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mercoledì 29 ottobre 2025

Il Paradiso

Una storia ebraica narra di un uomo che è stufo della sua vita con la moglie e i figli.
La moglie lo domina e lo vessa, i figli lo disprezzano e gli ridono dietro.
Si sente una vittima e pensa che sia venuto per lui il momento di cercare la Gerusalemme celeste, il Paradiso.
Dopo molte ricerche, trova un vecchio saggio che gli spiega la strada in dettaglio: "Il Paradiso c'è, eccome, ed è nel tal posto. Bisogna fare parecchia strada, ma con un bel po' di fatica ci si arriva".
L'uomo si mette in cammino. Di giorno marcia, e la notte, stanchissimo, si ferma in una locanda per dormire.
Siccome è un uomo molto preciso decide, la sera, prima di coricarsi, di disporre le sue scarpe già orientate verso il Paradiso, per essere ben sicuro di non perdere la direzione giusta. Durante la notte, però, mentre lui dorme, un diavoletto dispettoso entra in azione e gli gira le scarpe nella direzione opposta.
La mattina dopo l'uomo si sveglia, guarda le sue scarpe, che gli paiono orientate in maniera diversa rispetto alla sera prima, ma non ci fa troppo caso e riprende il cammino, che ora è nella direzione contraria a quella del giorno precedente: verso il punto di partenza.
A mano a mano che procede, il paesaggio diventa sempre più familiare. 
A un certo punto arriva nel paese dove è sempre vissuto, che però crede sia il Paradiso: «Come assomiglia al mio paese il Paradiso». 
Siccome è il Paradiso, tuttavia, ci si trova bene e gli piace moltissimo.
Poi vede la sua vecchia casa, che però pensa sia il Paradiso: «Come assomiglia alla mia vecchia casa!». Ma siccome è il Paradiso, gli piace moltissimo.
Lo accolgono sua moglie e i suoi figli: «Come assomigliano a mia moglie e ai miei figli! 
Qui in Paradiso tutto assomiglia a quello che c'era prima».
Però, siccome è il Paradiso, tutto è bellissimo. 
La moglie è una persona deliziosa, i figli sono straordinari, tutti sono pieni di qualità e aspetti che nel vivere quotidiano egli non avrebbe mai sospettato possedessero. 
«È strano come qui in Paradiso tutto assomigli a ciò che c'era nella mia vita di prima in modo così preciso, ma come allo stesso tempo tutto sia completamente diverso!».

Ad ogni secondo, entriamo in Paradiso oppure ne usciamo.

La schiava Agar dipinta da Pieter Lastman

LA (CONTRO)TESTIMONIANZA IN CASO DI IMPROVVISO DISASTRO

«In caso di un improvviso disastro, qual è la prima cosa che la gente mette in salvo?».

In una bella tavolata di amici, che si erano ritrovati insieme in casa di uno di loro per le festività di fine anno con mogli e figli, durante l'aperitivo, questa domanda suscitò una vivace discussione. 

- «Il libretto degli assegni», disse uno. 
- «Gli oggetti preziosi» suggerì una donna.
- «I figli!», disse deciso un altro. E mise tutti d'accordo.

In caso di un improvviso cataclisma tutti avrebbero pensato per prima cosa ai figli. 

In quel momento saltò il coperchio della pentola a pressione in cucina e uno sbuffo di vapore entrò nella stanza. 

Nel giro di pochi secondi, tutti fuggirono fuori, rovesciando sedie e bicchieri. 

Ad eccezione dei bambini, che furono dimenticati in casa a giocare sul pavimento.

Ci nutriamo di parole e finiamo per credere alle nostre stesse chiacchiere.


Buona giornata a tutti :-)












venerdì 17 ottobre 2025

Certe volte le donne vivono “addormentate” - Oberhammer Simona

 Certe volte le donne vivono “addormentate”.
Mangiano dormendo.
Lavorano dormendo.
Amano dormendo.
Fanno shopping dormendo.
Si sposano dormendo.
Fanno progetti di vita dormendo.
Sono di tutte le età queste donne. Di tutte le nazionalità. Di tutte le classi sociali. Di tutti i livelli culturali.
Le puoi incontrare per strada, di fronte a casa, all’uscita dal cinema, in treno, al supermercato.
Fanno tutto ciò che devono fare, dormendo.
Poi, certe volte, inaspettatamente succede qualcosa: si svegliano!
Non è un momento facile.
Si guardano intorno e si chiedono: «Ma dove sono?».
Mentre se lo chiedono vedono tutto ciò che prima era di fronte ai loro occhi in modo nuovo.
«Non ha la stessa luce » pensano dubbiose. «Non sembra la stessa cosa».
È il momento del travaglio. In cui ci si sente strane, scombussolate.
«Ma come ho vissuto fino ad ora? » si domandano.
Forse hanno trent’anni, forse settanta. Non importa.
Il risveglio è uguale per tutte: traumatico.
Però il risveglio è anche affascinante.
Ci si arrabbia con se stesse all’inizio.
Perché quando si viveva con gli occhi chiusi si amava l’uomo sbagliato.
Ci si faceva sfruttare dagli altri.
Si sceglievano cose che non piacevano, solo per far contenti tutti.
Ci si considerava poco capaci.
Oppure ci si sentiva troppo capaci e ci si arroccava da qualche parte.
«Che rabbia » esclamano le donne all’inizio. Quanto tempo ho buttato. Quante occasioni ho perduto…
Ma all’anima non importa del passato. Non importa del tempo.
All’anima importa del risveglio.
Lei ha solo un timore: che tu ti riaddormenti.
Accade: è un momento critico il risveglio.
Può succedere di fuggire: chiudendo gli occhi di nuovo.

Se ti sei svegliata non farlo…la vita ti aspetta… e tu meriti di viverla…

- Simona Oberhammer -
da : La Via Femminile 





Lungo i bivi della tua strada, incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle perdere, dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare, spesso si gioca la tua esistenza e quella di chi ti sta vicino.

- Susanna Tamaro - 

Illustrazione: ( Rechka on deviantART) 

Non è da tutti riuscire a capire ed amare le donne difficili, spigolose, quasi inaccessibili. Solo apparentemente sono solari ed estroverse, anche sicure di sé, ma in realtà sempre diffidenti e insicure, sempre sulla difensiva. 
E si tengono tutto dentro. 
Non guardatele troppo negli occhi, perché non vogliono far vedere a nessuno la loro rabbia, delusione, paura, fragilità. 
La solitudine le accompagna, anche quando hanno decine di corteggiatori. Perché amano ma non dipendono mai dall’amore, da quell'amore che per loro è solo un sogno. 
E sono dure, prima di tutto con se stesse. 
Solo chi sa guardare “oltre” il sorriso riesce a vedere il muro impenetrabile che hanno eretto. Che difende la loro interiorità ricca ma ferita, spaventata. 
La loro sensibilità troppe volte ferita. Il difficile vissuto che solo loro conoscono. Perché sono donne spigolose, difficili, quasi inaccessibili. 
Quelle con l’anima in fiamme e il sorriso splendente.

(©Agostino Degas)


Da donna a donna 

"L'arrivo di Maria da Elisabetta, è presentato dall'evangelista con solennità e con una sorpresa iniziale: Maria "entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta" (Lc 1,40).
L'affronto che Maria fa a Zaccaria è grave.
Lei avrebbe dovuto dirigere il suo saluto prima al padrone di casa, il sacerdote Zaccaria e poi alla moglie. Maria ignora Zaccaria Lei è portatrice dello Spirito e questo non può essere comunicato al sacerdote che è rimasto incredulo e sordo alla voce del Signore.(Lc 1,20).
Come l'angelo Gabriele, messaggero di vita, entrò da Maria e la salutò (Lc1,28),ugualmente Maria piena di vita entra e saluta Elisabetta. Questo saluto si dirige da donna a donna.
Quel che accomuna le due donne, l'anziana e la giovane, è che in entrambe palpita una nuova vita.
Per questo il saluto non coinvolge il sacerdote, chiuso alla novità e refrattario alla speranza, ma solo alle due donne, la vergine e la sterile, quelle che contro ogni speranza e aspettativa si sono aperte alla vita."

- Padre Alberto Maggi - 
Da: “Non ancora Madonna. Maria secondo i Vangeli”




Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 24 settembre 2025

Della vita, non si fa mercato

 Della  vita, non si fa mercato.
La vita è un dono fuori commercio. Nobile, sicuramente è il desiderio di divenire madre e padre. Ma questo non può avvenire  ad ogni costo. Un figlio esige e merita di nascere da un atto d'amore: dall’ incontro e dal dono totale e reciproco di un uomo e una donna, uniti in un autentico e stabile amore 
spon­sale.
Il fìglio stesso è dono,  amore, incontro e relazione. 
Nasce, in altri termini, da un atto del tutto gratuito, sottratto a ogni lo­gica utilitaristica o mercantile, perché l'amore non cerca il tornaconto personale. Così accade con i figli che, nati da un libero gesto creativo di una sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri liberi: liberi della libertà spirituale che deriva dall'essere, in ogni caso, primordialmente figli di Dio.
C'è in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole, a considerare i figli  che devono nascere come degli "oggetti" di  cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio. 
Si potrebbe persino dire che il movente non è troppo diverso da quello che ci può spingere a sentire il bisogno di un'auto­mobile o di una bella vacanza. 
Il figlio viene così pensato, da subito, come un oggetto che sarà posseduto da chi lo avrà "pro­dotto"; una merce alla stregua di altre merci.
Ma della vita non si può fare mercato! 
Questa affermazione non è arbitraria, né una mera esortazione più o meno accetta­bile; è un fondamento decisivo della nostra società. 
Negandola, si insinua che gli esseri umani possano, tutto sommato, essere cose da possedere.

Tratto da  "Messaggio del Consiglio Episcopale permanente, 2002"





"Solo nella nostra epoca tutto ciò è solo un pericoloso stereotipo, che deve essere decostruito, smascherato nella sua falsità, per poi essere abbandonato e sostituito col “mondo nuovo”, col nuovo dis-ordine, quello dove il passato non conta più e non può più dirci né cosa né come: nessun vincolo, nessuna verità, solo una globale, contagiosa effimera pretesa di libera auto-creazione."
La grande sconfitta, in tutto, è dimenticare.

- Louis-Ferdinand Céline -
da: "Viaggio al termine della notte"


Non è possibile una famiglia senza il sogno. Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, i bambini non crescono e l’amore non cresce, la vita si affievolisce e si spegne. Per questo vi raccomando che la sera, quando fate l’esame di coscienza, ci sia anche questa domanda: oggi ho sognato il futuro dei miei figli? Oggi ho sognato l’amore del mio sposo, della mia sposa? Oggi ho sognato i miei genitori, i miei nonni che hanno portato avanti la storia fino a me?  

- Papa Francesco - 




..Quando si contesta l’esistenza della famiglia, quando la paternità e maternità umane vengono diffamate come un ostacolo per l’affermarsi della libertà, quando il rispetto, l’obbedienza, la fedeltà, la pazienza, la bontà, la fiducia sono considerate invenzioni della classe dominante, mentre le vere virtù di un uomo libero sono l’odio, la diffidenza e la disubbidienza, e sono proprio questi gli ideali che si propongono ai nostri bambini, allora viene posto in gioco anche il Creatore e la sua creazione. 
Questa creazione deve cedere il posto a un mondo nuovo, che l’uomo stesso si costruirà. 
Seguendo la logica di una simile impostazione, di fatto soltanto l’odio sarà la via che conduce all’amore, dove però questa logica poggia sull’antilogica dell’autodistruzione. 
E, infatti, quando si diffama la realtà intera, quando si offende il Creatore, si sradica l’uomo stesso dalla sua realtà. 
Lo intravediamo, anzi lo tocchiamo con mano nel modo stesso in cui si affronta il problema dell’ambiente. Qui si osserva che l’uomo non può vivere contro la terra, in quanto è proprio di essa che deve vivere. 
Ma ciò vale anche per l’intera sfera della realtà, benché non siamo ancora disposti ad ammetterlo...

+ cardinale Joseph Ratzinger -
da "Il Dio di Gesù Cristo" -






Buona giornata a tutti. :-)


domenica 19 gennaio 2025

Chi ha ucciso la torta di mele? - Erma Bombeck

 È una sensazione spaventosa svegliarsi una mattina e scoprire che mentre si dormiva si è passate di moda.
È quello che è successo a milioni di casalinghe, che un bel giorno si sono guardate allo specchio e hanno detto: «Abbassare il coperchio della tazza del cesso dieci volte al giorno non basta a realizzarmi».
Le donne erano stufe di schiacciare pulsanti. Per di più i pulsanti avevano cominciato a vendicarsi. 
Una mattina una casalinga di New York, mentre puliva il tappeto con l'aspirapolvere, si chinò a raccogliere un oggetto. I capelli rimasero imprigionati nella spazzola e la poveretta cadde a faccia in giù sull'elettrodomestico, subendo un elettrochoc alla parte sinistra della testa.
Così le casalinghe cominciarono a dubitare della validità della teoria formulata da un'associazione medica britannica, secondo la quale i lavori domestici erano il segreto della longevità femminile: tutto quel movimento prolungava la vita.
Un pomeriggio, mentre, inginocchiata sul pavimento, col peso di tutti i letti a castellosulla schiena, cercavo di infilare le assicelle nelle scanalature, mio marito mi chiese:
«Che cosa fai lì sotto?»
«La cura della giovinezza», dissi seccamente.
«Quegli aggeggi si spostano in continuazione», disse lui. «Perché non comperi delle assicelle più lunghe?»
«Erano più lunghe quando le abbiamo comprate», dissi io.
«Ricominci con quella tua assurda storia degli oggetti inanimati che crescono e rimpiccioliscono? Star chiusa qua dentro tutto il giorno ti fa male al cervello. Dovresti uscire di più. Quando finisci di sistemare tutta questa roba, perché non fai qualcosa che hai sempre desiderato di fare?»
Mi accovacciai per terra e mi misi a riflettere. 
Quello che avevo sempre desiderato di fare era scapparmene di casa. 
Sapete cosa voglio dire. Si segue una dieta ferrea per due settimane e si ingrassa di un chilo. 
Ci si spezza la schiena per riuscire ad andare a una svendita di biancheria e si scopre che sono rimaste solo lenzuola matrimoniali da sopra, o a una piazza da sotto, e federe formato gigante.
La vostra migliore amica (nella quale avete sempre riposto la massima fiducia) vi telefona per dirvi che è appena riuscita a scoprire come si fa il pane in casa. 
Qualche spiritoso ha scritto AIUTO nello strato di polvere che ricopre i tendaggi.
Il supermercato ha smesso di regalare le posate prima che abbiate completato il servizio, e vi accorgete, dopo aver passato quaranta minuti a stirarlo, che il vestito di lino vi sta stretto.
Siete bloccati nel traffico in una strada a senso unico e alla macchina davanti alla vostra si sgonfia una gomma. 
Quando la vostra vicina esce per andare in ufficio le gridate dietro: «Spero proprio che qualcuno abbia riempito di briciole di gomma la tua IBM».
E vi rendete conto di non farcela più.
Poi, un giorno, su una delle riviste più importanti, lessi un articolo dal titolo «È cominciata l'era delle donne».
Sopra l'articolo c'era la fotografia di una bionda bene in carne in un cantiere, circondata da un gruppo di uomini e intenta a spiegar loro i particolari di un progetto. Indossava un paio di scarpe in tinta con il caschetto giallo di Gucci. Nella seconda fotografia la medesima bionda, fasciata da un diafano pigiama, in piedi davanti a un fornello, sorvegliava sorridendo la cottura di un filet-mignon (ricetta a pagina 36), mentre il marito condiva l'insalata e i bambini preparavano amorosamente la tavola. 
Mi venne voglia di vomitare.
Anch'io volevo vivere nell'«era delle donne». (Anche se la mia «era» ormai non «era» più.) Immaginatevi un po'! Uscire tutte le mattine per recarsi in un ufficio tappezzato di moquette... mangiare pane fresco a colazione... usare un telefono luccicante invece che sporco di marmellata d'uva... profumarsi l'incavo delle ginocchia e far girare la testa ai fattorini.
E dissi a me stessa: «Basta. Se trovo una baby-sitter mi cerco un lavoro». 

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi




Una volta presa la decisione, passai sei mesi a esaminare una serie di aspiranti baby­sitter. 
È deprimente rendersi conto che nessuno vuol fare a pagamento un lavoro che voi avete fatto gratis per anni. 
Una delle ragazze poteva lavorare solo fino all'ora in cui i ragazzi tornavano da scuola. Un'altra credeva nei sonnellini fino a trentacinque anni suonati e una terza venne a lavorare un giorno, poi se ne andò dicendo: «Ma lei si aspetta davvero che io continui a lavorare in una casa dove la caraffa dell'acqua sembra una di quelle palle di vetro con la neve dentro che cade quando le si capovolge?»
Le altre donne, scoprii in seguito, avevano lo stesso problema. 
Una mia amica, infermiera diplomata, raccontò una storia terribile. 
Aveva trovato una «perla» disposta a tenere i bambini purché le si dessero istruzioni precise. Il primo giorno la mia amica le lasciò il seguente biglietto:
Tony deve prendere un cucchiaino della medicina rosa che troverà in frigorifero alle otto, e un altro prima di colazione. Ha l'impetigine, quindi si lavi bene le mani con acqua e sapone e non lasci che gli altri bambini bevano nel suo bicchiere.
Paola deve prendere un cucchiaio della medicina arancione nella boccetta marrone alle otto, e un altro all'ora di colazione. Per colazione ci sono affettati di ogni tipo, marmellata, ecc.
Paola deve andare sul vasino ogni due o tre ore. C'è un vasino al piano di sopra e una seggiolina nella stanza dei giochi.
Il cane non deve mangiare la gomma da masticare. La adora, ma poi bisogna portarlo dal veterinario. Deve prendere una pillola (non anticoncezionale) al giorno, perché ha una leggera infezione. Chieda a Franco (che va e viene tutto il giorno) di tenerlo, quando gliela dà, perché c'è rischio di beccarsi un morso.
Se telefona qualcuno si faccia lasciare un messaggio. Non usi la tazza del bagno di servizio. L'acqua non scorre. Se ha bisogno di qualcosa, mi telefoni. Se le chiedono chi parla, dica una delle infermiere.
Quando tornò a casa, trovò la porta d'ingresso imbrattata di sangue d'agnello e un grosso cartello che metteva in guardia contro le malattie infettive. La baby-sitter se l'era squagliata.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi


Basta andare a lavorare una volta nella vita per scoprire che questa storia dell'«era delle donne» è una gran balla. Forse hanno scambiato le didascalie sotto le foto. Forse quella bionda indossava il pigiama diafano in ufficio e il caschetto giallo in casa. Dio sa se è necessario avere qualcosa in testa, quando te la martellano di urla tutto il giorno.
Dov'erano le fotografie di lei mentre corre intorno al tavolo della cucina in pantofole, con due costolette sotto le ascelle per scongelarle più in fretta, urlando come una pazza «Va bene, disgraziati, lo so che ci siete, sento il brontolio del vostro stomaco»? 
A sentire il giornalista, la soluzione del problema lavoro esterno - lavoro domestico stava in un programma scritto per tutti i membri della famiglia, nel quale si elencavano i doveri e le responsabilità di ciascuno. 
Alla madre restava così il tempo non solo di lavorare tutto il giorno fuori casa, ma anche di dipingere, cucirsi i vestiti da sé, andare a cavallo e candidarsi alle presidenziali.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi



Le cose non sono affatto così semplici. Una sera telefonai a casa e dissi: «Voglio parlare con papà».
«È dal dentista», disse mio figlio. «Stamattina si è spezzato un dente con il pane surgelato.»
«Ah! E a chi toccava sgelare il pane, secondo il programma?»
«A me, ma avevo dimenticato le chiavi, sono rimasto chiuso fuori e ho dormito da Michele. Anche il garzone del droghiere è rimasto chiuso fuori. 
Nel garage ci sono due casse di acqua minerale.» «Dov'è tua sorella?»
«Ho rifatto il letto con lei dentro. Non mi parla più. 
La lavatrice è piena di panni bagnati tutti macchiati di marrone. Stiamo sgelando le costolette sotto il tuo casco. Indovina chi ha dimenticato di metter fuori il cane tornando a casa? Quando torni?» «Domani. Sentite la mia mancanza?»
«No ma, stando al programma, domani i piatti toccherebbero a te.» 
Parità di doveri è la parola d'ordine del movimento di liberazione della donna. 

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi



Comunque, ci sono alcune regole fondamentali, alle quali è necessario attenersi, quando la madre lavora fuori casa. Primo: quando rompere e quando non rompere. In altre parole, quando si può telefonare alla mamma in ufficio?
Esistono i casi di emergenza. Su questo non ci sono dubbi, ma bisogna pure cercare di stabilire alcuni criteri generali di guida.
Prima di telefonare alla mamma in ufficio, un bambino dovrebbe chiedersi: 
1) Le verrà un colpo quando le racconterò questa? 
2) Riuscirà a trovare un idraulico dopo le cinque? 
3) Metterà in atto la minaccia di trasferirsi in un'altra città e cambiare nome? Se le risposte sono «Sì, No, Sì», sarebbe bene che il bambino tentasse di inquadrare l'incidente nella giusta prospettiva.
Per esempio, se si tratta di un fatto di sangue, il suddetto bambino dovrebbe prendere in considerazione i seguenti particolari: si tratta di sangue suo? o del fratello? ce n'è molto? poco? sul divano senza fodere scozzesi? su quello da cinquecento dollari di cui i genitori stanno ancora pagando le rate? il sangue si fermerà? si è trattato di un incidente? di un dentino traballante? si può tacere e far finta che si tratti di una puntura di zanzara?
Un altro esempio: quando nel quartiere un bambino su due decide che la vostra casa è il posto ideale per giocare, perché non ci sono adulti in giro durante il giorno, vostro figlio dovrebbe chiedersi: «Voglio passare l'adolescenza chiuso nella mia stanza senza cibo e senza televisione? tengo veramente all'amicizia di un bambino che lancia i cubetti di ghiaccio al canarino? la mamma si accorgerà che abbiamo usato il frullatore per fare i coriandoli?» Altre situazioni sulle quali non lasciar adito a dubbi:
Quando un gruppo di bambini decide di lavare il gatto, lo mette nella lavatrice e vuole sapere che programma usare...  TELEFONARE IMMEDIATAMENTE. 
Quando lui e suo fratello stanno facendo a botte per l'ultima coca e lui vuole un parere autorevole su chi dovrebbe averla vinta... NON TELEFONARE. Quando un paio di uomini con un furgone gli dicono che la sua mamma vuole una fodera per il televisore, un posto sicuro in cui tenere l'argenteria, una bella pulita ai gioielli e una sistemata alla bicicletta a dieci marce, TELEFONARE ... E IN FRETTA. 
Quando sua sorella lo insegue per la casa con la canna per innaffiare i fiori e i mobili stanno stranamente diventando tutti bianchi, CORRERE.
Quando si annoia e non ha niente da fare e vuol solo scambiare due parole con qualcuno, TELEFONARE AL PADRE.

Da: “Se la vita è un piatto di ciliegie, perché a me solo i noccioli?di Erma Bombeck, ed. Longanesi




Per apprezzare fino in fondo sua moglie, ogni marito dovrebbe guidare almeno una volta una macchina piena di bambini.
Portare in giro i bambini è il ventiseiesimo tra i compiti preferiti da mio marito. Sta più o meno a metà tra il far colazione in una sala da tè e il lasciarsi cadere una palla da bowling sul piede.
«Ricordati», lo avvertii la prima volta che si accinse all'arduo compito, «sono bambini piccoli... non sacchi di patate. Questo vuol dire che devi fermare bene la macchina e scendere ad aprire la portiera. Non gridare, e assicurati che stiano tutti e sei vicino al finestrino. Che Dio te la mandi buona.» 
Un'ora e mezzo dopo, quando lo vidi entrare barcollando dalla porta, chiesi:
«Allora, perché ci hai messo tanto?»
«Per cominciare, quella peste con la bocca sporca di dentifricio non voleva salire in macchina. Ha detto che sua madre gli aveva raccomandato di non accettare mai passaggi da estranei. Poi il cartellino con il nome appuntato al vestito di Comesichiama è caduto e lei non sapeva più chi era. Debbie ha pianto per tre isolati perché aveva dimenticato il cestino della colazione sull'altalena. Cecilia... credo che si chiami così... quella che sta sempre ad abbottonarsi il golf nel tentativo di azzeccare l'asola giusta...» «Sì, è proprio Cecilia.»
«Mi ha detto che abitava nella gelateria all'angolo.» «Ma come mai ci hai messo tanto?»
«Michele. È stata tutta colpa di Michele. Ha detto che non sapeva dove abitava e così, per farmelo amico, gli ho dato un lecca lecca. Devo aver girato in tondo per almeno mezz'ora prima che si decidesse a dire: 'Ecco la mia casa'.
«Michele», ho detto, «siamo passati davanti a questa casa almeno venti volte. Perché non hai detto niente prima?»
«Perché», mi ha risposto, «non devo parlare con la bocca piena.»
C'è chi dice che responsabilizzando i bambini li si aiuta a crescere. C'è chi invece sostiene che si aiuta a crescere solo il premio dell'assicurazione. 


Buona giornata a tutti. :-)


giovedì 9 gennaio 2025

I tre figli - don Bruno Ferrero

Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato!

Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16)
- don Bruno Ferrero- 
Fonte :  Solo il vento lo sa di Bruno Ferrero


“Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?”. 

Quando a un bambino gli viene affidato un pesce rosso o un piccolo vasetto con un semino piantato dentro, non è per offrirgli un nuovo giocattolo ma per insegnargli la fedeltà che dà la vita alle cose. 
Se si dimenticasse di dare dal mangiare al pesce rosso o di mettere l’acqua alla piantina si accorgerebbe che in poco tempo avrebbe un pesce morto e una pianta secca. 
Diffidate quindi da quei genitori che regalano pesci rossi ai figli e poi se ne fanno carico loro per i successivi anni di vita, semplicemente perché il figlio così inizialmente entusiasta del nuovo acquisto, dopo un po’ si è annoiato. Senza quella pazienza che ci rimette davanti alle nostre responsabilità a partire dal pesce rosso, accadrà che da grandi faremo uguale nelle relazioni, con il lavoro, con le persone che diciamo di amare e perché no anche con i nostri figli che li accogliamo con l’entusiasmo dei pesci rossi nuovi per poi viverceli semplicemente come un peso. 
Con la stessa ottica pensate al paradiso: chi ci darà una cosa così bella se non siamo stati capaci di aver avuto cura di una cosa mediamente bella che ci è capitata nella vita? Non è punizione, ma conseguenza.

- don Luigi Maria Epicoco - 



Raccontami dove hai trovato la forza, Giacomo

......Raccontami come si lotta per essere felici quando tutto il mondo resiste e la corrente è contraria, perchè anche noi possiamo trovare la tua chiarezza e la tua forza. Insegnaci il segreto di un cielo stellato trecentosessantacinque giorni all'anno, di una vita che si aggrappa al futuro. 
Se un seme non "spera" nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perchè richiede consapevolezza di sè, apertura e tanti fallimenti. 
Sperare non è il vizio dell'ottimista ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco. 
Insegnaci, Giacomo, l'arte di sperare.


- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori



...Che cosa serve, Giacomo, per abitare questa sconfitta senza rifugiarsi in un mondo infantile e al riparo dalla vita? 
Si può proseguire senza rinunciare all'altezza, all'infinito? Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevamo immaginato? 
Come non scivolare , dopo l'incanto giovanile, nel disincanto adulto?

- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori






























Buona giornata a tutti :-)

                                                                 www.leggoerifletto.it