Dal Web
Nei giorni attorno a Natale del 1914 nelle trincee del
fronte occidentale (Francia e Belgio) avvenne qualcosa di magico e unico…
Venne fatta una tregua. Una tregua non ordinata dai comandi, ma dai soldati
semplici. Dagli stessi che un secondo prima si sparavano e ammazzavano a
vicenda e un attimo dopo uscirono allo scoperto, si abbracciarono, fumarono,
cantarono e giocarono a pallone insieme!
L’episodio (realmente accaduto) preoccupò così tanto gli Stati Maggiori che
venne cancellata immediatamente dalla storia e dalla memoria.
Su questa meravigliosa storia - per così dire “dimenticata” - il regista
Christian Carion ha girato il memorabile film dal titolo “Joyeux Noel: una
verità dimenticata dalla storia.”
Ecco la lettera scritta da un soldato inglese alla sorella:
Janet, sorella cara,
sono le due del mattino e la maggior parte degli uomini dormono nelle loro
buche, ma io non posso addormentarmi se prima non ti scrivo dei meravigliosi
avvenimenti della vigilia di Natale.
In verità, ciò che è avvenuto è quasi una fiaba, e se non l’avessi visto coi
miei occhi non ci crederei. Prova a immaginare: mentre tu e la famiglia
cantavate gli inni davanti al focolare a Londra, io ho fatto lo stesso con i
soldati nemici qui nei campi di battaglia di Francia!
Come ti ho già scritto, negli ultimi giorni ci sono stati pochi combattimenti
gravi. Le prime battaglie hanno fatto tanti morti, che entrambe le parti si
sono trincerate, in attesa dei rincalzi. Sicché per lo più siamo rimasti nelle
trincee ad aspettare.
Ma che attesa tremenda! Ci aspettiamo ogni momento che un obice d’artiglieria
ci cada addosso, ammazzando e mutilando uomini. E di giorno non osiamo alzare
la testa fuori dalla terra, per paura del cecchino.
E poi la pioggia: cade quasi ogni giorno. Naturalmente si raccoglie proprio
nelle trincee, da cui dobbiamo aggottarla con pentole e padelle. E con la
pioggia è venuto il fango, profondo un piede e più. S’appiccica e sporca tutto,
e ci risucchia gli scarponi. Una recluta ha avuto i piedi bloccati nel fango, e
poi anche le mani quando ha cercato di liberarsi…»
«Con tutto questo, non potevamo fare a meno di provare curiosità per i soldati
tedeschi di fronte noi. Dopo tutto affrontano gli stessi nostri pericoli, e
anche loro sciaguattano nello stesso fango.
E la loro trincea è solo cinquanta metri davanti a noi. Tra noi c’è la terra di
nessuno, orlata da entrambe le parti di filo spinato, ma sono così vicini che
ne sentiamo le voci.
Ovviamente li odiamo quando uccidono i nostri compagni. Ma altre volte
scherziamo su di loro e sentiamo di avere qualcosa in comune. E ora risulta che
loro hanno gli stessi sentimenti.
Ieri mattina, la vigilia, abbiamo avuto la nostra prima gelata. Benché
infreddoliti l’abbiamo salutata con gioia, perché almeno ha indurito il fango.
Tutto era imbiancato dal gelo, mentre c’era un bel sole: clima perfetto per
Natale.
Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria. Ma quando la sera è
scesa sulla vigilia, la sparatoria ha smesso interamente. Il nostro primo
silenzio totale da mesi! Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non
ci contavamo. Ci avevano detto che i tedeschi potevano attaccarci e coglierci
di sorpresa.
Io sono andato al mio buco per riposare, e avvolto nel cappotto mi devo essere
addormentato.
Di colpo un camerata mi scuote e mi grida: ?Vieni a vedere! Vieni a vedere cosa
fanno i tedeschi! Ho preso il fucile, sono andato alla trincea e, con cautela,
ho alzato la testa sopra i sacchetti di sabbia».
«Non ho mai creduto di poter vedere una cosa più strana e più commovente. Grappoli
di piccole luci brillavano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra,
a perdita d’occhio.
Che cos’è?, ho chiesto al compagno, e John ha risposto: ‘alberi di Natale!’.
Era vero. I tedeschi avevano disposto degli alberi di Natale di fronte alla
loro trincea, illuminati con candele e lumini. E poi abbiamo sentito le loro
voci che si levavano in una canzone: ‘ stille nacht, heilige nacht…’.
Il canto in Inghilterra non lo conosciamo, ma John lo conosce e l’ha tradotto:
‘notte silente, notte santa’. Non ho mai sentito un canto più bello e più
significativo in quella notte chiara e silenziosa.
Quando il canto è finito, gli uomini nella nostra trincea hanno applaudito.
Sì,
soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi uno di noi ha cominciato a cantare,
e ci siamo tutti uniti a lui: ‘the first nowell, the angel did say…’.
Per la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi, con le loro belle
armonie. Ma hanno risposto con applausi entusiasti, e poi ne hanno attaccato
un’altra: ‘o tannenbaum, o tannenbaum…’.
A cui noi abbiamo risposto: ‘o come all ye faithful…’.
E questa volta si sono uniti al nostro coro, cantando la stessa canzone, ma in
latino: ‘adeste fideles…’».
«Inglesi e tedeschi che s’intonano in coro attraverso la terra di nessuno!
Non potevo pensare niente di più stupefacente, ma quello che è avvenuto dopo lo
è stato di più.
‘Inglesi, uscite fuori!’, li abbiamo sentiti gridare, ‘voi non spara, noi non
spara!’.
Nelle trincea ci siamo guardati non sapendo che fare. Poi uno ha gridato per
scherzo: ‘venite fuori voi!’.
Con nostro stupore, abbiamo visto due figure levarsi dalla trincea di fronte,
scavalcare il filo spinato e avanzare allo scoperto. Uno di loro ha detto:
‘Manda ufficiale per parlamentare’.
Ho visto uno dei nostri con il fucile puntato, e senza dubbio anche altri
l’hanno fatto – ma il capitano ha gridato ‘non sparate!’. Poi s’è arrampicato
fuori dalla trincea ed è andato incontro ai tedeschi a mezza strada.
Li abbiamo
sentiti parlare e pochi minuti dopo il capitano è tornato, con un sigaro
tedesco in bocca!
Ci siamo accordati ‘niente fuoco fino a mezzanotte di domani’, ha annunciato.
‘Ma tutte le sentinelle restino ai loro posti, e tutti gli altri stiano sul chi
vive’.
Nel frattempo gruppi di due o tre uomini uscivano dalle trincee e venivano
verso di noi. Alcuni di noi sono usciti anch’essi e in pochi minuti eravamo
nella terra di nessuno, stringendo le mani a uomini che avevamo cercato di
ammazzate poche ore prima».
«Abbiamo acceso un gran falò, e noi tutti attorno, inglesi in kaki e tedeschi
in grigio. Devo dire che i tedeschi erano vestiti meglio, con le divise pulite
per la festa. Solo un paio di noi parlano il tedesco, ma molti tedeschi
sapevano l’inglese. Ad uno di loro ho chiesto come mai.
‘Molti di noi hanno lavorato in Inghilterra’, ha risposto. ‘Prima di questo
sono stato cameriere all’Hotel Cecil. Forse ho servito alla tua tavola!’
‘Forse!’, ho risposto ridendo.
Mi ha raccontato che aveva la ragazza a Londra e che la guerra ha interrotto il
loro progetto di matrimonio. E io gli ho detto: ‘non ti preoccupare, prima di
Pasqua vi avremo battuti e tu puoi tornare a sposarla’.
Si è messo a ridere, poi mi ha chiesto se potevo mandare una cartolina alla
ragazza, ed io ho promesso.
Un altro tedesco è stato portabagagli alla Victoria Station. Mi ha fatto vedere
le foto della sua famiglia che sta a Monaco. Sua sorella maggiore non è niente
male, io gli ho detto che mi piacerebbe conoscerla. Lui raggiante mi ha detto
che gli piacerebbe molto, e mi ha dato l’indirizzo.
Anche quelli che non riuscivano a parlare si scambiavano doni, i loro sigari
con le nostre sigarette, noi il tè e loro il caffè, noi la carne in scatola e
loro le salsicce. Ci siamo scambiati mostrine e bottoni, e uno dei nostri se
n’è uscito con il tremendo elmetto col chiodo! Anch’io ho cambiato un coltello
pieghevole con un cinturame di cuoio, un bel ricordo che ti mostrerò quando
torno a casa.
Ci siamo scambiati anche dei giornali, e i tedeschi se la ridevano leggendo i
nostri. Ci hanno dato per certo che la Francia è alle corde e la Russia quasi
disfatta. Noi gli abbiamo ribattuto che non era vero, e loro. ‘Va bene, voi
credete ai vostri giornali e noi ai nostri’».
«E’ chiaro che gli raccontano delle balle, ma dopo averli incontrati anch’io mi
chiedo fino a che punto i nostri giornali dicano la verità. Questi non sono i
‘barbari selvaggi’ di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie,
paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come
hanno potuto indurci a credere altrimenti?
Siccome si faceva tardi abbiamo cantato insieme qualche altra canzone attorno
al falò, e abbiamo finito per intonare insieme – non ti dico una bugia – ‘Auld
Lang Syne’. Poi ci siamo separati con la promessa di rincontraci l’indomani, e
magari organizzare una partita di calcio.
Stavo tornando alla trincea quando un tedesco più anziano m’ha preso il braccio
e ha detto: Dio mio, perché non possiamo fare la pace e tornare a casa?
Gli ho detto senza cattiveria: ‘chiedilo al tuo imperatore’.
Lui mi ha guardato come scrutandomi: ‘forse, amico. Ma dobbiamo chiederlo anche
al nostro cuore’.
E insomma, sorella mia, c’è mai stata una vigilia di Natale come questa nella
storia?
Per i combattimenti qui, naturalmente, significa poco purtroppo.
Questi soldati
sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. A parte che
siamo qui per fermare il loro esercito e rimandarlo a casa, e non verremo meno
a questo compito.
Eppure non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che
si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Ovviamente, conflitti
devono sempre sorgere. Ma che succederebbe se i nostri governanti si
scambiassero auguri invece di ultimatum?
Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte
le guerre?
Il tuo caro fratello Tom».
Da un lato sappiamo che è importante cercare Dio.
Dall’altro lato, la vita ci allontana da Lui- perché ci
sentiamo ignorati dal Divino, oppure perché siamo impegnati nella nostra vita
quotidiana.
Questa apparente doppia legge è una fantasia: Dio è
nella vita, e la vita è Dio.
Rilassatevi. Quando cominciamo il nostro viaggio
spirituale, noi abbiamo così tanta voglia di parlare a Dio che finiamo con non
ascoltare ciò che ha da dirci.
È il motivo per cui è sempre consigliabile rilassarci
un poco.
Non è facile: noi abbiamo una tendenza naturale a fare
sempre la cosa giusta, e noi sentiamo che stiamo migliorando il nostro spirito
se noi ci lavoriamo senza sosta.
Ma se tu ti rilassi e continui a muoverti, se riusciamo
a penetrare la sacra armonia della nostra quotidiana esistenza, noi staremo
sempre sulla strada giusta, perché i nostri compiti quotidiani sono anche i
nostri compiti divini.
...."Un giorno santo è spuntato per noi". Un
giorno di grande speranza: oggi è nato il Salvatore dell'Umanità!.....Non fu
certo "grande" alla maniera di questo mondo....Eppure, nel
nascondimento e nel silenzio di quella notte santa, si è accesa per ogni uomo
una luce splendida e intramontabile; è venuta nel mondo la grande speranza
portatrice di felicità: "il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la
sua gloria" (Gv1,14)...................
Questo è il Natale! Evento storico e mistero
d'amore, che da oltre duemila anni interpella gli uomini e le donne di ogni
epoca e di ogni luogo. E' il giorno santo in cui rifulge la "grande
luce" di Cristo portatrice di pace! Certo, per riconoscerla, per
accoglierla ci vuole fede, ci vuole umiltà.............
Nel silenzio della notte di Betlemme Gesù nacque e
fu accolto da mani premurose. Ed ora, in questo nostro Natale, in cui continua
a risuonare il lieto annuncio della sua nascita redentrice, chi è pronto ad
aprirgli la porta del cuore? Uomini e donne di questa nostra epoca, anche a noi
Cristo viene a portare la luce, anche a noi viene a donare la pace! Ma chi
veglia, nella notte del dubbio e dell'incertezza, con il cuore desto e orante?
Chi attende l'aurora del giorno nuovo tenendo accesa la fiammella della fede?
Chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi avvolgere dal fascino del
suo amore? Sì! E' per tutti il suo messaggio di pace, è a tutti che viene ad
offrire se stesso come certa speranza di salvezza.........
- Papa Benedetto XVI .
dal "Messaggio Urbi et Orbi"
per il Santo Natale 25 dicembre 2007
Buona giornata a tutti. :-)