martedì 31 maggio 2011

Due azioni sono tipiche …. – Beato Giovanni Paolo II


Due azioni sono tipiche della missione di Gesù:
guarire e perdonare.

Molte guarigioni compiute da
Gesù manifestano chiaramente la sua grande
compassione verso il dolore umano…e che la sua
missione, fin dall’inizio, è rivolta a liberare gli uomini
da questi mali.

(Papa Giovanni  Paolo II)
fonte: Il Perdono, pensieri d'amore e di misericordia, Sonzogno Editore

Gesù guarisce il paralitico
Santuario della Madonna della Salute degli infermi
Pozzoleone Scaldaferro (Vi), Italy


lunedì 30 maggio 2011

L’arte del silenzio (introduzione) – Abate Joseph Dinouart

Per lo studio delle scienze e per gli esercizi del corpo abbiamo delle regole. La repubblica letteraria è piena di Arte del pensiero, Arte dell’eloquenza, Introduzioni alla geografia, alla geometria, e così via; perché allora non insegnare anche l’Arte di Tacere, un’arte così importante e tuttavia così poco conosciuta? Non comincerò la mia opera esponendo i vantaggi che se ne traggono: ciascuno di noi li conosce bene; mi limiterò a qualche osservazione utile:
1 . Non si possono descrivere esattamente certi oggetti, senza spiegarne contemporaneamente altri con i quali essi hanno un rapporto essenziale, così non si può parlare delle tenebre senza conoscere la luce, né il riposo senza conoscere il movimento, e così via. Trattando del silenzio, farò delle riflessioni sulla parola, al fine di spiegare con maggior chiarezza l’uno in relazione all’altra.
2. Suppongo che non sia sufficiente, per ben tacere, tenere la bocca chiusa e non parlare affatto: in questo caso non ci sarebbe alcuna differenza tra l’uomo  e gli animali, che per natura sono muti: occorre saper governare la lingua, scegliere i momenti in cui conviene trattenerla o concederle una moderata libertà; seguire le regole che la prudenza prescrive in materia; distinguere negli eventi della vita, le occasioni in cui il silenzio deve essere inviolabile; avere una fermezza inflessibile, allorché si tratta di osservare, senza smentirsi, tutto ciò che si giudica conveniente per un bel tacere. I saggi del passato dicevano:
“Per imparare a parlare, bisogna rivolgersi agli uomini; ma è compito degli dei insegnare in modo perfetto come si deve tacere.
3. La conoscenza di cui parlo varia da uomo a uomo, a seconda del carattere di ciascuno. Il primo grado della saggezza è saper tacere; il secondo saper parlare poco e moderarsi nel discorso; il terzo saper parlare molto senza parlare male e troppo.
Stabiliamo i princìpi su cui poggia quest’opera: sono tratti dagli oracoli del più saggio degli uomini, dalle massime dei santi padri e dei sapienti che sono stati giudicati gli uomini più illuminati del nostro tempo.

(....continua la prossima settimana con i 14 "principi necessari all'Arte del Silenzio"
(Abate Joseph Antoine Toussaint Dinouart)
Fonte:  "L'Arte del Silenzio" Ed. La Spiga, serie Libri di una sera, pagg.4,5

L'abate Joseph Antoine Tousaint Dinouart (Amiens, 1716-1786) è tra quegli ecclesiastici «mondani»  del XVIII secolo. fu canonico di Saint-Benoît di Parigi. Scrisse sui più svariati argomenti, soprattutto sulle donne - compresi rifacimenti di opere altrui che gli guadagnarono il titolo di «Alessandro dei plagiari» -, è famoso per aver diretto il «Journal ecclésiastique», nel quale si trovano un gran numero di domande singolari sulla Liturgia; pubblicò nel 1749 un Trionfo del sesso a causa del quale entrò in grave attrito con la sua gerarchia e alla fine fu scomunicato.

domenica 29 maggio 2011

Il re di spagna – Paulo Coelho -

C'era un re spagnolo che era molto orgoglioso della sua stirpe.
Era anche conosciuto per essere crudele con quelli più deboli.
Un giorno stava camminando con i suoi anziani consiglieri in un campo in Aragona, dove, anni prima, suo padre era caduto in battaglia.
Lì incontrarono un sant'uomo, che stava raccogliendo una enorme mucchio di ossa. "Cosa stai facendo?" chiese il re. "Onore a Sua Maestà" disse il sant'uomo. "Quando ho saputo che il re di Spagna sarebbe venuto qui, ho deciso di ritrovare le ossa di suo padre per dargliele. Ma per quanto cerchi, non riesco a trovarle. Sono uguali a quelle dei contadini, dei poveri, dei mendicanti e degli schiavi".

(Paulo Coelho)
Fonte: I racconti del maktub



sabato 28 maggio 2011

La bontà cambia i cuori – don Bruno Ferrero -

Un vecchietto che da molto tempo si era allontanato dalla Chiesa, un giorno andò dal parroco. Sperava di essere aiutato finalmente a risolvere i suoi problemi di fede. Quando entrò nella canonica, c'era già una persona a parlare con lui. Il sacerdote intravide il vecchietto in piedi in corridoio, e subito, uscì a portargli una sedia.
Quando l'altro si congedò, il parroco fece entrare il vecchio signore.
Conosciuto il problema, gli parlò a lungo e dopo un fitto dialogo, l'anziano, soddisfatto, disse che sarebbe tornato alla Chiesa. Il parroco, contento, ma anche un po' meravigliato, gli chiese: «Senta, mi dica, di tutto il nostro incontro, qual è l'argomento che più l'ha convinta a tornare a Dio?»
«Il fatto che sia uscito a portarmi una sedia», rispose il vecchietto.

(don Bruno Ferrero)

Fonte: C'è qualcuno lassù di Bruno Ferrero



Buona giornata a tutti. :-)






venerdì 27 maggio 2011

La vita in due - San Giovanni Crisostomo -

Grazie, Signore,
perché ci hai dato l'amore
capace di cambiare
la sostanza delle cose.

Quando un uomo e una donna
diventano uno nel matrimonio
non appaiono più come creature terrestri
ma sono l'immagine stessa di Dio.

Così uniti
non hanno paura di niente.

Con la concordia,
l'amore e la pace
l'uomo e la donna
sono padroni
di tutte le bellezze del mondo.

Possono vivere tranquilli,
protetti dal bene che si vogliono
secondo quanto Dio ha stabilito.

Grazie, Signore,
per l'amore
che ci hai regalato.

San Giovanni Crisostomo
http://photopeach.com/album/cn9q8c
San Giovanni "Crisostomo" o Giovanni d'Antiochia (tra il 344 e il 354 – 407), Dottore della Chiesa Cattolica, è commemorato il 13 settembre
E’ venerato oltre che dalla Chiesa Cattolica anche dalla Chiesa Ortodossa e dalla Chiesa Copta.

In fondo alla basilica di San Pietro è collocata l’abside, Al centro si trova il trono in bronzo dorato, al cui interno è situata la cattedra lignea vera e propria. Su un drappo frontale è rappresentata la traditio clavum (la "consegna delle chiavi", ovvero l'atto secondo cui, nella dottrina cattolica,Cristo conferisce a Pietro il primato papale. Quattro colossali statue anch'esse in bronzo, raffiguranti quattro dottori della Chiesa (in primo piano sant’Agostino e sant’Amrbogio per la Chiesa latina ed in secondo piano sant’Atanasio e san Giovanni Crisostomo per la Chiesa greca), sono rappresentate nell'atto di sorreggere la cattedra, che pare librarsi senza peso su nuvole di stucco dorato.
Papa Giovanni XXIII pose il Concilio Vaticano II sotto la protezione di san Giovanni Crisostomo.





giovedì 26 maggio 2011

Il silenzio - Madeleine Delbrêl -

Il silenzio non ci manca, perché lo abbiamo.
Il giorno in cui ci mancasse,
significherebbe che non abbiamo saputo prendercelo.
Tutti i rumori che ci circondano
fanno molto meno strepito di noi stessi.
Il vero rumore è l'eco che le cose hanno in noi.
Non è il parlare che rompe inevitabilmente il silenzio.
Il silenzio è la sede della Parola di Dio, e se, quando parliamo,
ci limitiamo a ripetere quella parola, non cessiamo di tacere.
I monasteri appaiono come i luoghi della lode
e come i luoghi del silenzio necessario alla lode.
Nella strada, stretti dalla folla, noi disponiamo le nostre anime come altrettante cavità di silenzio dove la Parola di Dio può riposarsi e risuonare.
In certi ammassi umani dove l'odio, la cupidigia,
l'alcool segnano il peccato, conosciamo un silenzio da deserto
e il nostro cuore si raccoglie con una facilità estrema
perché Dio vi faccia risuonare il suo nome: «Vox clamans in deserto».

(Madeleine Delbrêl)


l'Angelo della Resurrezione (o del silenzio), scolpito da Giovanni Strazza. Certosa di Bologna, Chiostro Terzo, arco 87.
L’Angelo della Resurrezione è stato realizzato come elemento scultoreo principale della tomba monumentale della famiglia Mazzacurati (anche Mazzacorati) di Bologna è stato presentato a Brera nell’annuale Esposizione di Belle Arti del 1870.



Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 25 maggio 2011

In nome di Dio vi prego, vi scongiuro – Padre David Maria Turoldo -

In nome di Dio vi prego, vi scongiuro,
vi ordino: non uccidete!
Soldati, gettate le armi...
Chi ti ricorda ancora,
fratello Romero?
Ucciso infinite volte
dal loro piombo e dal nostro silenzio.
Ucciso per tutti gli uccisi;
neppure uomo,
sacerdozio che tutte le vittime
riassumi e consacri.
Ucciso perché fatto popolo:
ucciso perché facevi
cascare le braccia
ai poveri armati,
più poveri degli stessi uccisi:
per questo ancora e sempre ucciso.
Romero, tu sarai sempre ucciso,
e mai ci sarà un Etiope
che supplichi qualcuno
ad avere pietà.
Non ci sarà un potente, mai,
che abbia pietà
di queste turbe, Signore?
nessuno che non venga ucciso? 
Sarà sempre così, Signore? 

(Padre David Maria Turoldo)

Con questi versi, David Maria Turoldo ha cantato in poesia il martirio di mons. Romero.

Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, arcivescovo, nato nel 1917 e ucciso a San Salvador il 24 marzo 1980. L’arcivescovo di San Salvador a causa del suo impegno nel denunciare le violenze della dittatura salvadoregna viene ucciso mentre stava celebrando la Messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza. Un colpo di fucile al collo, mentre stava sollevando l’Ostia, ha fatto tacere un sacerdote coraggioso.
Nel 1997 è stata aperta la causa di beatificazione e gli è stato attribuito il titolo di Servo di Dio.
Papa Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo 2000, ha inserito quindi Romero nel testo della "celebrazione dei Nuovi Martiri", riprendendo quasi integralmente quanto aveva scritto il giorno della sua morte alla Conferenza Episcopale salvadoregna:

« Il servizio sacerdotale della Chiesa di Oscar Romero
   ha avuto il sigillo immolando la sua vita
   mentre offriva la vittima eucaristica. »
   (Papa Giovanni Paolo II)



"Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non morirà mai."
                                                      (Mons. Oscar Romero)





Buona giornata a tutti. :-)



martedì 24 maggio 2011

E’ l’alba – Nazim Hikmet -

È l'alba.
S'illumina il mondo
come l'acqua che lascia cadere sul fondo
le sue impurità.
 E sei tu, all'improvviso
tu, mio amore, nel chiarore infinito
di fronte a me.
Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
come vetro.
Addentare la polpa candida e sana
d' un frutto.
 Amarti, mia rosa, somiglia
all'aspirare l'aria in un bosco di pini.
Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi.
È così, mio usignolo, tra te e me
c'è solo una differenza di grado:
tu hai le ali e non puoi volare
io ho le mani e non posso pensare.
Finito, dirà un giorno madre Natura
finito di ridere e piangere
e sarà ancora la vita immensa.
che non vede non parla non pensa.
(Nazim Hikmet)
http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/09/nazim-hikmet-biografia.html
Quando si leggono le bellissime poesie d’amore di Hikmet, bisogna sempre ricordare che sono state scritte in carcere, dove ha scontato oltre 15 anni,  a Istanbul in Turchia. Liberato nel 1950 fu poi costretto all’esilio ma all’adorata moglie Münevver Andaç e al figlio non fu concessa la possibilità di espatrio.

Torse, effect de sole (1876) - Étude –
 Pierre Auguste Renoir (1841 – 1919)
Museo d'Orsay – Parigi (France)


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 23 maggio 2011

O Madre - +Card. Angelo Comastri -

O Madre, Tu conosci la trepidazione e la bellezza dell'attesa.
Tu hai atteso la nascita del Figlio di Dio che ha scelto te come culla del Mistero.
Tu hai sentito il battito del suo cuore umano e divino e hai atteso la gioia di vedere il suo volto.
Tu hai atteso l'ora decisiva di Gesù e l'hai visto allontanarsi da casa per dare una casa a tutta l'umanità.
Tu hai atteso ogni giorno e puntualmente è giunto il giorno della Croce.
Tu hai continuato ad attendere nel lungo e drammatico sabato santo e hai visto la luce della Risurrezione.
Tu ora attendi per noi: tu sei la Madre dell'attesa!
Metti olio nelle nostre povere lampade
e insegnaci ad attendere il ritorno dì Gesù
gioiosamente, fedelmente, tenacemente ogni giorno.
Maranàtha! Vieni, Signore Gesù!

(card. Angelo Comastri)

Madonna della misericordia, Parigi,
Biblioteca Nazionale (manoscritto lat. 757, c. 258).



Iconografia della Madonna della misericordia che sotto le ampie ali del suo mantello accoglie e protegge i fedeli inginocchiati, o addirittura intere città. Nella Madre di Gesù gli uomini riconoscono anche e soprattutto la Madre comune.

«Salve Regina, madre di misericordia…».

Riflettendo su questa invocazione iniziale della dolce antifona mariana della Salve Regina, si va con il pensiero alla lunga tradizione cristiana che da sempre invoca la Vergine Maria come Madre di Dio e madre dell’umanità; appunto Madre di misericordia perché nostra madre.




Buona giornata a tutti. :-)





domenica 22 maggio 2011

Il matrimonio? – Khalil Gibran -

Allora Almitra di nuovo parlò e disse:
Che cos'è matrimonio, maestro?
E lui rispose dicendo:
“ Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte
disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione.
E tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l'un l'altro, ma non fatene una prigione d'amore:
piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde
delle vostre anime.
Riempitevi l'un l'altro le coppe,
ma non bevete da un'unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco,
 ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e state allegri,
ma ognuno di voi sia solo,
come sole sono le corde del liuto,
benché vibrino di musica uguale.
Donatevi il cuore,
ma l'uno non sia di rifugio all'altro,
poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini.
Le colonne del tempio si ergono distanti,
e la quercia e il cipresso
non crescono l'una all'ombra dell'altro."

(Khalil Gibran)

Questa pagina è dedicata a tutti gli innamorati.
A Laura e Marco assidui lettori  di questo blog
che proprio oggi festeggiano il settimo anniversario di matrimonio.
Auguri!!



Oggi, 22 maggio, è anche la festa di Santa Rita.
Santa Rita da Cascia, nata nel 1381 e morta a Cascia il 22 maggio 1457, è stata sposa, madre, vedova e monaca agostiniana.La venerazione di Rita da Cascia da parte dei fedeli iniziò subito dopo la sua morte e fu caratterizzata dall'elevato numero e qualità di eventi prodigiosi, riferiti alla sua intercessione. E’ conosciuta come la "santa degli impossibili", perché dal giorno della sua morte sarebbe "scesa" al fianco dei più bisognosi, realizzando per loro miracoli molto prodigiosi, detti "impossibili". La devozione popolare cattolica per santa Rita è tutt'ora senza dubbio una delle più diffuse nel mondo, raccogliendo fedeli in ogni angolo della terra.La sua beatificazione è del 1627, 180 anni dopo la sua morte per mano di Urbano VIII, nel 1900 Papa Leone XIII la canonizzò come santa. E’ anche la santa delle rose. Il 22 maggio in tutto il mondo si benedicono le rose di di Santa Rita….nella fase finale della sua vita, avvenne un altro prodigio; essendo immobile a letto, ricevette la visita di una parente, che nel congedarsi le chiese se desiderava qualcosa della sua casa di Roccaporena e Rita rispose che le sarebbe piaciuto avere una rosa dall’orto, ma la parente obiettò che si era in pieno inverno e quindi ciò non era possibile, ma Rita insisté.
Tornata a Roccaporena la parente si recò nell’orticello e in mezzo ad un rosaio, vide una bella rosa sbocciata, stupita la colse e la portò da Rita a Cascia, la quale ringraziando la consegnò alle meravigliate consorelle.
Così la santa vedova, madre, suora, divenne la santa della ‘Spina’ e la santa della ‘Rosa’; nel giorno della sua festa questi fiori vengono benedetti e distribuiti ai fedeli.


Buona giornata a tutti. :-)




sabato 21 maggio 2011

Vita della mia vita - Rabindranath Tagore -

Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente
mi sfiora tutte le membra.
Sempre cercherò di allontanare
ogni falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei la verità
che nella mente
mi ha acceso la luce della ragione.
Sempre cercherò di scacciare
ogni malvagità dal mio cuore,
e di farvi fiorire l'amore,
sapendo che hai la tua dimora
nel più profondo del cuore.
E sempre cercherò nelle mie azioni
di rivelare te,
sapendo che è il tuo potere
che mi dà la forza di agire.


(Rabindranath Tagore)

L'amore di Psiche, 1878
Eugene Medard (1847-1887)

Quae dum insatiabili animo Psyche,
satis et curiosa, rimatur atque pertrectat,
et mariti sui miratur arma,
depromit unam de pharetra sagittam,
et, puncto pollicis extremam aciem periclitabunda,
trementis etiam nunc articoli nisu fortiore pupugit altius,
 ut per summam cutem roraverint parvulae sanguinis rosei guttae.
Sic ignara Psyche sponte in Amoris incidit amorem.
Tunc magis magisque cupidine flagrans Cupidinis,
 prona in eum efflictim inhians,
patulis ac petulantibus saviis festinanter ingestis de somni censura metuebat.


Psiche con curiosità insaziabile
si sofferma a guardarle e le tocca e ammira le armi del suo sposo,
poi estrae una freccia dalla faretra e toccando il pollice la punta acuta,
facendo un movimento un po’ troppo brusco con la mano
ancora tremante si punge piuttosto profondamente il dito,
cosicché a fior di pelle escono alcune goccioline di roseo sangue,
come rugiada.
Così l’ignara Psiche per colpa sua fu presa dall’amore di Amore.
Allora,
sentendo crescere irresistibilmente dentro di sé la voluttà per il dio della voluttà,
china su di lui con le labbra dischiuse prese a baciarlo e ribaciarlo con baci appassionati,  senza freno, temendo solo che si svegliasse.
Lucio Apuleio, “La favola di Amore e Psiche”
nella traduzione di Gabriella D’Anna




Buona giornata a tutti,:)

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venerdì 20 maggio 2011

Paralisi dell’anima – Madre Anna Maria Cànopi

La Parabola Dei Talenti - Matteo 25,14 - 30
14. Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25. per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27. avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28 .Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.


Il messaggio della parabola dei talenti è chiaramente escatologico: riguarda l'esito finale della nostra esistenza. La vita è un dono;  essa ci è affidata come un seme da far fruttificare, come un talento da moltiplicare, come una scintilla da far divampare in una fiamma d'amore…. i doni di natura e di grazia e ci sono dati devono essere usati bene, con sapienza e sollecitudine, senza pigrizie e trascuratezze, ma anche senza ansia e agitazione. Ci è dato un tempo da vivere non con  cuore da schiavi, timorosi delle minacce di un duro padrone e giudice severo, ma con cuore di figli che attendono con crescente desiderio il ritorno del loro Padre, sapendosi da lui amati.
Partito il padrone, i servi della parabola si comportano in modo diverso: i primi due si attivano subito abilmente per guadagnare il più possibile con quanto hanno ricevuto; il terzo, invece, per paura di perdere il talento, non affronta il rischio di trafficarlo; lo nasconde in attesa di poterlo restituire “intatto” al vero padrone.
È evidente che l'approvazione è per il saggio comportamento dei primi due servi, benché nel loro caso ci possa essere il rischio di sentirsi tanto abili e intraprendenti da trafficare in talenti da possessori anziché amministratori, come si constata nella nostra società efficientista. Il terzo servo, non attivandosi per estrema cautela, cade nell'inerzia, l'atteggiamento pure trova riscontro nella società del nostro tempo, minacciata dall'angoscia esistenziale e dal disamore alla vita fino al rifiuto di essa. Si tratta di una grave malattia dello spirito che si insinua anche nella psiche, cui gli antichi padri e maestri di vita spirituale hanno dato il nome di acedia: una specie di "paralisi dell'anima" (Giovanni Climaco), una "indefinita pigrizia, una rilassatezza intollerante delle fatiche, compagna della tristezza" (Evagrio Pontico). Varie possono essere le cause di tale comportamento, ma alla radice - per quanto possa sembrare strano - spesso si trovano nella superbia e l'amor proprio. Presi dal timore di non riuscire e di poter essere giudicati e squalificati dagli altri, gli accidiosi evitano il rischio del fallimento e si difendano gettando la colpa sul "padrone severo" o sulle  circostanze sfavorevoli. In tal modo essi si privano della pura gioia insita nel generoso impegno di spendere la propria vita al servizio di Dio e dei fratelli.
Il rimedio dell'accidia - di cui tutti possiamo più o meno essere contagiati - è la conversione del cuore che si ottiene mediante la preghiera umile e fiduciosa di tutta la Chiesa e si fa carico del malato reso impotente anche a pregare. Rimane così sempre aperta la speranza che dal cuore dell'accidioso possa levarsi un grido d'aiuto e di umile offerta del proprio niente; un niente che il Signore accoglie per riempirlo di amore e in parte lo slancio della vita e del bene operare.
 (Madre Anna Maria Cànopi)
Abbadessa dell'Abbazia Benedettina "Mater Ecclesiae" ,Isola San Giusto – Orta (Novara)
fonte: I Vizi, Collana diretta da Piero Ciardella e Maurizio Gronchi,
Paoline Editoriale Libri,  pagg.59,60,61)
Vocazione di san Matteo realizzato nel 1599
Michelangelo Merisi detto Caravaggio
Cappella Contarelli nella chiesa di san Luigi dei Francesi, Roma (Italy)


giovedì 19 maggio 2011

Francesco ottiene l'indulgenza plenaria… - Julien Green -

Per parte sua Francesco si rimise in cammino per rientrare alla Porziuncola. Lui pure dovette interrogarsi su tutti gli avvenimenti di cui era stato testimone. Presentato a Onorio III, che cosa aveva ottenuto da  quel vegliardo buono ma prudente? Delle parole d’ incoraggiamento e una benedizione. Era una buona cosa, era molto, ma non abbastanza. Intanto si stava preparando qualcosa di un’ importanza considerevole.
Qui dobbiamo affidarci al racconto di un francescano, frate Bartholi di Assisi, che un secolo più tardi, nel 1335, descrive una visione di Francesco: mentre era in preghiera nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, una notte di quello stesso mese di luglio, gli apparve  Cristo con sua Madre, invitandolo a chiedere una grazia che glorificasse Dio e salvasse gli uomini, e per questo motivo doveva ritornare subito a Perugia a presentare al papa la sua richiesta. Francesco non seppe resistere al desiderio di chiedere una cosa enorme, a misura del suo cuore. Anche senza quella visione, ci sembra capace di arrivare ai limiti estremi dell’audacia quando si tratta della carità. Salvare l’umanità…
Come non ricordare la preghiera fatta a sua volta dal padre Foucauld: “Dio mio, fate che tutti gli uomini si salvino!”.
         Fu in questo stato d’animo che Francesco, in compagnia di frate Masseo, si ripresentò al signor papa. Il suo piano era ben preciso.
Forte del permesso di Cristo, intendeva chiedere un’indulgenza gigantesca.
A Perugia ottiene udienza. Non si dimentica uno sguardo come il suo, ed ecco Francesco ai piedi di Onorio. Davanti ai suoi cardinali il papa gli domanda il motivo della sua visita.
Segue il dialogo incredibile del quale ci è pervenuta qualche frase. Francesco vuole un’indulgenza molto importante. Pare di vedere il sorriso sul volto del vecchio.
“Un’indulgenza? Di quanti anni?”
“Non sono anni che chiedo, ma anime”.
Il linguaggio è insolito e il papa ha bisogno di spiegazioni.
“Spiegati, figlio mio”.
“Santo Padre, che ogni fedele assolto e contrito che supera la soglia di Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola ottenga il perdono di tutti i suoi peccati e la remissione delle pene attinenti!”.
Il perdono totale di tutti i peccati e il condono delle pene è l’indulgenza concessa ai crociati che vanno a battersi  per Cristo. Francesco lo sa, ma l’ideale della cavalleria è ancora vivo nel suo cuore. E’ pronto a battagliare se necessario. Malgrado lo stupore del papa, c’è nella presenza di Francesco qualcosa che fa cadere le obiezioni. Tuttavia una richiesta così stupefacente esige una matura riflessione. Come si poteva aspettare, i cardinali mormorano; una simile indulgenza concessa a tutti diminuirà il privilegio dei crociati e provocherà del malcontento se non delle defezioni.
Allora Francesco ricorre al suo argomento più forte: è Cristo stesso che l’ha incaricato di fare questa richiesta al papa. Come tener testa a un santo che ha un mandante così  straordinario? Onorio cede, ma tiene conto delle critiche del Sacro Collegio. L’eccezionale indulgenza non potrà essere ottenuta che una volta all’anno, il 2 agosto. Francesco non chiede di più. Pazzo di gioia, vede già le moltitudini che passano per la chiesa della Vergine, strappate alla morte eterna e, dopo aver detto al papa la sua riconoscenza, si accomiata.
“Piccolo uomo semplice” gli grida il papa, commosso per il suo candore “te ne vai senza l’autorizzazione scritta!”.
Francesco ha cambiato parere sul valore delle pergamene e delle segnature dopo il suo colloquio con Innocenzo III? La sua risposta è pronta  e di tono esemplare: “Se questa indulgenza è di Dio, la Santa Vergine è la Carta e il Signore Gesù Cristo il notaio”.
Qualche tempo dopo, fra i lebbrosi di Collestrada dove si fermò sulla strada del ritorno, vide in sogno il Signore che confermava l’approvazione del papa, e il 2 agosto, nella chiesa della Porziuncola, proclamò lui stesso l’indulgenza. Sette vescovi si trovavano là per essere consacrati e rimasero certo perplessi. Raggiante, Francesco esclamò: “Vi manderò tutti in Paradiso”.
(Julien Green)
Fonte: San Francesco di J.Green, Rizzoli 1984, pp 152-153

Biografia: http://it.wikipedia.org/wiki/Julien_Green
La Predica davanti ad Onorio III
Giotto (1290-1295) Affresco

Basilica superiore di Assisi, Italy
Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (XII,7) di san Francesco: "Quando San Francesco, al cospetto del papa Onorio III  e dei cardinali, predicò con tale devozione e tale efficacia da apparire evidente che  parlasse  per divina ispirazione."

Buona giornata a tutti. :-)

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