giovedì 29 settembre 2022

Le guarigioni miracolose per intercessione dell'Arcangelo Raffaele

Si tratta di guarigioni fisiche e spirituali. Per questo è definito l’angelo “taumaturgo”. Tra Francia e Spagna gli episodi più importanti

Sin dalle cronache dell’Antico Testamento si raccontano guarigioni miracolose per intercessione dell’Arcangelo Raffaele, l’angelo “taumaturgo”. Storie di guarigioni che si protraggono fino ai nostri giorni.

Nel libro di “Tobia”, l’Arcangelo è protagonista per la prima volta di un miracolo. Il vecchio Tobia, da molto tempo cieco. Su indicazione dell’Angelo, il giovane Tobia stende il fiele del pesce sugli occhi di suo padre; il medicamento resta applicato durante una mezz’ora; alla fine di questo tempo, una pelle bianca come la membrana di un uovo si distacca, ed il vecchio Tobia recupera la vista.



La preghiera medioevale

Poiché aveva trovato il rimedio proprio per guarire la cecità del vecchio Tobia, Raffaele é considerato come l’angelo taumaturgo e, a questo titolo, egli é uno dei santi patroni dei medici e dei farmacisti. Ma in origine, i fedeli l’invocano soprattutto per le guarigioni spirituali. Fin dal Medio Evo circola questa preghiera:

Venite in mio aiuto, ve ne supplico,

Glorioso Principe San Raffaele,

Il miglior medico delle anime e dei corpi.

O voi che avete guarito gli occhi di Tobi,

Date ai miei occhi la luce fisica,

Ed all’anima mia la luce soprannaturale:

Allontanate da me tutte le tenebre

Con le vostre celesti suppliche. Amen”.

(Manoscritto del XI secolo)

 


Le apparizioni a Gens

Uno dei primi a fare appello ai poteri dell’arcangelo come guaritore delle anime é il giovane eremita Gens Bournarel (il suo nome significa in provenzale bello, grazioso). Nato nel 1104 a Montreux, vicino a Carpentras, Boumarel sente fin dalla sua infanzia una particolare devozione a San Raffaele. E decide di battersi per cambiare un’antica tradizione.

Nella sua città c’è l’abitudine di portare in processione un’antica statua ritenuta rappresentare l’angelo, che poi veniva immersa nelle acque del Ricaveau, un ruscelletto vicino Montreaux, dove essa rimaneva immersa fino a quando non avrebbe piovuto. Un giorno, Gens decide di metter fine a questa pratica superstiziosa e distrugge l’effige. Gli abitanti di Montreux, parroco in testa, si adirano e lo cacciano a colpi di pietra.

Gens per alcuni anni si rifugia in una vita solitaria e ha frequenti apparizioni dell’Arcangelo Raffaele, al quale egli chiede la conversione degli abitanti di Montreux.

Angelica prodigiosa

Delle doti di guaritore fisico se ne parla invece in una leggenda diffusa nella regione francese di Poitou. Secondo questa leggenda Raffaele rivelò ad un pio eremita l’uso dell’angelica, cosí chiamata in suo onore (la si chiamava una volta arcangelica). A credere agli autori antichi, questa pianta sarebbe una vera panacea: guarirebbe la rabbia e le malattie proprie alle donne: “Essa aiuta le donne ritenute troppo fredde a concepire, e fa venire i fiori alle ragazze che tardano troppo nell’averli“.

Essa renderebbe amabili le spose e le suocere amare. Sarebbe anche sovrana contro il veleno dei serpenti e degli scorpioni, e permetteva di vivere da centenari.

La peste

Un certo Annibale Camoux, morto a Marsiglia nel 1759 all’età rispettabile di centoventi anni, attribuiva la sua longevità eccezionale all’abitudine che aveva di masticare ogni mattina la radice di angelica.

Soprattutto, l’angelica mostrerebbe la sua efficacia al momento delle epidemie di peste: nel 1510, riporta Paracelso, un noto medico e alchimista dell’epoca, la si utilizzò contro questo flagello a Milano, e quando esso si abbatté sul Poitou, il 6 maggio 1603, le religiose della Visitazione di Niort – che avevano fatto dei rami di angelica confetti di loro specialità, molto ricercata – si misero a distillare la pianta per distribuirne il liquore agli ammalati.

L’epidemia di Cordoba

Questa utilizzazione dell’angelica trae la sua origine da una apparizione dell’arcangelo a fra Simone de Sousa, superiore del convento dell’Ordine di Nostra Signora della Mercede a Cordoba durante la peste del 1348.

Il religioso si desolava nel vedere gli ammalati soccombere a centinaia, quando d’un tratto vide apparire un giovane d’una bellezza eclatante che gli disse:

“lo sono l’arcangelo Raffaele, vengo in tuo aiuto. Le tue preghiere, le tue elemosine, e soprattutto la tua perseveranza nelle vie dell’umiltà e della carità, sono d’un sì grande pregio agli occhi di Dio, ch’egli calmerà il suo corruccio, distoglierà il flagello e farà sentire a questa città provata le dolcezze della sua misericordia. Vai a trovare il vescovo e digli di far mettere sul campanile della cattedrale una mia immagine, e che egli esorti il popolo a ricorrere alla mia intercessione. Immediatamente, gli ammalati saranno guariti, alla sola condizione di chiedere alla Regina degli angeli la medicina di Dio. Apprendi anche che tutti quelli che porteranno la mia immagine e faranno ricorso alla mia intercessione, saranno liberati da ogni male, in particolare dai malefici dell’impuro Asmodeo, che perde gli uomini e rapisce loro la grazia di Dio”.

La medicina di Dio non era, come lo si credette più tardi, l’angelica. Il popolo seguì quel consiglio e ben presto l’epidemia fu circoscritta. Riconoscente, Cordoba si pose solennemente sotto la protezione dell’arcangelo, al quale la municipalitá innalzò nel 1884 una statua su una delle piazze della città.

San Giovanni di Dio


A partire da allora, la devozione verso l’angelo guaritore fu popolarissima in Spagna. San Giovanni di Dio (1439-1550), fondatore a Granada di un ospizio da cui sarebbe uscito l’Ordine dei Fratelli Ospedalieri, beneficiò fin dagli inizi della sua impresa dell’aiuto di Raffaele, che gli apparve per dirgli:

“Giovanni, io sono l’arcangelo Raffaele, inviato da Dio per assisterti nel tuo caritatevole lavoro. Il Signore mi ha confidato la custodia della tua persona e di tutti quelli che, con te, serviranno il Signore. Io tengo un conto fedele delle tue azioni e delle elemosine che ti sono fatte. lo ho per missione di proteggere tutti quelli che favoriranno le tue opere di carità“.

Fonte: it.aleteia.org



PREGHIERA DI GUARIGIONE ALL 'ARCANGELO SAN RAFFAELE

O buon San Raffaele Arcangelo, guida spirituale, ti invoco come patrono di coloro che sono afflitti dalla malattia o da un dolore corporeo.

Tu hai fatto preparare il rimedio che guarì la cecità dell’anziano Tobit, e il tuo nome significa “Il Signore guarisce”.

Mi rivolgo a te, implorando il tuo ausilio divino nella mia necessità attuale (menzionare la richiesta).

Se è la volontà di Dio, degnati di guarire la mia malattia, o almeno concedimi la grazia e la forza di cui ho bisogno per poterla sopportare con pazienza, offrendola per il perdono dei miei peccati e per la salvezza della mia anima.

Insegnami a unire le mie sofferenze a quelle di Gesù e di Maria e a cercare la grazia di Dio nella preghiera e nella comunione.

Desidero imitarti nel tuo affanno di compiere la volontà di Dio in tutti i casi.

Come il giovane Tobia, io ti scelgo come compagno nel mio viaggio in questa valle di lacrime. Desidero seguire la tua ispirazione in ogni passo del cammino, per poter arrivare alla fine del mio viaggio sotto la tua costante protezione e nella grazia di Dio.

O Arcangelo San Raffaele benedetto, che ti sei rivelato come l’assistente divino del Trono di Dio, vieni nella mia vita e assistimi in questo momento di prova.

Concedimi la grazia e la benedizione di Dio e il favore che ti chiedo per la tua potente intercessione.

O gran Medico di Dio, degnati di curarmi come hai fatto con Tobia, se è la volontà del Creatore.

San Raffaele, risorsa di Dio, angelo della salute, medicina di Dio, prega per me. Amen.



Buona giornata a tutti :-)




lunedì 26 settembre 2022

Il grillo del signor Fabre - don Bruno Ferrero

Siamo a Londra. In una vasta e tumultuosa via alberata di Londra. Strepito di cavalli e di carrozze, vociare di mercanti e di strilloni. Trambusto di uomini e di mezzi. Chi corre perché ha fretta. Chi passeggia. Un po' di tutto. Un via vai continuo. Ma ecco... quel signore che si è fermato. 

Pare in ascolto. Ma di che? Trattiene per un braccio l'amico e gli sussurra: "Senti? C'è un grillo!". L'amico lo guarda stralunato: com'è possibile sentire il cri-cri di un grillo in quel mondo di rumori? "Ma cosa dice, professore? Un grillo?!". E il signore, che si è fermato, come guidato da un radar, si accosta lentamente a un minuscolo ciuffo d'erba ai piedi di un albero. 

Con delicatezza sposta steli e dice: "Eccolo!". L'amico si curva. E' davvero un piccolo grillo. Stupore per il fatto del grillo a Londra. Ma doppio stupore per averlo sentito. D'accordo. Per avvertire certe "voci", occorre grande capacità d'ascolto. E quel signore ce l'aveva.

Era il grande etmologo francese Jean Henry Fabre. E la sua grande capacità di ascolto era rivolta in modo specifico al mondo degli insetti.

"Ma come ha fatto a sentire il grillo in tutto questo chiasso?" domanda l'amico al signor Fabre, mentre riprendono il cammino.

"Perché voglio bene a quelle piccole creature. Tutti sentono le voci che amano, anche se sono debolissime. Vuoi che proviamo?".

Il signor Fabre si ferma. Estrae dal borsellino una sterlina d'oro e la lascia cadere a terra. E' un piccolo din, ma una decina di persone che camminano sul marciapiede si voltano di scatto a fissare la moneta.

"Hai visto" dice il signor Fabre, "Queste persone amano il denaro e ne percepiscono il suono, anche tra lo strepito più chiassoso".

Per avvertire certe "voci" occorre una grande capacità di ascolto. E la capacità di ascolto di certe "voci" c'è, se tu quelle "voci" le ami. 

Il signor Fabre è stato un grande nel mondo degli insetti per la sua capacità di ascolto, scaturitagli dal suo amore verso quelle piccole creature.

Chi vuol diventare "grande" - in qualunque campo, soprattutto nel "campo" di Dio" - deve avere una grande capacità di ascolto. 

- don Bruno Ferrero - 
da "Il canto del grillo", don Bruno Ferrero, ed. Elledicì


Una giovane e povera donna col suo piccolo bambino era ritornata stanca morta nella grande sala che l’ospitava. Aveva percorso a piedi strade e piazze cercando di elemosinare qualche spicciolo. Mise il bambino a dormire in un angolo e lei si buttò su un vecchio divano sprofondando immediatamente in un sonno profondo.
All’esterno, un martello pneumatico iniziò la sua canzone con un fracasso insostenibile… Erano in corso lavori di restauro. Ma la donna dormiva profondamente. Come facesse a dormire con tutto quel fracasso non si sa.
All’improvviso la donna scattò in piedi tra la sorpresa dei presenti… Un piccolo lamento, quasi un vagito del piccolo ebbe la forza di risvegliare la donna. Nessuno l’aveva sentito: troppo forte era il rumore causato dal martello pneumatico. Ma la mamma l’aveva subito sentito nonostante la stanchezza e il sonno.

Per avvertire certe “voci”, occorre l’amore dell’ascolto. 

- Padre Salvatore Brugnano -


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sabato 24 settembre 2022

L'ultimo grappolo di Camillo Sbarbaro e altre poesie settembrine -

Capita all'uomo che d'autunno spoglia
la vite, sulla scala che ne fruscia

vecchio è l'uomo ed autunno gli colora
l'anima dentro di malinconia ;
ché con l'anno gli pare la sua vita
anche finisca ;
il poco che da essa ebbe gli mette
in strozza come una secchezza e inghiotte

tra i pampini arrossati di scoprire
un superstite grappolo.
Ne colma
la mano, preso d'infantile gioia ;
soppesa quasi non credesse agli occhi.

Alla sua sete riserbò l'annata
quel frutto ; glielo maturò l'estate,
glielo dorò il sole dell'autunno,
la pianta vi spremé l'ultimo succo.

Cola zucchero l'acino che sguscia
in bocca per non perdere una goccia ;
ogni acino lo riga di delizia
silenziosa...

Guardan gli occhi felici e rassegnati
col grappolo scemare
la sua prima, fors'ultima, dolcezza.

- Camillo Sbarbaro  -


                                          Fernando Saenz Pedrosa, 1947  

Ecco il giorno e l'aspetta settembre,
il suo immobile ardore un po' fiaccato,
la languida estiva sbavatura. Eccomi.

Ai minuti, al facile perdono,
ai mercati scintillanti di materia,
all'invito innocente del mattino,
alla corsa, al gentile riposo.

Nell'aria imbambolata
facce bellissime passano per strada,
perduti amici miei li riconosco.

Il tempo senza tempo di settembre
si ripete, estate e infanzia 
sono ancora insieme.

- Patrizia Cavalli -
Da Vita meravigliosa

Joaquín Sorolla y Bastida (Valencia 1863-Cercedilla 1923)


L'estate se ne andò senza rumore.

Nubi leggere ad una ad una il cuore

gremirono di segni senza nome.

La luna trascorreva ansiosa e onesta.

- Sandro Penna - 

- Justin T. Worrell - 


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giovedì 22 settembre 2022

L'isola dei sentimenti

C'era una volta un'isola, dove vivevano tutti i sentimenti e i valori degli uomini: la Ricchezza, l'Orgoglio, la Tristezza, il Buon Umore, il Sapere... così come tutti gli altri, incluso l'Amore.

Un giorno venne annunciato ai Sentimenti che l'isola stava per sprofondare, allora prepararono tutte le loro navi e partirono. Solo l'Amore volle aspettare fino all'ultimo momento.

Quando l'isola fu sul punto di sprofondare, l'Amore decise di chiedere aiuto.

La Ricchezza passò vicino all'Amore su una barca sfavillante e lussuosa e l'Amore le disse: "Ricchezza, mi puoi portare con te?", rispose: "Non posso, c'è molto oro e argento sulla mia barca e non ho posto per te".

L'Amore decise allora di chiedere all'Orgoglio che stava passando su un magnifico vascello: "Orgoglio ti prego, mi puoi portare con te?", "Non ti posso aiutare, Amore...", rispose l'Orgoglio, "qui è tutto ordinato e perfetto, potresti rovinare la mia barca".

L'Amore chiese alla Tristezza che gli passava accanto: "Tristezza ti prego, lasciami venire con te", "Oh amore", rispose la Tristezza "sono così triste che ho assoluto bisogno di stare sola".

Anche il Buon Umore passò di fianco all'Amore, ma era così contento che non sentì la voce dell'Amore che lo stava chiamando.

All'improvviso una voce disse: "Vieni amore, ti prendo con me" Era un vecchio che aveva parlato. L'Amore si sentì così riconoscente e pieno di gioia che dimenticò di chiedere il nome al vecchio. Quando arrivarono sulla terra ferma il vecchio che aveva parlato se ne andò.

L'Amore si rese conto di quanto gli dovesse e chiese al Sapere: "Sapere, puoi dirmi chi mi ha aiutato?", il Sapere rispose: "È stato il Tempo". "Il Tempo?" si domandò l'Amore, "Perché mai il Tempo mi ha aiutato?", il Sapere, con la sua saggezza rispose: "Perché solo il Tempo è capace di comprendere quanto l'amore sia importante nella vita".


L'invidia, mai doma e mai estinta, cerca di rialzare la testa, ma invano. L'umiltà, il perdono e l'amore vinceranno la grande battaglia. 

Livio Fanzaga
dal libro: L'invidia. Il morso del diavolo, ed. SugarCo


L'invidia ha avuto un'origine tenebrosa: prima che l'uomo facesse il suo ingresso sul palcoscenico del mondo era già stata protagonista di una catastrofe irreparabile, quando l'angelo più luminoso - Lucifero - ha desiderato impossessarsi della gloria divina del suo Creatore, trasformando se stesso in un demonio e inquinando l'opera mirabile di Dio. Ma invano l'angelo ribelle, in questo passaggio storico nel quale gli è concesso di essere sciolto dalle catene, cerca di riprendersi il dominio sull'umanità, illudendola di sedersi sul trono di Dio. L'invidia, mai doma e mai estinta, cerca di rialzare la testa, ma l'umiltà, il perdono e l'amore vinceranno la grande battaglia"

Livio Fanzaga
dal libro: L'invidia. Il morso del diavolo, ed. SugarCo


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martedì 20 settembre 2022

Restate uniti alla croce di Cristo! - Sant'Agostino

 Come vorrei, o miei fratelli, incidervi nel cuore questa verità!
Se volete vivere un cristianesimo autentico,
aderite profondamente al Cristo in ciò che egli si è fatto per noi,
onde poter giungere a lui in ciò che è e che è sempre stato.
È per questo che ci ha raggiunti,
per farsi uomo per noi fino alla croce.
Si è fatto uomo per noi.

- Sant'Agostino - 
 (Commento al Vangelo di san Giovanni 2, 3)


Sant'Agostino
opera di Botticelli Chiesa di Ognissanti
Firenze – Italy

Tutti sono doni del mio Dio, non io li ho dati a me stesso.
Sono beni, e tutti sono io.
E’ buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene,
e io esulto in suo onore per tutti i beni
di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza.
Il mio peccato era di non cercare in lui, ma nelle sue creature,
ossia in me stesso e negli altri, i diletti, i primati, le verità,
precipitando così nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori.
A te grazie, dolcezza mia e onore mio e fiducia mia, 
Dio mio, a te grazie dei tuoi doni.
Tu però conservameli, così conserverai me pure,
e tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà,
e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere.

- Sant'Agostino -
(Confessioni X, 27, 38)



Né futuro né passato esistono. 
È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. 
Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: 
presente del passato, presente del presente, presente del futuro. 
Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo 
e non le vedo altrove: 
il presente del passato è la memoria, il presente del presente 
la visione, il presente del futuro l'attesa. 

- Agostino d'Ippona - 
Confessioni, 397-400




















Tardi ti ho amato, bellezza
tanto antica e tanto nuova,
tardi ti ho amato!
Tu eri dentro di me e io stavo fuori,
ti cercavo qui,
gettandomi, deforme,
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te
le creature che, pure,
se non esistessero in te,
non esisterebbero per niente,
Tu mi hai chiamato
e il tuo grido ha vinto la mia sordità;
hai brillato tu
e la tua luce ha vinto la mia cecità;
hai diffuso il tuo profumo:
ti ho respirato, e ora anelo a te;
ti ho gustato e ora ho fame e sete di te;
mi ha toccato e ora ardo
dal desiderio della tua pace .


- Sant'Agostino -


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domenica 18 settembre 2022

Brani estratti del libro: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün (2)

Il sacrificio di Gesù ci dona la vita eterna, la vera vita. «Io do loro vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano» (Gv 10,28). Gesù non ha soltanto chiamato i discepoli per nome in un lontano passato, anche oggi pronuncia il tuo nome.
Gesù ti conosce personalmente.
Conosce i tuoi sentimenti, i pericoli che ti minacciano, le tue doti.
Desidera una relazione personale con te. Se entri in relazione con Lui, ti donerà la vita eterna, una vita degna di questo nome. Vita eterna significa vita autentica, un'esistenza in cui cielo e terra, Dio e essere umano sono uniti tra di loro. Quando Gesù ti chiama per nome, nessuno ti può rapire dalla sua mano, nessuno ti può sciogliere dal tuo legame con Lui. La sua mano ti protegge, ti dona un riparo e ti sostiene. Dopo la risurrezione Gesù chiamò Maria Maddalena per nome. Ciò penetrò fin nel profondo del suo cuore. Maria cadde in ginocchio e disse:«Rabbuni= Maestro mio». 
Nel momento in cui udì il suo nome dalle labbra di Colui a cui doveva la vita, avvenne in lei la risurrezione.
Il suo lutto venne trasfigurato, le lacrime smisero di scorrere. Si sentì di nuovo amata, risollevata alla sua dignità inviolabile. Nel proprio nome percepì l'amore di quel Gesù che aveva scacciato da lei sette demoni. Maria Maddalena era infatti così lacerata al suo interno da poter ritrovare se stessa solo con l'accettazione totale di Gesù. Poiché Gesù le si era rivolto con tanto amore riuscì ad accettare se stessa. Nel momento in cui Gesù nomina il suo nome dopo la risurrezione, Maria sperimenta la dolcezza risanatrice dell'amore di Gesù. Era un nuovo nome quello datole da Cristo, un nome che la rigenerava.
Le cose vecchie si staccarono da lei. La malattia era guarita. Era solamente Maria, l'amata da Dio, l'amica di Gesù, a cui era destinato il suo amore. L'amore di Gesù l'ha rigenerata nel pronunciare il suo nome.

Brani estratti del libro: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün



Quando pensi al tuo nome, immagina che Gesù in questo momento ti stia chiamando. Gesù rigenera anche te quando pronuncia il tuo nome. Si rivolge a te, rivolge a te il suo sguardo. La sua voce e il suo sguardo ti trasformano nell'immagine unica che Dio ha di te, nell'immagine bella e nuova che rispecchia la gloria di Dio in modo puro.
Quando Egli pronuncia il tuo nome vuole dirti: «E’ bene che tu esista. E’ bene che tu sia qui. Puoi essere come sei. Sei unico. Io ti sostengo. Ti amo. Ora accettati a tua volta. Chiama te stesso con il tuo nome e ricolmalo di tutta la dolcezza di cui sei capace». Il tuo nome ha un significato. Ti sei già occupato del significato del tuo nome? Qual è la sua radice? Sarebbe bene che approfondissi lo studio dell'etimologia del tuo nome.
L'etimologia è l'analisi del significato originario autentico di una parola. Riconoscendo il significato letterale del tuo nome scoprirai allo stesso tempo un progetto per la tua esistenza.
Il tuo nome ti offre una forma in cui puoi crescere. Il tuo nome crea uno spazio al cui interno puoi penetrare, nel quale scoprire la tua complessità e la tua bellezza.
Il mio nome, Anselmo, significa «colui che è protetto dagli dei». E’ un nome che mi conforta.
Non sono solo al mondo. Dio tiene la sua mano protettiva su di me. Nel corso della mia vita l'ho sperimentato spesso.
Giovanni significa «Dio è misericordioso». Chi porta questo nome vive sotto il segno della promessa che Dio lo circonda sempre e in ogni luogo della sua presenza d'amore risanatrice, che la grazia divina assorbe, trasformandoli, tutti i suoi fallimenti e le sue colpe.
Prendendo in considerazione il tuo nome potrai comprendere esperienze che hai già vissuto.
Ti apri a ciò che è già presente in te e nella tua persona, che però spesso, nella routine quotidiana, non vedi. Il nome ti mostra il tuo potenziale nascosto, ti mostra sotto il segno di quale promessa stia la tua vita.
Consulta un dizionario specifico per conoscere l'etimologia del tuo nome. Cosa ti fa venire in mente? Che cosa ti colpisce?
Dai fiducia al significato nascosto del nome. Fallo tuo attraverso la meditazione e poi osserva te stesso. Che cosa scopri di nuovo che finora non avevi notato? Come ti senti a confidare nel fatto che il tuo nome non è soltanto un suono vuoto, ma esprime la tua essenza, e che in esso si cela una promessa? Anche se ti sembra di essere lontano da quanto esprime il tuo nome, puoi crescere nella sua realtà, scoprendo così per la prima volta quanto è nascosto in te.
Il tuo nome ti rimanda al tuo santo patrono.
Il giorno del tuo onomastico la Chiesa celebra la festa del santo di cui porti il nome. Se ti occupi del tuo santo protettore, scoprirai in te alcune cose che non noti badando solo alla tua storia familiare.
Hai delle capacità che non derivano esclusivamente dai genitori.
Il santo patrono vuole indicarti le possibilità celate dentro di te. Se osservi la sua figura, puoi crescere attraverso di essa e scoprire l'immagine unica che Dio si è formato di te. Nella figura del santo protettore puoi riconoscere l'immagine autentica e non deformata di te che nasce dalla mano creatrice di Dio.
Per me l'onomastico è sempre un giorno prezioso, non solo perché i miei confratelli e amici mi fanno gli auguri. Il giorno del mio onomastico riacquisto la consapevolezza di chi sono veramente e di quale sia la traccia indelebile che vorrei lasciare in questo mondo. Il giorno del mio onomastico mi sento in comunione con sant'Anselmo. Questo mi fa bene. Mi fa sentire a casa, al sicuro, con un compagno di strada che percorre con me ogni via e che mi svela la ricchezza della mia esistenza. 

Brani estratti del libro: “Ti ho chiamato per nome” di Anselm Grün


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venerdì 16 settembre 2022

La grotta azzurra - don Bruno Ferrero

Era un uomo povero e semplice. La sera, dopo una giornata di duro lavoro, rientrava a casa spossato e pieno di malumore. Guardava con astio la gente che passava in automobile o quelli seduti ai tavolini del bar.
"Quelli sì che stanno bene", brontolava l'uomo, pigiato nel tram, come un grappolo d'uva nel torchio. "Non sanno cosa vuol dire tribolare... Tutte rose e fiori, per loro. Avessero la mia croce da portare!".
Il Signore aveva sempre ascoltato con molta pazienza i lamenti dell'uomo. E, una sera, lo aspettò sulla porta di casa.
"Ah, sei tu, Signore?" disse l'uomo, quando lo vide. "Non provare a rabbonirmi. Lo sai bene quant'è pesante la croce che mi hai imposto". L'uomo era più imbronciato che mai.
Il Signore gli sorrise bonariamente. “Vieni con me. Ti darò la possibilità di fare un'altra scelta", disse.
L'uomo si trovò all'improvviso dentro una enorme grotta azzurra. L'architettura era divina. Ed era tempestata di croci: piccole, grandi, tempestate di gemme, lisce, contorte.
"Sono le croci degli uomini", disse il Signore, “scegline una". L'uomo buttò con malagrazia la sua croce in un angolo e, fregandosi le mani, cominciò la cernita.
Provò una croce leggerina. ma era lunga e ingombrante. Si mise al collo una croce da vescovo, ma era incredibilmente pesante di responsabilità e sacrificio.
Un'altra, liscia e graziosa in apparenza, appena fu sulle spalle dell'uomo cominciò a pungere come se fosse piena di chiodi.
Afferrò una croce d'argento, che mandava bagliori, ma si sentì invadere da una straziante sensazione di solitudine e abbandono. La posò subito. Provò e riprovò, ma ogni croce aveva qualche difetto.
Finalmente, in un angolo semibuio, scovò una piccola croce, un po' logorata dall'uso. Non era troppo pesante, né troppo ingombrante. Sembrava fatta apposta per lui. L'uomo se la mise sulle spalle con aria trionfante. "Prendo questa!", esclamò. Ed uscì dalla grotta.
Il Signore gli rivolse il suo sguardo dolce dolce. E in quell'istante l'uomo si accorse che aveva ripreso proprio la sua vecchia croce: quella che aveva buttato via entrando nella grotta. E che portava da tutta la vita.

"Come in un sogno mattutino, la vita si fa sempre più luminosa a mano a mano che la viviamo, e la ragione di ogni cosa appare finalmente chiara" (Ricther).

- don Bruno Ferrero -
da "Il canto del grillo", ed. Elledici


Quando la malattia o un lutto entrano nella nostra vita ci sdraiamo sulla croce e d'improvviso, ci accorgiamo che è già occupata. Lì si incontra Gesù Cristo.

 

Se non trovo altro modo, si può consolare una persona anche col silenzio, con la sola presenza, purché si faccia con amore: basta un sorriso che esprima la dolcezza della comprensione. Meglio se il silenzio è accompagnato dalla preghiera del cuore. In questo caso forse mi sarà suggerita anche qualche parola. Da chi? Dallo Spirito Santo, che è il vero Consolatore.

Agata Fernandez Motzo, Mio tutto oltre la morte


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