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domenica 23 marzo 2025

Carezza, gesto rivoluzionario - Rosaura Montermini

 ... E per lasciarsi accarezzare è necessario aver riconosciuto la nostra stessa vulnerabilità e dare comunque fiducia all'altro.
Una carezza è il gesto più rivoluzionario del mondo. Offrire e accettare una carezza significa stabilire un ponte tra due persone. Senza parole. 
Esse diventano superflue quando usiamo le carezze: sulla pelle dei bimbi appena nati, sulle labbra di chi amiamo, sul volto di chi è morto a questa vita...
Non possiede carezze Caino, per il quale esiste solo l'individuazione e l'annientamento del nemico.
Caino si permette unicamente sentimenti di rabbia, competizione, gelosia per il fratello.
Abele riesce a esprimere quell'amore che invece Caino reprime, convinto di essere già stato, e per sempre, rifiutato. Teme di non essere abbastanza forte, tiene alta la guardia per non essere più ferito e continua a negarsi il desiderio di dire parole d'affetto, di abbracciare, di accarezzare.
Caino è uomo e donna, la femminilità oggi si è omologata ai maschi nella corsa alla competizione e al potere. 
La civiltà di Caino conosce solo capri espiatori in cui uccidere i propri lati bui e nascosti.
Caino non cerca interlocutori, ma vittime sacrificali da immolare a se stesso e alla propria forza illusoria. Siamo tutti figli di Caino quando neghiamo l'amore, la fiducia, la tenerezza, quando pensiamo sia da deboli ammettere di averne bisogno.
D'altronde, se certi bisogni nascono dal ricordo di una carezza mancata, altri risalgono ad atti con cui abbiamo fatto del male a chi non se lo meritava, né se lo aspettava; qualcuno che abbiamo tradito approfittando della sua fiducia incondizionata. E questo qualcuno siamo spesso noi stessi.

Rosaura Montermini
da: Agenda dei giorni Nonviolenti



Perché a volte ci vuole il coraggio di essere davvero felici, di raccogliere un momento ordinario e trasformarlo in epico. 
Ci vuol coraggio a ridere di gusto di fronte a questa vita, ci vuole forza per scartare il negativo e portar dentro solo il meglio, conservare solo l'essenza della gioia. 
E quel coraggio ce l'abbiamo dentro, è tutta una questione di scelta!

(Anton Vanligt)



Mai come in questi giorni queste affermazioni del Papa sono gradite da chi tutti i giorni è in trincea contro le deviazioni dell'ideologia gay e gender che sta provando ad infettare l'educazione dei nostri figli passando attraverso la scuola.

"Con i bambini e i giovani non si può sperimentare!"

Papa Francesco

Quant'è importante che ogni bambino venuto al mondo sia accolto dal calore di una  famiglia! 
Non importano le comodità esteriori: Gesù è nato in una stalla e come prima culla ha avuto una mangiatoia, ma l'amore di Maria e di Giuseppe gli ha fatto sentire la tenerezza e la bellezza di essere amati. 
Di questo hanno bisogno i bambini: dell'amore del padre e della madre. 
E questo che dà loro sicurezza e che, nella crescita, permette la scoperta del senso della vita. 

Dal Magistero di papa Benedetto XVI



Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 3 marzo 2025

Quando sono diventata la mamma e la mamma è diventata la figlia? - Bombeck Erma

 Una volta un fisico nucleare ha calcolato che le donne che hanno un bambino a vent'anni, hanno venti volte l'età del loro bambino.
Quando il bambino ha vent'anni e la madre quaranta, questa ha solo il doppio dell'età del bambino. 
Quando il bambino ha sessant'anni e la madre ottanta, la madre è solo di uno e un terzo più vecchia del bambino. 
Quando il bambino ha ottant'anni e la madre cento, la madre è solo di uno e un quarto più vecchia del bambino. 
Quando riuscirà il bambino a raggiungere la madre? 
Quando, davvero.
Comincia una notte mentre si dorme. La mamma non riesce a riposare, e vai nella sua stanza a rimboccarle le coperte sulle braccia nude?
Oppure un pomeriggio in cui, in preda all'irritazione, si esclama: «Come faccio a farti la permanente se non stai ferma? Se non ti importa di avere un aspetto decente, bene, a me importa, invece!» (Dio mio, è l'eco di una frase sentita mille volte! ) 
Oppure è cominciato in quel pomeriggio di pioggia in cui, tornando dal supermercato, hai pigiato di colpo sul freno, hai buttato istintivamente le braccia tra lei e il parabrezza per proteggerla e hai incontrato i suoi occhi, tristi, consapevoli? 
La transizione avviene lentamente, come tra lei e sua madre. 
Passaggio di poteri. 
Trasferimento di responsabilità. 
Passaggio di doveri. 
All'improvviso si cominciano a sputare tutte quelle frasi imparate sulle ginocchia della mamma. «Certo che stai male. Credi che non mi accorga che stai male? Passo a prenderti verso le undici per andare dal dottore. E fatti trovare pronta!»
«Allora, dov'è il golf? Sai che freddo fa nei negozi con l'aria condizionata! E l'ultima cosa di cui hai bisogno è un raffreddore.»
«Stai benissimo oggi. Non te l'avevo forse detto che quel vestito ti sarebbe piaciuto? Quell'altro ti faceva sembrare vecchia. Non c'è ragione di sembrar vecchia prima del necessario.»
«Devi far pipì prima di uscire? Sai com'è dal dottore. Bisogna farsi dare la chiave e far tutti quei chilometri di corridoio. Perché non cerchi di farla lo stesso... così non ci pensiamo più.»
«Se non sei troppo stanca andiamo a fare qualche compera. Hai fatto il riposino stamattina? Quando ti senti stanca, dimmelo che ti porto a casa. Lo sai che non riesco a far compere con te che te ne stai lì impaziente saltando da un piede all'altro.» (Buon Dio, l'hai veramente presa sottobraccio e l'hai quasi sollevata di peso?)
Ribellione? «Ti sarei grata, signorina, se lasciassi che sia io a prendere le mie decisioni. Lo so io quando sono stanca, e quando sono stanca ho il buon senso di andarmene a letto. Smettila di trattarmi come una bambina!» Non è ancora pronta per il passaggio alla vecchiaia.
Ma gli anni passano, lenti, insidiosi, e non c'è nessuno a cui chiedere aiuto. «Dove sono i miei occhiali? Non riesco mai a trovarli. Mi sono addormentata di nuovo al cinema? Com'è andata a finire? Si sono sposati?» «Fai tu il numero. Sai che sbaglio sempre.»
«Quest'anno niente albero di Natale. Non c'è nessuno per cui farlo e poi ci vogliono otto mesi per pulire il tappeto.»
«Dov'è il numero del volo e l'orario di partenza del mio aereo? Me li batti sempre a macchina e li metti insieme al biglietto. Ma io non riesco a leggerli, questi numeri così piccoli.»
Ribellione: «Dai, mamma, non sei poi così vecchia. Riesci a fare un sacco di cose da sola, perfino a infilare l'ago».
«E tu non sei certo troppo stanca per telefonare a Olivia e farle un salutino. Ti ha chiamato almeno quindici volte e tu hai fatto finta di niente. Perché non fate colazione insieme, qualche volta? Ti farebbe bene uscire un po'.»
«Come, sei in rosso? Non puoi tenere il conto degli assegni che firmi?»
La figlia non è ancora pronta a prendere su di sé il peso della madre. Ma le cose stanno filando in quella direzione.
Il primo anno che celebri il giorno di Natale a casa tua, fai tu il tacchino arrosto e tua madre prepara la tavola.
La prima volta che al cinema ti giri inconsciamente verso di lei e le fai «Shhhh!»
La prima volta che la prendi per un braccio camminando su un tratto ghiacciato.
Mentre i tuoi figli diventano forti e indipendenti, tua madre ritorna bambina.
«Mamma, non sono stata io a prendere la guida dei programmi TV.»
«Sì che sei stata tu.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Ieri sera ho visto tuo padre. Ha detto che sarebbe tornato tardi.»
«Non è possibile. È morto, mamma.»
«Perché dici una cosa simile? Sei una bambina cattiva.»
«Ho visto il signor Evans, mi ha spinto sull'altalena per ore e ore.»
«Non c'è nessun signor Evans. Te lo sei inventato, non esiste.»
«Non è vero. Perché dici una cosa simile? Solo perché tu non lo vedi non vuol mica dire che non esiste.»
«Non vieni mai a trovarmi. Stai sempre dietro a quei bambini. Non hanno nemmeno bisogno di te.»
(«Vai ancora a giocare a bridge? Vai sempre fuori e poi non hai tempo di leggermi le storie!»)
«Per amor di Dio, mamma, lascia perdere il parrucchino di Fred. Lo sappiamo tutti che lo porta, e parlarne in continuazione non fa che peggiorare le cose.» («Attenta a come parli, bambina, e aspetta che gli altri ti rivolgano la parola.») 
La figlia medita: «Non dovrebbe essere così. Tutti quegli anni passati a lavarmi, vestirmi, darmi da mangiare, correggermi, darmi ordini, coccolarmi e soddisfare i miei desideri... volevo che venisse il mio turno... volevo esser io a comandare. E adesso che il momento è arrivato, perché sono così triste?»
Lavi e asciughi il corpo che un giorno ti ha ospitato. 
Imbocchi le labbra che hanno baciato lividi e ferite per lenire il dolore. 
Pettini i capelli che ti si rovesciavano addosso per farti ridere. 
Sistemi la coperta sulle gambe che ti portavano a passeggio. 
Fa tanti riposini quanti ne facevi tu. 
La accompagni in bagno e l'aspetti per rimetterla a letto. 
C'è una donna che verrà a tenerle compagnia la sera di Capodanno. Non credevi che sarebbe stato così.
Un giorno sei in macchina con tua figlia, lei frena bruscamente, e istintivamente le sue braccia si alzano tra te e il parabrezza, allo scopo di proteggerti. Dio mio! Così presto.

- Bombeck Erma - 



Hanno oggettivamente dichiarato guerra alla ragionevolezza della famiglia.
Trovano intollerabile che un maschio e una femmina si uniscano stabilmente e mettano al mondo dei figli alla vecchia maniera, facendo l’amore, e che di quei figli si occupino con continuità, facendo uno il padre l’altra la madre, potendo raccontare loro anche, che so, del nonno nato in un’isola e della zia che amava i cappelli e le cartoline, perché quei figli sapranno da dove viene il loro seme, e non avranno mai l’angoscia di essere privi di una storia (o meglio, di averla ma di non poterla conoscere), senza radici, senza padri a cui ribellarsi, né avranno mai il senso di colpa di sapere che una povera indiana è stata sfruttata per pochi soldi mescolando con loro sangue e cellule e respiro e tutto il mischiabile, e poi sarà stata esclusa dalla loro vita quando ancora il cordone che li ha uniti starà pulsando sangue. 

- Costanza Miriano - 


Non importa quanta dignità tu pensi di avere: 
se un bambino ti passa una tazza vuota, tu devi bere. 




Buona giornata a tutti. :-)



domenica 19 gennaio 2025

Chi ha ucciso la torta di mele? - Erma Bombeck

 È una sensazione spaventosa svegliarsi una mattina e scoprire che mentre si dormiva si è passate di moda.
È quello che è successo a milioni di casalinghe, che un bel giorno si sono guardate allo specchio e hanno detto: «Abbassare il coperchio della tazza del cesso dieci volte al giorno non basta a realizzarmi».
Le donne erano stufe di schiacciare pulsanti. Per di più i pulsanti avevano cominciato a vendicarsi. 
Una mattina una casalinga di New York, mentre puliva il tappeto con l'aspirapolvere, si chinò a raccogliere un oggetto. I capelli rimasero imprigionati nella spazzola e la poveretta cadde a faccia in giù sull'elettrodomestico, subendo un elettrochoc alla parte sinistra della testa.
Così le casalinghe cominciarono a dubitare della validità della teoria formulata da un'associazione medica britannica, secondo la quale i lavori domestici erano il segreto della longevità femminile: tutto quel movimento prolungava la vita.
Un pomeriggio, mentre, inginocchiata sul pavimento, col peso di tutti i letti a castellosulla schiena, cercavo di infilare le assicelle nelle scanalature, mio marito mi chiese:
«Che cosa fai lì sotto?»
«La cura della giovinezza», dissi seccamente.
«Quegli aggeggi si spostano in continuazione», disse lui. «Perché non comperi delle assicelle più lunghe?»
«Erano più lunghe quando le abbiamo comprate», dissi io.
«Ricominci con quella tua assurda storia degli oggetti inanimati che crescono e rimpiccioliscono? Star chiusa qua dentro tutto il giorno ti fa male al cervello. Dovresti uscire di più. Quando finisci di sistemare tutta questa roba, perché non fai qualcosa che hai sempre desiderato di fare?»
Mi accovacciai per terra e mi misi a riflettere. 
Quello che avevo sempre desiderato di fare era scapparmene di casa. 
Sapete cosa voglio dire. Si segue una dieta ferrea per due settimane e si ingrassa di un chilo. 
Ci si spezza la schiena per riuscire ad andare a una svendita di biancheria e si scopre che sono rimaste solo lenzuola matrimoniali da sopra, o a una piazza da sotto, e federe formato gigante.
La vostra migliore amica (nella quale avete sempre riposto la massima fiducia) vi telefona per dirvi che è appena riuscita a scoprire come si fa il pane in casa. 
Qualche spiritoso ha scritto AIUTO nello strato di polvere che ricopre i tendaggi.
Il supermercato ha smesso di regalare le posate prima che abbiate completato il servizio, e vi accorgete, dopo aver passato quaranta minuti a stirarlo, che il vestito di lino vi sta stretto.
Siete bloccati nel traffico in una strada a senso unico e alla macchina davanti alla vostra si sgonfia una gomma. 
Quando la vostra vicina esce per andare in ufficio le gridate dietro: «Spero proprio che qualcuno abbia riempito di briciole di gomma la tua IBM».
E vi rendete conto di non farcela più.
Poi, un giorno, su una delle riviste più importanti, lessi un articolo dal titolo «È cominciata l'era delle donne».
Sopra l'articolo c'era la fotografia di una bionda bene in carne in un cantiere, circondata da un gruppo di uomini e intenta a spiegar loro i particolari di un progetto. Indossava un paio di scarpe in tinta con il caschetto giallo di Gucci. Nella seconda fotografia la medesima bionda, fasciata da un diafano pigiama, in piedi davanti a un fornello, sorvegliava sorridendo la cottura di un filet-mignon (ricetta a pagina 36), mentre il marito condiva l'insalata e i bambini preparavano amorosamente la tavola. 
Mi venne voglia di vomitare.
Anch'io volevo vivere nell'«era delle donne». (Anche se la mia «era» ormai non «era» più.) Immaginatevi un po'! Uscire tutte le mattine per recarsi in un ufficio tappezzato di moquette... mangiare pane fresco a colazione... usare un telefono luccicante invece che sporco di marmellata d'uva... profumarsi l'incavo delle ginocchia e far girare la testa ai fattorini.
E dissi a me stessa: «Basta. Se trovo una baby-sitter mi cerco un lavoro». 

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi




Una volta presa la decisione, passai sei mesi a esaminare una serie di aspiranti baby­sitter. 
È deprimente rendersi conto che nessuno vuol fare a pagamento un lavoro che voi avete fatto gratis per anni. 
Una delle ragazze poteva lavorare solo fino all'ora in cui i ragazzi tornavano da scuola. Un'altra credeva nei sonnellini fino a trentacinque anni suonati e una terza venne a lavorare un giorno, poi se ne andò dicendo: «Ma lei si aspetta davvero che io continui a lavorare in una casa dove la caraffa dell'acqua sembra una di quelle palle di vetro con la neve dentro che cade quando le si capovolge?»
Le altre donne, scoprii in seguito, avevano lo stesso problema. 
Una mia amica, infermiera diplomata, raccontò una storia terribile. 
Aveva trovato una «perla» disposta a tenere i bambini purché le si dessero istruzioni precise. Il primo giorno la mia amica le lasciò il seguente biglietto:
Tony deve prendere un cucchiaino della medicina rosa che troverà in frigorifero alle otto, e un altro prima di colazione. Ha l'impetigine, quindi si lavi bene le mani con acqua e sapone e non lasci che gli altri bambini bevano nel suo bicchiere.
Paola deve prendere un cucchiaio della medicina arancione nella boccetta marrone alle otto, e un altro all'ora di colazione. Per colazione ci sono affettati di ogni tipo, marmellata, ecc.
Paola deve andare sul vasino ogni due o tre ore. C'è un vasino al piano di sopra e una seggiolina nella stanza dei giochi.
Il cane non deve mangiare la gomma da masticare. La adora, ma poi bisogna portarlo dal veterinario. Deve prendere una pillola (non anticoncezionale) al giorno, perché ha una leggera infezione. Chieda a Franco (che va e viene tutto il giorno) di tenerlo, quando gliela dà, perché c'è rischio di beccarsi un morso.
Se telefona qualcuno si faccia lasciare un messaggio. Non usi la tazza del bagno di servizio. L'acqua non scorre. Se ha bisogno di qualcosa, mi telefoni. Se le chiedono chi parla, dica una delle infermiere.
Quando tornò a casa, trovò la porta d'ingresso imbrattata di sangue d'agnello e un grosso cartello che metteva in guardia contro le malattie infettive. La baby-sitter se l'era squagliata.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi


Basta andare a lavorare una volta nella vita per scoprire che questa storia dell'«era delle donne» è una gran balla. Forse hanno scambiato le didascalie sotto le foto. Forse quella bionda indossava il pigiama diafano in ufficio e il caschetto giallo in casa. Dio sa se è necessario avere qualcosa in testa, quando te la martellano di urla tutto il giorno.
Dov'erano le fotografie di lei mentre corre intorno al tavolo della cucina in pantofole, con due costolette sotto le ascelle per scongelarle più in fretta, urlando come una pazza «Va bene, disgraziati, lo so che ci siete, sento il brontolio del vostro stomaco»? 
A sentire il giornalista, la soluzione del problema lavoro esterno - lavoro domestico stava in un programma scritto per tutti i membri della famiglia, nel quale si elencavano i doveri e le responsabilità di ciascuno. 
Alla madre restava così il tempo non solo di lavorare tutto il giorno fuori casa, ma anche di dipingere, cucirsi i vestiti da sé, andare a cavallo e candidarsi alle presidenziali.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi



Le cose non sono affatto così semplici. Una sera telefonai a casa e dissi: «Voglio parlare con papà».
«È dal dentista», disse mio figlio. «Stamattina si è spezzato un dente con il pane surgelato.»
«Ah! E a chi toccava sgelare il pane, secondo il programma?»
«A me, ma avevo dimenticato le chiavi, sono rimasto chiuso fuori e ho dormito da Michele. Anche il garzone del droghiere è rimasto chiuso fuori. 
Nel garage ci sono due casse di acqua minerale.» «Dov'è tua sorella?»
«Ho rifatto il letto con lei dentro. Non mi parla più. 
La lavatrice è piena di panni bagnati tutti macchiati di marrone. Stiamo sgelando le costolette sotto il tuo casco. Indovina chi ha dimenticato di metter fuori il cane tornando a casa? Quando torni?» «Domani. Sentite la mia mancanza?»
«No ma, stando al programma, domani i piatti toccherebbero a te.» 
Parità di doveri è la parola d'ordine del movimento di liberazione della donna. 

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi



Comunque, ci sono alcune regole fondamentali, alle quali è necessario attenersi, quando la madre lavora fuori casa. Primo: quando rompere e quando non rompere. In altre parole, quando si può telefonare alla mamma in ufficio?
Esistono i casi di emergenza. Su questo non ci sono dubbi, ma bisogna pure cercare di stabilire alcuni criteri generali di guida.
Prima di telefonare alla mamma in ufficio, un bambino dovrebbe chiedersi: 
1) Le verrà un colpo quando le racconterò questa? 
2) Riuscirà a trovare un idraulico dopo le cinque? 
3) Metterà in atto la minaccia di trasferirsi in un'altra città e cambiare nome? Se le risposte sono «Sì, No, Sì», sarebbe bene che il bambino tentasse di inquadrare l'incidente nella giusta prospettiva.
Per esempio, se si tratta di un fatto di sangue, il suddetto bambino dovrebbe prendere in considerazione i seguenti particolari: si tratta di sangue suo? o del fratello? ce n'è molto? poco? sul divano senza fodere scozzesi? su quello da cinquecento dollari di cui i genitori stanno ancora pagando le rate? il sangue si fermerà? si è trattato di un incidente? di un dentino traballante? si può tacere e far finta che si tratti di una puntura di zanzara?
Un altro esempio: quando nel quartiere un bambino su due decide che la vostra casa è il posto ideale per giocare, perché non ci sono adulti in giro durante il giorno, vostro figlio dovrebbe chiedersi: «Voglio passare l'adolescenza chiuso nella mia stanza senza cibo e senza televisione? tengo veramente all'amicizia di un bambino che lancia i cubetti di ghiaccio al canarino? la mamma si accorgerà che abbiamo usato il frullatore per fare i coriandoli?» Altre situazioni sulle quali non lasciar adito a dubbi:
Quando un gruppo di bambini decide di lavare il gatto, lo mette nella lavatrice e vuole sapere che programma usare...  TELEFONARE IMMEDIATAMENTE. 
Quando lui e suo fratello stanno facendo a botte per l'ultima coca e lui vuole un parere autorevole su chi dovrebbe averla vinta... NON TELEFONARE. Quando un paio di uomini con un furgone gli dicono che la sua mamma vuole una fodera per il televisore, un posto sicuro in cui tenere l'argenteria, una bella pulita ai gioielli e una sistemata alla bicicletta a dieci marce, TELEFONARE ... E IN FRETTA. 
Quando sua sorella lo insegue per la casa con la canna per innaffiare i fiori e i mobili stanno stranamente diventando tutti bianchi, CORRERE.
Quando si annoia e non ha niente da fare e vuol solo scambiare due parole con qualcuno, TELEFONARE AL PADRE.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi




Per apprezzare fino in fondo sua moglie, ogni marito dovrebbe guidare almeno una volta una macchina piena di bambini.
Portare in giro i bambini è il ventiseiesimo tra i compiti preferiti da mio marito. Sta più o meno a metà tra il far colazione in una sala da tè e il lasciarsi cadere una palla da bowling sul piede.
«Ricordati», lo avvertii la prima volta che si accinse all'arduo compito, «sono bambini piccoli... non sacchi di patate. Questo vuol dire che devi fermare bene la macchina e scendere ad aprire la portiera. Non gridare, e assicurati che stiano tutti e sei vicino al finestrino. Che Dio te la mandi buona.» 
Un'ora e mezzo dopo, quando lo vidi entrare barcollando dalla porta, chiesi:
«Allora, perché ci hai messo tanto?»
«Per cominciare, quella peste con la bocca sporca di dentifricio non voleva salire in macchina. Ha detto che sua madre gli aveva raccomandato di non accettare mai passaggi da estranei. Poi il cartellino con il nome appuntato al vestito di Comesichiama è caduto e lei non sapeva più chi era. Debbie ha pianto per tre isolati perché aveva dimenticato il cestino della colazione sull'altalena. Cecilia... credo che si chiami così... quella che sta sempre ad abbottonarsi il golf nel tentativo di azzeccare l'asola giusta...» «Sì, è proprio Cecilia.»
«Mi ha detto che abitava nella gelateria all'angolo.» «Ma come mai ci hai messo tanto?»
«Michele. È stata tutta colpa di Michele. Ha detto che non sapeva dove abitava e così, per farmelo amico, gli ho dato un lecca lecca. Devo aver girato in tondo per almeno mezz'ora prima che si decidesse a dire: 'Ecco la mia casa'.
«Michele», ho detto, «siamo passati davanti a questa casa almeno venti volte. Perché non hai detto niente prima?»
«Perché», mi ha risposto, «non devo parlare con la bocca piena.»
C'è chi dice che responsabilizzando i bambini li si aiuta a crescere. C'è chi invece sostiene che si aiuta a crescere solo il premio dell'assicurazione. 


Buona giornata a tutti. :-)


giovedì 9 gennaio 2025

I tre figli - don Bruno Ferrero

Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato!

Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16)
- don Bruno Ferrero- 
Fonte :  Solo il vento lo sa di Bruno Ferrero


“Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?”. 

Quando a un bambino gli viene affidato un pesce rosso o un piccolo vasetto con un semino piantato dentro, non è per offrirgli un nuovo giocattolo ma per insegnargli la fedeltà che dà la vita alle cose. 
Se si dimenticasse di dare dal mangiare al pesce rosso o di mettere l’acqua alla piantina si accorgerebbe che in poco tempo avrebbe un pesce morto e una pianta secca. 
Diffidate quindi da quei genitori che regalano pesci rossi ai figli e poi se ne fanno carico loro per i successivi anni di vita, semplicemente perché il figlio così inizialmente entusiasta del nuovo acquisto, dopo un po’ si è annoiato. Senza quella pazienza che ci rimette davanti alle nostre responsabilità a partire dal pesce rosso, accadrà che da grandi faremo uguale nelle relazioni, con il lavoro, con le persone che diciamo di amare e perché no anche con i nostri figli che li accogliamo con l’entusiasmo dei pesci rossi nuovi per poi viverceli semplicemente come un peso. 
Con la stessa ottica pensate al paradiso: chi ci darà una cosa così bella se non siamo stati capaci di aver avuto cura di una cosa mediamente bella che ci è capitata nella vita? Non è punizione, ma conseguenza.

- don Luigi Maria Epicoco - 



Raccontami dove hai trovato la forza, Giacomo

......Raccontami come si lotta per essere felici quando tutto il mondo resiste e la corrente è contraria, perchè anche noi possiamo trovare la tua chiarezza e la tua forza. Insegnaci il segreto di un cielo stellato trecentosessantacinque giorni all'anno, di una vita che si aggrappa al futuro. 
Se un seme non "spera" nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perchè richiede consapevolezza di sè, apertura e tanti fallimenti. 
Sperare non è il vizio dell'ottimista ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco. 
Insegnaci, Giacomo, l'arte di sperare.


- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori



...Che cosa serve, Giacomo, per abitare questa sconfitta senza rifugiarsi in un mondo infantile e al riparo dalla vita? 
Si può proseguire senza rinunciare all'altezza, all'infinito? Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevamo immaginato? 
Come non scivolare , dopo l'incanto giovanile, nel disincanto adulto?

- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori






























Buona giornata a tutti :-)

                                                                 www.leggoerifletto.it 

mercoledì 20 novembre 2024

Tutte le sere

 Uno dei ricordi più vivi della mia infanzia si riferisce a quando mio padre tornava a casa dal lavoro alle sei e mezzo di sera. 
Io e mio fratello lo sentivamo suonare il campanello più e più volte, per gioco, fino a quando uno di noi due non andava ad aprirgli la porta.
Di solito, noi eravamo in cucina, a fare i compiti o a guardare la televisione e lanciavamo grida d'entusiasmo nel sentire quel familiare scampanellio.
Ci precipitavamo giù per le scale, spalancavamo la porta di casa e a quel punto lui ci diceva:
"Be', come mai ci avete messo tanto?"
Era il momento migliore della giornata quando lui tornava a casa.
C'è un altro ricordo che mi accompagnerà per sempre e si riferisce a quello che per lui era un vero rito quotidiano: la cena.
Ci accomodavamo a tavola tutti insieme e poi lui, posando una mano sul braccio della mamma, diceva:
"Ma voi due lo sapete che avete la mamma più straordinaria del mondo?"
Era una frase che amava ripetere tutte le sere.

Si possono chiamare: gli esercizi del cuore, i riti sono gli esercizi del cuore.



Insegnami a gridare verso di Te

Cristo,
Signore della creazione,
insegnami a gridare verso di Te,
strappami dal mio peccato.

Signore di perdono,
tu sei la misericordia che salva.

Strappami dallo scoramento,
donami la memoria
della tua misericordia che salva.

Signore, che fai meraviglie.

Tutta la mia vita entri nel tuo amore;
aprimi il cuore,
insegnami a pregare

- Pierre Griolet - 


Buona giornata a tutti. :-)


sabato 6 luglio 2024

L'altro - José Saramago

                                                       Non dobbiamo avere paura
delle differenze d’opinione.
Se tutti la pensassimo allo stesso modo
il mondo sarebbe molto noioso.
Ma non vale la pena uccidere
per le differenze d’opinione.
Dobbiamo cercare di comprendere l’altro
per una semplice ragione:
perché noi siamo
l’altro dell’altro.


- José Saramago -


                                            


... il viaggio non finisce mai

... il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. 
E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. 
Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, 
il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. 
Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. 
Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.

- Jose Saramago –
da "Viaggio in Portogallo




La gelosia ha da entrar nell'amore . . . 
come nelle vivande la noce moscata . . . ci ha da essere, 
ma non si ha da sentire . . . 

- F . Algarotti -




E’ questo il difetto delle parole. 
Stabiliamo che non c’è altro mezzo d’intenderci e di spiegarci, e finiamo con lo scoprire che restiamo a metà della spiegazione e così lontani dal comprenderci che sarebbe stato molto meglio lasciare agli occhi e al gesto il loro peso di 
silenzio. 
Forse anche il gesto è un di più. In fin dei conti, non è altro che il disegno di una parola, il muoversi di una frase nello spazio. 
Ci restano gli occhi e il loro accesso privilegiato alle apparizioni.

- Josè Saramago - 
da "Di questo mondo e degli altri"



























Buona giornata a tutti. :-)