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domenica 14 ottobre 2018

La gioia nello spirito - Papa Francesco

«Noi cristiani non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria», «credo che tante volte ci piacciano più le lamentele». 
E invece «È proprio lo Spirito che ci guida: Lui è l’autore della gioia, il Creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito, ci dà la vera libertà cristiana. 
Senza gioia, noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze. 
Il grande Paolo VI diceva che non si può portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati. 
Non si può. 
Questo atteggiamento un po’ funebre, eh? 
Tante volte i cristiani hanno faccia di andare più ad un corteo funebre che di andare a lodare Dio, no? E da questa gioia viene la lode». 

- Papa Francesco - 



Portare il sorriso dell’amicizia e della bontà 

Gli uomini oggi hanno un particolare bisogno di sorriso, di bontà, di amicizia. Le grandi conquiste tecniche e sociali, la diffusione del benessere e della mentalità permissiva e consumistica non hanno portato la felicità. 
Le divisioni in campo politico, il pericolo e la realtà di nuove guerre, le continue sciagure, le malattie implacabili, la disoccupazione, il pericolo dell’inquinamento ecologico, l’odio e la violenza e i molteplici casi di disperazione, hanno creato purtroppo una situazione di continua tensione e di nevrosi. 
Portare il sorriso dell’amicizia e della bontà  a tutti e dovunque.

- papa Paolo VI -




Ogni bambino che nasce

ci reca il sorriso di Dio. 


- papa Benedetto XVI -




Trova il tempo di ridere

È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell’anima. 
- Madre Teresa di Calcutta -


Buona giornata a tutti :)





venerdì 31 agosto 2018

Invito agli sposi - Cardinale Carlo Maria Martini

Il Signore chiama solo per rendere felici. 
Le possibili scelte di vita, il matrimonio e la vita consacrata, la dedizione al ministero del prete e del diacono, l'assunzione della professione come una missione possono essere un modo di vivere la vocazione cristiana se sono motivate dall'amore e non dall'egoismo, se comportano una dedizione definitiva, se il criterio e lo stile della vita quotidiana è quello del Vangelo.
La prima è quella di essere marito e moglie, papà e mamma. 
L'inerzia della vita con le sue frenesie e le sue noie, il logorio della convivenza, il fatto che ciascuno sia prima o poi una delusione per l'altro quando emergono e si irrigidiscono difetti e cattiverie, tutto questo finisce per far dimenticare la benedizione del volersi bene, del vivere insieme, del mettere al mondo i figli e introdurli nella vita. 
L'amore che ha persuaso al matrimonio non si riduce all'emozione di una stagione un po' euforica, non è solo un'attrazione che il tempo consuma. L'amore sponsale è vocazione: nel volersi bene, marito e moglie possono riconoscere la chiamata del Signore.
Il matrimonio non è solo la decisione di un uomo e di una donna: è la grazia che attrae due persone mature, consapevoli, contente, a dare un volto definitivo alla propria libertà. 
Il volto di due persone che si amano rivela qualcosa del mistero di Dio. 
Vorrei pertanto invitare a custodire la bellezza dell'amore sponsale e a perseverare in questa vocazione: ne deriva tutta una concezione della vita che incoraggia la fedeltà, consente di sostenere le prove, le delusioni, aiuta ad attraversare le eventuali crisi senza ritenerle irrimediabili.
Chi vive il suo matrimonio come una vocazione professa la sua fede: non si tratta solo di rapporti umani che possono essere motivo di felicità o di tormento, si tratta di attraversare i giorni con la certezza della presenza del Signore, con l'umile pazienza di prendere ogni giorno la propria croce, con la fierezza di poter far fronte, per grazia di Dio, alle responsabilità. 
Non sempre gli impegni professionali, gli adempimenti di famiglia, le condizioni di salute, il contesto in cui si vive, aiutano a vedere con lucidità la bellezza e la grandezza di questa vocazione. 
È necessario reagire all'inerzia indotta dalla vita quotidiana e volere tenacemente anche momenti di libertà, di serenità, di preghiera.
Invito pertanto a pregare insieme: una preghiera semplice per ringraziare il Signore, per chiedere la sua benedizione per sé, i figli, gli amici, la comunità: qualche Ave Maria per tutte quelle attese e quelle pene che forse non si riescono neppure a dire tra i coniugi.
Invito ad aver cura di qualche data, a distinguerla con un segno, come una visita a un santuario, una messa anche in giorno feriale, una lettera per dire quelle parole che inceppano la voce: la data del matrimonio, quella del battesimo dei figli, quella di qualche lutto familiare, tanto per fare qualche esempio.
Invito a trovare il tempo per parlare l'uno all'altro con semplicità, senza trasformare ogni punto di vista in un puntiglio, ogni divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee, riconoscere gli errori e chiedersi scusa, rallegrarsi del bene compiuto, un tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza fretta. 
E invito a stare per qualche tempo da soli, ciascuno per conto suo: un momento di distacco può aiutare a stare insieme meglio e più volentieri.
Invito infine gli sposi ad avere fiducia nell'incidenza della loro opera educativa: troppi genitori sono scoraggiati dall'impressione di una certa impermeabilità dei loro figli, che sono capaci di pretendere molto, ma risultano refrattari a ogni interferenza nelle loro amicizie, nei loro orari, nel loro mondo. 
La vocazione dei genitori a educare è benedetta da Dio: perciò occorre che essi trasformino le loro apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato. Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. 
Educare è una grazia che il Signore fa: occorre accoglierla con gratitudine e senso di responsabilità. 
Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non bisogna perdersi d'animo, non c'è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio. 
Ed esorto ad affidare spesso i figli alla protezione di Maria, a non tralasciare una decina del rosario per ciascuno di loro, con fiducia e senza perdere la stima né di se stessi né dei propri figli. 
Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la sua vocazione.

- cardinale Carlo Maria Martini -
da: La famiglia alla prova




Nella famiglia, tutto è legato assieme: quando la sua anima è ferita in qualche punto, l'infezione contagia tutti. 
E quando un uomo e una donna, che si sono impegnati ad essere "una sola carne" e a formare una famiglia, pensano ossessivamente alle proprie esigenze di libertà e di gratificazione, questa distorsione intacca profondamente il cuore e la vita dei figli. 
Tante volte i bambini si nascondono per piangere da soli... 
Dobbiamo capire bene questo. Marito e moglie sono una sola carne. Ma le loro creature sono carne della loro carne.

Papa Francesco -
Udienza generale, Mercoledì 24 giugno 2015




Che nessuna famiglia cominci per caso
che nessuna famiglia finisca per mancanza d'amore
che gli sposi siano l'uno per l'altra, con il corpo e con la mente
e che nessuno al mondo separi una coppia che sogna.

Che nessuna famiglia si ripari sotto i ponti,
che nessuno si intrometta nella vita degli sposi e nel loro focolare,
che nessuno li obblighi a vivere senza orizzonti,
e che vivano del passato, nel presente in funzione del futuro.

Che la famiglia cominci e finisca seguendo la sua strada
e che l'uomo porti sulle spalle la grazia di essere padre;
che la sposa sia in un cielo di tenerezza, di accoglienza e di calore,
e che i figli conoscano la forza dell'amore.

Che il marito e la moglie abbiano la forza di amare senza misura
e che nessuno si addormenti senza aver chiesto perdono e senza averlo dato,
che i bambini appendano al collo il senso della vita,
e che la famiglia celebri la condivisione dell'abbraccio del pane.

Che il marito e la moglie non si tradiscano e non tradiscano i figli
che la gelosia non uccida la certezza dell'amore reciproco,
che nel firmamento la stella più luminosa 
sia la speranza di un cielo qui, adesso e dopo.

P. José Fernandes de Oliveira - (P. Zezinho)



Buona giornata a tutti. :-)





sabato 7 luglio 2018

Invito agli sposi – cardinale Carlo Maria Martini

La famiglia alla prova

Il Signore chiama solo per rendere felici. Le possibili scelte di vita, il matrimonio e la vita consacrata, la dedizione al ministero del prete e del diacono, l'assunzione della professione come una missione possono essere un modo di vivere la vocazione cristiana se sono motivate dall'amore e non dall'egoismo, se comportano una dedizione definitiva, se il criterio e lo stile della vita quotidiana è quello del Vangelo.

La prima è quella di essere marito e moglie, papà e mamma. L'inerzia della vita con le sue frenesie e le sue noie, il logorio della convivenza, il fatto che ciascuno sia prima o poi una delusione per l'altro quando emergono e si irrigidiscono difetti e cattiverie, tutto questo finisce per far dimenticare la benedizione del volersi bene, del vivere insieme, del mettere al mondo i figli e introdurli nella vita. L'amore che ha persuaso al matrimonio non si riduce all'emozione di una stagione un po' euforica, non è solo un'attrazione che il tempo consuma. L'amore sponsale è vocazione: nel volersi bene, marito e moglie possono riconoscere la chiamata del Signore.

Il matrimonio non è solo la decisione di un uomo e di una donna: è la grazia che attrae due persone mature, consapevoli, contente, a dare un volto definitivo alla propria libertà. Il volto di due persone che si amano rivela qualcosa del mistero di Dio. Vorrei pertanto invitare a custodire la bellezza dell'amore sponsale e a perseverare in questa vocazione: ne deriva tutta una concezione della vita che incoraggia la fedeltà, consente di sostenere le prove, le delusioni, aiuta ad attraversare le eventuali crisi senza ritenerle irrimediabili.

Chi vive il suo matrimonio come una vocazione professa la sua fede: non si tratta solo di rapporti umani che possono essere motivo di felicità o di tormento, si tratta di attraversare i giorni con la certezza della presenza del Signore, con l'umile pazienza di prendere ogni giorno la propria croce, con la fierezza di poter far fronte, per grazia di Dio, alle responsabilità. Non sempre gli impegni professionali, gli adempimenti di famiglia, le condizioni di salute, il contesto in cui si vive, aiutano a vedere con lucidità la bellezza e la grandezza di questa vocazione. È necessario reagire all'inerzia indotta dalla vita quotidiana e volere tenacemente anche momenti di libertà, di serenità, di preghiera.
Invito pertanto a pregare insieme: una preghiera semplice per ringraziare il Signore, per chiedere la sua benedizione per sé, i figli, gli amici, la comunità: qualche Ave Maria per tutte quelle attese e quelle pene che forse non si riescono neppure a dire tra i coniugi.
Invito ad aver cura di qualche data, a distinguerla con un segno, come una visita a un santuario, una messa anche in giorno feriale, una lettera per dire quelle parole che inceppano la voce: la data del matrimonio, quella del battesimo dei figli, quella di qualche lutto familiare, tanto per fare qualche esempio.
Invito a trovare il tempo per parlare l'uno all'altro con semplicità, senza trasformare ogni punto di vista in un puntiglio, ogni divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee, riconoscere gli errori e chiedersi scusa, rallegrarsi del bene compiuto, un tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza fretta. E invito a stare per qualche tempo da soli, ciascuno per conto suo: un momento di distacco può aiutare a stare insieme meglio e più volentieri.
Invito infine gli sposi ad avere fiducia nell'incidenza della loro opera educativa: troppi genitori sono scoraggiati dall'impressione di una certa impermeabilità dei loro figli, che sono capaci di pretendere molto, ma risultano refrattari a ogni interferenza nelle loro amicizie, nei loro orari, nel loro mondo. 
La vocazione dei genitori a educare è benedetta da Dio: perciò occorre che essi trasformino le loro apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato. Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. Educare è una grazia che il Signore fa: occorre accoglierla con gratitudine e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non bisogna perdersi d'animo, non c'è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio. Ed esorto ad affidare spesso i figli alla protezione di Maria, a non tralasciare una decina del rosario per ciascuno di loro, con fiducia e senza perdere la stima né di se stessi né dei propri figli. Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la sua vocazione.

- cardinale Carlo Maria Martini -



Non esiste una famiglia perfetta. 
Non abbiamo genitori perfetti, non siamo perfetti, non sposiamo una persona perfetta, non abbiamo figli perfetti. Abbiamo lamentele da parte di altri. 
Ci siamo delusi l'un l'altro. Pertanto, non esiste un matrimonio sano o una famiglia sana senza l'esercizio del perdono. Il perdono è vitale per la nostra salute emotiva e per la nostra sopravvivenza spirituale. Senza perdono la famiglia diventa un'arena di conflitto e una ridotta di punizioni.
Senza perdono, la famiglia si ammala. Il perdono sterilizza dell'anima, pulisce la mente, libera il cuore. Colui che non perdona non ha pace nell'anima o comunione con Dio. Il dolore è un veleno che intossica e uccide. Mantenere il dolore nel cuore è un gesto autodistruttivo. Colui che non perdona diventa fisicamente, emotivamente e spiritualmente malato.
Ed è per questo che la famiglia ha bisogno di essere un luogo di vita e non di morte, il territorio della cura e non della malattia, lo scenario del perdono e non della colpa.
Il perdono porta gioia dove il dolore produce tristezza e dove il dolore ha causato la malattia.


Testo erroneamente attribuito a Papa Francesco, non se ne conosce la fonte corretta.




Preghiera alla Santa Famiglia

Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore dell'amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.
Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.
Santa Famiglia di Nazareth,
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.




Buona giornata a tutti. :-)



sabato 17 marzo 2018

Padre Pio da Pietrelcina e San Giuseppe


Padre Pio da Pietrelcina fu grande devoto non solo di Maria Santissima (che onorava quotidianamente con la recita di molte corone del Santo Rosario), ma anche di San Giuseppe, casto sposo della Vergine e padre putativo di Gesù.
Ecco come viene descritta, in un testo dedicato al santo cappuccino, la grande devozione che il frate stigmatizzato nutriva verso il santo Patriarca:
"Padre Pio ammirò sempre la grandezza spirituale di San Giuseppe.
Imitò le sue virtù e a lui ricorse nei momenti più difficili della sua vita ottenendo ogni volta grazie e favori celesti.
Egli, come San Giuseppe, pur senza esserlo nell'ordine naturale, si sentiva padre ed avvertiva il peso dei diritti e dei doveri della paternità spirituale.
Perciò si rivolgeva a questo santo, con fiducia, preghiere per i figli e le figlie del suo spirito".
Scriveva il Santo Cappuccino:
"Prego San Giuseppe che, con quell'amore e con la generosità con cui custodì Gesù, custodisca l'ania tua e come lo difese da Erode, così difenda l'anima tua da un Erode più feroce: il demonio!
Il Patriarca San Giuseppe abbia per te tutt quella cura che ebbe per Gesù: ti assista sempre con il suo valevole patrocinio e ti liberi dalla persecuzine dell'empio e superbo Erode, e non permetta giammai che Gesù si allontani dal tuo cuore".
E San Giuseppe gratificò Padre Pio con singolare assistenza e visioni straordinarie.
Nel gennaio 1912 confidò al padre Agostino da San Marco in Lamis: 
"Barbablù non si vuole dare per vinto.
Ha preso quasi tutte le forme.
Da vari giorni in qua mi viene a visitare assieme con altri suoi satelliti armati di bastoni e di ordigni di ferro e quello che è peggio sotto le proprie forme.
Chi sa quante volte mi ha gettato dal letto trascinandomi per la stanza.
Ma pazienza!
Gesù, la Mammina, l'Angioletto, San Giuseppe ed il padre San Francesco sono quasi sempre con me." (Epist. I, p.252).
Allo stesso padre Agostino, il 20 marzo 1912, Padre Pio scrisse:
"Ieri, festività di San Giuseppe, Iddio solo sa quante dolcezze provai, massime dopo la messa, tanto che le sento ancora in me.
La testa ed il cuore mi bruciavano; ma era un fuoco che mi faceva bene." (Epist. I, p. 265).
Padre Onorato Marcucci, che fu uno degli assistenti di Padre Pio, negli ultimi anni della sua terrena esistenza, raccontava questo episodio.
Un pomeriggio del mese precedente a quello della morte del venerato Padre, egli si trovava con lui nella veranda accanto alla cella n. 1, in attesa di accompagnarlo in sacrestia per la funzione serale.
Era un mercoledì, giorno consacrato a San Giuseppe, e Padre Pio non si decideva a muoversi.
Ritto davanti a un quadro del glorioso Patriarca, affisso alla parete, il venerato Padre sembrava in estasi.
Trascorso un po' di tempo, padre Onorato gli disse:
"Padre, devo ancora attendere? Vogliamo andare? Siamo oltre l'orario".
Ma le sue domande rimasero senza risposta.
Padre Pio continuava a contemplare il glorioso Patriarca.
Finalmente, dopo un ennesima domanda del padre Onorato, che lo scosse per un braccio, Padre Pio esclamò: "Vedi! Vedi! Com'è bello San Giuseppe!"
Si avviarono alla sacrestia.
Nella sala San Francesco incontrarono il padre sacrista, il quale chiese loro: "Come mai tanto ritardo?"
Padre Onorato rispose: "Oggi Padre Pio non voleva staccarsi dal quadro di San Giuseppe."
Padre Pio invitava sempre i suoi figli spirituali ad avere verso San Giuseppe una sincera e profonda devozione, così ricca di insegnamenti, di conforto e di grazie.
Sembra di risentire ancora la sua voce:
"Ite ad Joseph! Andate a Giuseppe con fiducia estrema, perché anch'io, come santa Teresa d'Avila, non mi ricordo d'aver chiesto cosa alcuna a San Giuseppe, senza averla prontamente ottenuta."


"Mettiti spesso alla Presenza di Dio e offri a Lui tutte le azioni, nonchè tutte le sofferenze. Non sono contrario che nelle sofferenze tu ti astenga dal lagnarti, ma desidererei che lo facessi col Signore, con uno spirito filiale, come lo farebbe un tenero fanciullo con sua madre; e purché si faccia amorosamente, non è mal fatto di lagnarsi, di essere sollevati. 
Fallo pure con amore e rassegnazione tra le braccia della Volontà di Dio."

- San Pio da Pietrelcina -









"Gesù mi dice che nell'amore è Lui che diletta me; nei dolori invece sono io che diletto Lui. 
Ora desiderare la salute sarebbe andare in cerca di gioie per me e non cercare di sollevare Gesù. Sì, io amo la Croce, la Croce sola. L'amo perché La vedo sempre alle spalle di Gesù. Oramai Gesù vede benissimo che tutta la mia vita, tutto il mio cuore è votato tutto a Lui ed alle Sue pene.


Deh! Padre mio, compatitemi se tengo questo linguaggio: Gesù solo può comprendere che pena sia per me, allorché mi si prepara davanti la scena dolorosa del Calvario..."

- San Pio da Pietrelcina -



Oggi 17 Marzo 2018 Papa Francesco si recherà in visita pastorale a Pietrelcina, nei luoghi legati a Padre Pio, diocesi campana di Benevento, in occasione del centenario dell’apparizione delle stimmate di San Pio.

La devozione per il santo unisce i fedeli di tutto il mondo. Padre Pio è stato canonizzato il 16 maggio 2002.
Subito dopo papa Francesco si trasferirà a San Giovanni Rotondo, nella diocesi pugliese di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, per celebrare il 50esimo anniversario della morte del frate indicato come "icona" di misericordia durante l'ultimo Giubileo, modello per tutti i confessori. 
Il Papa ne volle infatti esporre le spoglie mortali nella Basilica di San Pietro insieme a quella dell'altro cappuccino San Leopoldo Mandiç, al culmine dell'Anno Santo, per l'adorazione dei fedeli.


Padre Pio aiutaci e proteggici. A Te ci affidiamo. 






lunedì 5 marzo 2018

Lettera ai giovani - don Tonino Bello

"Vivete la vita che state vivendo con una forte passione!"

Ricordo i miei anni del ginnasio: un mare di dubbi.
Dubitavo perfino della mia capacità di affrontare la vita. Che età difficile! Hai paura di non essere accettato dagli altri, dubiti del tuo charme, della tua capacità d'impatto con gli altri e non ti fai avanti. E poi problemi di crescita, problemi di cuore...

Ma voi non abbiate paura, non preoccupatevi! Se voi lo volete, se avete un briciolo di speranza e una grande passione per gli anni che avete...cambierete il mondo e non lo lascerete cambiare agli altri.

Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri. Appassionatevi alla vita perché è dolcissima.

Mordete la vita!
Non accantonate i vostri giorni, le vostre ore, le vostre tristezze con quegli affidi malinconici ai diari. Non coltivate pensieri di afflizione, di chiusura, di precauzioni. Mandate indietro la tentazione di sentirvi incompresi.
Non chiudetevi in voi stessi, ma sprizzate gioia da tutti i pori.

Bruciate...perché quando sarete grandi potrete scaldarvi ai carboni divampati nella vostra giovinezza.
Incendiate...non immalinconitevi. Perché se voi non avete fiducia, gli adulti che vi vedono saranno più infelici di voi.

Coltivate le amicizie, incontrate  la gente.
Voi crescete quanto più numerosi sono gli incontri con la gente, quante più sono le persone a cui stringete la mano.
Coltivate gli interessi della pace, della giustizia, della solidarietà, della salvaguardia dell'ambiente

Il mondo ha bisogno di giovani critici.
Vedete! Gesù Cristo ha disarmato per sempre gli eserciti quando ha detto: "rimetti la spada nel fodero, perché chi di spada ferisce, di spada perisce". Ma noi cristiani non siamo stati capaci di fare entrare nelle coscienze questo insegnamento di Gesù.

Diventate voi la coscienza critica del mondo. Diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani "autentici" che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani "autentici sovversivi" come San Francesco d'Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire.
Il cristiano autentico è sempre un sovversivo; uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente.

E verranno i tempi in cui non ci saranno più né spade e né lance, né tornado e né aviogetti, né missili e né missili-antimissili. Verranno questi tempi. E non saremo più allucinati da questi spettacoli di morte!

Non so se li ricordate, se li avete letti in qualche vostra antologia quei versi di Neruda in cui egli si chiede cosa sia la vita. 

Tunnel oscuro,- dice - tra due vaghe chiarità o nastro d'argento su due abissi d'oscurità? 
Quando ero parroco li citai durante una messa con i giovani. 
Poi chiesi: perché la vita non può essere un nastro d'argento tra due vaghe chiarità, tra due splendori?
Non potrebbe essere così la vostra vita?


Vi auguro davvero che voi la vita possiate interpretarla in questo modo bellissimo.


- don Tonino Bello -
Fonte:  "Senza misura" di don Tonino Bello, ed. La Meridiana




Nella vita non dobbiamo fare faville, non dobbiamo fare scintille, dobbiamo fare luce. E la luce si può fare anche nel silenzio.

- don Tonino Bello -





Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali! 

- Papa Francesco -

(14/01/16 Messaggio del Santo Padre per il Giubileo della Misericordia dei ragazzi e delle ragazze)



Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 25 dicembre 2017

Natale e disarmo - Gilbert Keith Chesterton

Non riesco mai a capire com’è che quando i giornali nominano il Natale e i suoi insegnamenti cominciano subito a parlare del disarmo internazionale. 
È senz’altro un ideale del Natale che cessino le guerre ingiuste, ma anche e altrettanto che cessino i governi ingiusti, i commerci ingiusti, i processi ingiusti o qualunque altro dei modi innumerevoli con cui gli uomini torturano e tradiscono la loro razza. 
La consueta e popolare traduzione del canto degli angeli è “Pace sulla terra, buona volontà tra gli uomini”. 
A parte l’accuratezza, forse vale la pena sottolineare che le due cose sono molto diverse. 
La pace sulla terra potrebbe anche indicare un panico immoto, il giacere prostrati dinnanzi a un tiranno universale. 
Pace sulla terra potrebbe significare che ogni uomo odia il suo vicino ma lo teme un pelino in più di quanto lo odia. “Fanno una desolazione e la
chiamano pace”. 
Così diceva il vecchio satirista romano; ma il silenzio di cui parlava era perlomeno un silenzio di tomba. 
Ma se noi facessimo un silenzio di vivi, un silenzio di milioni di schiavi muti... e lo chiamassimo pace?... 
Mi sono abituato ai milionari che impongono la guerra. 
Ma se cominciano a imporre la pace mi ribello senz’altro.

- Gilbert Keith Chesterton - 
da: Natale e disarmo, in La Divina poltrona e altre comodità, Leardini


Della nascita in terra del Figlio di Dio, al tempo suo, non si è accorto nessuno. Né Roma con il suo diritto e la sua forza politica né Atene con le disquisizioni dei suoi filosofi né Gerusalemme con tutta la sua schiera di biblisti sono state in grado di percepire e apprezzare l’ingresso nella vicenda umana dell’eterno Creatore dell’universo. 
Come si vede, Dio si diverte a giocare le potenze del mondo, le autorità culturali e le celebrità: vanifica le loro orgogliose competenze, sa eludere la loro attenzione; per rivelarsi ai piccoli e all’umanità intera non si avvale delle loro preziose mediazioni. 

- Card. Giacomo Biffi -
(Natale 1990)


...."Un giorno santo è spuntato per noi". 
Un giorno di grande speranza: oggi è nato il Salvatore dell'Umanità!...
Non fu certo "grande" alla maniera di questo mondo...
Eppure, nel nascondimento e nel silenzio di quella notte santa, si è accesa per ogni uomo una luce splendida e intramontabile; è venuta nel mondo la grande speranza portatrice di felicità: "il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria" (Gv 1,14)...
Questo è il Natale! 

Evento storico e mistero d'amore, che da oltre duemila anni interpella gli uomini e le donne di ogni epoca e di ogni luogo. 
E' il giorno santo in cui rifulge la "grande luce" di Cristo portatrice di pace! Certo, per riconoscerla, per accoglierla ci vuole fede, ci vuole umiltà...
Nel silenzio della notte di Betlemme Gesù nacque e fu accolto da mani premurose. Ed ora, in questo nostro Natale, in cui continua a risuonare il lieto annuncio della sua nascita redentrice, chi è pronto ad aprirgli la porta del cuore? 

Uomini e donne di questa nostra epoca, anche a noi Cristo viene a portare la luce, anche a noi viene a donare la pace! 
Ma chi veglia, nella notte del dubbio e dell'incertezza, con il cuore desto e orante? 
Chi attende l'aurora del giorno nuovo tenendo accesa la fiammella della fede? Chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi avvolgere dal fascino del suo amore? 
Sì! E' per tutti il suo messaggio di pace, è a tutti che viene ad offrire se stesso come certa speranza di salvezza...

- papa Benedetto XVI - 
dal "Messaggio Urbi et Orbi" per il Santo Natale 25 dicembre 2007

"Lasciate che la magia del Natale pervada le vostre anime, accendendo l’amore nei vostri cuori. Buon Natale!"




L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti, amici ed amiche,
che da tanti anni seguite le mie.... fantasie, le mie letture, le mie ricerche.

Il Signore che tutto vede e tutto ama ci benedica e ci custodisca.

- Stefania -

mercoledì 16 agosto 2017

Il segnale – don Bruno Ferrero

Un giovane era seduto da solo nell'autobus; teneva lo sguardo fisso fuori del finestrino. Aveva poco più di vent'anni ed era di bell'aspetto, con un viso dai lineamenti delicati. Una donna si sedette accanto a lui. Dopo avere scambiato qualche chiacchiera a proposito del tempo, caldo e primaverile, il giovane disse, inaspettatamente:
«Sono stato in prigione per due anni. Sono uscito questa mattina e sto tornando a casa».
Le parole gli uscivano come un fiume in piena mentre le raccontava di come fosse cresciuto in una famiglia povera ma onesta e di come la sua attività criminale avesse procurato ai suoi cari vergogna e dolore.
In quei due anni non aveva più avuto notizie di loro. Sapeva che i genitori erano troppo poveri per affrontare il viaggio fino al carcere dov'era detenuto e che si sentivano troppo ignoranti per scrivergli. 
Da parte sua, aveva smesso di spedire lettere perché non riceveva risposta.
Tre settimane prima di essere rimesso in libertà, aveva fatto un ultimo, disperato tentativo di mettersi in contatto con il padre e la madre. 
Aveva chiesto scusa per averli delusi, implorandone il perdono.
Dopo essere stato rilasciato, era salito su quell'autobus che lo avrebbe riportato nella sua città e che passava proprio davanti al giardino della casa dove era cresciuto e dove i suoi genitori continuavano ad abitare.
Nella sua lettera aveva scritto che avrebbe compreso le loro ragioni. 
Per rendere le cose più semplici, aveva chiesto loro di dargli un segnale che potesse essere visto dall'autobus. Se lo avevano perdonato e lo volevano accogliere di nuovo in casa, avrebbero legato un nastro bianco al vecchio melo in giardino. 
Se il segnale non ci fosse stato, lui sarebbe rimasto sull' autobus e avrebbe lasciato la città, uscendo per sempre dalla loro vita. 
Mentre l'automezzo si avvicinava alla sua via, il giovane diventava sempre più nervoso, al punto di aver paura a guardare fuori del finestrino, perché era sicuro che non ci sarebbe stato nessun fiocco.
Dopo aver ascoltato la sua storia, la donna si limitò a chiedergli: «Cambia posto con me. Guarderò io fuori del finestrino».
L'autobus procedette ancora per qualche isolato e a un certo punto la donna vide l'albero.
Toccò con gentilezza la spalla del giovane e, trattenendo le lacrime, mormorò: «Guarda! Guarda! Hanno coperto tutto l'albero di nastri bianchi».

Siamo più simili a bestie quando uccidiamo.
Siamo più simili a uomini quando giudichiamo.
Siamo più simili a Dio quando perdoniamo.

- don Bruno Ferrero - 
Fonte: Bruno Ferrero, La vita è tutto quello che abbiamo


La misericordia non è un obbligo. 
Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. 
È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve.

- William Shakespeare - 
Il mercante di Venezia, Atto IV, Scena I, citato da Papa Francesco nel Messaggio per la 50a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (8 maggio 2016).




Dio sempre aspetta. Dio è accanto a noi, Dio cammina con noi, è umile: ci aspetta sempre. Gesù sempre ci aspetta. 
Questa è l'umiltà di Dio. 
Nella storia del Popolo di Dio ci sono momenti belli che danno gioia e anche momenti brutti di dolore, di martirio, di peccato, e sia nei momenti brutti, sia nei momenti belli una cosa sempre è la stessa: il Signore è là, mai abbandona il Suo popolo!

- Papa Francesco -
Omelia 24 settembre 2013, Casa Santa Marta



Buona giornata a tutti. :-)