passate tante prove e Tu lo sai:
Tu che conti i capelli del mio capo, le hai annoverate nel tuo cuore.
Ora l'amore è un altro: non è solo volontà.
Lo sapevo che Dio è Amore, ma non lo credevo così.

 - Chiara Lubich - 




Signore, dammi tutti i soli...
Ho sentito nel mio cuore la passione che invade il tuo
per tutto l'abbandono in cui nuota il mondo intero.
Amo ogni essere ammalato e solo.
Chi consola il loro pianto?
Chi compiange la loro morte lenta?
E chi stringe al proprio cuore il cuore disperato?
Dammi, mio Dio, d'essere nel mondo
il sacramento tangibile del tuo amore:
d'essere le braccia tue, che stringono a sé
e consumano in amore
tutta la solitudine del mondo.

- Chiara Lubich -




















Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 6 novembre 2024

Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi -beh? Che è successo? - Charles Bukowski

Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi -beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l'amare se non amare che te? Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti -ti amo-, almeno credo. Quanto mi manchi amore mio. 
Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l'ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. 
Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso. 
C'è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore. 
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti. Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo. 
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti. Quando te ne sei andata io mi sono un po' rincoglionito. Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? 
Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? 

Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi? 
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. 
Io adesso ti sto pensando facendomi del male. 
Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me. Ma non ci sei. 
Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni. Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? 
Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un po' a dirti il vero mi fa incazzare. 
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato. 
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me. Ma non è vero sai? 
È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci. 
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti. Sei incancellabile tu. 

Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?

- Charles Bukowski -





Ero perso. Ero senza interessi. Non me ne fregava niente se cercavate di uccidermi. Non vi avrei fermato. Stavo vivendo un'esistenza che non significava niente per me. Trovavo posti dove stare. Stanzette in affitto. Bar. Prigioni. Sonno e indifferenza sembravano le uniche possibilità. Tutto il resto sembrava privo di senso. Sapevo sempre esattamente quanti soldi avevo con me.
Per esempio: un biglietto da cinque e due da uno nel portafoglio una moneta da venticinque, una da dieci e una da due centesimi nella tasca destra davanti. 
Non avevo voglia di parlare con nessuno e non volevo che nessuno mi parlasse. Ero considerato un disadattato e un tipo strambo. 
Mangiavo pochissimo ma ero incredibilmente forte. A volte abbassavo le tapparelle nella mia stanza e me ne stavo a letto per una settimana o più. Ero in uno strano viaggio ma era privo di senso. 
Non avevo idee. 
Non avevo progetti. 
Dormivo. 
Non facevo altro che dormire e aspettare.
Non mi sentivo solo. 
Non soffrivo di vittimismo. 
Ero solo invecchiato in una vita nella quale non riuscivo a trovare alcun senso.

- Charles Bukowski -




Tutti quei viaggi, tutte quelle  pagine di Kerouac, per morire solo, solo sotto una gelida luna messicana, solo, capite?
Non riuscite a vedere quei cactus magri e miserabili?
Il Messico non è brutto solo per via della repressione, è brutto e stop.
Non riuscite a vedere gli animali del deserto che stanno a guardare? 

Le rane, cornute e semplici, i serpenti simili a fessure di mente umana che strisciano, si fermano, attendono, ottusi sotto un'ottusa luna messicana.
Rettili, guizzi di cose a guardare questo tizio sulla polvere in maglietta bianca. Neal, lui, aveva trovato il suo movimento, non faceva male a nessuno. Il duro ragazzo del riformatorio steso lungo i binari di una ferrovia americana.

- Charles Bukowski -



Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 7 ottobre 2024

Felice è chi sa amare - Hermann Hesse

 Quanto più invecchiavo, quanto più insipide mi parevano le piccole soddisfazioni che la vita mi dava, tanto più chiaramente comprendevo dove andasse cercata la fonte delle gioie della vita. 
Imparai che essere amati non è niente, mentre amare è tutto, e sempre più mi parve di capire ciò che da valore e piacere alla nostra esistenza non è altro che la nostra capacità di sentire. 
Ovunque scorgessi sulla terra qualcosa che si potesse chiamare “felicità”, consisteva di sensazioni. 
Il denaro non era niente, il potere non era niente. 
Si vedevano molti che avevano sia l’uno che l’altro ed erano infelici. 
La bellezza non era niente: si vedevano uomini belli e donne belle che erano infelici nonostante la loro bellezza. 
Anche la salute non aveva un gran peso; ognuno aveva la salute che si sentiva, c’erano malati pieni di voglia di vivere che fiorivano fino a poco prima della fine e c’erano sani che avvizzivano angosciati per la paura della sofferenza. Ma la felicità era ovunque una persona avesse forti sentimenti e vivesse per loro, non li scacciasse, non facesse loro violenza, ma li coltivasse e ne traesse godimento. 
La bellezza non appagava chi la possedeva, ma chi sapeva amarla e adorarla. C’erano moltissimi sentimenti, all’apparenza, ma in fondo erano una cosa sola. Si può dare al sentimento il nome di volontà, o qualsiasi altro. 
Io lo chiamo amore. 
La felicità è amore, nient’altro. 
Felice è chi sa amare. 
Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa senta se stessa e percepisca la propria vita. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa. 
L’amore è desiderio fattosi saggio; l’amore non vuole avere; vuole soltanto amare.

- Hermann Hesse - 
da: "Sull'Amore" , Ed. Oscar Mondadori


Io ti chiesi perché i tuoi occhi si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste.

- Hermann Hesse - 



La saggezza non è comunicabile. 
La scienza si può comunicare, ma la saggezza no. 
Si può trovarla, viverla, si possono fare miracoli con essa, ma spiegarla e insegnarla non si può.

- Hermann Hesse - 




Vorrei vedere tutto, toccare tutto, odorare e assaporare tutto ciò che questo rigoglio estivo offre, vorrei conservare tutto questo e tenermelo per l’inverno, per i giorni e gli anni futuri, per la vecchiaia.

- Hermann Hesse -





















E ti dico ancora: qualunque cosa avvenga di te e di me, comunque si svolga la nostra vita, non accadrà mai che nel momento in cui tu mi chiami seriamente e senta il bisogno di me, mi trovi sordo al tuo appello.
Mai.

- Hermann Hesse  -

Buona giornata a tutti. :-)