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domenica 30 giugno 2024

E' molto difficile perdonare? - monsignor Orani João Tempesta

“E' molto difficile perdonare?” è la delicata domanda posta in un articolo da monsignor Orani João Tempesta, Arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile).

Il presule ha lamentato che la vendetta e la violenza, di fronte ad alcuni fatti, siano “una costante”.

“Spesso costruiamo una società senza misericordia, senza perdono”, e “molte persone si stanno stancando di vedere l'impunità, la corruzione, la cattiveria dominare le situazioni della società”.

“Pietro ha chiesto a Gesù di chiarire quante volte dobbiamo perdonare il fratello che ha peccato contro di noi – ha ricordato –. Gesù risponde che dobbiamo perdonare settanta volte sette, cioè sempre”.

“Non siamo la fonte del perdono”, ha indicato il presule. “A volte troviamo difficile perdonare perché siamo un po' lontani dal Padre misericordioso, sia per il poco tempo che dedichiamo alla preghiera che per la nostra scarsa partecipazione al duplice banchetto della Parola e dell'Eucaristia la domenica, e soprattutto per lo sporadico o semplicistico accostamento al sacramento della riconciliazione”.

“Se oggi possiamo comprendere la bellezza del perdono, riscopriamo anche la bellezza della confessione”, ha esortato.

“Quanti non riescono a riconoscere e ad accogliere l'amore di Dio nel perdono non solo non sono capaci di darlo agli altri, ma rivelano anche l'incapacità di amare se stessi”.

“Non è vero che amando e perdonando l'altro sto amando l'altro come me stesso, e ancor di più cercando di amare come Cristo ha amato?”, ha chiesto monsignor Tempesta.

Perdonare, ha aggiunto, “è un dono del Signore, e diventa difficile se ci chiudiamo all'amore misericordioso di Dio. In comunione con Lui, tutto è possibile!”.

“Per noi cristiani”, ha sottolineato l'Arcivescovo di Rio de Janeiro, “è un dovere fondamentale, visto che siamo soggetti alla misericordia e al perdono infiniti di Dio. Siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato e riscattati da Cristo, a prezzo del sangue”.

“Ora abbiamo la certezza che il dono più bello che ci è dato di conoscere nel Signore Dio Onnipotente è la sua misericordia”.

“Esaminiamoci per vedere se portiamo nella nostra vita le conseguenze della misericordia e del perdono”, ha chiesto il presule. “Una volta perdonati, siamo chiamati a diffondere misericordia e perdono intorno a noi”.

E' evidente, ha sottolineato, che “ciò non si confonde con l'impunità di colui che ha commesso crimini e che deve rispondere di questi, ma è il clima che deve regnare nei cuori, nelle famiglie e nella società”.

“Con il perdono recuperiamo non solo la grazia, la benevolenza divina, ma anche la piena armonia e la pace con i nostri fratelli”.

“Se troviamo che perdonare sia difficile, lasciamoci guidare da Pietro, quando ha chiesto a Gesù di insegnargli come fare – ha concluso monsignor Tempesta –Seguiamo questa strada di perdonare sempre, settanta volte sette, non solo con le parole, ma di cuore, senza alcun risentimento e camminando insieme, perché riconciliati in Cristo siamo nuove creature. Provate e vedrete che la vostra vita cambierà, perdonando e amando!”.

 - Mons. Orani João Tempesta -Arcivescovo di Rio de Janeiro, Brasile




Il Cristo Redentore. La statua che rappresenta Gesù Cristo redentore dell’umanità,  è posta  sulla cima della montagna del Corcovado, che si erge a 700 m.s.l.m. a picco sulla città e sulla baia di Rio de Janeiro, è alta 38 metri, di cui 8 metri fanno parte del basamento. È uno dei monumenti più conosciuti al mondo. Ormai la statua è un simbolo della città e del Brasile. 



Dal 2007 è fra le sette meraviglie del mondo moderno. 
L'idea di costruire una statua in cima al monte Corcovado nacque nel 1850, grazie al sacerdote  cattolico Pedro Maria Boss che chiese alla principessa Isabella dei fondi per la costruzione di un grande monumento religioso. Non se ne fece nulla. Una seconda proposta per la costruzione della statua arrivò nel 1921 dall'arcidiocesi di Rio de Janeiro. Si organizzò un evento chiamato Settimana del monumento per la raccolta dei fondi necessari alla sua costruzione, i quali giunsero in larghissima parte da cattolici brasiliani. 
Ai piedi della statua è posta una targa messa dalla comunità italiana nel 1974 (in occasione del centenario della nascita di Guglielmo Marconi)  per commemorare l'accensione delle lampade della statua tramite un impulso radio da Roma da parte dello scienziato italiano il 12 ottobre 1931.

Riconoscere il peccato

- Accorgersi di essere un peccatore,

capace di peccare e incline

a commettere peccato –

è il primo passo essenziale per  il ritorno a Dio.

                                                  - Papa Giovanni Paolo II - 

fonte: Il Perdono, pensieri d'amore e di misericordia, Sonzogno Editore


Buona giornata a tutti :-)

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domenica 10 marzo 2024

Camminare, edificare, confessare - papa Francesco

 Prefazio della Croce: « Veramente è cosa degna e giusta, dovuta e salutare, che noi ti rendiamo grazie in ogni tempo e in ogni luogo, o Signore, Padre onnipotente, eterno Iddio, il quale ponesti la salute del genere umano nel legno della croce. Sicché, donde proveniva la morte, indi risorgesse la vita; e colui (satana) che da un albero vinceva, da un albero altresì fosse vinto ».


"In queste tre Letture vedo che c’è qualcosa di comune: è il movimento.
Nella Prima Lettura il movimento nel cammino; nella Seconda Lettura, il movimento nell’edificazione della Chiesa; nella terza, nel Vangelo, il movimento nella confessione.

Camminare, edificare, confessare.

Camminare. «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Questa è la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo: Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile. Camminare: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa.

Edificare. Edificare la Chiesa. Si parla di pietre: le pietre hanno consistenza; ma pietre vive, pietre unte dallo Spirito Santo. Edificare la Chiesa, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore. Ecco un altro movimento della nostra vita: edificare.

Terzo, confessare. Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio.

Camminare, edificare-costruire, confessare. Ma la cosa non è così facile, perché nel camminare, nel costruire, nel confessare, a volte ci sono scosse, ci sono movimenti che non sono proprio movimenti del cammino: sono movimenti che ci tirano indietro.

Questo Vangelo prosegue con una situazione speciale.


Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo.
Io ti seguo, ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce.

Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore.

Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti.

Io auguro a tutti noi che lo Spirito Santo, per la preghiera della Madonna, nostra Madre, ci conceda questa grazia: camminare, edificare, confessare Gesù Cristo Crocifisso. Così sia".

Papa Francesco
(Omelia durante la Santa Messa con i cardinali)

Cappella Sistina - 
Giovedì, 14 marzo 2013



"La croce è il legno che santificò il mondo, che mise in fuga le tenebre; è il legno che raduna tutte le genti dell'oriente e dell'occidente, del mezzogiorno e del settentrione in una sola chiesa, in una sola fede, in un solo battesimo; è il legno nel quale è riposta la risurrezione dei morti, il bastone dei deboli, la consolazione degli afflitti".

(Sant' Efrem)

























Riflessione di Giovanni Paolo II sulla Settimana Santa


Quanto pesava la Tua Croce, o Gesù? Eppure non te ne lamentavi ma sopportavi, e noi che per delle piccoli Croci quotidiane ci Lamentiamo sempre. A volte temiamo di essere schiacciati dal peso del Legno mentre ancora non abbiamo capito che tu non ci darai un peso maggiore in grado da non sopportarlo. Perché il Peso maggiore l’hai voluto tutto per te.

O Cristo ti accompagneremo in tutta la settimana Santa, ti accompagneremo aiutando coloro che sono Crocifissi sul Legno della sofferenza fisica e spirituale, coloro che vivono tutto l’anno la settimana Santa e che con gioia portano la tua Croce. 
O Gesù non possiamo essere indifferenti davanti alla via crucis di un nostro fratello, facci Cirenei della Buona Volontà perché non vogliamo essere come il tuo cireneo che fu costretto a portare la tua Croce.
La costrizione non fa parte dell’amore e dove non c’è amore allora tutto diventa insofferente e pesante. – O Gesù mio, dov’era Tuo Padre, dov’erano gli Angeli del Paradiso, mentre soffrivi e portavi la Croce per noi peccatori, Tuoi figli ingrati?
Dov’ero io, che Ti avrei aiutato a portare il peso dei nostri peccati.
Non ti voglio abbandonare e non voglio addormentarmi come i tuoi Apostoli ma ti prego aiutami ad aiutarti perchè anch’io come loro sono debole nella fede, destami dal sonno del Cristiano fai da te e affianco a te camminerò tutta la settimana sino a farti riposare nel sepolcro e li aspetterò con le pie donne la tua Resurrezione che sarà un giorno anche la mia Resurrezione. Amen.


Buona giornata a tutti :-)


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mercoledì 14 febbraio 2024

Riflessioni sul Mercoledì delle ceneri

 


Mercoledì delle ceneri è l'inizio di un cammino in cui io mi prendo sul serio e decido di uscire dalla mediocrità, da quello stare a mezza strada, né santo né peccatore, né caldo e né freddo... e questo non per paura di Dio, nel modo più assoluto, ma per amore di Dio e per amore della mia vita, perché Dio è buono. Se io gli sto lontano è a me che faccio male, e insieme con me anche tutti quelli che mi sono vicini. Il segno è quello delle ceneri, che ovviamente non hanno un potere magico ma sono il segno esteriore di una consapevolezza: c'è qualcosa che è cenere e Qualcuno che invece è vita eterna. 
Le frasi che il messale suggerisce per l'imposizione delle ceneri sono due: la più gettonata "convertiti e credi al Vangelo" e la più tremenda "polvere sei e polvere tornerai". 
In realtà sono le due facce della stessa medaglia: io, sempre io, quello che sento, quello che provo, quello che mi emoziona, quello che temo e desidero... ecco tutto questo è la polvere! Addirittura? Penso proprio di sì: è polvere e cenere, cose che un colpo di vento spazza via e non rimane niente, se mi ostino a riempire la vita di queste cose, di polvere si riempie la mia vita (ricordate "vanità delle vanità"?). Per questo "convèrtiti (= riorientati, rivolgiti a, fissa lo sguardo su) e credi al Vangelo di Dio": tu sei figlio suo e Lui, immeritatamente e altrettanto immensamente, ti vuole bene, senza se e senza ma. Questo è il segno delle ceneri.

da: www.omelie.org



La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri: 

1 – Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2 – Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11).

da: www.omelie.org


Nel rito ambrosiano, in cui la quaresima è posticipata di quattro giorni e inizia la domenica immediatamente successiva (e in cui pertanto il carnevale termina con il "sabato grasso"), l'imposizione delle ceneri avviene o in quella stessa prima domenica di quaresima oppure, preferibilmente, il lunedì seguente. 
Il giorno di digiuno e astinenza viene invece posticipato al primo venerdì di quaresima.
Mentre la tradizione popolare meneghina fa risalire il proprio carnevale prolungato, o "carnevalone", a un "ritardo" annunciato dal vescovo di Milano sant'Ambrogio, impegnato in un pellegrinaggio, nel tornare in città per celebrare i riti quaresimali, in realtà la diversa datazione della festa mobile delle Ceneri dipende da un consolidato e più antico computo cronologico dei quaranta giorni della quaresima, conservato peraltro anche nel rito bizantino.



Siamo sulla piazza di un paese del Nord, brulicante di figure come spesso accade nelle tele dei fiamminghi. La scena è di fatto divisa a metà. A sinistra di chi guarda c’è il Carnevale, un uomo grasso, a cavalcioni di un barile, con in mano uno spiedo coi polli infilzati; dietro di lui si nota una tavola imbandita; a terra sono resti di cibo.
Il grassone (immagine a lato) viene spinto da due personaggi in maschera diritto contro una figura femminile magra, rifinita, che fronteggia lo spiedo del rivale con una pala, tenuta a mo’ di lancia, sulla quale sono due aringhe. 
È la Quaresima, su un carro trainato da un frate e da una monaca. 
A sinistra si vede un’osteria, a destra una chiesa. 
I seguaci del Carnevale mangiano, recitano, suonano; quelli della Quaresima sono tristi, vestiti di scuro, votati al sacrificio, soffrono. 
Al centro della scena un buffone guida una coppia di spalle: lei porta legata in vita una lanterna spenta. I critici suggeriscono che nella coppia si visualizzi la condizione del credo cristiano, sia cattolico (la Quaresima), sia luterano (il Carnevale).
In tutto il quadro sono sparsi poveri mendicanti, nell’indifferenza generale. 
E sono forse le figure più vere. In basso a destra una madre riceve l’elemosina da un uomo uscito di chiesa: è vestito di rosso e di azzurro. 
Quell’abito simboleggia il peccato di chi compie ipocritamente un atto di carità, davanti a tutti, per sentirsi a posto.



Pieter Bruegel il Vecchio, La battaglia fra il Carnevale e la Quaresima, 1559
(Kunsthistorisches Museum di Vienna).

Ci ottenga, la Vergine Santissima, la grazia di fidarci di Cristo, per proseguire con gioia il cammino quaresimale e rivedere sinceramente la nostra vita alla luce del Vangelo.

- San Giovanni Paolo II, papa - 


Buona giornata a tutti. :-)

martedì 11 gennaio 2022

Chiamati insieme così come siamo - Jean Vanier

Nelle comunità cristiane, Dio sembra compiacersi di chiamare insieme nella stessa comunità delle persone umanamente molto diverse, provenienti da culture, classi o paesi molto diversi. 
Le più belle comunità vengono giustamente da questa grande di­versità di persone e di temperamenti. 
Questo fatto obbliga ognuno a superare le sue simpatie e antipatie per amare l'altro con le sue diversità.
Queste persone non avrebbero mai scelto di vivere con le al­tre. Umanamente questa pare una sfida impossibile, ma è pro­prio perché è impossibile che abbiamo la certezza interiore che è Dio che le ha scelte per vivere in quella comunità. E allora l'impossibile diventa possibile. Esse non si appoggiano più sul­le loro proprie capacità umane o sulle loro simpatie, ma sul Pa­dre che le ha chiamate a vivere insieme. Egli darà loro a poco a poco quel cuore nuovo e quello spirito nuovo perché diventino tutte testimoni dell'amore. In effetti, più è umanamente impos­sibile, e più questo è un segno che il loro amore viene da Dio e che Gesù vive: "Tutti riconosceranno che siete miei discepoli dall'amore che avrete gli uni per gli altri" (Gv 13, 35).
Per vivere con lui, Gesù ha scelto, nella prima comunità degli apostoli, uomini profondamente diversi: Pietro, Matteo (il pub­blicano), Simone (lo zelota), Giuda... Non avrebbero mai cam­minato insieme se il Maestro non li avesse chiamati.
Non bisogna cercare la comunità ideale. 
Si tratta di amare quelli che Dio ci ha messo accanto oggi. Essi sono segno della presenza di Dio per noi. Avremmo forse voluto delle persone diverse, più allegre e più intelligenti. Ma sono loro che Dio ci ha dato, che ha scelto per noi. È con loro che dobbiamo creare l'unità e vivere l'alleanza.

- Jean Vanier - 
da: "La comunità luogo del perdono e della festa"


“Non di rado, nel mondo moderno, ci sentiamo perdenti. Ma l’avventura della speranza ci porta oltre. 
Un giorno ho trovato scritto su un calendario queste parole: «Il mondo è di chi lo ama e sa meglio dargliene la prova». 
Quanto sono vere queste parole! 
Nel cuore di ogni persona c’è un’infinita sete d’amore e noi, con quell’amore che Dio ha effuso nei nostri cuori, possiamo saziarla.”

+ card. François Xavier Nguyen van Thuân



"Come una sola sorgente può dare acqua a molti campi su una grande pianura, così la ricchezza di uno solo può salvare dalla miseria un gran numero di poveri, a meno che la parsimonia e l’avarizia di quest’uomo non faccia ostacolo, come un masso caduto nel ruscello ne cambia il corso. Non viviamo solo secondo la carne, viviamo secondo Dio."

- San Gregorio Nisseno -
 

"Carissimi, portate nel mondo digitale la testimonianza della vostra fede. Sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! 
A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito dell'evangelizzazione di questo continente digitale. sappiate farvi carico con entusiasmo dell'annuncio del Vangelo ai vostri coetanei" 

- papa Benedetto XVI -




Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 15 novembre 2021

Dio ci offre il suo perdono prima ancora del nostro pentimento. - card. Fulton J. Sheen

"Dio ci offre il suo perdono prima ancora del nostro pentimento. È il nostro pentimento che convalida il perdono."

Se il senso della colpa sta nella coscienza di esserci allontanati da Dio e nel dolore di aver ferito qualcuno che amiamo; se il male che avvertiamo è un sintomo del rifiuto opposto all’invito dell’amore, allora dobbiamo preoccuparci non tanto del peccato, quanto del modo di cancellarlo e di ritrovare la pace. Serve amore per accorgersi che l’Amore è stato offeso.

L’Amore Divino ricompensa sempre col perdono questo riconoscimento; e una volta accordato il perdono, una maggiore intimità cementerà i rapporti riallacciati. Gli angeli del Cielo – ha detto Nostro Signore – gioiscono più per un peccatore pentito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di pentirsi. Quando l’amore è profondamente sentito, noi non siamo mortificati perché Dio ci perdoni; ma siamo mortificati nell’accettare quel perdono. Dio ci offre il suo perdono prima ancora del nostro pentimento. È il nostro pentimento che convalida il perdono.

Il Padre aveva già perdonato al figliol prodigo fin dal primo momento. Ma il perdono non è diventato efficace finché il figlio non si è pentito di avere rotto i rapporti col padre e non ha cercato di ripristinarli. Come vi è sempre musica nell’aria e noi non la sentiamo se non sintonizziamo la radio, così c’è sempre un perdono che noi non possiamo ricevere finché la nostra anima non prova dolore e non forma il proposito di migliorarsi.

Noi troviamo solo ciò che cerchiamo; la natura ha molti segreti da rivelarci, ma non ce li rivelerà finché non ci metteremo pazientemente seduti davanti a lei per obbedire alle sue leggi. Soltanto in virtù di questa sottomissione riceveremo ciò che desideriamo. Finché mancherà il caldo desiderio di comunicare con Dio in modo diverso da quello timoroso e distante causato dal peccato, questo non può essere perdonato. Essere peccatori è la nostra miseria, ma sapere di esserlo è la nostra speranza.

- card. Fulton J. Sheen 
da "La Pace dell'Anima"




Reti vuote

La vita a volte è come una pesca:
ci sono giorni in cui le reti sono piene di pesci,
piene di gioia, di vitalità, di fortuna...
e giorni in cui le reti sono vuote,
in cui è grande il senso dell'inutilità e del fallimento...
Proprio in quei momenti in cui le mie reti sono vuote,
quando in casa si diventa come estranei,
quando un figlio ti delude,
quando la tua migliore amica ti tradisce,
quando il tuo datore di lavoro ti dice che sei diventato di troppo,
quando la tua salute ti abbandona,
quando l'ingiustizia e la prepotenza sembrano essere più forti dell'amore,
proprio in quei momenti,
tu, Signore,
non smetti di avere fiducia in me
e mi dici che potrò ancora tirare fuori qualcosa di buono
da queste mie reti vuote e sfilacciate...

Tu, Signore,
mi inviti a riprendere il largo
verso l'orizzonte più ampio sconfinato,
sfidando il rischio e la paura di perdere ancora,
provando a fidarmi del mio cuore,
improvvisando i miei gesti e le mie azioni,
lasciandomi attraversare dal quel brivido
antico e sempre nuovo
che si chiama amore.
Amen.

- Don Angelo Saporiti -


Buona giornata a tutti :-)

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domenica 7 novembre 2021

Guarigione - Anselm Grün

Introduzione
Molte persone si ammalano perché hanno dentro di sé qualcosa che si è spaccato. 
La spaccatura si ripercuote spesso sul corpo. 
Essere sano significa essere intatto, integro, essere pacificato con tutto quello che c’è in me.
Ci sono forme di spiritualità, nel passato come pure nel presente, che ci fanno ammalare. 
Chi si identifica con ideali elevati, corre sempre il pericolo di lasciar da parte la propria realtà. Ciò che non si vuole ammettere in se stessi viene rimosso o represso. Ma non possiamo rimuovere la nostra realtà impunemente: essa si ripercuoterà negativamente sull’anima, oppure si riverserà sul corpo come malattia. 
Nella Bibbia la guarigione avviene allorquando Gesù tocca i malati. 
Questi devono mettere davanti a Cristo la loro vera situazione, affinché la sua forza sanante possa scorrere sulle loro ferite e le possa trasformare. 
Gesù non è un mago divino che fa sparire d’incanto le nostre malattie. 
Solo quando ci mettiamo di fronte alla nostra realtà, ci rendiamo conto delle ferite che sono in noi e le presentiamo coscientemente a Cristo, solo allora la guarigione è possibile. 
Una via di guarigione è mettersi di fronte alle nostre ferite; l’altra via consiste nel fare pace con noi stessi. Questa pacificazione non è un’autoguarigione, ma è piuttosto una risposta alla fiducia di essere accolti da Dio incondizionatamente.
In questo articolo vorrei prendere in considerazione la seconda via di guarigione: la riconciliazione con me stesso, con Dio e con gli altri.

1.     Il concetto di riconciliazione
Riconciliazione è un concetto centrale nella teologia di san Paolo. 
Nella Seconda Lettera ai Corinzi, Paolo afferma che Dio «ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2Cor 5,18). 
Paolo parte dalla premessa che gli uomini si sono alienati da se stessi e in tal modo hanno perduto anche il contatto con Dio. 
In Gesù Cristo, Dio ha preso l’iniziativa e nella sua morte in croce ha colmato l’abisso che separava gli uomini da Dio e da se stessi. 
In Gesù, Dio si è avvicinato agli uomini ed è giunto fino all’ultima solitudine e abbandono. Là, sulla croce, ha tolto via la più profonda alienazione dell’uomo con se stesso e con Dio.
La riconciliazione è dunque un agire di Dio su di noi. Ma tocca a noi rispondere a questa azione di Dio, dicendo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20).
È necessario che noi stessi collaboriamo, affinché in noi possa compiersi la riconciliazione.

La parola latina reconciliatio significa originariamente il ristabilimento di amicizia, una rappacificazione. 
Il verbo corrispondente reconciliare significa: rimettere in ordine, ristabilire, unire nuovamente, rendere di nuovo sano, rappacificare. 
Il significato originario intende dunque far capire che Cristo, mediante la sua morte in croce ha ricondotto gli uomini all’amicizia con Dio, dal quale si erano allontanati. 
Riconciliazione significa quindi anche che sappiamo trattare noi stessi in modo amichevole, che consideriamo nostro amico tutto ciò che è in noi. 
Molti esseri umani non hanno una relazione né con Dio, né con se stessi. 
La riconciliazione significa che finalmente riescono a prendere contatto con se stessi e solo allora diventano capaci anche di entrare in relazione con gli altri e con Dio.
(... continua) 

- Anselm Grün -
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach (Germania)


Ti auguro che, nel giorno del tuo compleanno, tu possa riconoscere una cosa: 

“Io sono benedizione per gli altri: sì, proprio io! Sono consapevole dei miei errori e delle mie debolezze. Posso però riconoscere, senza superbia e con immensa gratitudine, che nella vita mi è stato concesso più volte di essere benedizione per gli altri”. 

Così potrai lodare con riconoscenza Dio per le benedizioni che in tante occasioni ha riversato su di te e perché ti ha dato di essere, a tua volta, una benedizione per gli altri. 
Gli altri potranno alimentarsi della tua presenza, della tua aura, delle parole che rivolgi loro e del modo in cui ti comporti nei loro confronti»

- Anselm Grün -



Chi ha gli occhi purificati da Dio può salire dalla bellezza del mondo a quella di Dio. E vede la bellezza del mondo nella luce della bellezza di Dio. 

Anselm Grün 
da: "Bellezza"




 Il fallimento e la fragilità delle relazioni sono un invito a costruire un buon rapporto con me stesso e con Dio. Esso ridimensionerà i miei desideri di un buon rapporto interpersonale, mettendoli nella giusta luce. 

- Anselm Grün -
da: "Le questioni della vita"





Buona giornata a tutti. :-)