venerdì 29 settembre 2023

Gli Angeli e i Martiri - don Marcello Stanzione

Ma è, in modo particolare, ai Martiri, che si sono purificati nel loro sangue e che non hanno bisogno del Purgatorio, che gli Angeli ricevono l'accoglienza più splendi­da. 

Origene nell'Esortazione al martirio, scrive: 

"Una grande moltitudine è convo­cata mentre lottate e quando siete chia­mati al martirio. 

Voi non parlate diverso da San Paolo, quando dice che noi siamo divenuti uno spettacolo per il mondo, per gli angeli e per gli uomini. 

È dunque il mondo intero, tutti gli angeli a destra e a sinistra, e tutti gli uomini che vi vedranno combattere la battaglia per il cristianesi­mo. 

Gli Angeli che sono in cielo si rallegre­ranno con noi."

Negli atti dei morti, la figura degli Angeli che li conducono in Paradiso è un tema as­sai frequente, ad esempio, negli atti delle sante Perpetue e Felicita, è scritto, a pro­posito della visione di Saturno: "Avevamo subito il martirio ed eravamo usciti dalla carne: quattro Angeli cominciarono a por­tarci verso l'Oriente; le loro mani non toc­cano i nostri corpi. 

Arrivammo allora in un luogo vasto, che assomigliava a un frutte­to, con i roseti ed ogni sorta di fiori. Là vi erano altri quattro Angeli, più splendenti ancora dei primi. Appena ci videro ci salu­tarono e dissero agli altri Angeli. Eccoli, eccoli! Con ammirazione". 

San Giovanni Crisostomo, nella sua Omelia sui martiri, dice: "Ricordati di quella scala spirituale che il patriarca Giacobbe ha visto, elevata dalla terra al cielo: per mezzo suo gli Angeli discendevano; ancora per mezzo suo i Martiri salivano... 

Vedete spesso al­l'aurora il sole leva e lancia in tutte le di­rezioni raggi quasi incorporati. Tali erano i corpi dei Martiri, inondati da ogni parte dai getti del loro sangue, come dai raggi di porpora e illuminati dagli stessi molto più di quanto il sole rischiara il cielo: gli Angeli contemplavano questo sangue con delizia, i demoni fremevano e il diavolo stesso tramava... 

I Martiri salgono in cielo preceduti dagli Angeli e circondati dagli Arcangeli, come da guardie del corpo... 

Quando sono giunti in cielo, tutte le sante Potenze di lassù li accolgono con gioia e li abbracciano. 

Poi esse formano un'immen­sa scorta per accompagnarli verso il Re del cielo, che siede sul trono di gloria fra i Serafini e i Cherubini. Là essi si uniscono ai Cori e prendono parte ai cantici misti­ci ".

Con l'arrivo della morte, l'uomo viene a trovarsi in mezzo a due contendenti e San Giovanni della Croce nel suo scritto misti­co "Notte oscura" avverte che nel mo­mento "in cui l'Angelo buono sta per co­municare all'anima la contemplazione, el­la non può entrare nell'interno del suo na­scondiglio così presto da non poter essere scorta dal demonio, il quale l'assale im­mediatamente con orrori e turbamenti spi­rituali, a volte molto penosi per lei."

Quando mi trovo ad assistere un moribon­do, dopo aver dato l'Unzione degli Infermi, faccio recitare sempre la Corona angelica, in onore di San Michele, affinché il Principe delle Milizie celesti favorisca co­lei che, terminata la corsa terrena, deve essere inoltrata in seno a Dio. 

Un testo li­turgico del decimo secolo contiene queste invocazioni: 

"Signore Gesù Cristo, Re del­la gloria, libera le anime di tutti i fedeli de­funti dalle pene dell'inferno e dal profon­do abisso liberale dalle fauci del leone, affinché non siano preda del tartaro e non cadano nelle tenebre; ma le conduca il vessillifero San Michele alla Luce Santa, che un giorno promettesti ad Abramo e al­la sua discendenza". 

Che sia specialmen­te l'Arcangelo Michele, a difendere i de­funti dagli ultimi assalti di satana, sembra suggerirlo il testo della lettera di Giobbe, dove è scritto: 

"L’Arcangelo Michele, quando, in contesa con il diavolo, disputa­va con il corpo di Mosè, non osò accusar­lo con parole offensive, ma disse: 

"Ti con­danni il Signore"' (Gb. 9).

Questo brano dell'Antico Testamento è anche interpretato nel senso che gli Angeli vegliano sulle sepolture dei Santi, impe­dendo che siano profanate. Questa idea che gli Angeli proteggano le tombe dei cri­stiani è ripresa da numerose iscrizioni fu­nerarie antiche come, ad esempio, questa: 

"Qui riposano Aschepiade, Elpice e un al­tro Aschepiade: Vi prego, in nome dell’Angelo che sta ritto qui accanto, che nessuno osi introdurvi un altro cadavere."

Nella benedizione del sepolcro, il Rituale Romano suggeriva questa preghiera: "Degnati, Signore, di benedire questo tu­mulo e poni a sua custodia il tuo Angelo santo". 

Se l'anima del defunto, che l'Angelo accompagna dopo la morte, non è completamente pura, essa deve purifi­carsi in Purgatorio, prima di essere am­messa fra gli Angeli e i Santi del Paradiso. 

L'anima penitente deve ricevere un batte­simo di fuoco di purificazione che comple­ti l'effetto del Battesimo di acqua. 

Questo battesimo di fuoco è amministrato dagli Spiriti celesti, secondo le antiche tradizio­ni nelle quali viene trasmessa la dottrina del Purgatorio. 

È interessante ricordare, a questo riguardo, che, nella Divina Commedia, il poeta Dante Alighieri impe­gna gli Angeli a scrivere sulla sua fronte sette "P" quali segni dei peccati capitali (Purg. 9,75-84; 109-114) e poi a cancellar­li, nel frattempo che il poeta sale sulla montagna della perfezione (12,88-93). 

Il vate conferisce agli Angeli un ministero sacerdotale, insieme al ruolo liturgico di far risuonare, nella mente, le parole evan­geliche, personificando l'umiltà (12, 108­109), la misericordia (15, 16-39), la pace (17, 69-70), la consolazione (19, 40-52), la giustizia (22,1-5), la temperanza (24,132­154), la purezza di cuore (27, 6-12). 

Quando Dante finalmente giunge nel Paradiso terrestre, gli Angeli non appaiono più come singole figure, ma come schiere, ad accogliere chi si è purificato, per essere introdotto presso il trono dell'Altissimo. 

Concludo questa meditazione sugli Angeli e i defunti con un brano meraviglioso del grande cardinale inglese J.H. Newman che termina: "Il sogno di Geronzio" con queste parole dell'Angelo all'anima sua protetta, che in Purgatorio si sta emendando, per poi essere ammessa alla visione celeste:

"Dolcemente e teneramente anima, a ca­ro prezzo riscattata, nelle mie braccia amatissime ti stringo, e, nel fiume del­l'espiazione, dolcemente ti immergo. Lasciati dolcemente immergere in questo fiume! 

Senza un lamento, senza resisten­za, immergiti in queste acque. 

E nella pro­fondità discendi, discendi ancora! 

E gli Angeli che hanno ricevuto il dolce compi­to ti custodiranno, ti vigileranno, ti culle­ranno. 

E sulla terra le Messe e nel cielo le preghiere 'ti verranno in aiuto dal Trono dell'Altissimo. Addio, fratello amatissimo, ma non per sempre; sii coraggioso e pa­ziente nel tuo letto di dolore; la tua notte di prova sarà passata ed io ti verrò a sve­gliare al mattino".

(don Marcello Stanzione)

 Ai tre Arcangeli

Venga dal Cielo nelle nostre case l’Angelo della pace, Michele, venga portatore di serena pace e releghi nell’ inferno le guerre, fonte di tante lacrime.
Venga Gabriele, l’Angelo della forza, scacci gli antichi nemici e visiti i templi cari al Cielo, che Egli trionfatore ha fatto elevare sulla Terra.
Ci assista Raffaele, l’Angelo che presiede alla salute; venga a guarire tutti i nostri malati e a dirigere i nostri incerti passi per i sentieri della vita.

(Liturgia degli Angeli custodi)

Gli angeli sono, per così dire, i pensieri di Dio rivolti a noi, che, in quanto pensieri divini, non sono solo idee, ma realtà, persone. L'angelo incarna e concretizza la sollecitudine di Dio per ogni uomo. Il mio angelo custode non è nient'altro che espressione del fatto ch'io sono conosciuto, amato e seguito in maniera del tutto personale da Dio, è il pensiero d'amore che Dio nutre per me, che mi circonda e mi guida in ogni istante. 

- Papa Benedetto XVI -

 

Preghiera all'Arcangelo Raffaele 

O Raffaele, Medicina di Dio,
la Bibbia ti presenta come l’Angelo che soccorre,
l’Angelo che consola, l’Angelo che guarisce.
Vieni accanto a noi nella strada della nostra vita
così come ti facesti vicino a Tobia
in un momento difficile e decisivo della sua esistenza
e gli facesti sentire la tenerezza di Dio
e la potenza del Suo Amore.
O Raffaele, Medicina di Dio,
oggi gli uomini presentano ferite profonde nel cuore:
l’orgoglio ha appannato lo sguardo
impedendo agli uomini di riconoscersi fratelli;
l’egoismo ha aggredito la famiglia;
l’impurità ha tolto all’ uomo e alla donna
la gioia dell’amore vero, generoso e fedele.
Soccorrici e aiutaci a ricostruire famiglie
Che siano specchio della Famiglia di Dio!
O Raffaele, Medicina di Dio,
tante persone soffrono nell’anima e nel corpo
e sono lasciate sole nel loro dolore.
Guida sulla strada della sofferenza umana
tanti buoni samaritani!
Prendili per mano affinchè siano consolatori
capaci di asciugare lacrime e di confrontare i cuori.
Prega per noi, affinchè crediamo
che Gesù è la vera, grande e sicura Medicina di Dio.
Amen.


Ogni volta che il giorno si fà buio sai dove andare a cercare la luce..

Buona giornata a tutti :-)

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giovedì 28 settembre 2023

Mondi sconfinati - Rabindranath Tagore

                                                            I bambini si incontrano 
sulla spiaggia di mondi sconfinati. 
Su di loro l’infinito cielo 
è silenzioso, l’acqua s'increspa. 
Con gridi e salti si incontrano i bambini 
sulla spiaggia di mondi sconfinati. 
Fanno castelli di sabbia 
e giocano con vuote conchiglie. 
Con foglie secche intessono barchette 
e sorridendo le fanno galleggiare 
sull’immensa distesa del mare. 
I bambini giocano sulla riva dei mondi. 
Non sanno nuotare, 
non sanno gettare le reti. 
I pescatori si tuffano a pescare 
le perle dal fondo del mare, 
nelle navi viaggiano i mercanti, 
mentre raccolgono i bambini 
sassolini che poi gettano via. 
Non cercano tesori nascosti, 
non sanno gettare le reti. 
Il mare si increspa di mille sorrisi, 
e la spiaggia dolcemente risuona. 
Le onde che portano la morte 
cantano ai bambini nenie senza senso, 
come fa la madre 
quando culla la sua creatura. 
Il mare gioca coi bambini, 
e la spiaggia dolcemente risuona. 
S'incontrano i bambini 
sulla riva di mondi sconfinati. 
Vaga la tempesta 
per il cielo dai molti sentieri, 
naufragano navi 
nell'acqua dai molti sentieri, 
la morte in giro e giocano i bambini. 
C'è un grande convegno di bambini 
sulla spiaggia di mondi sconfinati.



(Rabindranath Tagore)
Fonte: Gjntali



La vita trova la sua ricchezza nelle sfide del mondo e il suo valore nelle sfide dell'amore.

- Rabindranath Tagore -


Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa.
Se hai un sogno tu lo devi proteggere.
Quando le persone non sanno fare qualcosa
lo dicono a te che non la sai fare.
Se vuoi qualcosa, vai e inseguila.
Punto.  

(dal film “La ricerca della felicità”)



La vita si arricchisce di ogni gesto d'amore donato.

Tagore




La natura, quando vuole comunicare con noi, 
non trovando altro modo, 
riempie il nostro animo di ritmi e melodie! 

- Tagore -



Ritornate alle vostre consuete attività solo 
dopo esservi inginocchiati ai suoi piedi. 
Dio versi sul vostro capo la sua benedizione: vi dia pace. 

- Tagore  -



martedì 26 settembre 2023

Il principe felice - Oscar Wilde

Alta sopra la città, su una lunga, esile colonna sporgeva la statua del Principe Felice. Era tutto dorato di sottili foglie d'oro fino, i suoi occhi erano due lucenti zaffiri, e un grande rubino rosso luccicava sull'elsa della sua spada.

Tutti lo ammiravano. "E' bello come una banderuola" osservò un giorno uno degli assessori di città che ambiva farsi una reputazione d'uomo di gusto; "però è meno utile" si affrettò a soggiungere, per timore che la gente lo giudicasse privo di senso pratico, cosa che egli non era affatto.
"Perché non sai comportarti come il Principe Felice?" chiese una madre piena di buon senso al suo bambino che piangeva perché voleva la luna. "Il Principe Felice non si sogna mai di piangere per nulla".
"Sono contento che a questo mondo ci sia qualcuno veramente felice" borbottò un uomo disilluso ammirando la splendida statua.
"Assomiglia a un angelo" dissero i Trovatelli uscendo dalla cattedrale nei loro lucenti mantelli scarlatti e nei loro lindi grembiulini candidi.
"Come fate a dire questo?" osservò il professore di matematica, "se non ne avete mai veduti!"
"Oh, si, che ne abbiamo visti, nei nostri sogni!" risposero i bambini, e il professore di matematica aggrottò la fronte e fece la faccia scura, perché non trovava giusto che i bambini sognassero.

Una sera volò sulla città un Rondinotto. I suoi amici se n'erano andati in Egitto sei settimane innanzi, ma egli era rimasto indietro perché si era innamorato di una bellissima Canna. L'aveva conosciuta al principio di primavera mentre volava giù per il fiume in caccia di una grossa falena gialla, ed era stato talmente attratto dalla sua vita sottile che si era fermato a parlarle.
"Vuoi che m'innamori di te?" le aveva chiesto il Rondinotto, cui piaceva venir subito al sodo, e la Canna gli aveva fatto un profondo inchino. Così egli le volò più volte intorno, sfiorando l'acqua con le ali, e increspandola di cerchi argentei. Questa fu la sua corte, e durò tutta l'estate.
"Proprio un attaccamento ridicolo," garrivano le altre Rondini, "E' senza un soldo, ma in compenso ha un sacco di parenti," e a dire il vero il fiume era zeppo di Canne.
Poi, non appena venne l'autunno, le Rondini volarono via tutte. Quando se ne furono andate il Rondinotto si sentì solo, e incominciò a stancarsi della sua bella.
"Non sa conversare" si disse, "e temo sia una civetta poiché seguita a frascheggiare col vento." E infatti, ogni volta che il vento spirava, la Canna si piegava con inchini graziosissimi.
"Riconosco che sei casalinga," prosegui il Rondinotto, "ma a me piace viaggiare e di conseguenza anche a mia moglie dovrebbero piacere i viaggi".
"Vuoi venir via con me?" le chiese infine, ma la Canna scosse la testa, era troppo affezionata alla sua casa. "Tu mi hai preso in giro!" gridò il Rondinotto. "Me ne vado alle Piramidi. Addio!" e volò via.
Volò tutto il giorno, e a sera giunse alla città.
"Dove alloggerò?" si disse. "Spero mi abbiano preparato dei festeggiamenti."
Ma poi notò la statua sull'alta colonna. "Andrò ad abitare lì," esclamò. "La posizione è bellissima, e ci si deve respirare dell'ottima aria fresca."

Così si posò proprio tra i piedi del Principe Felice.
"Ho una camera da letto tutta d'oro" mormorò sottovoce tra sé e sé, guardandosi attorno e preparandosi per la notte, ma giusto mentre stava mettendo la testa sotto l'ala gli cadde addosso una grossa goccia d'acqua.
"Che cosa strana!" esclamò. "In cielo non c'è neanche la più piccola nuvola, le stelle sono chiare e luminose, eppure piove. Il clima del Nord Europa è semplicemente spaventoso. Alla Canna la pioggia piaceva, ma questo era dovuto unicamente al suo egoismo".
In quella cadde un'altra goccia.
"A che serve una statua se non riesce a riparare dalla pioggia?" brontolò; "bisogna che mi cerchi un buon comignolo," e fece per volarsene via. Ma proprio mentre stava per aprire le ali una terza goccia cadde, ed egli allora alzò gli occhi e vide... ah, che cosa vide? Gli occhi del Principe Felice erano gonfi di lagrime, e lagrime rigavano le sue guance dorate. Il suo viso era così bello sotto la luce della luna che il piccolo Rondinotto si senti invadere da una profonda pietà.
"Chi sei?" chiese.
"Sono il Principe Felice".
"Perché piangi, allora? Mi hai inzuppato tutto."
"Quando ero vivo e avevo un cuore umano," rispose la statua, "non sapevo che cosa fossero le lagrime, perché abitavo nel Palazzo di Sans-Souci, dove al dolore non è permesso di entrare. Durante il giorno giocavo coi miei compagni nel giardino, e la sera guidavo le danze nella Grande Sala. Intorno al giardino correva un muro altissimo, ma mai io mi curai di sapere che cosa si stendesse al di là di esso, ogni cosa intorno a me era così bella! I miei cortigiani mi chiamavano il Principe Felice, e se il piacere è felicità, io ero veramente felice. Così vissi, e così morii. E ora che sono morto mi hanno messo qui tanto in alto che adesso vedo tutta la bruttezza e tutta la miseria della mia città, e sebbene il mio cuore sia di piombo altro non mi resta che piangere".
"Come mai? Non è d'oro massiccio?" si chiese mentalmente il Rondinotto, perché era troppo educato per rivolgere ad alta voce domande di carattere personale.
"Lontano lontano," proseguì la statua con la sua dolce voce musicale, "lontano in una stradina c'è una povera casa. Una finestra di questa casa è aperta e attraverso vi vedo una donna seduta a un tavolo. Ha il viso magro e sciupato, e le sue mani sono rosse e ruvide e tutte bucherellate dall'ago, poiché fa la cucitrice. Sta ricamando passiflore su un abito di raso che la più bella tra le damigelle d'onore della Regina indosserà al prossimo ballo di Corte. In letto, in un angolo della stanza, il suo bambino giace ammalato. Ha la febbre e vorrebbe mangiare delle arance, ma sua madre non ha nulla da dargli, fuorché acqua di fiume, perciò il bambino piange. Rondinotto, piccolo Rondinotto, non gli porteresti il rubino che luccica sull'elsa della mia spada? I miei piedi sono attaccati a questo piedistallo e io non mi posso muovere".
"Sono aspettato in Egitto" rispose il Rondinotto. "I miei amici in questo momento volano sul Nilo, e discorrono con i grandi fiori di loto. Tra poco andranno a dormire nella tomba del gran Re, dove il Re stesso riposa nel suo sarcofago dipinto, avvolto in gialli lini e imbalsamato con aromi. Ha il collo adorno di una collana di giada verde pallida, e le sue mani assomigliano a foglie avvizzite".
"Rondinotto, Rondinotto, piccolo Rondinotto" disse il Principe, "non vuoi restare con me per una notte soltanto, ed essere il mio messaggero? Il bambino ha tanta sete, e la madre è così triste!"
"Non credo che mi piacciano i bambini" replicò il Rondinotto. "L'estate scorsa, quando stavo sul fiume, c'erano due ragazzi maleducati, i due figliuoli del mugnaio, che mi tiravano sempre sassi. Naturalmente non mi hanno mai preso, si capisce: noi rondini voliamo troppo bene per lasciarci colpire, e del resto io vengo da una famiglia famosa per la sua agilità; comunque però era una grave mancanza di rispetto".
Ma il Principe Felice aveva un viso così doloroso che il Rondinotto ne provò pena. "Qui fa molto freddo" disse, "ma per farti piacere resterò ancora una notte e sarò tuo messaggero".
"Grazie, piccolo Rondinotto" disse il Principe.

Così il Rondinotto colse il grande rubino che ornava la spada del Principe e volò sopra i tetti della città, tenendo stretto il gioiello nel becco appuntito. Passò accanto alla torre della cattedrale, su cui erano scolpiti i grandi angeli di marmo. Passò accanto al palazzo e udì un suono di danze.
Una fanciulla bellissima si affacciò al balcone col suo innamorato. "Guarda che stelle meravigliose" egli le disse, "e come è meraviglioso il potere dell'amore! "
"Spero che il mio vestito sarà pronto per quando ci sarà il ballo di Stato" rispose la fanciulla. "Ho ordinato che sia ricamato a passiflore, ma le cucitrici sono talmente pigre! "
Passò sopra il fiume, e vide le lanterne appese agli alberi delle navi. Passò sul Ghetto, e vide i vecchi Ebrei che contrattavano tra di loro, e pesavano il danaro su bilance di rame. E finalmente giunse alla povera casa e vi guardò dentro. Il bambino si agitava febbrilmente sul letto, mentre la madre si era addormentata: era tanto stanca! Saltellò nella stanza e posò il grosso rubino sul tavolo, accanto al ditale della donna. Poi volò piano attorno al letto, e accarezzò con le sue ali la fronte del piccolo, facendogli vento dolcemente.
"Come mi sento fresco!" disse il bambino. "Forse incomincio a star meglio" e si addormentò di un sonno tranquillo.
Allora il Rondinotto rivolò dal Principe Felice e gli raccontò quello che aveva fatto. "E' strano" osservò, "ma benché faccia un freddo cane adesso ho caldo."
"Perché hai compiuta una buona azione" gli disse il Principe.
Il piccolo Rondinotto incominciò a pensare, ma subito si addormentò: il pensare gli metteva sempre addosso un gran sonno.
Quando il giorno spuntò, volò giù al fiume e prese un bagno.
"Che fenomeno straordinario!" esclamò il Professore di Ornitologia che passava in quel momento sul ponte. "Una Rondine d'inverno!" E mandò al giornale locale una lunga lettera in proposito. Tutti la citarono: era costellata di un sacco di vocaboli che nessuno capiva.
"Questa sera parto per l'Egitto" disse il Rondinotto, e questa previsione lo mise di ottimo umore. Visitò tutti i monumenti pubblici, e rimase a lungo seduto in cima al campanile della chiesa. Dovunque andava i Passeri cinguettavano e bispigliavano tra di loro: "Che forestiero distinto!" Cosicché il Rondinotto si divertì un mondo.
Quando la luna sorse rivolò dal Principe Felice. "Hai qualche commissione da darmi per l'Egitto?" disse. Sono di partenza.
"Rondinotto, Rondinotto, piccolo Rondinotto" disse il Principe, "non vuoi restare con me ancora una notte?"
"In Egitto mi aspettano" rispose il Rondinotto. "Domani i miei amici voleranno fino alla Seconda Cateratta. Laggiù, tra i giunchi, se ne sta accovacciato l'ippopotamo, e su un grande trono di granito siede il Dio Memnone. Tutta la notte egli contempla le stelle, e quando risplende la stella del mattino proferisce un unico grido di gioia, e poi tace. A mezzogiorno i leoni fulvi scendono a bere all'orlo dell'acqua. Hanno occhi simili a verdi berilli, e il loro ruggito è più forte del ruggito della cateratta".
"Rondinotto, Rondinotto, piccolo Rondinotto" disse il Principe, "lontano lontano, dall'altra parte della città, vedo un giovane in una soffitta, appoggiato a una scrivania ingombra di carte, e in un boccale accanto a lui c'è un mazzolino di viole appassite. Ha i capelli bruni e crespi, le sue labbra sono rosse come una melagrana, e i suoi occhi sono grandi e sognanti. Sta sforzandosi di terminare una commedia per il Direttore del Teatro, ma ha troppo freddo per poter seguitare a scrivere. Non c'è fuoco nel suo camino, e la fame lo ha fatto svenire".
"Va bene, aspetterò presso di te un'altra notte" disse il Rondinotto, che aveva proprio un cuore d'oro. "Devo portargli un altro rubino?"
"Ahimé, non ho più rubini, ormai" disse il Principe, "tutto ciò che mi è rimasto sono i miei occhi, ma sono fatti di zaffiri rari, e furono portati dall'India più di mille anni fa. Strappane uno e portaglielo. Lo venderà al gioielliere, e si comprerà legna da ardere, e finirà la sua commedia".
"Caro Principe" disse il Rondinotto, "io non posso fare questo"
"Rondinotto, Rondinotto, piccolo Rondinotto" disse il Principe, piangendo, "ubbidiscimi, ti prego".
Così il Rondinotto strappò l'occhio del Principe e volò fino alla soffitta dello studente. Era facile entrarvi, perché nel tetto c'era un buco. Il Rondinotto vi sfrecciò attraverso, e penetrò nella stanza. Il giovane aveva il capo affondato tra le mani, perciò non avvertì il frullio d'ali dell'uccello, e quando alzò gli occhi vide il bellissimo zaffiro adagiato in mezzo alle viole appassite.
"Incominciano ad apprezzarmi!" gridò; "certo me lo manda qualche grande ammiratore. Adesso potrò finalmente terminare la mia commedia!" Ed era tutto felice.
Il giorno dopo il Rondinotto volò giù al porto. Si posò sull'albero di una grossa nave e stette a osservare i marinai che a forza di funi calavano su dalla stiva pesanti casse. "Issa-oh! " si gridavan l'un l'altro a mano a mano che le casse salivano.
"Io vado in Egitto!" garrì il Rondinotto, ma nessuno gli badò, e quando spuntò la luna volò ancora una volta dal Principe Felice.
"Sono venuto a salutarti" gli disse.
"Rondinotto, Rondinotto, piccolo Rondinotto" disse il Principe, "non vuoi rimanere con me ancora per questa notte?"

"E' inverno ormai" rispose il Rondinotto, "e fra poco arriverà la fredda neve. In Egitto il sole è caldo sulle verdi palme, e i coccodrilli riposano nel fango e si guardano attorno con occhi pigri. I miei compagni stanno costruendo un nido nel Tempio di Baalbec, e le colombe rosee e bianche li guardano, e tubano tra loro. Caro Principe, debbo lasciarti, ma non ti dimenticherò mai, e la prossima primavera ti porterò due gemme bellissime, al posto di quelle che tu hai regalate. Il rubino sarà più rosso di una rosa rossa, e lo zaffiro sarà azzurro come il vasto mare".
"Nella piazza qua sotto" disse il Principe Felice, "ci sta una piccola fiammiferaia. I fiammiferi le sono caduti nella cunetta del marciapiedi, e si sono tutti bagnati. Suo padre la picchierà se non porterà a casa un po' di danaro, e perciò la piccola piange. Non ha né calze né scarpe, e la sua testolina è nuda. Strappa l'altro mio occhio e portaglielo, così suo padre non la batterà".
"Resterò con te ancora per questa notte" disse il Rondinotto, "ma non posso strapparti l'altro occhio. Rimarresti completamente cieco".
"Rondinotto, Rondinotto, piccolo Rondinotto" disse il Principe, "fa' come ti dico".
Così il Rondinotto strappò l'altro occhio del Principe e sfrecciò giù nella piazza. Passò roteando accanto alla piccola fiammiferaia e le fece scivolare il gioiello nel palmo della mano.
"Che bel pezzettino di vetro!" esclamò la bambina, e corse a casa ridendo.
Poi il Rondinotto ritornò dal Principe. "Adesso sei cieco" disse, "perciò io resterò con te per sempre".
"No, piccolo Rondinotto" mormorò il povero Principe, "tu devi andare in Egitto".
"Resterò con te per sempre" ripetè il Rondinotto, e dormì ai piedi del Principe. Poi tutto il giorno seguente se ne stette appollaiato sulla spalla del Principe, e gli raccontò quello che aveva veduto in paesi lontani. Gli parlò dei rossi ibis, che sostano in lunghe file sulle rive del Nilo e col becco acchiappano pesciolini dorati; gli parlò della Sfinge, che è vecchia quanto il mondo, e vive nel deserto, e conosce ogni cosa; gli parlò dei mercanti che viaggiano piano al fianco dei loro cammelli e recano tra le mani rosari d'ambra; gli parlò del Re della Montagna della Luna, che è nero come l'ebano, e adora un enorme cristallo; gli parlò del grande serpente verde che dorme in un palmizio ed è nutrito da venti sacerdoti con focacce di miele; gli parlò infine dei pigmei che veleggiano su un grande lago sopra larghe foglie piatte e sono sempre in guerra con le farfalle.
"Caro Rondinotto" disse il Principe, "tu mi parli di cose meravigliose, ma più meraviglioso di qualsiasi cosa è il dolore degli uomini e delle donne. Non vi è Mistero più grande della Miseria. Vola sulla mia città, piccolo Rondinotto, e raccontami quello che vedi".

Così il Rondinotto volò sopra la grande città, e vide i ricchi gozzovigliare nelle loro splendide dimore, mentre i poveri sedevano fuori, ai cancelli. Volò in bui vicoli, e vide i visi bianchi dei bambini affamati che fissavano con occhi assenti le strade oscure.
Sotto l'arcata di un ponte due ragazzini si stringevano l'uno all'altro cercando di riscaldarsi a vicenda.
"Che fame, abbiamo!" dicevano.
"Non potete dormire laggiù" gridò la guardia, e i due bambini si allontanarono sotto la pioggia.
Allora il Rondinotto tornò indietro e raccontò al Principe quello che aveva veduto.
"Sono tutto ricoperto d'oro fino" disse il Principe, "tu devi togliermelo di dosso, foglia per foglia, e darlo ai miei poveri: i vivi credono che l'oro possa renderli felici".
Il Rondinotto piluccò via foglia dopo foglia del fine oro, finché il Principe Felice divenne tutto opaco e grigio. Foglia per foglia del fine oro egli portò ai poveri, e le facce dei bambini si fecero più rosate, ed essi risero e giocarono giochi infantili nelle strade.
"Abbiamo pane, adesso! " gridavano.
Poi venne la neve, e dopo la neve venne il gelo. Le strade sembravano pavimentate d'argento, tanto erano lucide e scintillanti; lunghi ghiaccioli, simili a lame di cristallo, pendevano dalle gronde delle case; tutti giravano impellicciati e i ragazzini indossavano cappucci scarlatti e pattinavano sul ghiaccio.
Il povero piccolo Rondinotto aveva sempre più freddo, ma non voleva lasciare il Principe; gli voleva troppo bene. Raccoglieva briciole fuor dell'uscio del fornaio quando questi aveva la schiena voltata, e cercava di scaldarsi battendo le ali.
Ma alla fine capì che era prossimo a morire. Ebbe giusto la forza di volare un'ultima volta sulla spalla del Principe.
"Addio, caro Principe" mormorò, "mi permetti che ti baci la mano? "
"Sono contento che tu vada in Egitto, finalmente, piccolo Rondinotto" disse il Principe, "sei rimasto qui anche troppo tempo, ma tu devi baciarmi sulle labbra, perché io ti amo".
"Non è in Egitto che io vado" disse il Rondinotto, "vado alla Casa della Morte. La Morte non è forse la sorella del Sonno?" E baciò il Principe Felice sulle labbra, e cadde morto ai suoi piedi.
In quel momento si udì nell'interno della statua uno strano crac, come se qualcosa si fosse rotto. Il fatto è che il cuore di piombo si era spaccato netto in due.

Certo faceva un freddo cane. Il mattino seguente per tempo il Sindaco andò a passeggiare nella piazza sottostante in compagnia degli Assessori. Nel passare dinnanzi alla colonna alzò gli occhi verso la statua:
"Dio mio! Com'è conciato il Principe Felice! " esclamò.
"Davvero! Com'è conciato! " esclamarono gli Assessori che ripetevano sempre quel che diceva il Sindaco, e andarono tutti su per vedere meglio.
"Gli è caduto il rubino dall'elsa della spada, gli occhi non ci sono più, e la doratura è scomparsa" disse il Sindaco, "insomma, sembra poco meno che un accattone!"
"Poco meno che un accattone" ripeterono in coro gli Assessori civici.
"E qui, ai piedi della statua, c'è persino un uccello morto! " proseguì il Sindaco. "Dobbiamo assolutamente emanare un'ordinanza che agli uccelli non sia permesso di morire qui!"
E lo Scrivano Pubblico prese appunti per la stesura del decreto.
Così tirarono giù la statua del Principe Felice.
"Dal momento che non è più bello non è nemmeno più utile" osservò il Professore di Belle Arti dell'Università.
Quindi fusero la statua in una fornace e il Sindaco indisse un'adunanza della Corporazione per decidere quel che si doveva fare del metallo.
"Dobbiamo costruire un'altra statua" disse, "e sarà la mia statua".
"La mia" ripeté ciascuno degli Assessori, e litigarono. L'ultima volta che ebbi loro notizie stavano ancora litigando.
"Che cosa curiosa! " disse il sorvegliante degli operai della fonderia. "Questo rotto cuore di piombo non vuole fondersi nella fornace. Bisogna che lo gettiamo via".
E lo gettarono infatti su un mucchio di spazzatura dove avevano buttato anche il Rondinotto morto.

"Portami le due cose più preziose che trovi nella città" disse Dio a uno dei Suoi Angeli; e l'Angelo gli portò il cuore di piombo e l'uccello morto.
"Hai scelto bene" gli disse Dio, "poiché nel mio giardino del Paradiso questo uccellino canterà in eterno, e nella mia città d'oro il Principe Felice mi loderà".

 

(Immagine illustrativa: By Charles Robinson - Via artpassions.net)


Buona giornata a tutti :-)






sabato 23 settembre 2023

Sia dolce il nostro autunno - Adriana Zarri

Signore, che il nostro autunno
sia dolce e remissivo,
come di alberi che cedono le foglie,
dolcemente, alla terra;
e restano in attesa dell'estate:
la grande estate senza fine
della tua gloria,
della tua luce,
del tuo amore.
Come un fuoco acceso
con pannocchie di grano,
che nessun vento può spegnere.

- Adriana Zarri - 
(Il pozzo di Giacobbe)


Impallidisce il giorno 
e tremano le foglie 
al soffio frizzantino
della brezza vespertina...

È autunno.

Avanza anche nella mia Vita.

Trascorsa l'estate infuocata,
ardori che furono
fantasie inebrianti di carne,
si fa avanti a lunghi passi
la stanca stagione
dove il cuore raccolse
prima i frutti,
saccheggiando vigne
rimaste quasi spoglie.
Trascorse ormai
le ore dello specchio
a guardare il mio riflesso,
ho esaurito lacrime amare
vestite di qualcuno
che non mi Vide mai.

Io, uccellino fragile
spaventato in quel cielo immenso
dove non spiccò il suo volo ,
quasi perso in quel silenzio
che sapeva di arsenico e di miele.
Viene ora l'autunno a cantare
che sono ancora Viva
e che la fiamma ancora brucia
calda e vivida nel cuore.
Prima di essere luminosa scia,
ancora cammino
sull'argine del fiume rosso
a celebrare la Vita
che inclemente se ne andrà.

Frassati Emiliana

da Voli di Poesia


Buona giornata a tutti :-)






giovedì 21 settembre 2023

Autunno – Elisabeth von Arnim

 Settembre.
C’è un non so che
in questo mese che mi ricorda marzo
e i primi giorni d’aprile, quando la
primavera ancora esita sulla soglia e
il giardino trattiene il respiro in
attesa. C’è nell’aria la stessa dolcezza,
il cielo e l’erba paiono uguali ad
allora; ma le foglie raccontano una
storia diversa, e il rampicante che si
colora di rosso sul muro della casa si
avvicina in fretta al suo ultimo e più
splendido momento di gloria.

(Elizabeth von Arnim)
(1866-1941)
Fonte: tratto da “Il giardino di Elizabeth”. Libro scritto nel 1899 e pubblicato dalla casa editrice Bollati Boringhieri nel 1989


Elizabeth von Arnim (31 agosto 1866 - 9 febbraio 1941)
Di origine australiana, viene considerata scrittrice inglese.
Numerose e di successo le sue opere, tutt’ora pubblicate.


- Non ti ho vista per un po’, dove sei stata?
- In disparte, per conto mio.
- A fare?
- Calcoli. A contare tutte le cose che la vita non mi ha dato, quelle che ha finto di darmi, quelle che mi ha dato per poco, spacciandole per ciò che desideravo in quel momento, e poi rivelandole per le cianfrusaglie e presenze inconsistenti quali erano. A contare quanto tempo é passato, quanto ne resta. A guardare il Cielo di questo autunno pieno di enigmi, a muovergli accuse, ringraziamenti, domande, a strappargli promesse, a fissarlo in silenzio e versare qualche lacrima. O un sorriso. O una speranza.
- Sembra una cosa molto molto triste. E come stai, adesso?
- Consapevole.
- Consapevole non é uno stato d’animo. Sembra davvero una cosa triste. Vuol dire triste?
- Vuol dire consapevole. La tristezza é come la felicità, o come la vita stessa. A un certo punto, passa. Arriva altro. La consapevolezza, invece, resta. Se la eserciti, resta sempre.

~ Gabriela Pannia ~

Buona giornata a tutti :-)


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