La famiglia alla prova
Il Signore chiama solo per rendere felici. Le possibili
scelte di vita, il matrimonio e la vita consacrata, la dedizione al ministero
del prete e del diacono, l'assunzione della professione come una missione
possono essere un modo di vivere la vocazione cristiana se sono motivate
dall'amore e non dall'egoismo, se comportano una dedizione definitiva, se il
criterio e lo stile della vita quotidiana è quello del Vangelo.
La prima è quella di essere marito e moglie, papà e
mamma. L'inerzia della vita con le sue frenesie e le sue noie, il logorio della
convivenza, il fatto che ciascuno sia prima o poi una delusione per l'altro
quando emergono e si irrigidiscono difetti e cattiverie, tutto questo finisce
per far dimenticare la benedizione del volersi bene, del vivere insieme, del
mettere al mondo i figli e introdurli nella vita. L'amore che ha persuaso
al matrimonio non si riduce all'emozione di una stagione un po' euforica, non è
solo un'attrazione che il tempo consuma. L'amore sponsale è vocazione: nel
volersi bene, marito e moglie possono riconoscere la chiamata del Signore.
Il matrimonio non è solo la decisione di un uomo e di una
donna: è la grazia che attrae due persone mature, consapevoli, contente, a dare
un volto definitivo alla propria libertà. Il volto di due persone che si amano
rivela qualcosa del mistero di Dio. Vorrei pertanto invitare a custodire la
bellezza dell'amore sponsale e a perseverare in questa vocazione: ne deriva
tutta una concezione della vita che incoraggia la fedeltà, consente di sostenere
le prove, le delusioni, aiuta ad attraversare le eventuali crisi senza
ritenerle irrimediabili.
Chi vive il suo matrimonio come una vocazione professa la
sua fede: non si tratta solo di rapporti umani che possono essere motivo di
felicità o di tormento, si tratta di attraversare i giorni con la certezza
della presenza del Signore, con l'umile pazienza di prendere ogni giorno la
propria croce, con la fierezza di poter far fronte, per grazia di Dio, alle
responsabilità. Non sempre gli impegni professionali, gli adempimenti di famiglia,
le condizioni di salute, il contesto in cui si vive, aiutano a vedere con
lucidità la bellezza e la grandezza di questa vocazione. È necessario reagire
all'inerzia indotta dalla vita quotidiana e volere tenacemente anche momenti di
libertà, di serenità, di preghiera.
Invito pertanto a pregare insieme: una preghiera semplice
per ringraziare il Signore, per chiedere la sua benedizione per sé, i figli,
gli amici, la comunità: qualche Ave Maria per tutte quelle attese e quelle pene
che forse non si riescono neppure a dire tra i coniugi.
Invito ad aver cura di qualche data, a distinguerla con
un segno, come una visita a un santuario, una messa anche in giorno feriale,
una lettera per dire quelle parole che inceppano la voce: la data del
matrimonio, quella del battesimo dei figli, quella di qualche lutto familiare,
tanto per fare qualche esempio.
Invito a trovare il tempo per parlare l'uno all'altro con
semplicità, senza trasformare ogni punto di vista in un puntiglio, ogni
divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee,
riconoscere gli errori e chiedersi scusa, rallegrarsi del bene compiuto, un
tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza
fretta. E invito a stare per qualche tempo da soli, ciascuno per conto suo:
un momento di distacco può aiutare a stare insieme meglio e più volentieri.
Invito infine gli sposi ad avere fiducia nell'incidenza
della loro opera educativa: troppi genitori sono scoraggiati dall'impressione
di una certa impermeabilità dei loro figli, che sono capaci di pretendere
molto, ma risultano refrattari a ogni interferenza nelle loro amicizie, nei
loro orari, nel loro mondo.
La vocazione dei genitori a educare è benedetta da
Dio: perciò occorre che essi trasformino le loro apprensioni in preghiera,
meditazione, confronto pacato. Educare è come seminare: il frutto non è
garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà
raccolto. Educare è una grazia che il Signore fa: occorre accoglierla con gratitudine
e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza,
talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di
litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non bisogna perdersi d'animo,
non c'è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di
Dio. Ed esorto ad affidare spesso i figli alla protezione di Maria, a non
tralasciare una decina del rosario per ciascuno di loro, con fiducia e senza
perdere la stima né di se stessi né dei propri figli. Educare è diventare
collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la sua vocazione.
- cardinale Carlo Maria Martini -
Non esiste una famiglia perfetta.
Non abbiamo genitori
perfetti, non siamo perfetti, non sposiamo una persona perfetta, non abbiamo
figli perfetti. Abbiamo lamentele da parte di altri.
Ci siamo delusi l'un l'altro.
Pertanto, non esiste un matrimonio sano o una famiglia sana senza l'esercizio del
perdono. Il perdono è vitale per la nostra salute emotiva e per la nostra
sopravvivenza spirituale. Senza perdono la famiglia diventa
un'arena di conflitto e una ridotta di punizioni.
Senza perdono, la famiglia si ammala. Il perdono sterilizza dell'anima, pulisce la mente, libera il cuore. Colui che non perdona non ha pace nell'anima o comunione con Dio. Il dolore è un veleno che intossica e uccide. Mantenere il dolore nel cuore è un gesto autodistruttivo. Colui che non perdona diventa fisicamente, emotivamente e spiritualmente malato.
Ed è per questo che la famiglia ha bisogno di essere un luogo di vita e non di morte, il territorio della cura e non della malattia, lo scenario del perdono e non della colpa.
Il perdono porta gioia dove il dolore produce tristezza e dove il dolore ha causato la malattia.
Senza perdono, la famiglia si ammala. Il perdono sterilizza dell'anima, pulisce la mente, libera il cuore. Colui che non perdona non ha pace nell'anima o comunione con Dio. Il dolore è un veleno che intossica e uccide. Mantenere il dolore nel cuore è un gesto autodistruttivo. Colui che non perdona diventa fisicamente, emotivamente e spiritualmente malato.
Ed è per questo che la famiglia ha bisogno di essere un luogo di vita e non di morte, il territorio della cura e non della malattia, lo scenario del perdono e non della colpa.
Il perdono porta gioia dove il dolore produce tristezza e dove il dolore ha causato la malattia.
Testo erroneamente attribuito a Papa
Francesco, non se ne conosce la fonte corretta.
Preghiera alla Santa
Famiglia
Gesù, Maria e
Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore dell'amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.
in voi contempliamo
lo splendore dell'amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.
Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di
Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.
Santa Famiglia di
Nazareth,
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.
Gesù, Maria e
Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.
ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.
Buona giornata a tutti. :-)