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lunedì 27 luglio 2015

La vita la devo a voi - San Giovanni Bosco -

All’epoca di don Bosco diventar vecchi non era cosa facile. 
La fame, gli stenti, la povertà, le malattie e le epidemie, le guerre e gli incidenti sul lavoro rendevano cosa molto ardua il superare la soglia dei 70 anni. E la famiglia Bosco non faceva certo eccezione a questa dura realtà. 
Francesco Bosco, padre di Giovanni, muore nel 1817, a soli 33 anni. Antonio, primo figlio di Francesco, si spegne nel 1849, a soli 41 anni. L’altro fratello, Giuseppe, muore nel 1862, a 49 anni. 
Don Bosco invece no: nonostante una vita di incredibili stenti e di continue fatiche che lo rende come un abito logoro, apre gli occhi all’eternità alla bella età di quasi 73 anni, il 31 gennaio 1888. Prodigio dei medici? Certamente no, visto che don Bosco mai si risparmiò fatiche e privazioni per i suoi birichini. Forse piuttosto grazia dei giovani, miracolo di Dio. Luglio 1846. Dopo tre anni di continue peregrinazioni, il nascente oratorio, come i cavoli trapiantati costretto a migrare di luogo in luogo, ha finalmente trovato stabile dimora in Valdocco.
La casa non è grande, le difficoltà economiche sono immense, il lavoro è enorme, ma l’oratorio ha finalmente una casa, si può guardare con speranza al futuro. Accade però l’imprevedibile: don Bosco, appena 31enne, nel pieno delle sue forze, sfinito dal lavoro e dai sacrifici, cade gravemente malato: in pochi giorni è giudicato in punto di morte, la medicina alza bandiera bianca, non vi è nulla da fare. Don Bosco stesso è preparato: “mi rincresceva di abbandonare i miei giovanetti, ma ero contento che terminavo i miei giorni dopo aver dato una forma stabile all’oratorio”. 
Ma i giovani non si arrendono!!! 
La notizia della malattia di don Bosco si diffonde come un fulmine tra le officine ed i cantieri di Torino, in cui lavorano i suoi piccoli amici. Da decine e decine di cuori si innalza a Dio una preghiera continua, semplice, accorata: i giovani, rubando al sonno le ore per la preghiera e spesso digiunando a pane ed acqua nonostante i pesanti lavori cui sono sottoposti, implorano Dio di salvare la vita del loro padre. E Dio li ascoltò.
Quella notte di sabato doveva essere l’ultima della vita di don Bosco, la sentenza dei medici era stata perentoria. Don Bosco racconta: “a tarda notte mi sentii tendenza a dormire. Presi sonno, mi svegliai fuori di pericolo”. Da questo miracolo nasce la promessa: “Io sono persuaso che Dio concesse la mia vita alle vostre preghiere, e perciò la gratitudine vuole che io la spenda tutta a vostro vantaggio, spirituale e temporale. Così prometto di fare, finchè il Signore mi lascerà su questa terra”. 
Ma chi sono questi giganti della preghiera? Sono muratori e scalpellini, lustrascarpe e selciatori, spazzacamini e stuccatori, alcuni torinesi, molti provenienti dalle valli del Piemonte e della Lombardia, in poche parole ragazzi che non avevano più nulla e non erano più di nessuno. Sono questi ragazzi abbandonati, poveri e spesso orfani, invisibili per la società, pericolosi per le autorità, vite trasparenti e insignificanti, a strappare a Dio la Grazia della guarigione di don Bosco.

Concedendo alle loro lacrime la vita del povero don Bosco, Dio scrive in modo indelebile la grandezza di questi cuori, invisibili al mondo, ma infinitamente preziosi e straordinariamente potenti ai Suoi occhi. 
Questa fu la prima preghiera vocazionale. 
Come allora i giovani salvarono don Bosco, così oggi sono i giovani a poter bussare al cuore di Dio per ottenere il dono di nuovi padri che li accompagnino. Qui vive il segreto di ogni vocazione: non vita donata, ma prima di tutto vita ricevuta da Dio, per essere restituita, ridonata a Dio, per la salvezza dei fratelli.



Tenete a memoria, che la solita parola che usa il demonio quando vuole spingerci al male è: Oh! è niente! 

- San Giovanni Bosco - 



Nel 1853 due protestanti tentarono dissuadere Don Bosco dalla pubblicazione delle Letture Cattoliche e minacciarono persino di ucciderlo. 
E Don Bosco: «Ben vedo che le signorie loro non conoscono i preti cattolici, perchè altrimenti non si abbasserebbero a queste minacce. Sappiano dunque che il Sacerdote della Chiesa Cattolica, finchè è in vita lavora volentieri per Dio, e, se mai nel compiere il suo dovere dovesse soccombere, riguarderebbe la morte come la più grande delle fortune, la massima gloria. 
Cessino dunque dalle loro minacce, ché io me ne rido!». 
E li licenziò.
 




Buona giornata a tutti. :-)





sabato 11 aprile 2015

Della vita, non si fa mercato

Della  vita, non si fa mercato.
La vita è un dono fuori commercio. Nobile, sicuramente è il desiderio di divenire madre e padre. Ma questo non può avvenire  ad ogni costo. Un figlio esige e merita di nascere da un atto d'amore: dall’ incontro e dal dono totale e reciproco di un uomo e una donna, uniti in un autentico e stabile amore 
spon­sale.
Il fìglio stesso è dono,  amore, incontro e relazione. 
Nasce, in altri termini, da un atto del tutto gratuito, sottratto a ogni lo­gica utilitaristica o mercantile, perché l'amore non cerca il tornaconto personale. Così accade con i figli che, nati da un libero gesto creativo di una sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri liberi: liberi della libertà spirituale che deriva dall'essere, in ogni caso, primordialmente figli di Dio.
C'è in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole, a considerare i figli  che devono nascere come degli "oggetti" di  cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio. 
Si potrebbe persino dire che il movente non è troppo diverso da quello che ci può spingere a sentire il bisogno di un'auto­mobile o di una bella vacanza. 
Il figlio viene così pensato, da subito, come un oggetto che sarà posseduto da chi lo avrà "pro­dotto"; una merce alla stregua di altre merci.
Ma della vita non si può fare mercato! 
Questa affermazione non è arbitraria, né una mera esortazione più o meno accetta­bile; è un fondamento decisivo della nostra società. 
Negandola, si insinua che gli esseri umani possano, tutto sommato, essere cose da possedere.

Tratto da  "Messaggio del Consiglio Episcopale permanente, 2002"





"Solo nella nostra epoca tutto ciò è solo un pericoloso stereotipo, che deve essere decostruito, smascherato nella sua falsità, per poi essere abbandonato e sostituito col “mondo nuovo”, col nuovo dis-ordine, quello dove il passato non conta più e non può più dirci né cosa né come: nessun vincolo, nessuna verità, solo una globale, contagiosa effimera pretesa di libera auto-creazione."
La grande sconfitta, in tutto, è dimenticare.

- Louis-Ferdinand Céline -
da: "Viaggio al termine della notte"


Non è possibile una famiglia senza il sogno. Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, i bambini non crescono e l’amore non cresce, la vita si affievolisce e si spegne. Per questo vi raccomando che la sera, quando fate l’esame di coscienza, ci sia anche questa domanda: oggi ho sognato il futuro dei miei figli? Oggi ho sognato l’amore del mio sposo, della mia sposa? Oggi ho sognato i miei genitori, i miei nonni che hanno portato avanti la storia fino a me?  

- Papa Francesco - 





..Quando si contesta l’esistenza della famiglia, quando la paternità e maternità umane vengono diffamate come un ostacolo per l’affermarsi della libertà, quando il rispetto, l’obbedienza, la fedeltà, la pazienza, la bontà, la fiducia sono considerate invenzioni della classe dominante, mentre le vere virtù di un uomo libero sono l’odio, la diffidenza e la disubbidienza, e sono proprio questi gli ideali che si propongono ai nostri bambini, allora viene posto in gioco anche il Creatore e la sua creazione. 
Questa creazione deve cedere il posto a un mondo nuovo, che l’uomo stesso si costruirà. 
Seguendo la logica di una simile impostazione, di fatto soltanto l’odio sarà la via che conduce all’amore, dove però questa logica poggia sull’antilogica dell’autodistruzione. 
E, infatti, quando si diffama la realtà intera, quando si offende il Creatore, si sradica l’uomo stesso dalla sua realtà. 
Lo intravediamo, anzi lo tocchiamo con mano nel modo stesso in cui si affronta il problema dell’ambiente. Qui si osserva che l’uomo non può vivere contro la terra, in quanto è proprio di essa che deve vivere. 
Ma ciò vale anche per l’intera sfera della realtà, benché non siamo ancora disposti ad ammetterlo...

+ cardinale Joseph Ratzinger -
da "Il Dio di Gesù Cristo" -









Buona giornata a tutti. :-)









mercoledì 11 marzo 2015

Preghiera alla Beata Vergine dei Miracoli - Corbetta (Milano)

O Vergine santissima,
operatrice amorosa di tanti miracoli,
che dall’immagine
dipinta sulla porta della chiesa,
scendesti mirabilmente nella piazza
per riprendere il tuo Bambino,
dopo aver sorriso ai giochi di alcuni fanciulli
e reso l’udito e la parola ad uno di essi,
scendi ancora col tuo gran cuore in mezzo
alle nostre popolazioni,
alle nostre case, ai nostri stabilimenti,
alle nostre campagne.
Guarda, o Madre nostra pietosissima,
quanti ti amano: benedicili;
quanti soffrono nell’anima e nel corpo:
consolali e guariscili;
quanti ti invocano: esaudiscili.
Ma soprattutto, o Vergine dei miracoli,
ti preghiamo di convertire noi per primi,
e poi tante anime lontane e a noi care,
che sono divenute sorde e mute
alla voce del Signore. Amen.


Fecondità spirituale

Fu la totale consacrazione che Maria fece di sè a Dio, a meritarle l'unione così intima con lui, sino a divenire la Madre sua, la corredentrice, la dispensatrice, la dispensiera dei suoi tesori. Anch'io ho fatto la totale offerta di me a Dio, per avere in cambio il dono della fecondità spirituale nel mio apostolato. Più sarò di Dio, più Iddio sarà mio, e più opererà per mezzo di me, rendendo efficace l'opera mia. Fu profondamente sincera e sentita la mia offerta? 

- Beato Don Giacomo Alberione -



Maria deve rinnovare la fede profonda con cui ha detto «sì» nell’ Annunciazione; deve accettare che la precedenza l’abbia il Padre vero e proprio di Gesù; deve saper lasciare libero quel Figlio che ha generato perché segua la sua missione. 
E il «sì» di Maria alla volontà di Dio, nell’obbedienza della fede, si ripete lungo tutta la sua vita, fino al momento più difficile, quello della Croce.

- papa Benedetto XVI -

Udienza Generale 19 dicembre 2012




L'Ave Maria

Quando dico Ave Maria, il Cielo esulta,
la terra si riempie di stupore.
Quando dico Ave Maria, Satana fugge,
trema l'inferno.
Quando dico Ave Maria, il mondo perde valore,
il cuore si strugge di Amore per Dio.
Quando dico Ave Maria, sparisce l'accidia,
ogni istinto si placa.
Quando dico Ave Maria, sparisce la tristezza,
il cuore si riempie di gioia.
Quando dico Ave Maria, si accresce la devozione,
inizia il pentimento dei peccati.
Quando dico Ave Maria, il cuore è colmo di speranza
e di consolazione.
Quando dico Ave Maria, l'anima è forte
e ricolma di Amor di Dio.

- Beato Alano della Rupe -
Il Salterio di Gesù e di Maria, il Santissimo Rosario, libro IV






Buona giornata a tutti :-)



martedì 16 settembre 2014

Il Cieco di Gerusalemme – don Nardo Masetti -

È disperato. Ha perduto la vista all'improvviso e a nulla sono valse le cure dei medici. Ora non ha più denaro; tutti lo hanno abbandonato. 
È ormai deciso: prima o poi la farà finita con una vita tanto misera. 
Un giorno sente parlare di un certo Gesù che guarisce tutti, che a Gerico ha persino ridato la vista a un cieco nato, che non chiede nessun compenso per le sue prestazioni: anzi, assieme alla salute del corpo, ridona la gioia di vivere. Si trascina giorno dopo giorno, Dio solo sa come, fino a Gerusalemme, poiché gli hanno detto che lui è là. Ora si aggira per le viuzze della città santa, mentre il sole è al tramonto. In Gerusalemme regna un silenzio profondo, troppo profondo, perché si azzardi a gridare quel nome nel quale ha riposto ogni sua speranza. Si accovaccia per terra e attende il mattino.
Si sveglia mentre attorno lui c'è già il brusio, che caratterizza l'inizio di giornata in una grande città. Raccoglie le idee, si alza in piedi e, porgendo le mani ai passanti, come se volesse chiedere l'elemosina, cerca di fermare qualcuno. Una donna ascolta la sua domanda e gli risponde: "Gesù non lo potrai più incontrare, il Sinedrio lo ha condannato; lo hanno crocifisso una decina di giorni fa. 
Il cieco si sente perduto. Poi gli balena un'idea improvvisa e supplica la donna: "Ti prego portami al Tempio o da uno dei componenti il Sinedrio". 
Ella lo accompagna e lo presenta a uno dei sacerdoti che incontrano nell'atrio della casa del Signore. Questi conferma al povero uomo la notizia che già sapeva: Gesù è stato condannato e ucciso. 
Il cieco implora: "Guariscimi tu dalla mia cecità, o fammi guarire da uno dei membri del Sinedrio, o da Ponzio Pilato!". 
Il sacerdote, sbalordito, a fatica riesce a fargli comprendere come lui non ha il potere di fare miracoli e come non possa pretenderlo dal Sinedrio e tanto meno dal Procuratore romano... Si fa un silenzio assoluto da parte della folla, che nel frattempo si era radunata, e tutti volgono uno sguardo interrogativo al sacerdote che, triste e vergognoso, guadagna frettolosamente l'interno del sontuoso edificio di culto. Il cieco continua ad interrogare la folla: - Era tanto buono, ma perché l'hanno ucciso?! -

Il cieco è seduto sul muricciolo che delimita la spianata del Tempio, con lo sguardo vuoto puntato alla pianura che non vede, ma che intuisce sotto di sé. È venuto il momento di portare a compimento il suo progetto: basta una salto oltre la balconata e tutto è fatto. All'improvviso sente un tocco sulla spalla; non vi fa caso. Poi sente insistente una voce che gli suggerisse di guardare la valle meravigliosa, il colle di ulivi, il sole che splende alto e illumina tutto di colori sgargianti. 
Un grido gli rimane strozzato in gola: sì, vede tutte quelle cose come un tempo. Vede tutto fuorché "Colui" che lo ha toccato: è scomparso. 
Entra nel Tempio e si mette a riflettere: allora è vero quello che molti vanno dicendo, cioè che Gesù è risorto e sta apparendo qua e là ai suoi discepoli; ed è apparso pure a lui. Una gioia sovrumana invade il suo essere; una sola nube l'offusca: non è riuscito a ringraziare il Signore. Ma subito si rasserena. Quell'"Uomo" lo avrebbe rivisto a suo tempo, e per ringraziarlo dell'immenso dono avrebbe avuto a disposizione tutta l'eternità.


don Nardo Masetti



Si è prodotto così un tragico paradosso: che a predominare nel cattolicesimo ha preso a essere lo spirito degli scribi e dei farisei contro il quale Gesù aveva lottato fino a perdere la vita. I colpevoli della morte di Gesù infatti non furono “gli ebrei”, e neppure “i romani”, come si ripete fermandosi al semplice livello della storiografia senza cogliere le profonde e permanenti dinamiche dell’evento; il vero colpevole della sua morte fu il potere, in primo luogo quello religioso, ovviamente alleato a quello politico perché non esiste potere che non ami il riconoscimento e l’alleanza con altri poteri a sé analoghi su piani diversi dell’esistenza. Il paradosso che stringe come una tenaglia la coscienza cattolica è dato quindi dal fatto che l’istituzione per merito della quale continua a risuonare oggi nel mondo il messaggio di liberazione di Gesù è governata al suo vertice da una logica che riproduce il potere contro cui Gesù lottò e da cui venne ucciso. Questa è la tragica condizione dell’essere cattolici. Non esiste luogo dove maggiormente risuoni la logica del bene e dell’amore, ma al contempo non esiste luogo dove maggiore è la supremazia della fredda ragione di Stato, per cui solo se uno accetta di piegare l’intelletto all’autorità è un cattolico, se no, no, perché ben più della vita concreta e dei suoi frutti conta la professione esteriore di obbedienza. Anche così si spiega il paradosso di tanti santi perseguitati in vita dall’istituzione ecclesiastica (tra cui Giovanni della Croce, Antonio Rosmini, padre Pio), e viceversa di tanti carrieristi privi di ogni valore spirituale giunti a ricoprire cariche importanti ai vertici della Chiesa nel passato e nel presente.
  
- Vito Mancuso -
da: Obbedienza e libertà




“Vi stia sempre fissa nella mente la grande sentenza del martire San Cipriano: non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre. E madre nostra è veramente la Chiesa; non è una frase oratoria questa è una dottrina strettamente dogmatica”.
 
- Beato Giovanni Battista Scalabrini -
Omelia di Ognissanti 1897



Preghiera ai Santi del Paradiso

O spiriti celesti e voi tutti Santi del Paradiso,
volgete pietosi lo sguardo sopra di noi,
ancora peregrinanti in questa valle di dolore e di miserie.
Voi godete ora la gloria che vi siete meritata 
seminando nelle lacrime in questa terra di esilio.
Dio è adesso il premio delle vostre fatiche,
il principio, l'oggetto e il fine dei vostri godimenti.

O anime beate, intercedete per noi!

Ottenete a noi tutti di seguire fedelmente le vostre orme,
di seguire i vostri esempi di zelo 
e di amore ardente a Gesù e alle anime,
di ricopiare in noi le virtù vostre,
affinché diveniamo un giorno 
partecipi della gloria immortale. Amen.



Buona giornata a tutti :-)





sabato 9 agosto 2014

Nuova coscienza - Tiziano Terzani -

Sono convinto che ormai, in giro per il mondo, fra la gente più diversa, sta crescendo una nuova coscienza di che cosa è sbagliato e di che cosa va fatto. Questa nuova coscienza, a mio parere, è il grande bene del nostro tempo.
Va coltivata. 
La soluzione è dentro di noi, si tratta di conquistarla facendo ordine, buttando via ciò che è inutile e arrivando al nocciolo di chi siamo. 
Più che assaltare le cittadelle del potere, si tratta ormai di fare una lunga esistenza. 
Bisogna resistere alle tentazioni del benessere, alla felicità impacchettata; bisogna rinunciare a volere solo ciò che ci fa piacere. 
La strada da percorrere è ovvia: dobbiamo vivere più naturalmente, desiderare di meno, amare di più e anche i malanni diminuiranno. 
Invece che cercare medicine per le malattie cerchiamo di vivere in maniera che le malattie non insorgano.
E soprattutto basta con le guerre, con le armi.
Basta coi nemici. Bisogna riportare una dimensione spirituale nelle nostre vite ora intrappolate nella pania (pancia n.d.r.) della materia. 
Dobbiamo essere meno egoisti, meno presi dall'interesse personale e più dedicati al bene comune.


- Tiziano Terzani - 





La vera conoscenza non viene dai libri, neppure da quelli sacri, ma dall'esperienza. Il miglior modo per capire la realtà è attraverso i sentimenti, l'intuizione, non attraverso l'intelletto. L'intelletto è limitato.

(Tiziano Terzani)




Nel fondo del cuore di tutti, c'è chiaro cosa è giusto e cosa non è giusto, cos'è il bene e cos'è il male, cos'è che dobbiamo fare, e non secondo una regola di un partito o di una religione, ma del cuore che è uguale per tutti..

- Tiziano Terzani - 




I miracoli esistono e sono miracoli perchè capitano una volta ogni tanto, perchè sono qualcosa di insolito, qualcosa che non capiamo, perchè sono un'eccezione alla regola del non-miracolo.



Buona giornata a tutti :-)

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sabato 26 luglio 2014

La città smemorata – don Bruno Ferrero -

Una volta, in una piccola città, uguale a tante altre, cominciarono a succedere dei fatti strani. 
I bambini dimenticavano di fare i compiti, i grandi si dimenticavano di togliersi le scarpe prima di andare a dormire, nessuno si salutava più. 
Le porte della chiesa rimanevano chiuse. Le campane non suonavano più. Nessuno sapeva più le preghiere. 
Un lunedì mattina, però, un maestro domandò ai suoi alunni: "Perché ieri non siete venuti a scuola?" 
"Ma ieri era domenica!" risposero gli scolari, "La domenica non c'è scuola". 
"Perché?", chiese il maestro. 
Gli alunni non seppero che cosa rispondere. 
Si avvicinava il Natale. 
"Perché suonano questa musica dolce?". 
"Perché sull'albero ci sono le candele?". 
Nessuno lo sapeva. 
Due amici avevano litigato: si erano insultati fino a diventare rauchi. 

"Ora non ho più nessun amico", pensava tristemente uno di loro il giorno dopo. 
E non sapeva che cosa fare. 
La piccola città si faceva sempre più grigia e triste. La gente diventava ogni giorno più egoista e litigiosa. 
"Ho l'impressione di aver dimenticato qualcosa", ripetevano tutti. 
Un giorno soffiava un forte vento tra i tetti, così forte da smuovere le campane della chiesa. 
La campana più piccola suonò. 
Improvvisamente la gente si fermò e guardò in alto. E un uomo per tutti esclamò: "Ecco che cosa abbiamo dimenticato: Dio!". 

Se c'è speranza in questo mondo è solo perché risuona ancora il nome di Dio. Milioni e milioni di persone gettano su questo nome le gioie e le paure della propri a esistenza. E' l'unico nome che porta su di sé il peso dell'umanità e che dà un senso a tutto.
Anche per questo non possiamo rinunciare a pronunciarlo con rispetto e fiducia.

(don Bruno Ferrero)
Fonte:  Cerchi nell'acqua di don Bruno Ferrero



Il fulmine


Durante la celebrazione della Messa domenicale, scoppiò improvvisamente un violento temporale. Un fulmine colpì il campanile e fece tremare le pareti della chiesa, che era gremita di gente.
Il celebrante, visibilmente scosso, si rivolse ai fedeli: "Interrompiamo un attimo la Messa", disse. "E mettiamoci a pregare...".

L'abitudine impolvera, incrosta, spegne anche le cose più belle e più grandi. E si finisce a farle "per finta".


Don Bruno Ferrero
Fonte “ A volte basta un raggio di sole”




Tutto dipende dal fatto che noi preghiamo veramente: che facciamo diventare le cose che diciamo verità per noi ed in noi; che la nostra fede sia la verità della nostra vita e non una dispensa per il tempo del bisogno.

- Adrienne von Speyr - 
da Esperienza di preghiera




Il cristiano, più che persuasivo, dovrebbe essere contagioso.


- Paul Claudel -




























Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 13 giugno 2014

"Si quaeris miracula” – Il responsorio di S.Antonio da Padova -

In tutto il veneto era comune, per tutti i bisognosi d’aiuto, affidarsi a “S.Antòne” per ritrovar ciò che si aveva smarrito.

Recitando ad alta voce il canto si invoca il Santo che ci aiuterà.


Si quaeris miracula
mors, error, calamitas,
demon, lepra fugiunt
aegri surgunt sani.

Cedunt mare, vincula
membra, resque perditas,
petunt et accipiunt
juvenes et cani.

Pereunt pericula,
cessat et necessitas,
narrent hi qui sentiunt,
dicant Paduani.

Cedunt mare, vincula, ect.

Gloria Padri et Filio et Spiritui Sancto.

Cedunt mare, vincula ecc.



Se miracoli tu brami,
fugge error, calamità,
lebbra, morte, spirti infami
e qualunque infermità.

Cede il mare e le catene
trova ognun ciò che smarrì
han conforto nelle pene
vecchi e giovani ogni dì.

I perigli avrai lontani,
la miseria sparirà;
ben lo sanno i Padovani,
preghi ognun e proverà!

Cede il mare e le catene…

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo

Amen

Questa preghiera di lode - o Responsorio - in onore di Sant'Antonio da padova, fu composta da Fra Giuliano da Spira. Il Responsorio fa parte dell'Ufficium Rhythmicum S.Antonii, che risale al 1233, due anni dopo la morte del Santo. E' cantato nella Basilica di Sant'Antonio da Padova ogni martedì.

Responsorio antico di Sant’Antonio 

Sant Antonio mio benegno
di pregarti non son degno;
come nostro protettore
prega Dio Salvatore

per tua vita e castità
molte grazie Dio ci da:
per virtù del Dispensorio
facci grazia sant Antonio.

Sant Antonio giglio giocondo
nominato per tutto il mondo
chi lo tiene per suo avvocato
da Sant Antonio sarà aiutato

Sant Antonio che leggeva
Sopr’ jo libro ci appareva;
era Cristo suo divino
che era in forma di Bambino

mentre l’Ufficio si diceva
tra le mani gli fioreva
‘no beglio fiore bianco giglio
liberaci Sant Antonio d’ogni periglio.

pe la róbba che perdemo
a Sant Antonio ricoremo,
ché sta scritto al tabernacolo
Sant antonio fa miracolo.

E miracolo facesti
e tuo padre liberasti
che a morte fu condannato
e dalle tue mani fu liberato.

Dai nemici e da ogni fóco
Sant Antonio ci dia lóc.



Quando sopra la faccia dell'abisso cioè del cuore, ci sono le tenebre del peccato mortale, l'uomo è vittima della mancanza della conoscenza divina e dell'ignoranza della propria fragilità, e non sa più distinguere tra il bene e il male.

- Sant’Antonio da Padova -



Come l'uomo esteriore vive di pane materiale, così l'uomo interiore vive del pane celeste, che è la Parola di Dio.

- Sant'Antonio di Padova -


Lode e gloria a te, o Vergine beata, che oggi ci hai colmati di bontà, dandoci il Figlio tuo.
Prima eravamo vuoti, ed eccoci ricolmi; eravamo infermi, ed eccoci risanati; eravamo maledetti, e ora siamo benedetti. Ecco la bontà, ecco il Paradiso: il Figlio tuo!

Sant'Antonio di Padova



Buona giornata a tutti :-)