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mercoledì 8 gennaio 2025

Un telefono azzurro per la Messa (carrellata dei più frequenti abusi liturgici) - Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

 Ci vorrebbe un telefono azzurro anche per la liturgia. Anzi, soprattutto per la liturgia. Un telefono al quale i cattolici normali possano rivolgersi con fiducia e denunciare gli abusi. "Pronto, Telefono Azzurro per la Santa Messa? Volevo segnalarvi che nella parrocchia XY il prete Taldeitali fa tenere l'omelia alla suora laica che assomiglia a Rosy Bindi". E, dall'altra parte del cavo, solerti operatori impegnati a stilare un cahier de doléance da girare, in forma ufficiale, alla Chiesa Cattolica apostolica di Roma. E poi ci vorrebbe l'altrettanto solerte intervento di Roma. 
Il primo sintomo dell'epidemia di abuso liturgico sta nella rottura definitiva dell'unità della Messa. Chiesa che vai, liturgia che trovi. Il periodo estivo, con le sue escursioni per spiagge, valli, monti, colline e vecchi borghi, è stato l'occasione tragica per riscontrare l'esistenza di una molteplicità di riti, che nessuno è umanamente in grado di catalogare. Per tentare una classificazione di questo scempio da decenni tollerato, quando non incoraggiato, dalle gerarchie, bisogna individuare alcune macro-categorie di orrori.



Le Chiese ridotte a luoghi profani 
II primo abuso, il più diffuso, è consistito e consiste nella inesorabile riduzione delle chiese a luoghi profani. Luoghi nei quali si entra e si esce come da un centro commerciale, senza genuflessione e senza saluto al Santissimo Sacramento, che del resto in moltissime chiese è relegato in posizioni misteriose ed introvabili, quando non addirittura fatto accomodare in locali attigui al tempio. I protagonisti di questa secolarizzazione delle chiese sono gli architetti e chi li ha incaricati, che hanno realizzato mostruosi edifici, i quali nulla hanno di sacro e spiccano anzi per la loro oggettiva bruttezza. 
La conseguenza di questa autentica profanazione è che le chiese sono diventate luoghi importanti solo quando vi si riunisce l'assemblea e inizia quella che menti teologiche raffinate definiscono "l'azione liturgica". Fino a un secondo prima della Messa, la folla discorre amabilmente, si guarda in giro per vedere chi ci sia, controlla già impaziente l'orologio. Gli inginocchiatoi, per una preghiera di preparazione alla Messa, restano desolatamente vuoti, sempre che ancora siano presenti. Del resto, non è raro che lo stesso sacerdote giunga trafelato in sacrestia all'ultimo minuto, indossando in fretta e furia casule di nylon su camicioni dotati di praticissime cerniere lampo. 
Finita la Messa, in chiesa si scatena la bagarre, come all'uscita da San Siro a fine partita: la gente per lo più si da a una fuga precipitosa, altri si salutano calorosamente e ad alta voce si raccontano le ultime novità. Insomma, si "da corpo a una comunità viva". 
Il ringraziamento nel raccoglimento e nel silenzio? Roba preconciliare. 
Nel tabernacolo, Nostro Signore presente nel Santissimo Sacramento, del tutto ignorato, assiste solo e silenzioso alla volgarizzazione della sua casa. 
Nella quale non mancheranno, ovviamente, applausi ai funerali, discorsi dal pulpito di sindaci atei per commemorare il defunto, concerti e conferenze, senza nemmeno preoccuparsi di lasciare vuoto il tabernacolo.



Il sacerdote che celebra a braccio 
È sempre più frequente che il prete scelga di tradurre con le sue parole alcuni pezzi della Messa o anche di sottoporli a una specie di spiegazione alla Piero Angela di "SuperQuark": "Ecco, adesso recitiamo questa preghiera, dalla quale si capisce che Gesù ci ama". Dal che si intuisce come nemmeno l'abolizione della temutissima Messa in latino sia stata sufficiente a spiegare ed a far capire tutto al volgo cattolico. Ci vuole la spiegazione del Mistero, il cartello da museo di scienze naturali per svelare ciò che Dio stesso ha voluto fosse velato ai nostri sensi, come recita la splendida preghiera di Tommaso d'Aquino.



L'andirivieni per le Letture  & le "quote rosa"
Una delle pietre miliari consiste nel protagonismo dei laici. I quali devono conquistare più metri possibili sull'altare, proprio come i giocatori di rugby devono guadagnare campo per avvicinarsi alla meta. 
Il reclutamento di tali laici da liturgia subisce sorti altalenanti: si va dalle parrocchie (poche) nelle quali cattolici adulti sgomitano per avere un ruolo e così "animare la Messa", a parrocchie (quasi tutte) in cui i laici vivono con fastidio o persino terrore il reclutamento frettoloso che precede la Messa (o che avviene a Messa già iniziata). Alcuni agenti del parroco vagano alla ricerca di chi "farà la prima" (lettura) o di chi porterà all'altare le offerte. 
Avendo cura di garantire che il 50% dei lettori siano donne, in omaggio al genio femminile. Che viene parimenti esaltato anche dal numero di chierichette dalle lunghe chiome fluenti che occupano l'altare, a tutto detrimento dei declinanti e ormai rari chierichetti di sesso maschile.



Il Vangelo letto dal popolo e le Messe parzialmente scremate
La logica di occupazione dell'altare da parte dei laici spinge anche a far leggere il Vangelo a laici, suore e catechisti. 
Affidando loro pure il compito di commentare. In alcune chiese si sperimenta da anni una sorta di rito parallelo: l'assemblea in chiesa, i bambini del catechismo in un locale diverso, con letture adattate alle loro povere menti e predica del catechista; cui poi segue ricongiungimento dei due gruppi al momento della consacrazione.



L'Omelia vuota e inascoltabile 

Non si tratta propriamente di abuso liturgico, ma di abuso della pazienza dei fedeli. Sarebbe auspicabile una moratoria dalle prediche di almeno un anno, per verificare se alla fine il silenzio non possa risultare più sano delle ormai trite e ritrite dosi di cattiva teologia tardo novecentesca, cui è drammaticamente aggrappata gran parte del clero attuale.



È la Preghiera dei fedeli o la scaletta del TG?
È uno dei momenti più tragici della Messa domenicale, nel quale spesso i fedeli assistono attoniti al trionfo del politicamente corretto, navigano nel banal grande di un'agenda delle intenzioni che è dettata dal Tg1 della sera, subiscono un diluvio di parole che abbracciano così tante intenzioni da essere riassumibili in un'unica, brevissima preghiera:"Signore, ascolta tutte le preghiere di ciascuno di noi, Amen".



La Consacrazione, questa sconosciuta 
Quello che è, appunto, il Sacrificio e dunque il cuore della Messa scorre via spesso come un breve, rapidissimo momento qualsiasi del rito. Anzi, sotto il profilo quantitativo e perfino rituale, la lettura della "Parola" la predica, perfino la preghiera dei fedeli e l'offertorio, sovrastano in modo impressionante la fase della consacrazione. 

Potremmo dire che la assorbono, a causa di sacerdoti che la celebrano con la lena di un velocista, riducono l'elevazione a un istante infinitesimale, scelgono da sempre la preghiera di consacrazione più rapida e mai quella più simile alla Messa antica; e non si inginocchiano, limitandosi a un deferente inchino orientaleggiante.




Comunione o tavola calda?

La profanazione cui è sottoposto Nostro Signore nelle Sacre Specie è la parte più dolorosa degli abusi liturgici. A cominciare dalla diffusione pressoché plebiscitaria della comunione sulla mano, che venne introdotta dai vescovi italiani come eccezione, sotto forma di indulto, di concessione particolare. 
E che oggi è invece il modo ufficiale di ricevere il Santissimo. 
Con una serie di modalità e di strani contorcimenti dei fedeli che pigliano quanto volevano e poi se ne tornano al posto. 
E' indiscutibile che, con queste modalità, la dispersione delle Sacre Specie e la conseguente profanazione del Corpo e del Sangue di Nostro Signore è certa. Come pure aumentano a dismisura i rischi di asportazione della Comunione. Circostanze, che renderebbero necessario abbandonare subito la distribuzione sulle mani.



Il famigerato "Alleluia delle lampadine"

Tra tutte le orrende e non di rado eretichieggianti composizioni, che allietano la cosiddetta assemblea, questo è l'inno nazionale di tutti gli scempi musicali, che si sono sprigionati dopo l'abbandono del gregoriano. 
Questo canto-ballo rappresenta in modo emblematico la trasformazione della Messa da sacrificio a banchetto allegrone, nel quale tragicamente, come dicono le parole del testo, "la festa siamo noi". E non più Gesù Cristo.

- Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro -  
Fonte: Radici Cristiane, Ottobre 2013 (n.88)

(le foto sono state prese dal web)


























Buona giornata a tutti. :-)

domenica 5 gennaio 2025

Arrivarono solo in tre

Non tutti sanno che, un tempo, quando non esistevano i computer, tutto il sapere era concentrato nella mente di sette persone sparse nel mondo: i famosi Sette Savi, i sette sapienti che conoscevano ogni cosa che accadeva. Dalla gente erano considerati dei re, anche se non lo erano; erano chiamati Re Magi. Nell'anno 0, studiando le loro pergamene segrete, i sette Magi giunsero ad una conclusione: in una notte di quell'anno, sarebbe apparsa una straordinaria stella che li avrebbe guidati alla culla del Re dei re. 
Passarono ogni successiva notte a scrutare il cielo e a fare preparativi, finché davvero, nel cielo, apparve una stella luminosissima; i Sette Savi partirono dai sette angoli del mondo e seguirono la stella che indicava loro la strada. 
Tutto quello che dovevano fare, era di non perderla mai di vista. Ognuno dei sette Magi, tenendo gli occhi fissi sulla stella, cavalcava per raggiungere il Monte delle Vittorie, dove era stabilito che dovevano incontrarsi per formare una sola carovana. Olaf, il re Mago della Terra dei Fiordi, attraversò le catene dei monti di ghiaccio e arrivò in una valle verde, dove gli alberi erano carichi di frutti squisiti e il clima dolce e riposante; decise di costruirvi un castello. Ben presto, si scordò della stella. Igor, il re Mago del Paese dei Fiumi, era un giovane forte e coraggioso, abile con la spada e molto generoso. 
Attraversando il regno del re Rosso, un sovrano crudele e malvagio, decise di riportarvi la pace e la giustizia; divenne il difensore dei poveri e degli oppressi e non cercò più la stella. Yen Hui era il re Mago del Celeste Impero, scienziato e filosofo, appassionato di scacchi. 
Arrivò in una splendida città, dove uno studioso teneva una conferenza sulle origini dell'universo; Yen Hui, lo sfidò a un dibattito pubblico, si confrontarono su tutti i campi del sapere e iniziarono una memorabile partita a scacchi che durò una settimana. 
Quando si ricordò della stella fu troppo tardi: non riuscì più a trovarla. Lionel era il re Mago poeta e musicista, che veniva dalle terre dell'Ovest e viaggiava con strumenti musicali. Una sera, fu ospitato per la notte da un ricco signore di un pacifico villaggio. 
Durante il banchetto in suo onore, la figlia del signore danzò per gli invitati e Lionel se ne innamorò; finì per pensare solo a lei e nel suo cielo la stella miracolosa scomparve piano piano. Solo Melchior, re dei Persiani, Balthasar, re degli Arabi e Gaspar, re degli Indi, abituati alla fatica e ai sacrifici, non diedero mai riposo ai loro occhi, per non rischiare di perdere la stella che segnava il cammino, certi che essa li avrebbe guidati alla culla del Bambino, venuto sulla Terra a portare pace e amore. 
Ognuno di loro arrivò puntuale all'appuntamento al Monte delle Vittorie, si unì ai compagni e insieme ripresero la marcia verso Betlemme, guidati dalla stella cometa, più luminosa che mai. Soltanto i Magi che hanno davvero vigilato non hanno perso l'appuntamento più importante della loro vita. 
Ogni cristiano, come una sentinella, deve stare all'erta e non lasciarsi prendere dalla pigrizia o dal torpore, perché il Signore ci aspetta alla Sua culla.


Molti pensano che in questa notte passi per i camini delle case, la befana per portare doni ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi. Per noi cristiani non è cosi. Nel passaggio notturno che si apre al giorno dell'Epifania, i credenti ricordano la visita adorante dei magi a Gesù bambino, il quale viene riconosciuto come il Messia atteso non solo dal popolo d'Israele, ma da tutti gli uomini di buona volontà.
Il Signore si manifesta come il Re delle genti a cui tutti rivolgono lo sguardo. A Lui i popoli del mondo si inginocchiano con Amore. I magi, simbolicamente rappresentano ciascuno di noi orientati verso Dio. Tutti possiamo trovare Gesù, perché Lui per primo si è fatto trovare. Andiamo verso il Signore, contempliamo la sua bellezza, seguiamo la stella , che ci guiderà verso il regno di Dio. 

Don Salvatore Lazzara



"Il danaro, il potere, la reputazione, l'opinione pubblica, il sesso non sono diventati dei poteri di fronte ai quali gli uomini si piegano, ai quali rendono un servizio idolatrico?" 

- Card. Joseph Ratzinger -




Buona giornata a tutti. :-)

domenica 15 dicembre 2024

Le scarpe di Natale – don Bruno Ferrero

 C'era una volta una città i cui abitanti amavano sopra ogni cosa l'ordine e la tranquillità. Avevano fatto delle leggi molto precise, che regolavano con severità ogni dettaglio della vita quotidiana. 
Tutte le fantasie, tutto quello che non rientrava nelle solite abitudini era mal visto o considerato una stranezza. E per ogni stranezza era prevista la prigione.
Gli abitanti della città non si dicevano mai «buongiorno» per la strada; nessuno diceva mai «per piacere»; quasi tutti avevano paura degli altri e si guardavano sospettosamente.
C'erano anche quelli che denunciavano i vicini, se trovavano un po' troppo bizzarro il loro comportamento.
Il commissario Leonardi, capo della polizia, non aveva mai abbastanza poliziotti per condurre inchieste, sorvegliare, arrestare, punire...
Già nella scuola materna, i bambini imparavano a stare ben attenti alle loro chiavi. E c'erano chiavi per ogni cosa: per le porte, per l'armadietto, per la cartella, per la scatola dei giochi e perfino per la scatola delle caramelle!
La sera, la gente aveva paura. 
Rientravano tutti a casa correndo e poi sprangavano le porte e chiudevano ben bene le finestre.

Cristiana aveva i capelli biondi.
Erano rimasti tuttavia dei ragazzi che sapevano ancora scambiarsi qualche strizzata d'occhi e anche degli insegnanti che li incoraggiavano... Ma, soprattutto, c'era Cristiana.
Cristiana aveva i capelli biondi come il sole, gli occhi scintillanti come laghetti di montagna e non pensava mai: «Chissà che cosa dirà la gente?». Nella città si facevano molte dicerie sul suo conto. 
Perché Cristiana aiutava tutti quelli che avevano bisogno di aiuto, consolava i bambini che piangevano e anche i vecchietti rimasti soli, perché accoglieva tutti coloro che chiedevano un po' di denaro o anche solo qualche parola di speranza.
Tutto questo era scandaloso per la città. Non potevano proprio sopportare ulteriormente quel modo di vivere così diverso dal loro. E un giorno il commissario Leonardi, con venti poliziotti, andò ad arrestare Cristiana, o Cri-Cri, come l'avevano soprannominata gli amici. E per essere sicuro che non combinasse altre stranezze, la fece mettere in prigione. 
Questo accadde qualche giorno prima di Natale. Natale era una festa, ma molti non sapevano più di chi o di che cosa. 
Sapevano soltanto che in quei giorni si doveva mangiare bene e bere meglio. Ma senza esagerare, per non prendersi qualche malattia... 
Soprattutto, la sera della vigilia di Natale, tutti dovevano mettere le proprie scarpe davanti al camino, per trovarle piene di doni il giorno dopo. Una cosa questa che, nella città, facevano tutti, ma proprio tutti. Così fu anche quel Natale.

Una gran confusione
All'alba, tutti si precipitarono dove avevano messo le scarpe, per trovare i loro regali. Ma... che era successo? Non c'era l'ombra di un regalo. Neanche un torrone o un cioccolatino!
E poi... le scarpe!
In tutta la città, le scarpe risultavano spaiate. Il commendator Bomboni si trovò con una scarpina da ballo, una vecchia ottantenne aveva una scarpa bullonata da calcio, un bambino di cinque anni aveva una scarpa numero 43, e così di seguito. Non c'erano due scarpe uguali in tutta la città! 
Allora si aprirono porte e finestre e tutti gli abitanti scesero in strada. Ciascuno brandiva la scarpa non sua e cercava quella giusta. Era una confusione allegra e festosa. Quando i possessori delle scarpe scambiate si trovavano, avevano voglia di ridere e di abbracciarsi.
Si vide il commendator Bomboni pagare la cioccolata a una bambina che non aveva mai visto e una vecchietta a braccetto con un ragazzino.
Solo qualche finestra restava ostinatamente chiusa. 
Come quella del commissario Leonardi. Quando però il commissario sentì il gran trambusto che veniva dalla strada, pensò a una rivoluzione e corse a prendere le armi che teneva sul camino. Immediatamente il suo sguardo cadde sulle scarpe che aveva collocato davanti al camino. E anche lui si bloccò, sorpreso. Accanto alla sua pesante scarpa nera c'era... una pantofola rossa di Cri-Cri. Stringendo la pantofola rossa in mano, il commissario corse alla prigione.
La cella dove aveva rinchiuso Cri-Cri era ancora ben chiusa a chiave. Ma la ragazza non c'era. 
Ai piedi del tavolaccio, perfettamente allineate c'erano l'altra scarpa del commissario e l'altra pantofola rossa. Dal finestrino, protetto da una grossa inferriata, proveniva una strana luce. Il commissario si affacciò. Nella strada la gente continuava a scambiarsi le scarpe e ad abbracciarsi.
Con un'insolita commozione, il commissario si accorse che la luce che veniva dal finestrino era bionda e calda come il sole e aveva dei luccichii azzurri, come succede nei laghetti di montagna.
E incominciò a capire.

- Don Bruno Ferrero -
Da: “Storie di Natale, d’Avvento e d’Epifania”, ed. Elledicì



Oggi si è indotti talvolta a pensare che la verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si escludano mutuamente. Conoscere la verità sembra impossibile e gli sforzi per affermarla appaiono sfociare spesso nella violenza. D’altra parte, secondo una concezione ormai diffusa, l’impegno per la pace si riduce alla ricerca di compromessi che garantiscano la convivenza fra i Popoli, o fra i cittadini all’interno di una Nazione. Al contrario, nell’ottica cristiana esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra, così che la pace non sorge da un mero sforzo umano, bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza. Infatti, quando si cessa di riferirsi a una verità oggettiva e trascendente, come è possibile realizzare un autentico dialogo? In tal caso come si può evitare che la violenza, dichiarata o nascosta, diventi la regola ultima dei rapporti umani? In realtà, senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace...

- papa Benedetto XVI - 
dal "Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede" 07 gennaio 2013 -


O Signore, fa' che io comprenda quale grande pace e sicurezza ha il cuore che non desidera cosa alcuna di questo mondo. Infatti, se il mio cuore brama di ottenere i beni terreni, non può essere né tranquillo né sicuro, perché cerca di avere quello che non ha o di non perdere quello che possiede.

- San Gregorio Magno -


Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 11 dicembre 2024

Il trattino – don Bruno Ferrero

 L’incisore di lapidi funerarie alzò lo scalpello e disse: “Ho finito”.
L'uomo esaminò la pietra: la foto del padre, le due date 1916 e 2000 separate da un trattino di un paio di centimetri. Poi scosse la testa e disse: "Non so come spiegarmi, ma mi sembra così poco. Vede, mio padre ha avuto una vita piena, lunga, avventurosa. Vorrei si intuisse in qualche modo la sua infanzia in una grande famiglia, la campagna ricca di verde e di animali, i lavori pesanti, la soddisfazione di un buon raccolto, le preoccupazioni per i temporali estivi, la siccità... Poi la guerra, le divise, le tradotte, la ferita, la fuga da un campo di prigionia, l'incontro con mia madre... I figli che nascono, crescono, si sposano, i nipotini che arrivano uno dopo l'altro... Poi la vecchiaia serena, la malattia, certo, ma anche l'affetto, l'amore, l'entusiasmo, la passione, le lunghe giornate di lavoro, le ansie, le preoccupazioni, le gioie...". 
L'incisore ascoltava con attenzione, poi impugnò lo scalpello e il martello e con quattro rapidi colpi allungò il trattino tra la data di nascita e quella di morte di quasi mezzo centimetro. 
Si voltò verso l'uomo e fece: "Va meglio così?..."

La vita non può essere un trattino tra due date.
Abbraccia ogni istante della tua vita. Adesso.
La vita è tutto quello che hai.

- don Bruno Ferrero - 

Da: “ 365 piccole storie per l’anima”, Bruno Ferrero, ed. ElleDiCi 



"Un'anima imperfetta come la mia, come può aspirare al possesso della pienezza dell'Amore? O Gesù, mio primo ed unico Amico, te che amo unicamente, dimmi dunque, che cos'è questo mistero? 
"Iustorum animae in manu Dei sunt, non tanget illos tormentum malitiae, visi sunt oculis insipientium mori... illi autem sunt in pace" (Sap 3,3). 

Sembra agli occhi degli stolti che i Servi di Dio muoiano afflitti e contro voglia, come muoiono i mondani; ma no, che Dio sa ben consolare i figli suoi nella loro morte; ed anche tra i dolori della morte fa loro sentire certe grandi dolcezze, come saggi del paradiso che tra poco vuol loro dare. Siccome quei che muoiono in peccato, cominciano sin da sopra quel letto a sentire certi saggi d'inferno, di rimorsi, di spaventi e di disperazione; così all'incontro i Santi cogli atti d'amore che allora fanno più spesso verso Dio, col desiderio e colla speranza che tengono di presto goderlo, già prima di morire cominciano a sentire quella pace, che pienamente poi goderanno in cielo. La morte a' Santi non è castigo, ma premio: "Cum dederit dilectis suis somnum, ecce hereditas Domini" (Ps 126,2). La morte di chi ama Dio, non si chiama morte, ma sonno, sicché ben egli potrà dire: "In pace in idipsum dormiam, et requiescam" (Ps 4,9).

Apparecchio alla morte, Sant'Alfonso Maria De' Liguori



Ché, se non ti prendi cura di te stesso ora, chi poi si prenderà cura di te? Questo è il tempo veramente prezioso; sono questi i giorni della salvezza; è questo il tempo che il Signore gradisce (2Cor 6,2). Purtroppo, invece, questo tempo tu non lo spendi utilmente in cose meritorie per la vita eterna. 
Verrà il momento nel quale chiederai almeno un giorno o un'ora per emendarti; e non so se l'otterrai. Ecco, dunque, mio caro, di quale pericolo ti potrai liberare, a quale pericolo ti potrai sottrarre, se sarai stato sempre nel timore di Dio, in vista della morte. 
Procura di vivere ora in modo tale che, nell'ora della morte, tu possa avere letizia, anziché paura; impara a morire al mondo, affinché tu cominci allora a vivere con Cristo; impara ora a disprezzare ogni cosa, affinché tu possa allora andare liberamente a Cristo; mortifica ora il tuo corpo con la penitenza, affinché tu passa allora essere pieno di fiducia.

Imitazione di Cristo, Capitolo XXIII



 Atto di accettazione della morte (con indulgenza plenaria)

Signore mio Dio, fin da ora spontaneamente e volentieri 
accetto dalle vostre mani qualsiasi genere di morte 
con cui vi piacerà colpirmi, con tutti i dolori, le pene,
gli affanni che l'accompagneranno, in unione all'agonia 
e alla morte di nostro Signore Gesù Cristo.

Con approvazione eccesiastica
Vicenza, 3 Settembre 1926

Chinque confessato e comunicato reciterà questa o simile orazione, ne avrà revocata la protesta già fatta, lucrerà l'indulgenza plenaria "in articulo mortis" (san Pio X). Recitandola dopo la comunione, si acquista l'indulgenza di anni 7 e 7 quarantene una volta al mese (papa Benedetto XV).


 Buona giornata a tutti. :-)



sabato 7 dicembre 2024

Sant'Ambrogio, Vescovo e Dottore della Chiesa

 Nato a Treviri da famiglia romana cristiana ed educato a Roma, Ambrogio era diventato governatore della Liguria e dell’Emilia. Recatosi a Milano per impedire tumulti fra cattolici e ariani nell’elezione del nuovo vescovo, venne improvvisamente acclamato lui vescovo dal popolo. 
Era ancora catecumeno, ma dovette accettare. 
Ordinato otto giorni dopo, il 7 dicembre 374, si dimostrò pastore autentico. Lottò a tutt’uomo contro il paganesimo, l’arianesimo, la disgregazione della società. Padre del poveri, soccorritore di ogni oppresso, si oppose più volte con forza al senato, all’imperatrice filoariana, all’imperatore Teodosio. Energico, costante, con vivo senso del pratico e dell’effettuabile, aveva rare doti di amministratore e d’uomo di governo. Nell’azione pastorale portò idee chiare e fermezza, dirittura di mire e senso della misura, ma soprattutto bontà e amore. Tempra di statista, avviò una politica integralmente cristiana ed ebbe altissimo il senso della libertà della Chiesa di fronte al potere imperiale e civile.
Riformò la liturgia, che da lui prese nome di «ambrosiana» e scrisse inni religiosi per il popolo. 
Fu un vero apostolo della carità: tutti potevano ricorrere a lui per qualunque bisogno, e giunse a vendere i vasi sacri per riscattare degli schiavi, affermando: «Se la Chiesa ha oro, non l’ha per custodirlo, ma per darlo a chi ne ha bisogno» (De officiis, II, 136). Sant’Agostino, che lo ascoltava entusiasta, fu da lui avviato alla conversione e accolto nella Chiesa. 
Il segreto della predicazione penetrante di Ambrogio sta in ampie e profonde meditazioni sulla sacra Scrittura. Egli è uno dei quattro grandi dottori dell’Occidente, e un vero «maestro di vita».
Della Preghiera eucaristica della Chiesa di Roma, Ambrogio nel suo libro I Sacramenti mette in rilievo la parte della Chiesa nell’offrire se stessa insieme a Cristo. Se la Messa non ci trasforma in «offerte vive, gradite al Padre», non porta il suo frutto in noi e nelle nostre comunità. Proprio perché egli si è«offerto completamente a Dio», ha potuto farsi «tutto a tutti» in una straordinaria carità verso i fratelli.



Hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la nave sui flutti. Tieni saldo il timone della fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso. Il mare è davvero grande, sconfinato; ma non aver paura, perché«è lui che l’ha fondata sui mari, e sui fiumi l’ha stabilita»(Sal 23, 2).
Perciò non senza motivo, fra le tante correnti del mondo, la Chiesa resta immobile, costruita sulla pietra apostolica, e rimane sul suo fondamento incrollabile contro l’infuriare del mare in tempesta. È battuta dalle onde ma non è scossa e, sebbene di frequente gli elementi di questo mondo infrangendosi echeggino con grande fragore, essa ha tuttavia un porto sicurissimo di salvezza dove accogliere chi è affaticato. 

Se tuttavia essa è sbattuta dai flutti sul mare, pure sui fiumi corre, su quei fiumi soprattutto di cui è detto: «Alzano i fiumi la loro voce» (Sal 92,3). 
Vi sono infatti fiumi che sgorgano dal cuore di colui che è stato dissetato da Cristo e ha ricevuto lo Spirito di Dio. Questi fiumi, quando ridondano di grazia spirituale, alzano la loro voce.
Vi è poi un fiume che si riversa sui suoi santi come un torrente. Chiunque abbia ricevuto dalla pienezza di questo fiume, come l’evangelista Giovanni, come Pietro e Paolo, alza la sua voce; e come gli apostoli hanno diffuso la voce della predicazione evangelica con festoso annunzio sino ai confini della terra, così anche questo fiume incomincia ad annunziare il Signore. Ricevilo dunque da Cristo, perché anche la tua voce si faccia sentire.
Raccogli l’acqua di Cristo, quell’acqua che loda il Signore. Raccogli da più luoghi l’acqua che lasciano cadere le nubi dei profeti. Chi raccoglie acqua dalle montagne e la convoglia verso di sé, o attinge alle sorgenti, lui pure come le nubi la riversa su altri. Riempine dunque il fondo della tua anima, perché il tuo terreno sia innaffiato e irrigato da proprie sorgenti. Si riempie chi legge molto e penetra il senso di ciò che legge; e chi si è riempito può irrigare altri. La Scrittura dice: «Se le nubi sono piene di acqua, la rovesciano sopra la terra» (Qo 11,3).
I tuoi sermoni siano fluenti, puri, cristallini, si che il tuo insegnamento morale suoni dolce alle orecchie della gente e la grazia delle tue parole conquisti gli ascoltatori, perché ti seguano docilmente dove tu li conduci. Il tuo dire sia pieno di sapienza. Anche Salomone afferma: Le labbra del sapiente sono le armi della Sapienza (cfr. Prv 15, 7), e altrove: Le tue labbra siano ben aderenti all’idea: vale a dire, l’esposizione dei tuoi discorsi sia lucida, splenda chiaro il senso senza bisogno di spiegazioni aggiunte; il tuo discorso si sappia sostenere e difendere da se stesso e non esca da te parola vana o priva di senso.

Dalle «Lettere» di sant'Ambrogio, vescovo.



Tutto è per noi Cristo. 
Se desideri medicare le tue ferite,
egli è medico.
Se bruci di febbre,
egli è la sorgente ristoratrice.
Se sei oppresso dalla colpa,
egli è la giustizia.
Se hai bisogno di aiuto,
egli è la forza.
Se temi la morte,
egli è la vita.
Se desideri il cielo,
egli è la via.
Se fuggi le tenebre,
egli è la luce.
Se cerchi il cibo,
egli è il nutrimento.

Gustate, dunque, e vedete
quanto è buono il Signore;
felice l'uomo che spera in lui.


(Sant'Ambrogio)


"L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti ad una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario"

- Sant'Ambrogio - 


Il Signore ci conceda di navigare,
allo spirare di un vento favorevole,
sopra una nave veloce;
di fermarci in un porto sicuro;
di non conoscere dagli spiriti maligni,
tentazioni più forti
di quelle che siamo in grado di sostenere;
di ignorare i naufragi della fede;
di possedere una calma profonda,
e, se qualche avvenimento suscita contro di noi
i flutti di questo mondo,
di avere, vigile al timone per aiutarci, il Signore Gesù,
il quale con la sua parola
comandi alla tempesta di placarsi
e ridistenda sul mare la bonaccia.
A lui onore e gloria, lode perenne nei secoli. Amen.

- Sant'Ambrogio - 




Buona giornata a tutti. :-)


mercoledì 4 dicembre 2024

Ecco io sono con voi - Padre Charles de Foucauld

 Sempre con noi mediante la santa Eucaristia,
sempre con noi mediante la tua grazia,
sempre con noi mediante la tua provvidenza
che ci protegge senza interruzione,
sempre con noi mediante il tuo Amore...
O mio Dio, quale felicità! Quale felicità!
Dio con noi. Dio in noi.
Dio nel quale ci muoviamo e siamo...
O mio Dio, che cosa ci manca ancora?
Quanto siamo felici!
«Emmanuele, Dio-con-noi»,
ecco per così dire la prima parola del Vangelo...
«Io sono con voi fino alla fine del mondo»,
ecco l'ultima.
Quanto siamo felici! Quanto sei buono...
La santa Eucaristia è Gesù, è tutto Gesù!
Nella santa Eucaristia tu sei tutto intero,
completamente vivo, o mio beneamato Gesù,
così pienamente come lo eri
nella casa della Santa Famiglia di Nazareth,
nella casa di Maddalena a Betania,
come lo eri in mezzo ai tuoi apostoli...
Allo stesso modo tu sei qui,
o mio Beneamato e mio tutto...
E facci questa grazia, o mio Dio,
non a me soltanto ma a tutti i tuoi figli,
in te, per mezzo di Te e per Te:
«Dacci il nostro pane quotidiano»,
dallo a tutti gli uomini,
questo vero pane che è l'Ostia santa,
fa' che tutti gli uomini l'amino,
lo venerino, l'adorino,
e che il loro culto universale
ti glorifichi e consoli il tuo Cuore.
Amen.

- Padre Charles de Foucauld -



Guardate un po' cosa c'è nella Stazione Spaziale Internazionale?

Preghiamo tutti per loro e per Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio.

Felici di essere italiani ma, soprattutto, di essere cristiani.


Nicolas Fromen - *Il Trittico del roveto ardente* - 1475/76 – olio su tela – 305 x 410 cm. - cattedrale di Aix di Aix-en-Provence in Francia.


Nessuno possiede Dio in modo tale da non doverlo più attendere.
Eppure non può attendere Dio chi non pensa che Dio ha già atteso lungamente lui.

- Dietrich Bonhoeffer -
 




Buona giornata a tutti. :-)

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martedì 26 novembre 2024

Tacere davanti a te - Jean Gallot

                                  Tacere davanti a te, offrirti il mio silenzio 
in omaggio d'amore.
Tacere davanti a te per poter dire l'inesprimibile
al di là delle parole.
Tacere per liberare il fondo del mio spirito,
l'essenza della mia anima
Tacere per lasciar battere il cuore più forte
nella tua intimità,
e per prendere il tempo di guardarti meglio,
più libero e più sereno.
Tacere per sognare di te, della tua presenza,
della tua grande bontà,
e per scoprirti nella tua realtà
più bello del mio sogno.
Tacere per lasciare che lo Spirito d'amore gridi in me
"Abba" al Padre,
e dirti "Signore" con la sua voce divina
dagli accenti ineffabili.
Tacere, lasciarti rivolgermi la tua parola
in tutta libertà,
sforzarmi di ascoltare il tuo linguaggio segreto
e di meditarlo.
Tacere e cercarti non più con le parole
ma con tutto il mio essere,
e trovarti veramente quale tu sei, Gesù,
nella tua divinità.

- Jean Galot -
da: "Amarti senza vederTi"



Il digiuno del cuore

Signore, fa' digiunare il nostro cuore: che sappia rinunciare a tutto quello che l'allontana dal tuo amore, Signore, e che si unisca a Te più esclusivamente e più sinceramente.

Fa' digiunare il nostro orgoglio, tutte le nostre pretese, le nostre rivendicazioni, rendendoci più umili e infondendo in noi, come unica ambizione, quella di servirTi. 

Fa' digiunare le nostre passioni, la nostra fame di piacere, la nostra sete di ricchezza, il possesso avido e l'azione violenta; che nostro solo desiderio sia di piacere a Te in tutto.

Fa' digiunare il nostro "io", troppo centrato su se stesso, egoista indurito, che vuole trarre solo il suo vantaggio: che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi.

Fa' digiunare la nostra lingua, spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche, severa nei giudizi, offensiva o sprezzante: fa' che esprima solo stima e bontà. 

Che il digiuno dell'anima, con tutti i nostri sforzi per migliorarci, possa salire verso di Te come offerta gradita, meritarci una gioia più pura, più profonda.
Amen

- Padre Jean Galot - 























Decalogo della parola

1. Prima di parlare controlla che il cervello sia inserito.
2. Non parlare di te: lascia che siano gli altri a scoprirlo.
3. Regala parole buone: la scienza sta ancora cercando una medicina più      efficace delle parole buone.
4. Non dire tutto ciò che pensi, ma pensa a tutto ciò che dici.
5. Adopera ragioni forti con parole dolci.
6. Quando parli, pensa all’insalata: è buona se ha più olio che aceto.
7. Non basta parlare: bisogna comunicare. Chi parla difficile non comunica.
8. Ascolta! Ascoltare è la forma più raffinata di parlare.
9. Quando senti altrui mancamenti, serra la lingua tra i denti.
10. Parla per ultimo: sarai ricordato per primo.

Pino Pellegrino, Marino Gobbin
Omelie per un anno, Vol. 1 – Anno A, Elledici 2004
























Buona giornata a tutti. :-)

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