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mercoledì 27 dicembre 2023

Dove finirono l'oro, l'incenso e la mirra? - don Bruno Ferrero

 Anche se non lo davano a vedere, i più eccitati erano l'asino e il bue. Non riuscivano ad addormentarsi. Quella notte e quella giornata erano state meravigliosamente caotiche: la nascita del bambino, gli angeli, i pastori, la stella e poi l'arrivo dei tre re con i manti di stoffe ricamate e le pellicce e i loro strani quadrupedi con la gobba. E soprattutto il luccichio degli scrigni che racchiudevano i doni portati dai tre re. Li avevano ammirati tutti e ora stavano là, abbandonati sulla paglia, mentre la donna cullava dolcemente il bambino e l'uomo dalle mani grandi e forti attizzava il fuoco e porgeva un po' di fieno alle due bestie.
Tra le fessure sconnesse della baracca, altri due occhi fissavano eccitati i doni dei re. Erano occhi pieni di ingenua astuzia. Non avevano perso un solo attimo della giornata e ora osservavano con interesse il primo sbadiglio di stanchezza fiorito sulla bocca dell'uomo. Erano gli occhi di Disma, il più bravo dei ladruncoli di Betlemme, agile e svelto come un furetto.
Il bambino si addormentò per primo, poi la madre si assopì sul mucchio di paglia che l'uomo aveva preparato e rassettato. L'uomo aspettò che il fuoco si spegnesse, poi si abbandonò anche lui sulla paglia con un sospiro di stanchezza e si addormentò. L'asino e il bue lo imitarono. Un silenzio profondo avvolse la baracca.
Un fagotto tintinnante.
Disma scivolò nell'ombra e si avvicinò alla porta. Era sbarrata da un robusto paletto. Non poteva scardinarla: avrebbe svegliato tutti. Esaminò le pareti, sfiorandole con la mano. Un' assicella si mosse. Disma intuì che poteva allargare la fessura quel tanto che bastava per permettergli di infilarsi dentro la vecchia stalla. Con consumata abilità, il ragazzo spostò l'asse cercando di non farlo cigolare e si infilò nel varco con le movenze sinuose di un gatto.
Si mosse leggero, cercando di abituare gli occhi all'oscurità. I tre scrigni erano sotto la culla improvvisata del bambino, illuminati dall'ultimo bagliore delle braci del fuoco.
Il bue sbuffò nel sonno e l'asino scalciò nella paglia. Sognavano anche loro. Disma trattenne il fiato, immobile. Nella stalla i respiri ripresero regolari.
Il ragazzo si mosse rapidamente. 
Afferrò i tre scrigni e li infilò nella bisaccia di tela che portava a tracolla. Diede un'occhiata al bambino e gli parve di vedere sul suo piccolo viso un sorriso, scosse le spalle e uscì dalla fessura che aveva aperto. 
Quando fu fuori della stalla, sorridendo rimise a posto l'assicella che aveva spostato per entrare, poi si allontanò di corsa. Faceva grandi balzi di gioia, tenendo con le due mani il fagotto tintinnante della refurtiva. 
Ripassava a memoria il contenuto e pensava eccitato alla bella somma che ne avrebbe ricavato. 
Il più grosso degli scrigni conteneva monili, bracciali e monete d'oro, il secondo era pieno di purissimo incenso e il terzo conteneva una fiala di preziosissima mirra. 
Un colpo di fortuna incredibile. Doveva solo essere prudente e nascondere tutto bene. Il mondo era pieno di ladri.

- don Bruno Ferrero - 
da: "Storie di Natale"


La sorpresa

Entrò in casa dal tetto, come faceva di solito. Non aveva né padre né madre e il vecchio parente che lo teneva in casa non si curava di lui.
Nella sua stanzetta, sotto il pavimento ricoperto di paglia, Disma aveva scavato una nicchia in cui nascondeva le sue cose preziose.
«Terrò nascosti per qualche mese l'oro, l'incenso e la mirra. Poi li venderò un poco alla volta, a Gerusalemme o anche a Damasco, dove non desterà sospetti...» pensava.
Accese una lampada ad olio finemente incisa che proveniva dall'atrio della casa del centurione romano, che la stava ancora cercando, ed esaminò il bottino. Aprì con cautela il primo scrigno e non riuscì a trattenere un'imprecazione stizzita: «Ma che diavolo è successo?». 
Spalancò con furia gli altri due astucci, guardò, annusò e poi imprecò ancora più rabbiosamente. Qualcuno gli aveva giocato uno scherzo terribile. Forse quell'uomo era molto più furbo di quanto desse a vedere. 
Invece dell'oro, lo scrigno conteneva un grosso martello, al posto dell'incenso c'erano tre grossi chiodi e la bottiglietta, invece della mirra raffinata, conteneva volgare aceto.
«Accidenti, accidenti! Che me ne faccio di questa robaccia? La rifilerò ai soldati romani per qualche moneta...».

- don Bruno Ferrero - 
da: "Storie di Natale"



Tre croci

Passarono gli anni. Disma era diventato il più ricco e sfrontato predone del deserto. I suoi uomini compivano razzie nelle più ricche città d'Oriente e l'esercito di Roma era stato costretto più volte a scendere a patti con lui. 
Ma un giorno, arrivò da Roma un governatore ambizioso di nome Ponzio Pilato che, per fare carriera e ingraziarsi i notabili di Gerusalemme, decise di catturare Disma. Ci riuscì con un tranello e Disma fu condannato alla pena più terribile ed infamante: la morte mediante crocifissione.
Erano in tre a salire sul Golgota, il luogo delle condanne, poco fuori Gerusalemme, dove erano state preparate tre croci. Disma conosceva il vecchio brigante legato con lui, ma non riusciva a spiegarsi il terzo condannato. Aveva il volto nobile e pieno di bontà, anche sotto i segni della tortura. Dicevano che era un profeta di Galilea di nome Gesù, che faceva miracoli, che era stato condannato perché si era proclamato Figlio di Dio e Messia.
Gli occhi gelidi e feroci di Disma si incontrarono con quelli del terzo condannato. Per il bandito tutto divenne stranamente diverso: la sua rabbia feroce svanì e si sentì stranamente in pace.
Il boia cominciò il suo miserabile compito con il profeta galileo: impugnò un grosso martello e tre grossi chiodi, mentre un soldato inzuppava una spugna di aceto. Improvvisamente Disma capì: eccoli i doni dei re che lui aveva rubato tanti anni prima in una stalla di Betlemme, dove c'erano un uomo e una madre e un bambino. Quel bambino era il Messia! Quindi anche lui aveva contribuito a crocifiggere il Figlio di Dio... 
Con le lacrime agli occhi, Disma sentì che Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Con la solita insensibilità, i soldati si misero a litigare per dividersi le vesti dei condannati. 
Quando le tre croci furono innalzate con il loro carico di dolore, la gente cominciò a farsi beffe dei condannati. Si accanivano particolarmente contro Gesù. 
I capi del popolo lo schernivano: «Ha salvato tanti altri, ora salvi se stesso, se egli è veramente il Messia scelto da Dio». Anche i soldati lo schernivano: si avvicinavano a Gesù, gli davano da bere aceto e gli dicevano: «Se tu sei davvero il re dei Giudei salva te stesso!».
L'altro bandito crocifisso si era unito agli schernitori e insultava Gesù: «Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!». Disma lo rimproverò con asprezza: «Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio? Per noi due è giusto scontare il castigo per ciò che abbiamo fatto, lui invece non ha fatto nulla di male».
Poi aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno».
Gli occhi del Messia torturato e morente guardarono Disma con bontà infinita, poi il feroce bandito udì le parole più belle e amorevoli di tutta la sua vita disperata: «Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso».

- Don Bruno Ferrero - 
Da: "Storie di Natale" di don Bruno Ferrero, ed. Elledicì


Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 25 dicembre 2023

25 dicembre 1955 - Giovanni Papini

Anche se Cristo nascesse
mille e diecimila volte
a Betlemme,
a nulla ti gioverà
se non nasce almeno una volta
nel tuo cuore.
Ma come potrà accadere
questa nascita interiore?
Eppure questo miracolo nuovo
non è impossibile
purché sia desiderato e aspettato.
Il giorno nel quale non sentirai
una punta di amarezza
e di gelosia dinanzi alla gioia
del nemico o dell'amico,
rallegrati perché è segno
che quella nascita è prossima.
Il giorno nel quale non sentirai
una segreta onda di piacere
dinanzi alla sventura e alla caduta altrui,
consolati perché la nascita è vicina.
Il giorno nel quale sentirai il bisogno
di portare un po’di letizia a chi è triste
e l'impulso di alleggerire il dolore o la miseria
anche di una sola creatura,
sii lieto perché l'arrivo di Dio è imminente.
E se un giorno sarai percosso
e perseguitato dalla sventura
e perderai salute e forza,
figli e amici
e dovrai sopportare l'ottusità,
la malignità e la gelidità
dei vicini e dei lontani,
ma nonostante tutto non ti abbandonerai
a lamenti né a bestemmie
e accetterai con animo sereno il tuo destino,
esulta e trionfa perché il portento
che pareva impossibile
è avvenuto
e il Salvatore è già nato nel tuo cuore.
Non sei più solo, non sarai più solo.
Il buio della notte fiammeggerà
come se mille stelle chiomate
giungessero da ogni punto del cielo
a festeggiare l'incontro
della tua breve giornata umana
con la divina eternità.


- Giovanni Papini -


Nel Natale noi incontriamo la tenerezza e l'amore di Dio che si china sui nostri limiti, sulle nostre debolezze, sui nostri peccati e si abbassa fino a noi.

È la festa che canta il dono della vita.

- Papa Benedetto XVI -



Il Natale è  la festa in cui Dio si fa così vicino all’uomo da condividere il suo stesso atto di nascere, per rivelargli la sua dignità più profonda: quella di essere figlio di Dio.

E così il sogno dell’umanità cominciando in Paradiso - vorremmo essere come Dio - si realizza in modo inaspettato non per la grandezza dell’uomo che non può farsi Dio, ma per l’umiltà di Dio che scende e così entra in noi nella sua umiltà e ci eleva alla vera grandezza del suo essere.

- Benedetto XVI -



L'augurio è per un sereno Natale, a voi tutti, carissimi amici ed amiche, che mi seguite da così tanti anni .... 
tanti tanti auguri !!

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -

sabato 2 dicembre 2023

L'Angelo e la favola

 Degli angeli che calarono a frotte dal più alto dei cieli a cantare il “Gloria” sulla capanna dove nacque Gesù Bambino, uno si perse. 
Era un angelo distratto, sempre assorto nei suoi pensieri. Fu così che, quando scese sulla terra in quella notte fatale, l’angelo favolista vide, poco discosto da Betlemme, un gruppo di ragazzini che, dopo aver anch’essi fatto visita a Gesù, se ne tornavano a casa. 
Quale magnifica occasione. Sceso accanto a loro in veste di pellegrino dalla barba bianca, incominciò uno dei suoi racconti. 
Ed era l’alba quando i bambini furono costretti dalle grida delle mamme a tornare a casa, con la fantasia ed il cuore accesi da decine di meravigliose fiabe che l’anziano pellegrino aveva raccontato loro.
Il sole stava sorgendo e per Gesù iniziava la prima giornata terrestre. 
L’angelo pellegrino era in ritardo, molto in ritardo. E per di più non ricordava più, assolutamente, come si facesse a ridiventare angelo: una formula? Ma quali parole? Un pensiero chiave? Ma quale?
L’unica soluzione era andare da Gesù, chiedergli scusa e raccontargli tutto. Ma Gesù ora non era che un bimbetto in fasce, un bimbo di donna. 
E il Bimbo e la Donna, alle parole del pellegrino, non seppero proprio cosa rispondere: il Bimbo perché sorrideva soltanto e non sapeva ancora parlare; la Donna perché non conosceva che il Mistero che portava stretto al petto.
Fu così che l’angelo—pellegrino cominciò il suo girovagare terreno. 
E tanto gli piacque narrar favole ai bambini di quaggiù che il Signore, quando fu tornato nei Cieli e lo vide attorniato da bambini con gli occhi spalancati e la bocca aperta per la meraviglia, ce lo lasciò. 
Ancor oggi di tanto in tanto appare. 
E’ talmente invecchiato che la sua veste umana gli si è logorata completamente. 
Ma ben lo conoscono le mamme, quando suggerisce loro le più belle favole; ben lo conoscono i poeti, quando sussurra al loro cuore i versi più ricchi di fantasia e di colore; ed anche qualche prete, quando sente nel cuore un certo pizzicorino che lo spinge a dire — finalmente — cose meravigliose. 
Ma tutti lo conosceremo, se saremo stati buoni, nel momento del nostro volo verso il cielo. 
Quel momento buio sarà illuminato dalla Favola più bella ch’egli solo sa raccontare così bene perché così bene egli solo la conosce. 
Ci ricorderemo d’invocarlo, almeno allora?

(Riduzione da un racconto di Piero Gribaudi)













Se noi avessimo gli occhi degli Angeli nel guardare nostro Signore Gesù Cristo che è presente sull’altare e che ci guarda, come Lo ameremmo! 

 - San Giovanni Maria Vianney - Curato d’Ars - 


La pesatura delle anime. 
Lunetta della chiesa di San Biagio a Talignano (PR)

L'istante è come l'Avvento, poiché l'istante non è ancora il compimento. E se è già compiuto, perché Cristo è venuto, se l'istante porta nel suo grembo un "già", anche in questo senso è ancora attesa del compimento, o meglio, è attesa che si manifesti ciò che è già avvenuto, e che esso porta nel suo grembo.
La parola più amica dell'istante, perciò, è la parola "Avvento". E il sentimento che domina l'istante e lo fa diventare ricco di pace, carico di vigilanza e produttivo, è proprio l'attesa."

- Don Luigi Giussani - 




L’Avvento, come la Quaresima, è una stagione per la preghiera e per l’emendamento dei nostri cuori. 
Dal momento che arriva in inverno, il fuoco è un segno adatto per aiutarci a celebrare l’Avvento. 
Se Cristo sta per venire più pienamente nelle nostre vite in questo Natale, se Dio sta per incarnarsi realmente per noi, allora il fuoco dovrà essere presente nella nostra preghiera. 
Il nostro culto e la nostra devozione dovranno alimentare quel genere di fuoco nelle nostre anime che può davvero cambiare i nostri cuori. 
La nostra è una grande responsabilità per non sprecare questo tempo di Avvento.

- Edward Hays - 
Sacerdote contemplativo cattolico, Nebraska - U.S.A.



Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 1 dicembre 2023

Il primo presepe - Johann Jorgensen

 La santa sera tutto era pronto, a Greccio, come frate Francesco aveva desiderato; verso l'ora di mezzanotte, tutto il popolo di quei pressi era convenuto intorno al presepe per festeggiare la nascita del Signore. 
Come ci racconta Tomaso da Celano: «Greccio era diventata una nuova Betlemme; la foresta risuonava di voci melodiose e le rocce echeggiavano ai canti della folla». Ognuno portava torce accese, mentre, vicino al presepe, stavano i frati coi loro ceri; tanto che i boschi erano rischiarati come fosse pieno giorno. Sulla mangiatoia che serviva d'altare, un prete lesse la messa, perché il divino fanciullo fosse presente, sotto le specie del pane e del vino, al modo stesso che lo era stato corporalmente a Betlemme. 
Ci fu pure un istante in cui Giovanni Vellita ebbe l'impressione di vedere un vero bambino coricato nella mangiatoia, ma che sembrava morto, o, per lo meno, addormentato. 
Ed ecco che frate Francesco si avvicina al bambino e lo prende teneramente tra le braccia; ed ecco che anche il bambino si sveglia, sorride a frate Francesco, e, con le sue piccole mani, gli accarezza le guance barbute e la stoffa grigia della sottana! 
Visione che, del resto, non aveva nulla di stupefacente per messer Vellita: poiché egli conosceva già parecchi cuori, in cui, allo stesso modo, Gesù era stato morto, o per lo meno addormentato, fino al giorno in cui frate Francesco, con la sua parola e il suo esempio, non l'aveva risvegliato e risuscitato.
Dopo la lettura del Vangelo, frate Francesco, in veste di diacono, si avanzò verso la folla. «Sospirando profondamente, ci dice Celano, accasciato sotto la pienezza della sua pietà, e traboccante di meravigliosa gioia, il santo di Dio si drizzò presso la mangiatoia. 
E la sua voce, la sua voce forte e dolce, la sua voce chiara e sonora, trascinò gli uditori a ricercare il bene supremo».
Frate Francesco predica alla folla. «Con parole d'una dolcezza squisita, parla del povero re nato quella notte che è il Signore Gesù, nella città di David. 
E, ogni volta che vuole pronunciare il nome di Gesù, ecco che egli è tutto arso dal fuoco del suo amore, e che, invece di dirgli questo nome, lo chiama teneramente il Bambino di Betlemme! 
E, questa parola Betlemme, la dice col tono d'un agnello belante; e quando ha proferito il nome di Gesù, lascia scivolare la lingua sulle labbra, come per assaporare la dolcezza che quel nome ha sparso dietro di sé, passando su quelle labbra. 
E non fu che molto tardi che terminò quella santa notte di vigilia, e che ciascuno, con il cuore pieno di gioia, se ne ritornò alla sua casa».
«In seguito, questo luogo, dove era stato piantato il presepe, fu consacrato al Signore con l'erezione di un tempio; e sopra la mangiatoia fu alzato un altare in onore del nostro beato Padre Francesco: così che, là dove poco prima le bestie senza ragione mangiavano il fieno dalla greppia, oggi gli uomini, per la salute delle loro anime e del loro corpo, ricevono l'Agnello immacolato, Nostro Signore Gesù Cristo, che, spinto da ineffabile amore, ha dato la sua carne per la vita del mondo, e che, col Padre e lo Spirito Santo, vive e regna in somma grandezza per tutti i secoli dei secoli. Così sia!».

Johann Jorgensen - 




L'Avvento è un cammino verso Betlemme. 
Lasciamoci attrarre dalla luce di Dio fatto uomo! 

- Papa Francesco -


Una coltre fitta di tenebre avvolge le nazioni. 
In troppi, hanno smarrito la strada.
Il male continua a dilagare, c'è bisogno di stelle risplendenti di luce che illuminino le notti, che mostrino la via da percorrere.

- Chiara Amirante - 

Rennes - Natività

”Preghiamo il Signore di donarci la grazia
di guardare il presepe con la semplicità dei pastori, 
per ricevere così la gioia
con la quale essi tornarono a casa.
Preghiamolo di darci
l’umiltà e la fede con cui san Giuseppe
guardò il bambino
che Maria aveva concepito dallo Spirito santo.
Preghiamo che ci doni di guardarlo con quell’amore, 
con cui Maria l’ha osservato.
E preghiamo che così la luce,
che i pastori videro,
illumini anche noi
e che si compia in tutto il mondo
ciò che gli angeli cantarono in quella notte:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”

- papa Benedetto XVI - 




Buona giornata a tutti. :-)


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domenica 25 dicembre 2022

Poesia di Natale - Gilbert Keith Chesterton

Laggiù  una madre senza posa camminava,
fuori da una locanda ancora a vagare;
nel paese in cui lei si trovò senza tetto,
tutti gli uomini sono a casa.
Quella stalla malconcia a due passi,
fatta di travi instabili e sabbia scivolosa,
divenne qualcosa di così solido da resistere e reggere
più delle pietre squadrate dell’impero di Roma.
Perché tutti gli uomini hanno nostalgia anche quando sono a casa,
e si sentono forestieri sotto il sole,
come stranieri appoggiano la testa sul cuscino
alla fine di ogni giornata.
Qui combattiamo e ardiamo d’ira,
abbiamo occasioni, onori e grandi sorprese,
ma casa nostra è là sotto quel cielo di miracoli
in cui cominciò la storia di Natale.
Un bambino in una misera stalla,
con le bestie a scaldarlo ruminando;
solo là, dove Lui fu senza un tetto,
tu ed io siamo a casa.
Abbiamo mani all’opera e teste capaci,
ma i nostri cuori si sono persi – molto tempo fa!
In un luogo che nessuna carta o nave può indicarci
sotto la volta del cielo.
Questo mondo è selvaggio come raccontano le favole antiche,
e anche le cose ovvie sono strane,
basta la terra e basta l’aria
per suscitare la nostra meraviglia e le nostre guerre;
Ma il nostro riposo è lontano quanto il soffio di un drago
e troviamo pace solo in quelle cose impossibili,
in quei battiti d’ala fragorosi e fantastici
che volarono attorno a quella stella incredibile.
Di notte presso una capanna all’aperto
giungeranno infine tutti gli uomini,
in un luogo che è più antico dell’Eden
e  che alto si leva oltre la grandezza di Roma.
Giungeranno fino alla fine del viaggio di una stella cometa,
fino a scorgere cose impossibili che tuttavia ci sono,
fino al  luogo dove Dio fu senza un tetto
e dove tutti gli uomini sono a casa.

- Gilbert Keith Chesterton - 


«Un astro brillò nel cielo sopra tutti gli astri, la sua luce era indicibile, e la sua novità stupì. La altre stelle con il sole e a luna fecero un coro all'astro ed esso più di tutti illuminò. Ci fu stupore. Donde quella novità strana per loro? Apparso Dio in forma umana per una novità di vita eterna si sciolse ogni magia, si ruppe ogni legame di malvagità. Scomparve l'ignoranza, l'antico impero cadde. Aveva inizio ciò che era stato deciso da Dio. Di qui fu sconvolta ogni cosa per preparare l'abolizione della morte». 

- Sant' Ignazio di Antiochia -
Lettera agli Efesini, XIX

Un giorno santo è spuntato per noi:
venite, popoli, adorate il Signore,
oggi una grande luce è discesa sulla terra.


C'è il Natale delle luci, della festa, dello stare insieme e poi c'è l'altro Natale, il Natale della solitudine, della povertà, delle lacrime nascoste e spesso interrotte. 
È a questo secondo Natale che volgo lo sguardo e l'attenzione. 
Vorrei ascoltare ogni pianto, sedare ogni rabbia, venerare ogni lacrima. Insomma, per questo Natale, mi piacerebbe tanto restituire dignità, amore e forza a chi magari ha tante cose, ma sente di perdere quella più importante: se stesso. 
Buon Natale a tutti. 
La vita, credetemi, è davvero meravigliosa...



L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti amici ed amiche 
che da tanti anni seguite le mie letture e le mie.... fantasie.

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -

venerdì 23 dicembre 2022

papa Benedetto XVI e il Natale

 Maria pose il suo bimbo neonato in una mangiatoia (cfr. Lc 2,7)

Da ciò si è dedotto con ragione che Gesù è nato in una stalla, in un ambiente poco accogliente - si sarebbe tentati di dire: indegno - che comunque offriva la necessaria riservatezza per l’evento santo....... Maria avvolse il bimbo in fasce...
Senza alcun sentimentalismo, possiamo immaginare con quale amore Maria sarà andata incontro alla sua ora, avrà preparato la nascita del suo Figlio.
La tradizione delle icone, in base alla teologia dei Padri, ha interpretato mangiatoia e fasce anche teologicamente.
Il bimbo strettamente avvolto nelle fasce appare come un rimando anticipato all’ora della sua morte: Egli è fin dall’inizio l’Immolato, come vedremo ancora più dettagliatamente riflettendo sulla parola circa il primogenito. 
Così la mangiatoia veniva raffigurata come una sorta di altare. 
Agostino ha interpretato il significato della mangiatoia con un pensiero che, in un primo momento, appare quasi sconveniente, ma, esaminato in modo più attento, contiene invece una profonda verità. 
La mangiatoia è il luogo in cui gli animali trovano il loro nutrimento. Ora, però, giace nella mangiatoia Colui che ha indicato se stesso come il vero pane disceso dal cielo - come il vero nutrimento di cui l’uomo ha bisogno per il suo essere persona umana.
È il nutrimento che dona all’uomo la vita vera, quella eterna. In questo modo, la mangiatoia diventa un rimando alla mensa di Dio a cui l’uomo è invitato, per ricevere il pane di Dio. Nella povertà della nascita di Gesù si delinea la grande realtà, in cui si attua in modo misterioso la redenzione degli uomini. La mangiatoia rimanda - come si è detto - ad animali, per i quali essa è il luogo del nutrimento. Nel Vangelo non si parla qui di animali. 
Ma la meditazione guidata dalla fede, leggendo l’Antico e il Nuovo Testamento collegati tra loro, ha ben presto colmato questa lacuna, rinviando ad Isaia 1,3: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende».

Joseph Ratzinger  - papa Benedetto  XVI
da: "L'infanzia di Gesù", 2012



Nella notte della nascita del Salvatore gli angeli hanno annunciato ai pastori la nascita di Cristo con le parole: "Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus". 
La tradizione è da sempre convinta che gli angeli non abbiano semplicemente parlato come fanno gli uomini, ma che abbiano cantato e che fosse un canto di una bellezza celeste, il quale rivelava la bellezza del Cielo. 
La tradizione è anche convinta che i cori delle voci bianche possano farci sentire una risonanza del canto angelico. 
Ed è vero che nel canto della Cappella Sistina, nelle grandi liturgie, noi possiamo sentire la presenza della liturgia celeste, un po' della bellezza nella quale il Signore ci vuole comunicare la sua gioia.
In realtà, la lode di Dio esige il canto. 
Perciò in tutto l'Antico Testamento - con Mosè e con Davide - fino al Nuovo Testamento - nell'Apocalisse - sentiamo di nuovo i canti della liturgia celeste, la quale offre un insegnamento per la nostra liturgia nella Chiesa di Dio. 
Per questo, il vostro contributo è essenziale per la liturgia: non è un ornamento marginale, ma la liturgia come tale esige questa bellezza, esige il canto per lodare Dio e per dare gioia ai partecipanti.

- papa Benedetto XVI -



...Il Bambino che vediamo nella grotta è Dio stesso che si è fatto uomo, per mostrarci quanto ci vuole bene, quanto ci ama: Dio è diventato uno di noi, per farsi vicino a ciascuno, per vincere il male, per liberarci dal peccato, per darci speranza, per dirci che non siamo mai soli. Noi possiamo sempre rivolgerci a Lui, senza paura, chiamandolo Padre, sicuri che in ogni momento, in ogni situazione della vita, anche nelle più difficili, Egli non ci dimentica. Dobbiamo dirci più spesso: Sì, Dio si prende cura proprio di me, mi vuole bene, Gesù è nato anche per me; devo avere sempre fiducia in Lui..

- papa Benedetto XVI - 
dal "Discorso del 26 dicembre 2010" -



“A Maria, Arca della Nuova ed Eterna Alleanza, 
affidiamo il nostro cuore,
 
perché lo renda degno di accogliere
 
la visita di Dio nel mistero del suo Natale”.

- papa Benedetto XVI - 
23 dicembre 2012, IV Domenica di Avvento



Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde. Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria. Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore .

- papa Benedetto XVI -



"L’incarnazione del Figlio di Dio è un avvenimento che è accaduto nella storia, ma nello stesso tempo la oltrepassa. Nella notte del mondo si accende una luce nuova, che si lascia vedere dagli occhi semplici della fede, dal cuore mite e umile di chi attende il Salvatore. Se la verità fosse solo una formula matematica, in un certo senso si imporrebbe da sé. Se invece la Verità è Amore, domanda la fede, il “sì” del nostro cuore." 

- Papa Benedetto XVI - 
Messaggio Urbi et Orbi, Natale 2010



Il cuore di Dio ,
nella notte di Santa ,
si è chinato giù fin nella stalla :
l'umiltà di Dio e' il cielo .
E se andiamo incontro a questa umiltà ,
allora tocchiamo il cielo .
Allora diventa nuova anche la terra .

- Papa Benedetto XVI - 



Buona giornata a tutti. :-)