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lunedì 18 novembre 2024

Tratto da "Il canto di me stesso" e altre poesie - Walt Whitman

                                Ho dichiarato che l'anima non vale più del corpo,
E ho dichiarato che il corpo non vale più dell'anima,
E nulla, neppure Dio, per nessuno è più grande del suo proprio io,
E chiunque percorre duecento jarde senza simpatia segue il suo funerale, avvolto nel sudario,
E io o tu, senza dieci centesimi in tasca, possiamo acquistare i più preziosi frutti della terra,
E guardare con un occhio o mostrare un fagiolo nel suo baccello confonde il sapere di tutti i tempi,
E non v'è mestiere o impiego in cui il giovane che lo segue 
non possa divenire un eroe,
E non v'è oggetto così debole che non possa costituire 
il mozzo della ruota dell'universo,
E io aggiungo a ogni uomo, ogni donna, Che l'anima vostra
resti serena e tranquilla anche davanti a un milione d'universi.

E dico all'umanità, non siate curiosi d'Iddio,
Perchè io, che sono curioso di tutti, non sono curioso d'Iddio,
(Nessuna serie di parole può dire quanto mi senta tranquillo sul conto d'Iddio e della morte.)

Ascolto e scorgo Dio in ogni oggetto, e tuttavia Dio non lo capisco affatto,
Come non capisco chi mai possa esistere più straordinario di me.

Perchè dovrei desiderare di vedere Dio meglio di quanto non lo veda oggi?
Vedo qualcosa d'Iddio in ogni ora delle ventiquattro, in ogni momento di esse,
Nei volti di uomini e donne vedo Dio, e nel mio volto riflesso dallo specchio,
Trovo lettere scritte da Dio per le strade, ognuna firmata col nome d'Iddio,
E le lascio dove si trovano, perchè so che, ovunque mi rechi,
Altre puntuali verranno, per sempre e per sempre.

- Walt Whitman -


L.W. Hawkins, Christmas, 1893

Hai creduto che mille acri fossero molti? 
Che tutta la terra fosse molto?
Ti sei esercitato a lungo per imparare a leggere?
Tanto orgoglio hai sentito perché afferravi il senso delle poesie?
Fermati con me oggi e questa notte, e ti impadronirai
dell’origine di tutti i poemi,
ti impadronirai dei beni della terra e del sole (ci sono
ancora milioni di soli),
non prenderai più le cose di seconda o terza mano, né
guarderai con gli occhi dei morti, né ti nutrirai di
fantasmi libreschi,
e neppure vedrai attraverso i miei occhi o prenderai
le cose da me,
ascolterai da ogni parte e le filtrerai da te stesso.

- Walt Whitman -

W. Blake, Il sole alla sua porta orientale, 1820

Se tardi a trovarmi, insisti.
Se non ci sono in nessun posto, cerca in un altro,
perchè io sono seduto da una qualche parte
ad aspettare te.


- Walt Whitman -

G. Klimt, Ragazza col velo blu, 1902


Buona giornata a tutti. :-)



domenica 10 novembre 2024

Un Tempo per te - don Franco Locci

  Non ho mai tempo: sempre di corsa. Con tutte le cose che ho da fare!
Tremendo nel suo sarcasmo questo epitaffio:

"Non aveva tempo di buttare giù una riga.
Non aveva tempo di andare a trovare un vecchio.
Non aveva tempo di cantare una canzone.
Non aveva tempo di raddrizzare un torto.
Non aveva tempo di amare e di donare.
Non aveva tempo di vivere per davvero.
D'ora in poi avrà tempo a non finire.
Oggi è morto il mio amico "sempre occupato".

E allora per non correre il rischio di morire senza aver vissuto, fermati, trova un po' di tempo! 
Se ti rimangono "cinque minuti", sai che cosa devi farne? 
Usali per te, per riflettere ci vuole un po' di silenzio, un po' di raccoglimento. Diceva Madeleine Delbrel a proposito di raccoglimento:
"Bisogna ‘raccogliere’ le tracce, gli indizi, gli inviti, gli ordini della volontà di Dio", così come il contadino raccoglie il suo raccolto nel granaio o il saggio raccoglie il frutto di un'esperienza. 
E raccogliersi o raccogliere non è possibile senza silenzio. 
Stacca dunque la radio dei bombardamenti esterni, la televisione delle immagini aggressive e dissipanti. 
Chiudi per un momento i giornali. 
Sfuggi alla stretta della società dei consumi. 
Costruisciti il silenzio. 
Impara di nuovo ad ascoltare il battito del tuo cuore per renderti conto se sei ancora vivo o sei già morto, sepolto nella materia, schiavo della moda o dei soldi. 
Entra in te stesso per chiederti per che cosa e per chi stai correndo i giorni della tua vita. 
Entra in te per scoprire l'immensità dei valori e dei doni che sono sepolti nel tuo cuore. 
Entra in te stesso per scoprire gli altri con cui vivi. 
Essi non sono numeri, non sono solo avversari, sono persone come te, anche loro alla ricerca disperata di un po' di gioia.

- don Franco Locci - 




Com’è morire?
«Uno svuotamento. Si comincia svuotandosi. Ma, si potrebbe chiedere, che cos’è o dov’è il vuoto? 
Il vuoto è nella perdita. 
E che cosa si perde? Io non ho “perso” nel senso comune di “perdere”. 
Non c’è perdita in quel senso. C’è la fine dell’ambizione. La fine di ciò che si chiede a se stessi. 
E’ molto importante. Non si chiede più niente a se stessi. 
Si comincia a svuotarsi degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che si pensavano importanti. E quando queste cose cominciano a sparire, resta un’enorme quantità di tempo. E poi scivola via anche il tempo. E si vive senza tempo. Che ore sono? Le nove e mezza. Di mattina o di sera? Non lo so».

- James Hillman -  nell’ultima intervista rilasciata a Silvia Ronchey e pubblicata su La Stampa il 29 Ottobre 2011


Questa è infatti la volontà del Padre mio: che chi vede il Figlio e crede in lui abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno." (Gv 6,40)
La volontà di Dio, come appare nel vangelo è una e positiva: che l’uomo si realizzi pienamente sviluppando al massimo la sua umanità per avere la condizione divina che consente di superare la soglia della morte.
Giovanni omette l’articolo a vita eterna. 

Quel che Gesù assicura non è LA vita eterna, ovvero una vita che inizia dopo questa esistenza, ma è questa stessa vita che è eterna.

- Padre Alberto Maggi - 



Possiamo senz'altro immaginare la Chiesa come una vasta impresa di trasporto, di trasporto in paradiso; perché no? 
Ebbene, mi chiedo: che cosa diventeremmo noi senza i Santi che organizzano il traffico? 
Certo, da duemila anni questa compagnia di trasporto ha avuto non poche catastrofi: l'arianesimo, il nestorianesimo, il pelagianesimo, il grande scisma d'Oriente, Lutero..., per ricordare solo i deragliamenti e gli scontri più noti.
Ma senza i Santi, ve lo dico io, la cristianità sarebbe un gigantesco ammasso di locomotive capovolte, di carrozze incendiate, di rotaie contorte e di ferraglia che finisce di arrugginirsi sotto la pioggia. 

Nessun treno circolerebbe più sulla strada ferrata invasa dall'erba.

- Georges Bernanos -
da: I santi nostri amici, 1947



Sant’Agostino riferisce che la sua mamma Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” 

(Confessioni 9, 11,27)


Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 6 novembre 2024

Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi -beh? Che è successo? - Charles Bukowski

Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi -beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l'amare se non amare che te? Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti -ti amo-, almeno credo. Quanto mi manchi amore mio. 
Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l'ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. 
Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso. 
C'è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore. 
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti. Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo. 
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti. Quando te ne sei andata io mi sono un po' rincoglionito. Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? 
Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? 

Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi? 
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. 
Io adesso ti sto pensando facendomi del male. 
Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me. Ma non ci sei. 
Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni. Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? 
Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un po' a dirti il vero mi fa incazzare. 
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato. 
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me. Ma non è vero sai? 
È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci. 
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti. Sei incancellabile tu. 

Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?

- Charles Bukowski -





Ero perso. Ero senza interessi. Non me ne fregava niente se cercavate di uccidermi. Non vi avrei fermato. Stavo vivendo un'esistenza che non significava niente per me. Trovavo posti dove stare. Stanzette in affitto. Bar. Prigioni. Sonno e indifferenza sembravano le uniche possibilità. Tutto il resto sembrava privo di senso. Sapevo sempre esattamente quanti soldi avevo con me.
Per esempio: un biglietto da cinque e due da uno nel portafoglio una moneta da venticinque, una da dieci e una da due centesimi nella tasca destra davanti. 
Non avevo voglia di parlare con nessuno e non volevo che nessuno mi parlasse. Ero considerato un disadattato e un tipo strambo. 
Mangiavo pochissimo ma ero incredibilmente forte. A volte abbassavo le tapparelle nella mia stanza e me ne stavo a letto per una settimana o più. Ero in uno strano viaggio ma era privo di senso. 
Non avevo idee. 
Non avevo progetti. 
Dormivo. 
Non facevo altro che dormire e aspettare.
Non mi sentivo solo. 
Non soffrivo di vittimismo. 
Ero solo invecchiato in una vita nella quale non riuscivo a trovare alcun senso.

- Charles Bukowski -




Tutti quei viaggi, tutte quelle  pagine di Kerouac, per morire solo, solo sotto una gelida luna messicana, solo, capite?
Non riuscite a vedere quei cactus magri e miserabili?
Il Messico non è brutto solo per via della repressione, è brutto e stop.
Non riuscite a vedere gli animali del deserto che stanno a guardare? 

Le rane, cornute e semplici, i serpenti simili a fessure di mente umana che strisciano, si fermano, attendono, ottusi sotto un'ottusa luna messicana.
Rettili, guizzi di cose a guardare questo tizio sulla polvere in maglietta bianca. Neal, lui, aveva trovato il suo movimento, non faceva male a nessuno. Il duro ragazzo del riformatorio steso lungo i binari di una ferrovia americana.

- Charles Bukowski -



Buona giornata a tutti. :-)


domenica 3 novembre 2024

Sulla vita e sulla morte

                                  Signore Gesù, sono qui dinanzi a te, in salute.
Sento la vita palpitare dentro di me,
e gioisco infinitamente contemplando il creato,
ascoltando il canto degli uccelli,
sperimentando la tenerezza di quanti mi circondano.
Il futuro si apre dinanzi come una ricca pianura
nella quale seminare i miei progetti,
realizzare i miei sogni, raccogliere le mie opere.
E, benché ne senta difficoltà,
faccio uno sforzo su me stesso per accettare che la mia vita finirà,
e che un giorno dovrò dar conto delle mie parole e delle mie azioni.
In quel giorno mi chiederai il più costoso ma il più bel sacrificio,
il sacrificio di tutto ciò che mi hai dato sulla terra.
Ma, in compenso, tu ti consegnerai a me interamente,
e secondo le tue promesse mi darai il centuplo
di quanto ho sacrificato per te.
Sin da ora, Signore, nel pieno uso della mia libertà,
con tutta la lucidità della mia mente,
con tutta la forza della mia volontà, ti presento,
come fascio di fiori appena colto,
i miei affetti e i miei sogni, le mie opere e i miei progetti.

Nelle tue mani pongo l'offerta della mia vita:
accetto la sua fine, quando e come vorrai.
Ti chiedo solo un dono: la tua grazia e la tua amicizia.





Vita e morte non sono due estremi lontani l’uno dall’altro. 
Sono come due gambe che camminano insieme, ed entrambe ti appartengono. In questo stesso istante stai vivendo e morendo allo stesso tempo. Qualcosa in te muore a ogni istante. 
Nell’arco di settant’anni la morte arriverà a compimento. 
In ogni istante continui a morire, e alla fine morirai davvero.

- Osho -



Ognuno che perdiamo prende una parte di noi;
Uno spicchio alla fine rimane,
Che come la luna, una torbida notte,
È chiamato dalle maree.

- Emily Dickinson - 
























Il cardinale Schuster diceva che il purgatorio è come un corso di esercizi spirituali: uno riflette, pensa, vede le cose sbagliate che ha fatto, gli dispiace, si purifica. Mi piace pensare che il nostro purgatorio, il purgatorio di ciascuno, sia quello di vedere tutte le stupidaggini che abbiamo fatto nella vita. Ce ne verrà un tale rossore che ci purifica e ci manda in Paradiso... 
Mi è congeniale in questo senso la descrizione dantesca delle anime “che vanno a farsi belle”. 

- Card. Giacomo Biffi - 



Avvenga di me secondo la tua parola.
Per i nostri morti
questo si è attuato definitivamente.
Essi sono nella dolce casa
per cui l'uomo nasce,
alla quale l'uomo è chiamato.
Adesso vedono il rapporto
che c'è fra quella dolce casa
definitiva ed eterna
e il segno fragile,
ma reale di essa,
che è la compagnia in cui sono vissuti.
E chiedono a noi,
dopo l'esperienza fatta,
di essere generosi, vigili, sensibili,
impegnati senza paura del sacrificio nel vivere
questo anticipo della dolce casa
a cui siamo incamminati.
Ci supplicano di poter dire
con maggiore verità quello che cantiamo sovente:
"Troppo perde il tempo chi ben non t'ama".
Essi lo sanno.
Senza paragone più che prima.
E per questo ci incitano che
"avvenga di noi secondo la sua parola".
Ci aiutano a dire l' Angelus
con profondità di attenzione,
come raramente ci avviene
per la distrazione che ci consuma.
(don Luigi Giussani)


Buona giornata a tutti. :-)


sabato 2 novembre 2024

Aspettami ed io tornerò - Konstantin M. Simonov

 Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c'è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.

Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell'anima mia...
Aspettami. E non t'affrettare
a bere insieme con loro.

Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.

(Konstantin M. Simonov)




Se vuoi vivere leggero e sereno, familiarizza col pensiero della morte. 
Non è la fine della vita, ma la nascita. 
La morte è una porta.

- Dugpa Rimpoce -




Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radice in altri.

- Leone Tolstoi - 



Quanto di te sopravvive
è in altro luogo, misterioso,
ed ormai reca un nome nuovo
che solo Dio conosce.

- Margherita Guidacci -



"Solo Dio che è la bontà onnipotente, poteva creare l'uomo davvero felice, ma proprio per questo satana ha portato nel mondo l'infelicità. Perciò quando sei triste, abbraccia la tristezza, perchè questa ti farà vedere Dio; quando vai al Cimitero devi pensare che quell'Anima che non avrà rifiutato la Bontà Incarnata è ora più felice di quanto tu non possa immaginare. Davanti alla Morte sappi che c'è la Vita Eterna perciò fai dire una Messa di Suffragio per i tuoi Defunti e per le Anime del Purgatorio, allora ti sentirai davvero appagato e comprenderai che la felicità non abita in questo mondo, ma nell'altro e sarà eterna...."

Dagli insegnamenti di Madre Teresa di Calcutta

http://www.unavignettadipv.it/



Buona giornata a tutti :-)




giovedì 5 settembre 2024

tratto dal racconto: "Io e il fantasma di Alekos" - Oriana Fallaci

 (...) Elencai una serie di domande che la aiutassero a farmi capire: aveva sete, voleva andare nel bagno, non sopportava il dolore? Ma ogni domanda scuoteva la testa per rispondere no, no, no. Ci volle un secolo prima che l’infermiera captasse il vocabolo prete, capisse che voleva il prete.
E il prete venne, con la sua valigetta di flaconi contenenti acqua santa, olio santo, altri liquidi santi e brevettati per la guarigione dell’anima. 
Come uno stregone che si accinge a misteriosi esorcismi si addobbò con stole nere e ricamate d’oro e d’argento, brandì la croce, recitò litanie, spruzzò i suoi liquidi santi, la assolse dei peccati che non aveva mai commesso.
Poi se ne andò e mi lasciò sola con lei che, sollevata all’idea d’esser stata assolta dei peccati mai commessi, mi indicò la poltrona accanto al letto.
Lì sedetti, col cuore che mi scoppiava, e rimasi sei giorni e sei notti dimenticando il fantasma che mi aveva rubato a lei con un libro.
La morte della madre non è paragonabile alla morte dell’uomo che amavi: è l’anticipo della tua morte.
Perché è la morte della creatura che ti ha concepito, portato dentro il ventre, regalato la vita.
E la tua carne è la sua carne, il tuo sangue è il suo sangue, il tuo corpo è un’estensione del suo corpo: nell’attimo in cui muore, muore fisicamente una parte di te o il principio di te, né serve che il cordone ombelicale sia stato tagliato per separarvi.
Per rinviar quella morte che era un anticipo della mia morte, dunque mi tenevo sveglia.
Per tenermi sveglia la tenevo sveglia e parlavo, parlavo.
Le raccontavo ciò che non le avevo mai raccontato e non avrei mai raccontato a nessuno, le mie ferite, i miei rimpianti, i miei dubbi, prezioso fardello tuttavia giacché era esso stesso vita, le dicevo che malgrado quelle ferite e quei rimpianti e quei dubbi mi piaceva tanto la vita, ero così contenta d’esser nata, e la ringraziavo in ginocchio d’avermi partorito.
Perfino se non avesse fatto altre cose buone nella sua bontà, nella sua generosità, l’avermi regalato la vita sarebbe stato per me sufficiente a giustificar la sua vita.
E io speravo che questa mia gratitudine la ripagasse di ogni dispiacere che potevo averle dato.
Per rispondermi che la rendevo felice, fiera del bellissimo gesto che aveva compiuto, lei mi stringeva con forza le dita e mi spalancava addosso gli occhi nocciola.
Poi, quando veniva mio padre, me lo indicava con l’indice e con un sorriso: quasi a ricordarmi che il dono veniva anche da lui.
La settima notte crollai e di colpo caddi in un sonno esausto da cui emersi scrollata dall’infermiera che strillava in preda al panico: «Si svegli, si svegli! ».
Mia madre non respirava quasi più e i suoi occhi improvvisamente celesti fissavano già il nulla.
Se ne andò tra le mie braccia, come un uccellino intirizzito dal freddo, e per condurla al cimitero uscii finalmente di casa notando che le strade erano ancora strade, che la gente era ancora la gente.
Ma la cosa non mi tentò e subito rientrai nel mio tunnel trasformando l’esilio in prigione.
Scomparsa lei che mi strappava al tavolino e mi induceva a scender le scale, attraversare il salone con l’orologio, entrare nella camera ora chiusa a chiave ed evitata da tutti, non avevo più motivo di lasciare la stanza con la mezza finestra aperta sul campo di ulivi.
E mentre il fantasma dimenticato per sei giorni e sei notti riprendeva possesso della mia esistenza, mentre il mio cervello tornava ad essere un muscolo da usare esclusivamente in funzione del libro che stavo scrivendo, la stanza divenne una cella sopra il pero che sbocciava in una nuvola di fiori bianchi sicché doveva esser giunta la primavera, poi grondava di nuovo pere sicché doveva esser giunta un’altra estate, poi ingialliva di nuovo le foglie sicché doveva esser giunto un altro autunno, poi le perdeva di nuovo denudandosi in mezzo alla neve sicché doveva esser giunto un altro inverno, poi sbocciava una seconda volta in una nuvola di fiori bianchi sicché doveva esser giunta un’altra primavera che presto sarebbe scivolata in una terza estate e in un terzo autunno e in un terzo inverno.
Il mondo, una memoria sempre più lontana.
[...] D’un tratto nel buio del tunnel apparve uno spiraglio di luce, e filtrò attraverso il sipario della mia cecità per portarmi la nostalgia del mondo che avevo sepolto con le due persone amate.
Questo avvenne, credo, nel periodo in cui il pero sbocciò per la terza volta e il romanzo si avviò verso le ultime pagine.
A ogni pagina, un risorgere di curiosità per gli avvenimenti che il mio delirio aveva ignorato, un bisogno di cancellare anche il ricordo di quel delirio, un’impazienza di tornare ai viaggi, alle avventure, alle scoperte, insomma alla vita di un tempo.
Allora la cella in cui m’ero rinchiusa diventò insopportabile, l’eco dell’orologio che ogni sessanta minuti ripeteva i rintocchi del Big Ben diventò un incubo anzi una tortura.
Con l’ira del prigioniero che s’avventa contro il suo carceriere, scesi nel salone e ne fermai il meccanismo.
Poi raccolsi il mio lavoro, mi trasferii in un’altra ala della casa, mi sistemai in un’ampia stanza piena di finestre.
L’indomani ripresi a leggere i giornali, a guardare la TV, rispondere a telefono, uscii addirittura in giardino spingendomi fino alla piscina dove per due estati non m’ero mai tuffata, non avevo mai goduto un filo di sole.
Mio padre stava strappando le erbacce che erano cresciute sui bordi.
Sollevò la testa, mi avvolse in un’occhiata incredula, esclamò: «Redivivi te salutant!».
Ed io scoppiai in una risata il cui suono mi spaventò: durante tutti quegli anni trascorsi in compagnia di un fantasma e d’un silenzio che parlava soltanto di morte, avevo perfino dimenticato come si fa a ridere ed era la prima volta che udivo me stessa ridere.
Qualche settimana dopo il libro era finito e volavo a New York per affacciarmi all’uscita del tunnel con la riluttanza di un prigioniero rimasto troppo a lungo nell’oscurità.
Che farne di tanto spazio, tanta luce? In che modo riprendere le abitudini perdute, le esperienze interrotte, l’esistenza di prima? Un libro appena finito, oltretutto, non restituisce alla libertà che ti tolse il giorno in cui lo concepisti.
Come un figlio appena nato va guidato, nutrito, difeso dalle insidie, dalle perfidie, e a ciascun passo questo ti riconduce ai tormenti che ti divoravano mentre lo scrivevi.
Insomma, sapevo bene che la sua pubblicazione m’avrebbe avviluppato in una nuova schiavitù e che avrebbe resuscitato il fantasma da cui ero stata rubata a mia madre quando essa aveva bisogno di me.

- Oriana Fallaci - 
tratto dal racconto: "Io e il fantasma di Alekos"




E allora capii che non era indifferenza, la loro, non era freddezza.
Non era neanche pudore: era un accettare la vita.
Perché solo accettando la vita si accetta la morte e la morte bisogna accettarla, comunque essa venga, in qualsiasi momento essa venga, la morte fa parte della vita, la morte è il prezzo con cui si paga la vita, e piangerci sopra è da bimbi.
È da deboli.
È da irrazionali.
È da vecchi.
È da buoni, se preferisci, ma il futuro non ha bisogno di buoni che comprano un albero perché non venga tagliato: « Ricordi la quercia sopra la sorgente, quella grande con le radici scoperte dove ti arrampicavi quando eri bambina».
Il futuro ha bisogno di uomini forti, razionali, giovani, cattivi se preferisci: perché il mondo è pieno di querce e per ogni quercia tagliata ce n’è  un’altra che nasce o è già nata o nascerà.
Un albero solo non conta.
Mettiti in testa che un albero solo non conta e comprenderai che la morte non esiste, papà.

- Oriana Fallaci - 
da: "Se il sole muore"


La vita ha quattro sensi: amare, soffrire, lottare e vincere. 
Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince. 
Ama molto, soffri poco, lotta tanto e vinci sempre.



"Però, penso che mi dispiacerebbe non essere nata perché nulla è peggiore del nulla. Io, te lo ripeto, non temo il dolore. Esso nasce con noi, cresce con noi, ad esso ci si abitua come al fatto d’avere due braccia e due gambe. 
Io, in fondo, non temo neanche di morire: perché se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente. 
Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia pure per l’altrui distrazione. Molte donne si chiedono: mettere al mondo un figlio, perché? Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra. Forse hanno ragione loro. 
Ma il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente. E se allargo questo alla vita, al dilemma nascere o non nascere, finisco con l’esclamare che nascere è meglio di non nascere."

- Oriana Fallaci - 


Uno degli inni più belli e più strazianti della vita-ndr







Buona giornata a tutti. :-)


sabato 22 giugno 2024

Preghiera al SS Sacramento

 

O Verbo annichilito nell'Incarnazione, 
più annichilito ancora nell'Eucaristia,
vi adoriamo sotto i veli che nascondono la vostra divinità
e la vostra umanità nell'adorabile Sacramento.
In questo stato dunque vi ha ridotto il vostro amore!
Sacrificio perpetuo, vittima continuamente immolata per noi,
Ostia di lode, di ringraziamento, di propiziazione!
Gesù nostro mediatore, fedele compagno, dolce amico,
medico caritatevole, tenero consolatore, 

pane vivo disceso dal cielo,
cibo delle anime. 

Voi siete il tutto per i vostri figli!
A tant'amore però molti non corrispondono 

che con la bestemmia
e con le profanazioni; molti con l'indifferenza e la tiepidezza,
ben pochi con gratitudine ed amore.
Perdono, o Gesù, per quelli che vi oltraggiano! 
Perdono per la moltitudine degli indifferenti e degli ingrati!
Perdono altresì per l'incostanza, l'imperfezione,
la fiacchezza di quelli che vi amano!
Gradite il loro amore quantunque languido, 
ed accendetelo di più ogni dì;
illuminate le anime che non vi conoscono 

ed ammollite la durezza dei cuori
che vi resistono. 

Fatevi amare sulla terra, o Dio nascosto;
lasciatevi vedere e possedere nel Cielo! Amen.




Il Signore è la forza del suo popolo 
e rifugio di salvezza per il suo Cristo. 
Salva il tuo popolo, Signore, 
benedici la tua eredità, 
e sii la sua guida per sempre.




"Gesù sapeva benissimo che sarebbe stato conservato nei Tabernacoli anche solitari, senza contorno nella notte, all'infuori di una fiammella che le leggi della Chiesa esigono. 
Sapeva benissimo che anche nel giorno, secondo il variare della densità di fede nei tempi, cristiani sarebbero andati e non andati a rendere adorazione alla sua ineffabile Presenza, lo sapeva. 
Forse qualcheduno di noi avrebbe potuto obbiettargli: "Signore, fa' in modo di essere presente quando c'è gente che Ti adora, altrimenti è inutile". 
Inutile? No. 
Le Chiese possono essere vuote, ma Cristo nel tabernacolo non è inutile, perché l'Eucarestia, sia attraverso il Sacrificio – del quale oggi non parlo – sia attraverso il Sacramento permanente, è una fonte di forza, di grazia, di benedizione, di salvezza incessante. 
Ricordiamoci che è di lì che si germinano i vergini e le vergini, è di lì che sorgono i fondatori, è di lì che resistono i combattenti, è di lì forse che attraverso una vita apparentemente lontana da Dio si prepara la finale di salvezza nella sua misericordia, ma la si prepara attraverso questa Presenza, che appare a noi silenziosa e inerte, e non è né silenziosa né inerte. 
Non dobbiamo compiangere la solitudine che spesso è intorno ai Tabernacoli e che è sempre da condannarsi. 
Dobbiamo rimpiangere, dico rimpiangere e a piena ragione, coloro che si dimenticano che Gesù Cristo sta lì ad attenderli, come Egli, narrando la parabola del figliol prodigo, pone per tanto tempo immobile sulla soglia di casa il padre che non si stanca di aspettare il figlio, il quale alla fine ritorna ed è accolto come figlio, non come servo"

- Card. Giuseppe Siri - 



“Nostro Signore non scende dal cielo tutti i giorni per stare in una pisside d’oro. 
Si tratta di trovare un altro cielo che è infinitamente più amato da Lui, il cielo delle nostre anime, creato a sua immagine, i templi vivi dell’adorabile Trinità”.

- Santa Teresa di Lisieux - 



Buona giornata a tutti.:-)