lunedì 31 maggio 2021

La pozzanghera - don Bruno Ferrero

C'era una volta una piccola pozzanghera. Era felice di esistere e si divertiva maliziosamente quando schizzava qualcuno con l'aiuto di un'automobile. Aveva paura solo di una cosa: del sole.
"E' la morte delle pozzanghere", pensava rabbrividendo.
Un poeta che camminava con la testa sognante finì dentro alla pozzanghera con tutti e due i piedi, ma invece di arrabbiarsi fece amicizia con lei.
"Buongiorno" disse, e la pozzanghera rispose: "Buongiorno!".
"Come sei arrivata quaggiù?" chiese il poeta.
Invece di rispondere la pozzanghera raccolse tutte le sue forze e rispecchiò la volta celeste.
Parlarono a lungo del Grande Padre, la pioggia, e del fatto che la pozzanghera aveva tanta paura del sole.
Il buon poeta volle farle passare quella paura. Le parlò dell'incredibile vastità del mare, del guizzare dei pesci e della gioia delle onde. Le raccontò anche che il mare era la patria e la madre di tutte le pozzanghere del mondo e che la vita della terra e del mare era dovuta al sole. Anche la vita delle pozzanghere.
La sera abbracciò il poeta e la pozzanghera ancora assorti nel loro muto dialogo.
Alcuni giorni dopo, il poeta tornò dalla sua umida amica.
La trovò che danzava nell'aria alla calda luce del sole.
La pozzanghera spiegò: "Grazie a te ho capito. Quando il sole mi ha avvolto con la sua tenerezza, non ho più avuto paura. Mi sono lasciata prendere e ora parto sulle rotte delle oche selvatiche che mi indicano la via verso il mare. Arrivederci e non mi dimenticare".

Un pezzo di carbone si sentiva sporco, brutto e inutile. Decise di diventare bianco e levigato. Provò diversi prodotti chimici e varie operazioni chirurgiche. Niente da fare.
"C'è soltanto il fuoco", gli dissero.
Il pezzo di carbone si buttò nel fuoco. Divenne una creatura luminosa, splendente, calda, irradiante, magnifica.
"Ti stai consumando", gli dissero.
"Ma dono luce e calore", rispose il pezzo di carbone, finalmente felice.

Lasciati prendere dal sole e dal fuoco dello Spirito. Splenderai come un astro del cielo sulle rotte dell'infinito.


Don Bruno Ferrero
“Il segreto dei pesci rossi”, ed. Ellecidi






Seguire Cristo non è macerarsi in sacrifici, annullarsi in una falsa umiltà; è invece conquistare un'infinita passione per l'esistenza in tutte le sue forme, per tutte le creature.


- Padre Ermes Ronchi - 


Dipinto: (Mikhail Bondar )


Fragili sono, nel suo firmamento così denso di stelle polari per tanti, gli stati d'animo cruciali della nostra esistenza: i "cieli stellati" dello stupore amoroso e della gioia ma anche i "frantumi stellari" dell'amicizia e quelli più nebbiosi della timidezza, o ancora il cosmo fiammeggiante della speranza.
Che cosa sarebbe proprio la speranza - si chiede - se non fosse nutrita di fragilità?
Forse solo una delle tante problematiche certezze che - osserva - nella loro impermeabilità al dubbio svuotano di senso la vita...*

(Eugenio Borgna)



























Abbracciami Signore,
trafiggimi, consumami col fuoco della carità,
perché io sia in te e tu in me!
Cieli, terra, angeli, santi,
aiutatemi a lodare il Signore.
Spiriti infuocati, serafini,
voi che conoscete l’amore e la sua potenza,
venite in mio aiuto, perché languo d’amore.
Mia unica speranza!
Mia gloria, mio rifugio e mia gioia,
mio amato, dolcezza del mio cuore,
aurora felice dell’eternità,
luce splendente del mio paradiso interiore,
unico principe degno d’essere amato!
Quando mi chiamerai a te?
Quando mi trarrai a te
per essere con te un solo spirito?
O amato, amato del mio essere,
dolcezza della mia vita, esaudiscimi;
non guardare alla mia indegnità,
e la tua misericordia sia in me.

(San Pietro di Alcantara)

Buona giornata a tutti. :-)



domenica 30 maggio 2021

Tempo

     Dal latino tempus; in generale significa una durata infinita di momenti, entro la quale trovano posto tutte le altre durate più o meno lunghe, degli anni, delle stagioni, dei mesi, dei giorni, delle ore, dei minuti ecc. La riflessione dei filosofi sul tempo è andata di pari passo con la riflessione sullo spazio e ha dato luogo sostanzialmente alle stesse soluzioni: ultrarealistica (Platone- Newton), concettualistica (Kant) e logico-realistica (Aristotele). 

È di Aristotele la celebre definizione: «Il tempo è la misura del movimento secondo il prima e il poi». 



S. Agostino fu il primo ad affrontare come impegno la questione del tempo. «Che cos'e dunque il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo domanda non lo so» (Confessioni XI, 14). Per risolvere la questione del tempo Agostino scruta la valenza ontologica delle tre fasi in cui si distingue il tempo: passato, presente e futuro. E scopre che in se stesso il futuro ancora non è, mentre il passato e già volato via e non e più; perciò passato e futuro in se stessi non posseggono nessuna esistenza. Essi la posseggono soltanto grazie al presente, che conserva il passato e anticipa il futuro. Ciò avviene grazie all'uomo e alle sue facoltà conoscitive: la memoria che trattiene il passato, la previsione che anticipa il futuro e l'intuizione che coglie il presente.

      Pertanto il tempo non esiste al di fuori dell'uomo, bensì soltanto nell'uomo: « È nella nostra mente che si trovano in qualche modo questi tre tempi, mentre altrove non li vedo: il presente del passato vale a dire la memoria, il presente del presente vale a dire l'intuizione, e il presente del futuro vale a dire l'attesa» (Confessioni XI, 20). Di conseguenza è sempre nella mente umana che il tempo trova la ragione della sua misurabilità; «È in te, o anima, che, io misuro il tempo (...). L'impressione che le cose fanno in te nel passare e in te rimane quando sono passate, e questa che io misuro presente, non le cose che sono passate, in modo da ri-produrvela. È questa che io misuro quando misuro il tempo» (Confessioni XI, 21, 27). Del tempo il Dottore Angelico ha lo stesso concetto di Aristotele, del quale si compiace di ripetere spesso la celebre definizione: Tempus nihil aliud est quam nuunerus motus secundum prius et posteriur» (1, q. 10, a.  1; cfr. 1 Sent., d. 8, q. 3, a. 3, ad 4; C.G., 1, qq. 15 e 55; IV Phys., lect. 17).

     Comunque S. Tommaso è certamente d'accordo con S. Agostino nel ritenere che il tempo formalmente - come misura del divenire - non esiste fuori della mente: è il risultato del potere conoscitivo dell'uomo. Tuttavia ha una sua radice nelle cose: perché senza il divenire, che e proprietà delle cose, non ci sarebbe neppure il tempo: «Ciò che appartiene al tempo come suo elemento materiale, si fonda nel divenire, ossia nel prima e nel poi; invece per quanto concerne il suo aspetto formale, questo è frutto dell'operazione dell'anima misurante, per questo motivo il Filosofo nella Fisica (IV, 14) dice che se non ci fosse l'anima non ci sarebbe neppure il tempo» (I Sent., d. 19, q. 2, a. 1).

     Il tempo è una proprietà di tutte le realtà corporee, le quali sono necessariamente soggette al divenire, al cambiamento, allo sviluppo, alla generazione e alla corruzione, tutti eventi che hanno un prima e un poi, e per questo sono suscettibili di misurazione. Però, precisa S. Tommaso una cosa può essere misurata dal tempo in due maniere, direttamente oppure indirettamente. “Infatti il tempo è la misurazione di cose che hanno successione: perciò sono direttamente misurate dal tempo quelle cose che implicano l'idea di successione, o elementi connessi con la successione: per es., il moto, la quiete, la conversazione e simili. Diciamo invece che sono indirettamente misurate dal tempo le cose che non implicano essenzialmente 1"idea di successione, ma che tuttavia dipendono da entità soggette alla successione. Così l'essere uomo non implica di per sé l'idea di successione (esse hominem de sui ratione non habet successionem), infatti non è un movimento, bensì termine di un movimento o trasmutazione, cioè della generazione umana; ma poiché l'essere umano sottostà a cause mutevoli, in base a esse l'essere dell'uomo è misurato dal tempo» (I-II, q. 31, a. 2).

     L'unica questione relativa al tempo su cui l'Angelico si è impegnato a fondo e ha anche polemizzato aspramente con i suoi avversari, riguarda il momento della creazione: se essa possa aver avuto luogo anche dall'eternità o se invece la sua origine sia necessariamente legata al tempo. Secondo l'Angelico l'origine del mondo nel tempo è una verità di fede, che tutti i teologi devono sottoscrivere; ma indipendentemente dalla fede, è ipotizzabile anche una creazione ab aeterno. Infatti «la creazione del mondo non dipende da nessun'altra causa che dalla volontà di Dio. Perciò quanto appartiene all'inizio del mondo non può essere provato dimostrativamente, ma va accolto per fede secondo quanto è stato rivelato dallo Spirito Santo, come insegna l'Apostolo: "A noi lo rivelò Dio per mezzo dello Spirito Santo» (1 Cor 2, 11). Pertanto occorre difendersi dalla presunzione di fornire delle dimostrazioni per quelle che sono verità di fede" (Quodlib. III, q. 14, a. 2). (Cfr. C. G. II, 31 ss; I, q. 46, aa. 7 , 2; Comp. Theol. 1, c. 98).


Buona giornata a tutti :-)




  

sabato 29 maggio 2021

Amicizia secondo san Tommaso d?Aquino - Battista Mondin

                   Secondo San Tommaso l’amicizia consiste essenzialmen­te in un amore scambievole tra simili: è un rapportarsi ad altri come a se stessi. "L’amo­re col quale uno ama se stesso è  forma e ra­dice dell’amicizia: abbiamo infatti amicizia per gli altri in quanto ci comportiamo con loro come verso noi stessi" (II-II, q. 24, a. 4).                               

                   L’amicizia si distingue sia dall’amore sia dalla carità. San Tommaso chiarisce che c’è distinzione tra amicizia e amore mostrando come non qualsiasi amore si possa chiamare amicizia: "Non un amore qualsiasi ma soltanto quello accompagnato dalla benevolenza ha natura (rationem) di amicizia: quando cioè amiamo uno così da volergli del bene. Se invece non vogliamo del bene alle cose amate, ma il loro stesso bene stesso bene lo vogliamo a noi, come quando amiamo il vino o altre cose del genere, non si ha un amore di un amore di amicizia ma di concupiscenza. Infatti è ridicolo dire che uno ha amicizia per il vino o per il cavallo. Anzi, per l'amici­zia non basta neppure la benevolenza ma si richiede l’amore scambievole; poiché un amico è amico per l’amico. E tale mutua benevolenza è fondata su qualche comunanza" (II-II, q. 23, a. 1).

                  Ma c’è distinzione anche tra amicizia e carità. Infatti l’ambito dell’amicizia è più grande di quello della carità, tanto che si può dire che la cari­tà è una sottospecie dell’amicizia: "La carità è l’a­micizia dell’uomo con Dio principalmente e quindi con gli esseri che a Lui appartengo­no" (II-II. q. 25, a. 4), e tra gli esseri che ap­partengono a Dio anzitutto con gli uomini. ma poi anche con gli angeli (cfr. II-II, q. 25. a. 10). Però solo l’uomo buono può avere amicizia con Dio (I-II. q. 99, a. 2). e questa amicizia esige l’obbedienza (II-II, q. 24, a. 12).


                   L’amicizia è anzitutto virtù di Dio nei confronti delle sue creature dotate di intelligenza. "E'  dell’essenza dell’amicizia che l’amante vo­glia sia esaudito il desiderio dell’amato, in quanto appunto vuole il bene e la perfezione di lui; e perciò si dice che gli amici siano un medesimo cuore (Sallustio, Catil.. 20). Ora, si è visto (Libro I. c. 75) che Dio ama la sua creatura e tanto maggiormente l'ama quan­to più partecipa alla sua bontà che è il primo e principale oggetto da Lui amato. Vuole pertanto che siano adempiuti i desideri della creatura ragionevole, la quale tra tutte le creature partecipa in modo perfettissimo alla bontà divina"(C. G., III. c. 95). 

                  L'amicizia può fondarsi o su una comunanza di vita (II-II, q. 75, a. 3) o di beni (II-II. q. 26, a.2) oppure. sulla virtù (II-II, q. 106, a. I, ad 3).

                   L’amicizia si basa essenzialmente sulla comu­nione e condivisione. Perciò si danno tanti tipi di amicizia, quanti sono i tipi di comunione e di condivisione. San Tommaso elenca quattro tipi di amicizia: amicizia tra consanguinei (amicitia patris et filii et aliorum consanguineorurn) fondata sulla comunione naturale dovuta alla stessa discendenza; amicizia tra "lavoratori",. fondata sulla con­divisione economica, in quanto partecipano alla stessa attività produttiva; amicizia tra concitta­dini, in quanto partecipano alla stessa vita politica: infine amicizia tra credenti, cioè tra i cristiani: "consiste nella comunione divina gra­zie alla quale essi fanno parte del corpo della Chiesa o in atto o in potenza". (III Sent., d. 29, q. 1, a. 6). L‘ ultima è l'amicizia  di carità (amicitia caritatis) e la si deve anche ai nemici (ibid.) 



                  Per l’amicizia ci vuole una certa eguaglianza tra i due termini: solo una certa eguaglianza, non una perfetta eguaglianza; amicitia non requirit aequaliatem aequiparantiae, sed ae­qua1itatem proportionis (III Sent., d. 28, q. 1, a. 3. ad 3). Una sproporzione troppo grande tra i due termini annulla l’amicizia e la ren­de impossibile. Occorre quanto meno una affinità analogica. E tra l’uomo e Dio, secondo San Tommaso tale affinità (analogia) c’è, e co­sì può affermare che "l’uomo ama natural­mente Dio di amore di amicizia. ancor più che se stesso" (III Sent.. d. 29. q. 1. a. 3). 

                  La sola eguaglianza però non basta: non basta che si tratti di due quaderni uguali, di due piante uguali: occorre che tra i due ter­mini si possa stabilire una certa comunicazione, uno scambio. Da ciò risulta che l'uomo­ non può trattare da amici gli animali o le cose e  neppure le virtù o le belle qualità: "infatti non comunicano nella nostra vita umana né quanto all’essere né quanto all'a­gire; perciò non possiamo nutrire nel loro confronti la benevolenza che si deve a un amico"

(III Sent. d. 28. q. 1, a. 2).

 - Battista Mondin -

Dizionario enciclopedico del pensiero di S.Tommaso D'Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna.


Buona giornata a tutti :-)



 

venerdì 28 maggio 2021

È in atto una strage di innocenti (2005)– Oriana Fallaci

 "There are moments in Life when keeping silent becomes a fault, and speaking an obligation. A civic duty, a moral challenge, a categorical imperative from which we cannot escape." Oriana Fallaci


No, non mi piace questo referendum al quale i mecenati dei dottor Frankenstein voteranno per semplice partigianeria politica o miopia morale. Ossia senza ragionare con la propria testa, senza ascoltare la propria coscienza, magari senza conoscere il significato delle parole staminale, ovocita, blastocita, eterologo, clonazione, e certo senza chiedersi o senza capire che cosa v' è dietro l' offensiva per la libertà illimitata della ricerca scientifica.
Infatti il 12 giugno non userò la scheda elettorale, e con tutto il cuore mi auguro che l' offensiva fallisca penosamente.
Auspicio rafforzatosi quando al Liceo Mamiani di Roma il più autorevole promotore dei quattro quesiti referendari ha scandito una battuta che sembra una facezia da capocomico del vecchio theatre varieté: « Se l' embrione è vita, masturbarsi è suicidio » .
(Signor mio, anziché di masturbazione a quei liceali io avrei parlato di Libertà. Gli avrei ricordato quel che dice Platone quando nel Libro VIII de La Repubblica scrive che dalla libertà degenerata in licenza nasce e si sviluppa una malapianta: la malapianta della tirannia. Infatti qui non si tratta di masturbarsi. Si tratta di spiegare alla gente che la libertà illimitata cioè privata d' ogni freno e d' ogni senso morale non è più Libertà ma licenza. Incoscienza, arbitrio.  Si tratta di chiarire che per mantenere la Libertà, proteggere la Libertà, alla libertà bisogna porre limiti col raziocinio e il buon senso. Con l' etica. Si tratta di riconoscere la differenza che passa tra lecito e illecito).  
Non mi piace, questo referendum, perché a parte l' astuto ricatto con cui la cosiddetta clonazione terapeutica giustifica le sue nequizie cioè promette di guarire le malattie, a parte l' ovvio tornaconto di chi con quel ricatto si riempie le tasche (ad esempio l' industria farmaceutica il cui cinismo supera il cinismo dei mercanti d' armi), dietro questo referendum v' è un progetto anzi un proposito inaccettabile e terrificante.
Il progetto di reinventare l' Uomo in laboratorio, trasformarlo in un prodotto da vendere come una bistecca o una bomba.
Il proposito di sostituirsi alla Natura, manipolare la Natura, cambiare anzi sfigurare le radici della Vita, disumanizzarla massacrando le creature più inermi e indifese.
Cioè i nostri figli mai nati, i nostri futuri noi stessi, gli embrioni umani che dormono nei congelatori delle banche o degli Istituti di Ricerca.
Massacrarli riducendoli a farmaci da iniettare o da trangugiare, oppure facendoli crescere quel tanto che basta per macellarli come si macella un bove o un agnello, poi ricavarne tessuti e organi da vendere come si vendono i pezzi di ricambio per un' automobile.
Tutto ciò mi ricorda il Mondo Nuovo di Huxley, sì, l' abominevole mondo degli uomini Alfa e Beta e Gamma, ma soprattutto mi ricorda le oscenità dell' eugenetica con cui Hitler sognava di creare una società costituita soltanto da biondi con gli occhi azzurri.
Mi ricorda i campi di Auschwitz e di Mauthausen, di Dachau e di Birkenau dove, per affrettare la produzione della razza ariana ossia intensificare i parti gemellari delle bionde con gli occhi azzurri, il dottor Mengele conduceva gli esperimenti sui bambini gemelli. Grazie all'illimitata libertà di ricerca concessagli da Hitler li martirizzava, li assassinava, a volte li vivisezionava.
Dunque bando alle chiacchiere e alle ipocrisie: se al posto di Birkenau e Dachau eccetera ci metti gli Istituti di Ricerca gestiti dalla democrazia, se al posto dei gemelli vivisezionati da Mengele ci metti gli embrioni umani che dormono nei congelatori, il discorso non cambia.
Non a caso, quando otto anni fa gli inglesi crearono la pecora Dolly, invece di esaltarmi ebbi un brivido d' orrore e dissi: « Siamo fritti. Qui ci ritroviamo con una società fatta di cloni. Qui si torna al nazismo » . Frankenstein e i loro mecenati ( giuristi, giornalisti, editorialisti, attrici, filosofi, grilli canterini, membri dell' Accademia dei Lincei, politici in cerca di voti, medici in cerca di gloria) non vogliono sentirselo dire quel « Siamo fritti, qui ci ritroviamo con una società fatta di cloni, qui si torna al nazismo » .
Quando porti il discorso su Hitler e sul nazismo, su Mengele, fanno gli offesi anzi gli scandalizzati.
Cianciano di pregiudizi, protestano che il paragone è illegittimo. Poi nel più tipico stile bolscevico ti mettono alla gogna.


(Fallaci Oriana)
da: Noi I cannibali e figli di Medea (2005)




Con ogni uomo viene al mondo qualcosa di nuovo che non è mai esistito, qualcosa di primo e unico.

- Martin Buber -






Molte donne si chiedono: metter al mondo un figlio, perché? Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? 
E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra.




Maria, Madre dei bimbi non nati


Madre di bimbi non nati,

accogli nel tuo grembo verginale 
tutti i piccoli uccisi dall'umana crudeltà.

Il Tuo Cuore Immacolato e Addolorato 
ottenga Divina Misericordia per i piccoli martiri innocenti 
e grazia di contrizione per quelli che hanno praticato 
e collaborato alla loro uccisione.

Prega per tutti, Santa Madre di Dio 
e perdonaci perchè abbiamo peccato 
contro Dio e contro di Te.
Amen.




Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 27 maggio 2021

La morte di Socrate

<<Così dicendo, tutto d'un fiato, vuotò tranquillamente la ciotola con il veleno.

Molti di noi che fino allora, alla meglio, erano riusciti a trattenere le lacrime, quando lo videro bere, quando videro che aveva bevuto, non ce la fecero più; anche a me le lacrime, malgrado mi sforzassi, scesero copiose e nascosi il volto nel mantello e piansi me stesso, oh, piansi non per lui ma per me, per la mia sventura, che sarei rimasto privo di un tale amico. Critone, poi, ancora prima di me, non riusciva a dominarsi e s'era alzato per uscire.

Apollodoro, poi, che fin dal principio non aveva fatto che piangere, scoppiò in tali singhiozzi e in tali gemiti che tutti noi presenti ci sentimmo spezzare il cuore, tranne uno solo, Socrate, anzi: «Ma che state facendo?» esclamò. «E io che ho mandato via le donne perché non mi facessero scenate simili; a quanto ho sentito dire, bisognerebbe morire tra parole di buon augurio. State calmi, via, e siate forti.»

E noi, provammo vergogna a sentirlo parlare così e trattenemmo il pianto. Egli, allora, andò un po' su e giù per la stanza, poi disse che si sentiva le gambe farsi pesanti e così si stese supino come gli aveva detto l'uomo del veleno il quale, intanto, toccandolo dì quando in quando, gli esaminava le gambe e i piedi e a un tratto, premette forte un piede chiedendogli se gli facesse male. Rispose di no. Dopo un po' gli toccò le gambe, giù in basso e poi, risalendo man mano, sempre più in su, facendoci vedere come si raffreddasse e si andasse irrigidendo. Poi, continuando a toccarlo: «Quando gli giungerà al cuore,» disse, «allora, sarà finita.»

Egli era già freddo, fino all'addome, quando si scoprì (s'era, infatti, coperto) e queste furono le sue ultime parole: «Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio, dateglielo, non ve ne dimenticate.»

«Certo,» assicurò Critone, «ma vedi se hai qualche altra cosa da dire.»

Ma lui non rispose. Dopo un po' ebbe un sussulto.

L'uomo lo scoprì: aveva gli occhi fissi. Vedendolo, Critone gli chiuse le labbra e gli occhi.

Questa, Echecrate, la fine del nostro amico, un uomo che fu il migliore, possiamo ben dirlo, fra quanti, del suo tempo, abbiamo conosciuto e, senza paragone, il più saggio e il più giusto.>>

 - Platone - 

da: Fedone

 

"«Se dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero oggetti reali le ombre che vedono?»

«Necessariamente.»

«E se la prigione avesse un’eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos’altro se non l’ombra che passa?»

«Per Zeus, io no di certo» disse.

«Insomma questi prigionieri» dissi io «considererebbero la verità come nient’altro che le ombre degli oggetti artificiali.»

Repubblica, Platone

Il mito della caverna, prima parte.

Il mito platonico conduce alla liberazione dello schiavo dalle catene dell'ignoranza, alla scoperta del vero fuori dalla caverna; e infine al ritorno nel tentativo di liberare gli altri.



Buona giornata a tutti. :-)




 

 


mercoledì 26 maggio 2021

Sogni di don Bosco . Il serpente e il Rosario


Siamo nell'anno 1862, la sera del 20 agosto.
Il cuore dell'apostolo dei giovani è sempre alla ri­cerca di nuovi mezzi di salvezza dell'incauta gioventú. Gli adolescenti non hanno un carattere ancora for­mato: la volontà è fiacca, la pietà è poca. Son troppo dissipati. 

E d'altra parte le passioni si svegliano. Che cosa fare perché superino la crisi della crescenza?




Parte prima - Efficacia dell'Ave Maria

Voglio contarvi un mio sogno fatto poche notti or sono. 

(Deve essere la notte che precedeva la festa della Assunzione di Maria SS.)

Sognai di trovarmi con tutti i giovani a Castelnuovo d'Asti a casa di mio fratello. Mentre tutti facevano ricreazione, viene a me uno ch'io non sapeva chi fosse, e mi invita ad andare con lui. Lo seguii e menommi in un prato attiguo al cortile e là mi indicò fra l'erba un serpentaccio lungo sette od otto metri e di una gros­sezza straordinaria. 

Inorridii a tal vista e voleva fug­girmene: - No, no, mi disse quel tale; non fugga; venga qui e veda.
- E come, risposi, vuoi che io osi avvicinarmi a quella bestiaccia? Non sai che è capace di avventarmisi addosso e divorarmi in un istante?
- Non abbia paura, non le recherà alcun male; ven­ga con me.
- Ahi! Non son così pazzo da andarmi a gettare in tal pericolo.
- Allora, continuò quello sconosciuto, si fermi qui! - E poi andò a prendere una corda e con questa in mano ritornò presso di me e disse:
- Prenda questa corda per un capo e lo tenga ben stretto fra le mani; io prenderò l'altro capo e andrò alla parte opposta e così sospenderemo la corda sul serpente.
- E poi?
- E poi gliela lasceremo cadere attraverso la schiena.
- Ah! No per carità! Perchè, guai se noi faremo questo. Il serpe salterà su indispettito e ci farà a pezzi.
- No, no; lasci fare a me.
- Là, là! Io non voglio prendermi questa soddisfazione che può costarmi la vita. - E già me ne voleva fuggire. 

Ma quel tale insistette di nuovo, mi assicurò che non avevo di che temere, che il serpe non mi avrebbe fatto male alcuno e tanto disse che io rimasi e 
accon­sentii a far il suo volere. Egli intanto passò dall'altra parte del mostro, alzò la corda e poi con questa diede una sferzata sulla schiena del serpe. 
Il serpente fa un salto volgendo la testa indietro per mordere ciò che l'aveva percosso, ma invece di mordere la corda, resta da essa allacciato come in cappio corsoio. Allora mi gridò quell'uomo: - Tenga stretto, tenga stretto e non lasci sfuggire la corda: - E corse ad un pero che era là vicino, e legò a quello il capo di corda che aveva tra le mani: corse quindi da me, mi tolse il mio capo di corda e andò a legarlo all'inferriata di una finestra della casa. Frattanto il serpente si dimenava, si dibat­teva furiosamente e dava giù tali colpi in terra colla testa e colle immani sue spire, che laceravansi le sue carni e ne faceva saltare i pezzi a grande distanza. Così continuò finchè ebbe vita; e morto che fu, più non rimase di lui che il solo scheletro spolpato.

Morto il serpente, quel medesimo uomo slegò la cor­da dall'albero e dalla finestra, la trasse a sè, la raccolse, ne formò come un gomitolo e poi mi disse: - Stia attento neh! - Così mise la corda in una cassetta che chiuse e poi dopo qualche istante aprì. I giovani erano accorsi attorno a me. Gettammo l'occhio dentro alla cassetta e fummo tutti stupiti. Quella corda si era disposta in modo che formava le parole «AVE MARIA!» - Ma come va! ho detto. Tu hai messa quella corda nella cassetta così alla rinfusa ed ora è così ordinata.
- Ecco, disse colui; il serpente figura il demonio, e la corda l'AVE MARIA o piuttosto il Rosario che è una continuazione di AVE MARIA, colla quale e colle quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell'inferno. – Fin qui, concluse D. Bosco, è la prima parte del sogno. Ve n'è un'altra parte, la quale sarà ancor più curiosa ed interessante per tutti. 

Ma l'ora è già tarda e perciò differiremo a contarla domani a sera. Frattanto teniamo in considerazione ciò che disse quel mio amico riguardo all'AVE MARIA ed al Rosario. Recitiamola divotamente ad ogni assalto di tentazioni, sicuri di uscirne sempre vittoriosi. Buona notte!

«Il domani 22 Agosto, lo pregammo più volte a volerci raccontare se non in pubblico, almeno in pri­vato quella parte di sogno che aveva taciuta. Non vo­leva accondiscendere. Dopo però molte suppliche si piegò e disse che alla sera avrebbe ancor parlato del sogno. Così fece».





Parte seconda - Carni immonde del serpente

Dette le orazioni, incominciò: - Dietro molte vostre istanze racconterò la seconda parte del sogno. Se non tutta, almeno vi dirò quel tanto che potrò raccontarvi. Ma prima debbo premettere una condizione, cioè che nessuno scriva o dica fuori di casa quello che io rac­conterò. Parlatene tra di voi, ridetene, fatene tutto quel che volete, ma fra di voi soli.
Mentre adunque io e quel personaggio parlavamo della corda, del serpente e dei loro significati, mi volgo indietro e vedo giovani che raccoglievano di quei pezzi di carne di serpente e mangiavano.
Io allora gridai subito: - Ma che cosa fate? Pazzi che siete! Non sapete che quella carne è velenosa e vi farà molto male?
- No, no, mi rispondevano i giovani: è tanto buona!
Ma intanto, mangiato che avevano, cadevano in ter­ra, gonfiavano e restavano duri come pietra. Io non sapeva darmi pace, perchè non ostante quello spettacolo altri e altri giovani continuavano a mangiare. 

Io gridava all'uno, gridava all'altro; dava schiaffi a questo, pugni a quello, cercando di impedire che mangiassero: ma inu­tilmente. 
Qui uno cadeva, là un altro si metteva a mangiare. 
Allora chiamai i chierici in aiuto e dissi loro che si mettessero in mezzo ai giovani e si adoperassero in ogni modo perchè più nessuno mangiasse di quella carne. Il mio ordine non ottenne l'effetto desiderato, che anzi alcuni degli stessi chierici si misero a mangiare le carni del serpe e caddero egualmente che gli altri. Io era fuori di me stesso, allorchè vidi tutto intorno a me un gran numero di giovani distesi per terra in quello stato miserando.
Mi rivolsi allora a quello sconosciuto e gli dissi: - Ma che cosa vuol dire ciò? Questi giovani conoscono che quella carne reca loro la morte, tuttavia la vogliono mangiare! E perchè? - Egli rispose:
- Sai bene: che «ANIMALIS HOMO NON PER­CIPIT EA QUAE DEI SUNT ».
- Ma e ora non c'è più rimedio per riaver di nuovo questi giovani?
- Sì che c'è!
- Quale sarebbe !
- Non vi è altro che l'incudine ed il martello.
- L'incudine? il martello? e che cosa fare di tali cose?
- Bisogna sottoporre i giovani alle azioni di que­sti strumenti.
- Come? Debbo forse io metterli su di un incudine e poi batterli con un martello?
Allora l'altro spiegando il suo pensiero, disse: - Ecco; il martello significa la confessione; l'incudine la S. Cumunione: bisogna fare uso di questi due mezzi. –
Mi misi all'opera e trovai giovevolissimo questo rime­dio, ma non per tutti. Moltissimi ritornavano in vita e guarivano, ma per alcuni il rimedio fu inutile. Questi sono coloro che non facevano buone confessioni. (M. B. VII p. 238)



...Giovani, se volete perseverare nella via del cielo, vi rac­comando tre cose: accostatevi spesso al sacramento della confessione, frequente la santa comunione, sceglietevi un confessore cui osiate aprire il vostro cuore, ma non cangiatelo senza necessità. VI,145.
...Dio vi dà tempo e comodità di studiare e praticare la re­ligione. Sappiatene approfittare. XIV,86. (Don Bosco)






Preghiere di protezione

"Onnipotente Verbo di Dio Padre, Cristo Gesù, Signore di tutto il creato,
a te che desti ai tuoi apostoli il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni, e il comando veramente mirabile, di cacciare i demoni;
a te che facesti precipitare Satana dal cielo come una folgore, con la forza del tuo braccio, io rivolgo umilmente la mia supplica: 
dà a me, indegnissimo tuo servo innanzi tutto il perdono dei miei peccati, 
e poi una fede robusta e il potere di attaccare nel tuo nome 
e sostenuto dalla tua potenza, questo crudele demone, 
che turba il tuo servo (………nome).
Te lo chiedo per te stesso, Signore Gesù Cristo, che deve venire a giudicare i vivi e i morti e questo secolo nel fuoco. Amen.

(dal Rituale Romano)"



"Invoco su di me e sui presenti il Sangue dell'Agnello di Dio 
che toglie i peccati del mondo, 
perché ci purifichi da ogni peccato 
e ci protegga contro ogni influsso del Maligno 
e contro ogni sua ritorsione su persone, animali e cose. Amen."


Buona giornata a tutti. :-)