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domenica 15 dicembre 2019

La pecora nera


C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre.
Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. 

Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco, alcune dicevano : «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere? »
Altre compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?» 
La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle.
E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini. 
Ma nemmeno in montagna trovò pace. ... 
«Che vivere è questo? Sempre da sola!» 
Una sera, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce e disse : «Dormirò là dentro » e si mise a correre. 
Correva come se qualcuno la attirasse. Una voce appena fu entrata le domandò : «Chi sei?» rispose la pecora nera : «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei gregge».
La voce continuò : «La stessa cosa è capitata a noi ! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». 
La pecora nera era piena di gioia.
Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù e disse : «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. 


La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana.
Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!». La pecora si mise a belare di felicità.




Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto, profumo di pino e di vino, buone chiacchiere, bei ricordi e amicizie rinnovate. 
Ma...se questo manca basterà l'amore.


- Jesse O'Neill -


"Maria donna del pane. Per questo, nella notte del rifiuto, ha usato la mangiatoia come il canestro di una mensa. Quasi per anticipare con quel gesto profetico l'invito che Gesù, nella notte del tradimento, avrebbe rivolto al mondo intero: prendete e mangiatene tutti". 

- don Tonino Bello - 



Dio, formatore della luce

Benedetto sei tu,
Signore nostro Dio, re del mondo,
che formi la luce e crei la notte,
che fai la pace e crei ogni cosa,
tutti ti lodano e tutti ti celebrano…

Tu che illumini la terra
E i suoi abitanti con misericordia,
e che nella tua bontà rinnovi sempre
ogni giorno l'opera della tua creazione…
Dio eterno, nella tua grande misericordia
Abbi compassione di noi,
Signore della nostra forza, 
roccia del nostro rifugio,
scudo della nostra salvezza,
nostra sola difesa.
Benedetto sei tu Signore, 
che crei la luce.

(Dalla Liturgia ebraica)





Buona giornata a tutti :-)

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domenica 23 dicembre 2018

Seguo le stelle e inciampo nel pianto di un Dio neonato

"Durante il tempo che precedeva il Natale, passavo lunghi momenti davanti al presepio a guardare la Madonna e, ai suoi piedi il Neonato.
Un’immagine così semplice segna la vita.
Permette un giorno di cogliere che, attraverso il Cristo, Dio stesso è venuto in mezzo a noi.
La notte di Natale andavo in chiesa. 
Quando avevo cinque o sei anni abitavamo un paesino in montagna e bisognava camminare nella neve.
Poiché ero il più giovane, mio papà mi teneva per mano. Mia mamma, mio fratello maggiore e le mie sette sorelle mi seguivano.

Mio padre mi indicava nel cielo aperto la stella dei pastori che gli stessi Magi avevano visto.
Quelle immagini mi ritornano in mente quando si legge il testo dell’apostolo Pietro dove scrive: “Guardate a Cristo come luce che brilla nella notte, finché non splenda il giorno e non si levi nei vostri cuori la stella del mattino”.

- Frère Roger -




Un altro Natale è possibile: ci può essere ancora un Buon Natale!
Con il Natale la vita vince nonostante tutto.


"Ogni bimbo che nasce è il segno che Dio non si è ancora stancato dell'umanità". (Tagore)

Viola, la perla bianca di Chiara nata nel cuore della ricca Brianza ha davanti a sé ottanta anni di vita (se tutto va bene) e una dote iniziale di 25.000 euro.
Njeri, la perla nera di Rachele, nata nella baracca di Korogocho ha davanti a sé quaranta anni di vita (se tutto fila liscio) e una dote iniziale di soli 250 euro.
Due mondi, due bimbe, divise da un invisibile muro di vetro.

La prima, Viola, fa parte del 20% dell'umanità che si "pappa" l'83% delle risorse mondiali. La seconda, Njeri, fa parte dell'oltre un miliardo di "esuberi umani" che devono accontentarsi dell' 1,4% delle risorse, costretti a vivere con meno di 1 dollaro al giorno: sono gli innocenti di cui si rinnova la strage oggi: e Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché essi non ci sono più.
Milioni di bimbi muoiono di fame, malattie, aids: un bimbo muore di fame ogni due secondi, 11 milioni ne muoiono all'anno per malattie meno gravi di un raffreddore, centinaia di milioni non inizieranno neanche la prima elementare.
Due mondi, due Natali.

Il nostro è il Natale dell'opulenza, delle luci, dei regali del consumismo degli affari. E' un business senza fine, è uno shopping anche di domenica. Questo sfavillio di luci natalizie sembra un meraviglioso "acquario" in cui guizzano costosissimi pesciolini esotici. A scrutarlo centinaia di milioni di bimbi dal volto scuro che guardano affascinati l'acquoso ed esotico luccichio. 
Fino a quando la parete di vetro proteggerà il banchetto degli esotici pesciolini?
Per assicurarci che la parete di vetro sia davvero infrangibile e ci protegga eternamente da quei visi sognanti di bimbi affascinati noi investiamo somme astronomiche in armi: Usa ed Europa nel 2003 programmano di spendere 750 miliardi di dollari.
Un altro Natale non solo è possibile ma è urgente e necessario!

Boicottiamo il Natale dei pesciolini esotici: il Natale dei consumi, dei regali, degli affari, un Natale "pagano" che ha ben poco da spartire con quel Bimbo che nasce in una mangiatoia alla periferia dell'impero, fuori dell'acquario anche lui indistinguibile volto nero in mezzo agli altri volti scuri.
Diciamo no al consumismo vieppiù indotto e incentivato e diciamo sì alla festa natalizia della famiglia allargata a nonni, cugini, zii, nipoti ma anche alla famiglia dell'immigrato che lavora per noi o che ci è più vicino.
Diciamo no al decadente e ripetitivo tango di regali, e diciamo sì ad un consumo critico, al regalo fatto in casa con amore e con le proprie mani, o a quello equo e solidale di lavoro fatto "in dignità".
Diciamo no alla stupida pervasività televisiva e diciamo sì alle relazioni umane in famiglia, ritornando a raccontarci gioie e dolori e a riprendere confidenza con l'immaginario, la fiaba prendendo a cuore anche la bellezza del celebrare insieme il fascino del Natale.
Diciamo no alla violenza e alla guerra e diciamolo con fierezza, e diciamo sì alla pace e alla nonviolenza con evidenza mettendo bandiere arcobaleno ai nostri balconi e camminando con uno "straccetto bianco di pace". Solo così il Natale ritornerà ad essere la festa della vita che farà rifiorire la speranza di un altro mondo possibile.
Coraggio, dunque, ci può ancora essere un Buon Natale!



- Padre Alex Zanotelli -






Seguo le stelle e inciampo nel pianto di un Dio neonato.
Mi guida l’odore della vita che irrora la notte.
Mi precede il grido della donna che feconda la polvere scura.
Seguo le stelle per portare tesori da nulla alla carne bambina che guarisce il male del mondo..



Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 15 settembre 2017

da: "I racconti del maktub" Paulo Coelho

La Madonna, con il Bambino Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra per visitare un monastero.
Orgogliosi, tutti i monaci si misero in una lunga fila, presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio.
Uno declamò alcune poesie, un altro le mostrò le miniature che aveva preparato per la Bibbia e un terzo recitò i nomi di tutti i santi. E così via, un monaco dopo l'altro, tutti resero omaggio alla Madonna e al Bambino.
All'ultimo posto della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento, che non aveva mai studiato i sacri testi dell'epoca. I suoi genitori erano persone semplici, che lavoravano in un vecchio circo dei dintorni, e gli avevano insegnato soltanto a far volteggiare le palline in aria.
Quando giunse il suo turno, gli altri monaci volevano concludere l'omaggio perché il povero acrobata non aveva nulla di importante da dire e avrebbe potuto sminuire l'immagine del convento. Ma anche lui, nel profondo del proprio cuore, sentiva un bisogno immenso di offrire qualcosa a Gesù e alla Vergine.
Pieno di vergogna, sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli, tirò fuori dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare: perché era l'unica cosa che egli sapesse fare.
Fu solo in quell'istante che Gesù Bambino sorride e cominciò a battere le mani in braccio alla Madonna.
E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia, lasciandogli tenere per un po' il bambinello.

- Paulo Coelho -
Fonte:  I racconti del maktub




Monaci Zen, quando desiderano meditare, siedono davanti ad una roccia e dicono: "Ora aspetterò che questa roccia cresca un po'". 
Dice il maestro: "Ogni cosa intorno a noi è in continuo cambiamento. Ogni giorno, il sole splende su un nuovo mondo."
Ciò che chiamiamo routine è piena di nuovi propositi e opportunità. Ma noi non percepiamo che ogni giorno è differente dagli altri.
Oggi, da qualche parte, un tesoro ti aspetta. Può essere un breve sorriso, può essere una grande vittoria - non importa.
Niente è noioso, perché tutto cambia costantemente. Il tedio non fa parte del mondo.
Il poeta T. S. Eliot, scrisse: 'Cammina tante strade, ritorna alla tua casa, e vedi ogni cosa come se fosse la prima volta".

- Paulo Coelho -
Fonte:  I racconti del maktub



C'era un re spagnolo che era molto orgoglioso della sua stirpe.
Era anche conosciuto per essere crudele con quelli più deboli.
Un giorno stava camminando con i suoi anziani consiglieri in un campo in Aragona, dove, anni prima, suo padre era caduto in battaglia.
Lì incontrarono un sant'uomo, che stava raccogliendo una enorme mucchio di ossa. "Cosa stai facendo?" chiese il re. "Onore a Sua Maestà" disse il sant'uomo. "Quando ho saputo che il re di Spagna sarebbe venuto qui, ho deciso di ritrovare le ossa di suo padre per dargliele. Ma per quanto cerchi, non riesco a trovarle. Sono uguali a quelle dei contadini, dei poveri, dei mendicanti e degli schiavi".

- Paulo Coelho -
Fonte:  I racconti del maktub


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 25 dicembre 2016

I pastori al tempo di Gesù - padre Alberto Maggi

A quel tempo i pastori erano considerati impuri e peccatori, che, secondo le scritture, il Messia alla sua venuta, avrebbe eliminato fisicamente. 
Erano servi malpagati e sfruttati da parte dei proprietari del gregge, e quindi sopravvivevano con il furto ai padroni o agli altri pastori con i quali contendevano i pascoli (Gen 13,7; 26,20). 
Vivevano di ruberie e spesso ci scappava anche il morto. Inoltre, per la loro condizione di vita, isolati nelle montagne e nei pascoli per gran parte dell’anno, a contatto solo con le bestie, erano per lo più bruti, selvaggi pericolosi che era sconsigliabile incontrare. Erano esclusi dal tempio e dalla sinagoga, per loro non c’era alcuna possibilità di salvezza. Erano esclusi anche dal perdono di Dio perchè non potevano restituire quel che avevano rubato, secondo quanto era prescritto dalla Legge (Lv 5,21-24). Privati dei diritti civili, esclusi dalla vita sociale, ai pastori era negata la possibilità di essere testimoni, poiché, in quanto ladri e bugiardi, non erano credibili e valevano meno delle bestie che dovevano accudire. 
Equiparati agli immondi pagani, per i quali non c’era alcuna speranza, si insegnava infatti che, se si poteva tirare fuori un animale caduto in una fossa il pastore no: «Non si tirano fuori da un fosso né i pagani né i pastori». La condizione più disprezzata era quella del pastore.
Una volta non era così infatti il re Davide, ispirato da Dio, aveva scritto in uno dei salmi più sublimi: «Il Signore è il mio pastore» (Sal. 23,1)? 
Al tempo in cui Davide scriveva il salmo, la società palestinese era diversa, era ancora di stampo nomade, e nel mondo beduino il ruolo del pastore era importante, al punto da diventare figura del capo, del re, e quindi di Dio. 
Poi la società andò mutando e diventò sempre più sedentaria, passando dall’attività prevalente della pastorizia a quella dell’agricoltura. 
Ora si sa che tra agricoltori e pastori c’è stata tensione e non è mai corso buon sangue, perchè gli interessi degli uni sono a scapito di quelli degli altri. L’atavica rivalità tra agricoltori e pastori veniva fatta risalire al Libro della Genesi, addirittura a Caino e Abele, causa del primo assassinio della storia dell’umanità (Gen 4,3-8).

Al tempo di Gesù l’immagine idilliaca del pastore era ormai un ricordo e la realtà era ben altra. 
Raffigurati come nemici del Signore, ai pastori spettava solo il castigo di Dio. Castigo che la società del tempo aspettava con l’apparizione del Messia.

- Padre Alberto Maggi - 


La grazia di Dio è apparsa: ecco perché il Natale è festa di luce. Non una luce totale, come quella che avvolge ogni cosa in pieno giorno, ma un chiarore che si accende nella notte e si diffonde a partire da un punto preciso dell’universo: dalla grotta di Betlemme, dove il divino Bambino è "venuto alla luce". In realtà, è Lui la luce stessa che si propaga, come ben raffigurano tanti dipinti della Natività. Lui è la luce, che apparendo rompe la caligine, dissipa le tenebre e ci permette di capire il senso ed il valore della nostra esistenza e della storia. Ogni presepe è un invito semplice ed eloquente ad aprire il cuore e la mente al mistero della vita. E’ un incontro con la Vita immortale, che si è fatta mortale nella mistica scena del presepe.

Dal Messaggio Urbi et Orbi di Papa Benedetto XVI, Natale 2008



«Il Signore venne in lei per farsi servo. 
Il Verbo venne in lei per tacere nel suo seno.
Il fulmine venne in lei per non fare rumore alcuno.
Il Pastore venne in lei ed ecco l'Agnello nato, 
che sommessamente piange.
Poiché il seno di Maria ha capovolto i ruoli: 
Colui che creò tutte le cose ne è entrato in possesso, 
ma povero.
L'Altissimo venne in lei (Maria), ma vi entrò umile.
Lo splendore venne in lei, ma vestito con panni umili.
Colui che elargisce tutte le cose conobbe la fame.
Colui che abbevera tutti conobbe la sete.
Nudo e spogliato uscì da lei, 
Egli che riveste (di bellezza) tutte le cose» 

- Sant' Efrem - 


"Lasciate che la magia del Natale pervada le vostre anime, accendendo l’amore nei vostri cuori. Buon Natale!"


L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti amici ed amiche
che da tanti anni seguite le mie.... fantasie, le mie letture, le mie ricerche.

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca.


- Stefania -


sabato 24 dicembre 2016

Greccio, vigilia di Natale del 1223 ....

Francesco d'Assisi desiderò che il popolo potesse vedere, sentire e addirittura toccare quel meraviglioso evento: la nascita di Gesù a Betlemme. 
La mangiatoia, il bue, l'asino aiutarono Francesco a realizzare il suo desiderio. 
Quel Natale di Greccio restò memorabile. Era l'inizio della tradizione del presepio.
Nelle cronache del 1200 si legge...

Francesco un giorno incontrò un nobiluomo di nome Giovanni che gli chiese cosa doveva fare per seguire le vie del Signore. 
Francesco gli disse di prepararsi ad accogliere Gesù nel suo cuore e preparare il Natale. Allora quel tale fece costruire una stalla, vi fece portare del fieno e condurre un bove e un asino. 
Poi arrivò dicembre… La notte di Natale del 1223 molti pastori e contadini, artigiani e povera gente si avviarono verso la grotta che Giovanni da Greccio aveva preparato per Francesco. Alcuni avevano portato doni per farne omaggio al Bambino e dividerli con i più poveri. Francesco disse di volere celebrare un rito nuovo, più intenso e partecipato; per questo aveva chiesto il permesso al papa. Su un altare improvvisato un sacerdote celebrò la Messa.
Francesco, attorniato dai suoi frati, cantò il Vangelo.
Stando davanti alla mangiatoia, egli aveva il viso cosparso di lacrime, traboccante di gioia. 
Allora fu visto «dentro la mangiatoia un bellissimo bambino addormentato che il beato Francesco, stringendo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno». 
Fra i testimoni del miracolo molti erano personaggi degni di fede e questo contribuì a divulgare la notizia in tutto il Lazio, l'Umbria e la Toscana fino a Genova e Napoli. 
Da quel miracolo molti trassero benefici spirituali e corporali: alcuni si convertirono e diventarono più buoni, altri guarirono da malattie, altri trovarono forza e pace interiore. 
Tutto il paese sapeva di questi prodigi e teneva memoria di quella notte santa, quando un Bambino era apparso a Francesco, che aveva voluto ricostruire l'ambiente del primo Natale in un bosco dell'Appennino.



Nel Natale noi incontriamo la tenerezza e l'amore di Dio che si china sui nostri limiti, sulle nostre debolezze, sui nostri peccati e si abbassa fino a noi. 

- Papa Benedetto XVI - 




La mangiatoia

L’immagine consueta del Presepio contiene dei particolari che in Luca non sono menzionati: la grotta, il bue e l’asino. Essi sicuramente sono racchiusi nell’immagine evocata dal vocabolo «mangiatoia», faine in greco: essa designa un bacino, una cavità ricavata dalla parete della grotta, per deporvi non solo il mangime del bestiame, ma anche il cibo degli operai e dei pastori che vi mettevano il loro pranzo che consumavano insieme.
In un resto della Mishnah che risolve alcuni problemi di casistica alimentare, si parla di un sito ove venivano appoggiate le cibarie degli operai e dei pastori: esso è chiamato ebus, mangiatoia, stalla, truogolo. 
In questa prospettiva, le parole dell’Angelo ai pastori: «Questo sarà il segno», il «segno» rivelatore del mistero del Fanciullo - un neonato è deposto nella mangiatoia, nell’incavo ove siete soliti appoggiare le vostre vivande durante il lavoro -, acquistano un più pertinente significato: il Fanciullo nella mangiatoia è: «II Pane disceso dal cielo. Chi mangia della mia carne, avrà la vita » (Gv 6,51. 54).

- Giovanni Vannucci -


Buona giornata a tutti :-)






venerdì 23 dicembre 2016

Il presepe vuoto - Patrizio Righero

A poco più di un’ora dalla mezzanotte la sconcertante scoperta: la statuetta di Gesù Bambino è sparita!
Don Mimmo ha un bel predicare calma e sangue freddo, ormai le catechiste, con addosso l’agitazione delle grandi occasioni, hanno convocato l’unità di crisi.
E adesso che cosa si fa?
Andarne a comprare una nuova? Troppo tardi. I negozi sono già chiusi e poi trovarne una a grandezza naturale non è mica facile.
Chiederla in prestito alla parrocchia vicina? Tanto vale provare.
«Don Giuseppe, ha per caso una statua di Gesù bambino da prestarci?»
«Spiacente. Ne abbiamo una sola. E la usiamo noi…»
Le suore del convento di santa Lucia?
No, troppo lontane. Impossibile farcela per mezzanotte.
Intanto il coro prosegue con le prove: astro del ciel, adeste fideles, gloria gloria… I bambini a far chiasso in sacrestia. I pastori in pole position per la sfilata. E don Mimmo?
Da quando è iniziata la riunione di emergenza più nessuno l’ha visto.
Passi perdere il bambinello («al limite – aveva suggerito una mamma di quelle che sanno sempre aggiustare le cose – ci mettiamo un cicciobello!»); ma perdere anche il parroco è davvero troppo.
Il campanile, impietoso, suona le 23.
Dovrebbe iniziare la veglia. Sì, ma come?
Il direttore del coro taglia corto e dà disposizioni per partire: avanti con i canti, le poesie dei bambini, una sgambettata danzante delle ragazze della cresima, un testo di Tonino Bello che non guasta mai.
23.30. E ancora niente. Né bambinello, né parroco.
«Non risponde nemmeno al telefonino… gli sarà successo qualcosa?». L’inquietante dubbio inizia a serpeggiare tra i fedeli assiepati nei banchi nella chiesa.
«Se non arriva ce ne torniamo a casa? Stiamo qui? Che cosa si fa?»
23.45. Il coro la tira lunga con canti natalizi a sedici strofe ciascuno.
23.50. Il rombo inconfondibile della panda di don Mimmo.
Le catechiste si lanciano nel cortile dell’oratorio come proiettili di una catapulta. Ed ecco lì. Il don scende dall’auto. Con lui una ragazza diafana che sembra proprio la madonna. In braccio un fagotto di bambino.
In men che non si dica i tre hanno dribblato le zelanti catechiste e si sono infilati in canonica. Ma non abbastanza in fretta.
«Ma quella non è la Romina?»
«Chi? La figlia della Michela?»
«Proprio quella… che brutta storia. Incinta a 16 anni».
«Ma quella che faceva l’animatrice?»
«Ne sono sicura!»
«E il padre?»
«Chi lo sa… quel mascalzone è sparito chissà dove».
«Credevo che non l’avesse tenuto il bambino. Così dicevano».
«No, no. L’ha tenuto. Ma quando è nato la Michela e il Giovanni non han voluto che si sapesse in giro. Si vergognano…».
«E come si chiama la creatura?»
«Non saprei. Non l’hanno ancora battezzata»
«Forse è una bambina… chissà!»
23.59. Sfilza di chierichetti minuscoli, seguiti da chierichetti medi e due extra large. Poi don Mimmo e… quei due lì. La Romina e il suo fagotto che ha iniziato a gorgheggiare canti che conosce solo lui.
Don Mimmo li accompagna fino alla cappella del presepe e li fa accomodare proprio lì. Tra l’asino e il bue di cartapesta. Scostando perfino le antiche e preziose statue di Giuseppe e Maria.
Nel nome del Padre (quello che non è scappato, chiaro!)
Del figlio (che sta lì infagottato, in braccio a quella ragazzina).
E dello Spirito Santo (che ha già fatto il suo dovere soffiando su quell’assemblea radunata nella notte Santa un’inattesa capacità di accoglienza).
Amen.
E buon Natale.
Anche se il bambinello è una femminuccia e si chiama Lorena.

- Patrizio Righero - 


La Santa Eucaristia è la continuazione dell’incarnazione di Cristo sulla terra. Il mistero dell’Eucaristia ci dà la gioia di avere il Natale tutti i giorni. Quando arriviamo al Santissimo Sacramento, noi arriviamo a Betlemme, un nome che significa “Casa del Pane”. 
Gesù ha voluto nascere a Betlemme, perché Egli dimorerà con noi per sempre come il “Pane Vivo” disceso dal Cielo. 
Quando i pastori ed i Magi sono venuti per adorarLo, Gli hanno portato tanta gioia con la loro umile visita a Betlemme e quella loro visita è stata elogiata e raccontata attraverso i secoli. 
Dio non ha mai smesso di onorarli poiché era onorare Suo Figlio a Betlemme. E così anche oggi la tua umile visita a Gesù, nel Santissimo Sacramento, Gli reca tanta gioia che sarà raccontata per tutta l’eternità e porterà il mondo più vicino alla Sua promessa di pace sulla terra. 

- Madre Teresa di Calcutta -





Oh Padre, cosa mi manca 
quando tengo ben stretti i miei progetti, 
le mie speranze, i miei sogni? 
Aiutami a fidarmi di Te 
quando io non comprendo, 
quando avrei scelto un’altra strada 
rispetto a quella che Tu hai scelto 
per me o per i miei cari. 
Mentre cammino attraverso 
questo tempo con Te, oh Padre, io consegno a Te 
tutto quello che ho di più caro. 
Io voglio vivere Cristo come fece Maria, 
con fede, con fiducia e con speranza. 
La speranza nel Cristo a Natale!


Buona giornata a tutti. :-)






martedì 20 dicembre 2016

Gesù, Figlio dell'Uomo - Kahlil Gibran

Maestro, maestro dei cantici,
Maestro di parole mai dette,
sette volte sono nato, sette volte sono morto
dal tempo della tua visita fugace,
dall'istante fugace del nostro incontro.
Ed ecco, sono vivo ancora una volta,
a ricordare un giorno e una notte trascorsi sui monti,
quando ci alzava la tua marea.
Da allora molte terre ho attraversato, e molti mari,
e dovunque io fossi condotto, da sella o da vela,
c'era il tuo nome, come preghiera o disputa.
Benedetto o maledetto dagli uomini:
era maledizione la protesta contro una disfatta,
era benedizione l'inno del cacciatore
di ritorno dai monti
con le provviste per la compagna.
Sono ancora al nostro fianco i tuoi amici,
sostegno e conforto,
e i tuoi nemici ancora ci danno vigore e certezza.
E' ancora qui tua madre;
ho visto splendere il suo volto nel volto di tutte le madri;
dondolavano culle al tocco gentile della sua mano,
quella sua mano che piega lenzuola funebri con tenerezza.
E' ancora tra noi Maria Maddalena,
colei che accostò le labbra all'aceto prima che al vino dell'esistenza.
E Giuda, uomo di dolore, uomo di ambizioni meschine,
anche lui percorre la terra;
ed è ancora preda di se stesso quando la sua fame non trova altro,
e cerca il suo io, quello grande, distruggendo se stesso.
Ed ecco Giovanni, la cui giovane età amava la bellezza:
canta, canta e non l'ascoltano.
E Simon Pietro, l'impetuoso, che ti rinnegò al fine di vivere più a lungo per te,
anche lui siede accanto al fuoco, il tuo fuoco.
Potrebbe rinnegarti ancora, prima dell'alba di un nuovo giorno,
ma per te si farebbe crocifiggere, e si direbbe indegno di così grande onore.
E Caifa e Anna vivono ancora il loro giorno,
giudicando colpevoli e innocenti.
Dormono sui loro letti di piume
mentre viene percosso l'uomo che hanno appena giudicato.
Ed ecco la donna che fu sorpresa in adulterio,
si aggira ancora nelle nostre città,
affamata di pane da cuocere,
e abita sola in una casa vuota.
Ed è qui anche Ponzio Pilato:
ti è ancora di fronte in timore e reverenza,
ancora ti interroga,
ma non osa mettere in gioco se stesso o provocare un popolo straniero;
ecco che ancora si lava le mani.
E ancora Roma sorregge la brocca e Gerusalemme il bacile,
e tra loro mille migliaia di mani chiedono di tornare monde.

Maestro, maestro di poesia,
Maestro di parole pronunciate, Maestro di parole cantate,
hanno costruito templi per dare dimora al tuo nome,
e sopra ogni altura hanno innalzato la tua croce,
simbolo, segnale che guidi i loro passi indocili,
ma quella guida non conduce alla tua gioia.
E' un monte, la tua gioia, al di là della loro visione,
e a loro non può arrecare conforto.
Vogliono rendere onore a un uomo che non conoscono.
Quale consolazione in un uomo come loro, un uomo la cui
gentilezza è la loro gentilezza,
dio di un amore simile al loro,
dio di pietà che è nella loro pietà?
L'uomo, il vivente, il primo uomo che aprì gli occhi e fissò il sole,
e fissò il sole senza che le sue palpebre tremassero:
a quest'uomo, non intendono rendere onore.
Non lo conoscono, e rifiutano di divenire simili a lui.
Ignoti, nella processione degli ignoti: 
questo vogliono essere;
e amano soggiacere al dolore, il loro dolore,
e rifuggono dal conforto della gioia.
Non cerca la consolazione delle tue parole né la loro musica,
il cuore sofferente di questi uomini.
E' un'afflizione muta e senza forma;
le rende creature solitarie con cui nessuno s'intrattiene.
Attorniati da parenti e conoscenti,
vivono nel timore, solitari;
eppure, non amano la solitudine.
Vogliono piegarsi verso oriente quando soffia il vento da occidente.
Re, così ti chiamano.
E ambiscono a far parte della tua corte.
Ti dicono il Messia,
e anche loro vorrebbero essere unti con il sacro olio.
Sì, vorrebbero vivere della tua vita.

Maestro, maestro dei canti,
le tue lacrime erano simili alla pioggia che cade nel mese di maggio,
e ridevi come le onde spumeggianti del mare.
Quando parlasti, le tue parole furono il sussurro lontano delle labbra di quegli uomini,
al tempo in cui il fuoco non le aveva ancora fatte ardere.
Ridevi per il midollo delle loro ossa non ancora pronto a ridere,
e piangevi per i loro occhi asciutti.
La tua voce fu padre ai loro pensieri e al loro comprendere.
La tua voce fu madre alle loro parole e al loro respiro.
Sette volte sono nato e sette volte sono morto,
e ora nuovamente vivo, e ti guardo,
guerriero tra i guerrieri,
poeta dei poeti
re al di sopra dei re,
nudo fino alla cintura a fianco dei compagni di viaggio.
Ogni giorno il vescovo s'inchina
pronunciando il tuo nome.
E ogni giorno implorando i mendicanti:
Per amore di Gesù,
dateci un soldo per comprare del pane.
L'uno si reca in visita dall'altro,
ma in verità ognuno viene da te,
come l'alta marea nella primavera del nostro desiderio,
e come la bassa marea del nostro autunno.
Alto e basso, il tuo nome è sulle nostre labbra,
Maestro di infinita misericordia.

Maestro, Maestro delle nostre ore solitarie,
ovunque, tra culla e sepolcro, incontro i tuoi fratelli silenziosi:
uomini liberi dai ceppi,
figli della terra che ti fu madre e dello spazio.
Sono come gli uccelli del cielo
e come i gigli del campo.
Vivono la tua vita e pensano i tuoi pensieri,
e fanno eco al tuo canto,
ma hanno le mani vuote,
e non sono crocifissi nella grande crocifissione.
Ed è questo, il loro dolore.
Li crocifigge ogni giorno il mondo,
li crocifigge in mille modi, in mille piccoli modi.
I cieli non ne sono percossi
e la terra non soffre dolori di parto per i suoi morti.
Vengono crocifissi, e nessuno assiste alla loro agonia.
Volgono il viso verso sinistra e verso destra,
e non trovano nessuno che prometta l'ingresso in un regno.
Ma un'altra volta e un'altra volta ancora si farebbero crocifiggere
perché il tuo Dio fosse il loro Dio,
e Padre loro il Padre tuo.

Maestro, Maestro d’amore,
la principessa attende la tua venuta nella stanza colma di fragranze,
e la sposa nubile ti attende nella gabbia,
e per le strade della sua vergogna ti attende la prostituta in cerca di pane,
e nel chiostro la monaca, che non ha marito;
e la donna che non ha figli ti attende, alla finestra,
dove il ghiaccio disegna una foresta sui vetri:
lei ti ritrova in quelle simmetrie,
e si sente tua madre, e si consola.

Maestro, Maestro di poesia,
Maestro dei nostri desideri muti,
freme il cuore del mondo mentre pulsa il tuo cuore,
freme, ma non s'infiamma al tuo canto.
Siede tranquillo, il mondo in ascolto, e la tua voce lo delizia,
ma non lo fa balzare in piedi
a scalare le vette dei tuoi monti.
Agli uomini piace sognare i tuoi sogni, ma non destarsi alla tua alba,
e la tua alba è il loro sogno più grande.
Amano vedere con i tuoi occhi, gli uomini,
ma non trascinarsi al tuo trono.
Eppure molti sono stati posti sul trono in tuo nome,
e hanno ricevuto sul capo la mitra del tuo potere,
e, con l'oro della tua venuta,
hanno fatto corone per il loro capo e scettri per le loro mani.

Maestro, Maestro di luce,
i tuoi occhi sulle dita dei ciechi, che sfiorano cercando;
ma tu sei ancora disprezzato e irriso,
uomo troppo debole per essere Dio,
Dio troppo uomo per suscitare adorazione.
E i loro riti e i loro inni,
il rosario, il sacramento, tutto per il loro io prigioniero.
Tu sei il loro io lontano, il loro grido remoto, e la loro passione.
Ma tu, Maestro, Cuore celeste, cavaliere del sogno più bello, 
tu ancora percorri questo giorno;
né archi né lance fermeranno i tuoi passi.
Tu passi attraverso le nostre frecce,
sorridi volgendo lo sguardo su di noi,
e tu, il più giovane di tutti,
sei padre a noi tutti.
Poeta, Poeta dei cantici, Cuore grande,
possa il nostro Dio benedire il tuo nome,
e il grembo che ti ha custodito, e il seno che ti ha allattato.
E possa Dio concedere il perdono a ognuno di noi. 

- Kahlil Gibran - 


La natura divina del Figlio accettò di prendere su di sé la tua grossolanità carnale: divenne Dio l’uomo terreno, poiché si fu unito a Dio, che fu fatto un solo essere in quanto l’elemento migliore ebbe il sopravvento, affinché io potessi diventare Dio tanto quanto Dio divenne uomo. 

- san Gregorio Nazianzeno - 


Il sorriso di una maternità fresca è antidoto alla disperazione. 
Personale. Sociale. Anche economica. 
Giovani madri coraggiosamente incoscienti come tante loro nonne e bisnonne. Maria è madre. Regina di tutte le madri. Alleata della maternità. 
Maria madre di Gesù vero uomo. 
Le immagini della Madonna del ‘300-‘400 in cui Maria offre a Gesù Bambino un vero seno di carne hanno difeso la fede dall’odio per la storia. 
La carne umana di Maria antidoto a ogni spiritualismo di “madonne” senza volto e senza forma. 
Maria antidoto con il suo seno di vera donna al veleno di ecologismi animalisti che più o meno sottilmente amano tutta la natura tranne quella umana.

- Padre Maurizio Botta - 



Buona giornata a tutti. :-)