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mercoledì 3 febbraio 2016

Tutto questo eterno correre, questo eterno gioco.... - Ivan Aleksandrovič Gončarov

«Tutto questo eterno correre, questo eterno gioco di miserabili passioncelle, specialmente quelle che mirano all’interesse, a sopraffarsi l’un l’altro; le chiacchiere, le maldicenze, i dispetti, quel modo di misurarsi da capo a piedi. Ad ascoltare quello che la gente dice, vengono le vertigini, c’è da istupidirsi. 
A vederli, sembrano tutti intelligenti, persone piene di dignità, e non senti altro che “A quello hanno dato questo, quest’altro ha avuto un appalto”. 
“Ma per quale ragione, di grazia?” grida un terzo. “Tizio ieri sera si è rovinato al gioco, al club; Sempronio ha guadagnato trecentomila rubli!” 
Non è che noia, noia e ancora noia!…
Dov’è l’uomo, in tutto questo? 
Dov’è finita la sua dignità? 
Dove si è nascosto? 
Come mai si è abbassato a tal punto?….
E la nostra migliore gioventù che fa? 
Non dorme, forse, ballando, passeggiando, scorazzando per il viale Nevsky? 
Il loro è un continuo, vuoto passare di giorni. Ma con quale superbia e con quale indicibile dignità, con che sguardo di riprovazione guardano chi non è vestito come loro, chi non ha i loro nomi e i loro titoli! 
E s’illudono, quei disgraziati, di stare al di sopra della gran massa. 
E quando si riuniscono tra di loro, litigano e si ubriacano come selvaggi. 
E queste sarebbero persone vive, che non dormono? Ma non soltanto i giovani. Guarda gli adulti. 
Si invitano, si offrono l’un l’altro da mangiare senza cordialità, senza bontà, senza reciproca simpatia! 
Si riuniscono per un pranzo, per una serata, come se andassero all’ufficio, freddamente, senza allegria, per fare sfoggio del proprio cuoco, della propria casa, per ridere poi l’uno dell’altro e farsi lo sgambetto. 
L’altro giorno, a pranzo, non sapevo dove guardare, avrei voluto nascondermi, mi sarei cacciato sotto la tavola, quando han cominciato a massacrare la reputazione degli assenti: quello era stupido, quell’altro vile, il terzo un ladro, il quarto ridicolo! 
Non si salvava nessuno. E mentre dicevano queste cose si guardavano con certi occhi, come per dire:”Fa tanto che l’uscio si richiuda alle tue spalle, e ti faremo lo stesso servizio!” 
Perchè si riuniscono se si giudicano così? 
Perchè si stringono la mano? 
Non hanno mai uno scoppio sincero di risa, una simpatia schietta! 
Cercano di attirare loro chi abbia un grado elevato, un nome sonante: “Ho avuto ospite il tale, sono stato dal talaltro”. 
Si vantano poi. Ma che vita è questa? Non me ne faccio proprio nulla, la rifiuto. Che ci posso imparare? Cosa ci posso ricavare?»

- Ivan Aleksandrovič Gončarov - 
da: Oblomov, Обло́мов, 1859, ed. BUR



"È così: il nostro mondo civile non è che una grande mascherata. Vi si incontrano cavalieri, preti, soldati, dottori, avvocati, ecclesiastici, filosofi, e che altro ancora! Ma non sono, costoro, ciò che rappresentano: non sono altro che maschere, sotto le quali, di regola, si celano degli speculatori. Non capisco perchè mai, per riguardo verso l'altrui dabbenaggine, dovrei provare rispetto per la menzogna e per l'impostura. Ciò che io rispetto è la verità, di qualunque cosa si tratti; e, appunto per questo, non ho alcun rispetto per ciò che è contrario alla verità.
La sua luce, in questo mondo, non potrà mai risplendere finchè voi continuerete a tenere le menti in catene, come state facendo."


Arthur Schopenhauer



...il cielo non è un luogo che prima dell'Ascensione di Cristo sia stato sbarrato da un positivistico decreto di Dio, per venir poi un giorno altrettanto positivisticamente riaperto. 
La realtà del cielo nasce invece in primo luogo dall'intimo incontro fra Dio e l'uomo. 
Il cielo va definito come la presa di contatto fra la natura dell'uomo e la natura di Dio...
Il cielo è quindi quel futuro dell'uomo e dell'umanità che quest'ultima non può darsi da sé, e che perciò le rimane precluso sintanto che essa bada solo a se stessa; per fortuna sua però, esso le è stato per la prima volta e decisamente aperto nell'uomo avente il suo centro esistenziale in Dio, nell'uomo tramite il quale Dio si è inserito nella natura umana...

card. Joseph Ratzinger - da "Introduzione al cristianesimo"




Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 21 gennaio 2016

da "Il Dio vicino" L'eucarestia cuore della vita cristiana - Card. Joseph Ratzinger

Nella preghiera fondamentale della Chiesa, nell'Eucarestia, il cuore della sua vita non solo si esprime, ma si compie giorno per giorno.
L'Eucarestia ha nel più profondo di sè a che fare solo con Cristo.
Egli prega per noi, pone la sua preghiera sulle nostre labbra, poichè solo lui sa dire: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.
Ci attira dentro la sua vita, nell'atto dell'amore eterno, in cui egli si affida al Padre, così che noi, insieme con lui, consegniamo a nostra volta noi stessi al Padre e, in questo modo, riceviamo in dono proprio Gesù Cristo. L'Eucarestia è quindi sacrificio: affidarsi a Dio in Gesù Cristo e ricevere così in dono il suo amore.
Cristo è lui che dà ed è, allo stesso tempo, il dono: per mezzo di lui, con lui e in lui noi celebriamo l'Eucarestia.
In essa è continuamente presente e vero ciò che dice l'epistola di oggi: Cristo è il capo della Chiesa, che egli acquista mediante il suo sangue.
Allo stesso tempo, in ogni celebrazione eucaristica, seguendo un'antichissima tradizione, diciamo: noi celebriamo insieme al nostro Papa...
Cristo si dà nell'Eucarestia ed è presente tutto intero, in ogni luogo e, per questo, è dovunque presente, là dove viene celebrata l'Eucarestia, il mistero tutto intero della Chiesa.
Ma Cristo è anche in ogni luogo un'unica persona e, per questo, non lo si può ricevere contro gli altri, senza gli altri.
Proprio perchè nell'Eucarestia c'è il Cristo tutto intero, inseparato ed inseparabile, proprio per questo si rende ragione dell'Eucarestia solo se essa è celebrata con tutta la Chiesa.
Noi abbiamo Cristo solo se lo abbiamo insieme con gli altri.
Poichè l'Eucarestia ha a che fare solo con Cristo, essa è il Sacramento della Chiesa.
E per questa stessa ragione essa può essere accostata solo nell'unità con tutta la Chiesa e con la sua Autorità.

Per questo la preghiera per il Papa fa parte del canone eucaristico, della celebrazione eucaristica.
La comunione con lui è la comunione con il tutto, senza la quale non vi è comunione con Cristo.

La preghiera cristiana e l'atto di fede implicano l'ingresso nella totalità, il superamento del proprio limite. 
La liturgia non è l'iniziativa organizzativa di un club o di un gruppo di amici; la riceviamo nella totalità e dobbiamo celebrarla a partire da questa totalità e in riferimento ad essa.

Solo allora la nostra fede e la nostra preghiera si pongono in maniera adeguata, quando vivono continuamente in questo atto di superamento di sè, di autoespropriazione, che arriva alla Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi: è questa l'essenza della dimensione cattolica.
Si tratta proprio di questo, quando andiamo al di là della nostra piccola realtà, stabilendo un legame con il Papa ed entrando così nella Chiesa di tutti i popoli.

Da Joseph Ratzinger
, "Il Dio vicino. L'eucaristia cuore della vita cristiana", San Paolo Edizioni 2008 (Pag. 127-128)




..."Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue". Questo "è" intende davvero la piena e completa energia di una presenza corporea? O non si riferisce solo a un'immagine simbolica, così che quelle parole debbano essere interpretate come se fossero: "Questo significa il mio corpo e il mio sangue"? 
Nel frattempo i dotti, stanchi di polemizzare intorno a questa parola, sono arrivati finalmente a comprendere che la disputa intorno ad un unico termine, estrapolato dal suo contesto originario, può portare solo a un vicolo cieco. 
In effetti, come in una melodia la singola nota riceve il suo significato solo dalla totalità e unicamente a partire da essa può essere compresa, così anche noi possiamo comprendere i singoli termini di una frase solo dal contesto generale in cui essi trovano posto. 
Se si procede in questo modo, la risposta della Bibbia è molto chiara, Abbiamo, infatti, sentito le parole drammatiche di Gesù nel Vangelo di Giovanni di una chiarezza insuperabile: "Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi...La mia carne infatti è vero cibo" (6,53.55). 
Quando cominciò a levarsi il mormorio dei giudei, si sarebbe potuto facilmente zittire quella contraddizione con parole rassicuranti come: "Amici, non prendetevela! Ho parlato per simboli: cibo significa sì carne, ma non lo è davvero!". 
Ma nel Vangelo non c'è nulla di tutto questo. Quando parla, Gesù rinuncia a simili addolcimenti, si limita ad affermare con forza sempre nuova che questo pane deve essere fisicamente, corporeamente, mangiato. 
Afferma che la fede nel Dio fatto uomo include la fede in un Dio corporeo e che questa fede diventa realmente la vera, piena fede solo se è essa stessa corporea, se è avvenimento sacramentale, in cui il Signore corporeo afferra la nostra esistenza corporea...
"Questo è il mio corpo" significa dunque: questa è tutta la mia persona presente nel mio corpo. Di che natura sia, poi, questa persona, lo scopriamo dalle parole che seguono. "che è dato per voi". 

E questo significa: questa persona è "essere-per-gli-altri". Nella sua intima essenza essa è condivisione di se stessa. Per questo, però, perché si tratta della persona e perché essa è intimamente apertura, offerta di sé, essa può essere condivisa....

- card.  Joseph Ratzinger  - 
da: "Il Dio vicino" L'eucarestia cuore della vita cristiana -



...basterebbe una conoscenza, anche molto modesta, del piccolo catechismo per riconoscere che l'idea del sacrificio non ha mai avuto il suo luogo nel "l'offertorio", ma nella preghiera eucaristica, nel "canone". 
A Dio, infatti, noi non sacrifichiamo questo o quello; la novità dell'eucarestia è la presenza del sacrificio di Cristo. 
Per questo il sacrificio avviene lì dove risuona la sua parola, parola della Parola in cui egli ha trasformato la sua morte in un farsi evento della parola e dell'amore, così che noi, potendolo accogliere, veniamo introdotti nel suo amore, nell'amore trinitario, in cui egli si consegna eternamente al Padre. 
Là, dove la parola risuona dalla parola e i nostri doni diventano così il suo dono, in cui egli dona se stesso, là è il sacrificio, che da sempre costituisce l'eucarestia...

- card.  Joseph Ratzinger  - 
da: "Il Dio vicino" L'eucarestia cuore della vita cristiana -




Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 31 dicembre 2015

Meditazione di fine anno - don Tonino Bello -

Eccoci, Signore, alla fine di questo lungo anno davanti a te.
Col fiato grosso, dopo aver tanto camminato.
Ma se ci sentiamo sfiniti, non è perché abbiamo percorso un lungo tragitto, o abbiamo coperto chissà quali interminabili rettilinei.
È perché, purtroppo, molti passi, li abbiamo consumati sulle viottole nostre, e non sulle tue: seguendo i tracciati involuti della nostra caparbietà faccendiera, e non le indicazioni della tua Parola; confidando sulla riuscita delle nostre estenuanti manovre, e non sui moduli semplici dell'abbandono fiducioso in te.
Forse mai, come in questo crepuscolo dell'anno, sentiamo nostre le parole di Pietro: "Abbiamo faticato tutta la notte, e non abbiamo preso nulla".
Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente. Perché, facendoci contemplare la povertà del raccolto, ci aiuti a capire che senza di te non possiamo far nulla. Ci agitiamo soltanto.
Grazie, perché obbligandoci a prendere atto dei nostri bilanci deficitari, ci fai comprendere che, se non sei Tu che costruisci la casa, invano vi faticano i costruttori.
E che, se Tu non custodisci la città, invano veglia il custode.
E che alzarsi di buon mattino, come facciamo noi, o andare tardi a riposare per assolvere ai mille impegni giornalieri, o mangiare pane di sudore, come ci succede ormai spesso, non è un investimento redditizio se ci manchi Tu.
Il Salmo 127, avvertendoci che, il pane, Tu ai tuoi amici lo dai nel sonno, ci rivela la più incredibile legge economica, che lega il minimo sforzo al massimo rendimento. Ma bisogna esserti amici. Bisogna godere della tua comunione.
Bisogna vivere una vita interiore profonda. Se no, il nostro è solo un tragico sussulto di smanie operative, forse anche intelligenti, ma assolutamente sterili sul piano spirituale.
Grazie, Signore, perché, se ci fai sperimentare la povertà della mietitura e ci fai vivere con dolore il tempo delle vacche magre, tu dimostri di volerci veramente bene, poiché ci distogli dalle nostre presunzioni corrose dal tarlo dell'efficientismo, raffreni i nostri desideri di onnipotenza, e non ci esponi al ridicolo di fronte alla storia: anzi, di fronte alla cronaca.
Ma ci sono altri motivi, Signore, che, al termine dell'anno, esigono il nostro rendimento di grazie.
Grazie, perché ci conservi nel tuo amore.
Perché ancora non ti è venuto il voltastomaco per i nostri peccati.
Perché continui ad aver fiducia in noi, pur vedendo che tantissime altre persone ti darebbero forse ben diverse soddisfazioni.
Grazie, perché non solo ci sopporti, ma ci dai ad intendere che non sai fare a meno di noi.
Perché ci infondi il coraggio di celebrare i santi misteri, anche quando la coscienza della nostra miseria ci fa sentire delle nullità e ci fa sprofondare nella vergogna.
Grazie, perché ci sai mettere sulla bocca le parole giuste, anche quando il nostro cuore è lontano da te.
Perché adoperi infinite tenerezze, preservandoci da impietosi rossori, e non facendoci mancare il rispetto dei fedeli, la comprensione dei collaboratori, la fiducia dei poveri.
Grazie, perché continui a custodirci gelosamente, anzi, a nasconderci, come fa la madre con i figli più discoli.
Perché sei un amico veramente unico, e ti sei lasciato così sedurre dall'amore che ci porti, che non ti regge l'animo di smascherarci dinanzi alla gente, e non fai venir meno agli occhi degli uomini i motivi per i quali, nonostante tutto, continuiamo a essere reverendi.
Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su di noi.
Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini.
Perché, al tuo sguardo, non c'è bancarotta che tenga.
Perché, a dispetto delle letture deficitarie delle nostre contabilità, non ci fai disperare. Anzi, ci metti nell'anima un così vivo desiderio di ricupero, che già vediamo il nuovo anno come spazio della Speranza e tempo propizio per sanare i nostri dissesti.
Spogliaci, Signore, d'ogni ombra di arroganza.
Rivestici dei panni della misericordia e della dolcezza.
Donaci un futuro gravido di grazia e di luce e di incontenibile amore per la vita.
Aiutaci a spendere per te Tutto quello che abbiamo e che siamo. E la Vergine tua madre ci intenerisca il cuore. Fino alle lacrime. Amen

don Tonino Bello



«Al termine di un altro anno, la Chiesa, “casa” nella quale il Verbo fatto uomo si compiace di abitare, famiglia di Dio che cammina nel timore del Signore verso il compimento del tempo, desidera riconoscere di essere stata “benedetta” da Dio, con ogni benedizione spirituale in Cristo Gesù (cf. Ef 1,2). 

Contemporaneamente, essa sente il bisogno di benedire e ringraziare colui dal quale proviene ogni dono perfetto e in cui non c’è variazione né ombra di cambiamento (cf. Gc 1,16). 

Carissimi fratelli e sorelle, siamo qui, stasera, proprio per rispondere a questo intimo bisogno dell’animo: per cantare il nostro “Te Deum” e celebrare l’Eucaristia, che è appunto rendimento di grazie, per gli innumerevoli benefici a noi concessi dalla bontà divina anche nell’anno appena trascorso.»

- san Giovanni Paolo II, papa -
omelia per la Messa di fine anno e “Te Deum” di ringraziamento al Signore - 31 dicembre 1989




...Un altro anno si avvia a conclusione mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all'esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace...
Come è suggestivo, in questo tramonto di un anno, riascoltare l'annuncio gioioso che l'apostolo Paolo rivolgeva ai cristiani della Galazia: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessero l'adozione a figli". (Gal 4,4-5). 
Queste parole raggiungono il cuore della storia di tutti e la illuminano, anzi la salvano, perché dal giorno del Natale del Signore è venuta a noi la pienezza del tempo. 
Non c'è, dunque, più spazio per l'angoscia di fronte al tempo che scorre e non ritorna; c'è adesso lo spazio per una illimitata fiducia in Dio, da cui sappiamo di essere amati, per il quale viviamo e al quale la nostra vita è orientata in attesa del suo definitivo ritorno. 
Da quando il Salvatore è disceso dal cielo, l'uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché, o che è segnato dalla fatica, dalla tristezza, dal dolore. 
L'uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo per riscattare il tempo dal non senso o dalla negatività e che ha riscattato l'umanità intera, donandole come nuova prospettiva di vita l'amore, che è eterno...
-Papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia per i Vespri e Te Deum" - 31 dicembre 2011 -



Preghiera per l'ultimo giorno dell'anno 

O Dio onnipotente, Signore del tempo e dell'eternità, 
io ti ringrazio perchè lungo tutto il corso di quest'anno
mi hai accompagnato con la tua grazia
e mi hai ricolmato dei tuoi doni e del tuo amore.
Voglio esprimerti la mia adorazione,
la mia lode e il mio ringraziamento.
Ti chiedo umilmente perdono, o Signore,
dei peccati commessi, di tante debolezze e di tante miserie.
Accogli il mio desiderio di amarti di più
e di compiere fedelmente la tua volontà
per tutto il tempo di vita che ancora mi concederai.
Ti offro tutte le mie sofferenze e le buone opere che,
con la tua grazia, ho compiuto.
Fa che siano utili, o Signore, per la salvezza
mia e di tutti i miei cari. Amen.






- Dedicato a tutti quelli che vogliono guardarsi dentro per tornare a guardare fuori. L'ultimo giorno del 2015. -

Non è stato facile sorridere mentre tutto crollava, non è stato facile ricominciare mentre tutto finiva, non è stato facile sperare mentre le persone più care ci lasciavano, non è stato facile continuare ad amare mentre vedevamo attorno a noi così tanto odio. 
Eppure è stato possibile. 
In mezzo al fango, in mezzo alle tragedie di tutti i giorni, in mezzo alla grigia noia, tutto questo è stato possibile. 
Magari ci è costato qualche lacrima non vista da nessuno, qualche silenzio pieno di sofferenza, qualche finta allegria che potesse far capire al mondo che "andava tutto bene". 
Eppure è successo ed è per questo, non per le foto di facebook o per gli auguri in bacheca, che possiamo dire che il nostro è stato un anno meraviglioso. 
Pieno di quella vita che non è applauso e successo, ma respiro e dedizione.

Buon anno!  Sono le 5 del mattino, prima dello scoccare della mezzanotte entriamo in una chiesa e preghiamo per la pace e secondo le intenzioni del Santo Padre. 


Pace! Buon 2016
- Stefania - 

martedì 29 dicembre 2015

I tre agnellini - don Bruno Ferrero -

Lassù sulle montagne del Tirolo, c’era un piccolo villaggio dove tutti sapevano scolpire santi e Madonne con grande abilità. Ma giunse il tempo in cui non ci furono più ordinazioni per le loro belle statuine religiose. 
Un pomeriggio Dritte, uno dei maestri intagliatori, entrando nella sua bottega trovò un fanciullo biondo, che giocava con le statuine del presepio. 
Dritte gli disse con fare burbero che le statuine del presepio non erano giocattoli. 
Il bambino rispose: “A Gesù non importa, lui sa che non ho giocattoli per giocare . 
Maestro Dritte commosso gli promise un agnellino di legno con la testa che si muoveva. “Vienilo a prendere domani pomeriggio, però, strano che non ti abbia mai visto, dove abiti?”. “Là”, rispose il fanciullo indicando vagamente l’alto. Il giorno dopo, prima di mezzogiorno, l’agnellino era pronto, bello da sembrare vivo. Ad un tratto si affacciò alla porta della bottega di Dritte una giovane zingara con un bambino in braccio. Il bambino appena vide l’agnellino protese le braccine e l’afferrò. Quando glielo vollero togliere di mano si mise a piangere disperato. Dritte che non aveva nulla da dare alla povera donna disse sospirando: “Tienilo pure intaglierò un altro agnellino”. Nel pomeriggio tardi Dritte aveva appena terminato il secondo agnellino quando Pino, un povero orfanello, venne a salutarlo. “Oh! Che meraviglioso agnello”, disse. “Posso averlo per piacere?”. “Sì tienilo pure, Pino, io ne intaglierò un altro”. 
E così fece. Ma il bambino dai capelli d’oro non ritornò, e l’agnellino rimase abbandonato sullo scaffale della bottega. 
La situazione del villaggio continuava a peggiorare e Dritte cominciò ad intagliare giocattoli per i bambini del villaggio per far loro dimenticare la fame. 
Un giorno un mercante di passaggio si offrì di comperare tutti i giocattoli che Dritte riusciva ad intagliare. Dritte rifiutò di intagliare giocattoli per denaro: “Sono alla locanda”, disse il commerciante, “in caso cambiaste idea”. 
La piccola Marta era molto malata e Dritte, per farla sorridere, le regalò l’agnellino che aveva conservato sullo scaffale della sua bottega. 
Mentre tornava dalla casa di Marta, incontrò il bambino dai capelli d’oro. “Ho tenuto l’agnellino fino ad oggi, ma tu non sei venuto. 
Ne farò subito un altro”. “Non ho bisogno dì un altro agnellino” disse il fanciullo scuotendo il capo, “quelli che hai donato al piccolo zingaro, a Pino e a Marta li hai donati anche a me. Fare un giocattolo può servire alla gloria di Dio quanto intagliare un santo”. 
Un attimo dopo il fanciullo era scomparso. 
Quella notte Dritte si recò alla locanda. “Costruirò giocattoli per voi”, disse. “Allora avete cambiato idea” sussurro il mercante. “No”, rispose Dritte con gli occhi scintillanti, “ma ho ricevuto un segno da Dio!”.

- don Bruno Ferrero -
da: "Novena di Natale", Ed. Elledicì



Vergine umile e sconosciuta

"La Beatissima Trinità decretò che il Verbo si sarebbe incarnato per redimere l'uomo colpevole; fra tutte le donne che sarebbero esistite nei secoli, scelse la SS. Vergine Maria, concepita senza peccato originale e preparata, con ogni grazia, perché fosse la degna Madre del Figlio di Dio. 
Dio scelse per Madre una vergine umile e sconosciuta agli uomini, povera e semplice, in un angolo della Giudea: era chiamata Maria, ed era sposa di un falegname, il glo­rioso san Giuseppe. 
Essi vivevano una vita modesta e si gua­dagnavano il pane col sudore della fronte. 
Questa Vergine così semplice, ma pura e ricca di ogni virtù davanti a Dio, fa scelta per essere Sua Madre, benedetta da tutte le donne e piena di grazia."

- Sant'Enrico de Ossò -
 da: "Il quarto d'ora d'orazione"


...C'è qualcosa che non può non colpirci in questa nascita della luce, in quest'ingresso del bene nel mondo, e che ci riempie di un'inquieta domanda: il grande evento del Natale è davvero accaduto là, nella stalla di Betlemme? 
Il sole è grande, magnifico, potente; nessuno può far finta di non vedere il suo corso, la sua marcia trionfale nel cielo e del ciclo annuale del cosmo. 
Ma il suo Creatore, non dovrebbe essere ancora più potente e abbagliante nella sua venuta? 
La nascita di Dio, il sorgere del sole della storia, non dovrebbe inondare il volto della terra di un indicibile splendore?
E invece...Quanto è misero tutto ciò di cui ci parla il Vangelo! O forse non dovranno essere proprio questa povertà e l'insignificanza per il mondo il segno con cui il Creatore manifesta la sua presenza?...
A Betlemme Dio...ha posto definitivamente il segno della piccolezza come distintivo essenziale della sua presenza in questo mondo.
Ecco la decisione della notte santa, la fede: noi accogliamo Dio in questo segno e ci fidiamo di Lui senza mormorare. 
Accoglierlo significa: porre se stessi sotto questo segno, sotto la verità e l'amore, che sono i valori più alti e più simili a Dio e, allo stesso tempo, i più dimenticati e i più silenziosi...

- card. Joseph Ratzinger  -
da "Dogma e predicazione" 





Buona giornata a tutti. :-)


martedì 22 dicembre 2015

Il ritratto di Dio -

Un giorno, l'Angelo pittore, Michelangelo, decise di fare il ritratto di Dio!
Era consapevole, che sarebbe stata l'opera d'arte, più complicata, della sua vita e pensava:
"Dio è immenso: come si fa, a farlo stare, in un quadro?"
Si decise a schizzare qualche bozza, senza aver bene idea, di quel che avrebbe disegnato!
Cominciò, un foglio, dopo l'altro, a tracciare qualcosa di Dio...
Lavorava, freneticamente, e, ogni volta, scopriva qualcosa di nuovo, guidato da una nuova idea!
Riempì milioni di fogli, finché il suo studio straripò di carta...
Un giorno, cercando di mettere un po' d'ordine, dimenticò la finestra aperta!
Un vento, birichino, sparpagliò qualche milione di fogli, fuori dalla finestra e disse:
«Che disastro, i miei disegni!»
I disegni piovvero, dappertutto, e, in gran quantità, finirono anche sulla Terra...
Trovandoli, gli uomini li guardarono, e li studiarono, felici di scoprire, finalmente, com'era Dio!
Poi, cominciarono a interpretare i disegni, uno disse:
«Dio, è come il sole!»
diceva un altro:
«No, Dio è forte, come un toro!»
Ciascuno, era convinto, di aver trovato l'unica, vera immagine, di Dio: così, cominciarono a litigare...
Dio si rattristò molto, per questo, e decise di intervenire, 

e disse :
«Andrò, io stesso, in mezzo a loro! Così, mi potranno vedere, toccare, ascoltare!»
Quello, che decide, Dio lo fa... Nacque, come un bambino, in mezzo agli uomini, e si chiamò Gesù!

“Oggi, è facile, per tutti, conoscere Dio! Basta conoscere Gesù...".




Vi prego in ginocchio, vi prego per la vostra gioia: uscite tutti dalla prigione del vostro egoismo, uscite tutti dalla freddezza dell'indifferenza [...] È soltanto nella via dell'amore che potremo fare l'esperienza di Dio. E in Dio troveremo la pace che ci manca.  

- Cardinale Angelo Comastri -
da: “La nascita di Gesù”, ed. San Paolo


«Mentre si trovavano in quel luogo [Betlemme], si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6s).
Cominciamo il nostro commento dalle ultime parole di questo passo: per loro non c’era posto nell’alloggio. La meditazione, nella fede, di tali parole ha trovato in quest’affermazione un parallelismo interiore con la parola, ricca di contenuto profondo, del Prologo di san Giovanni: «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11).
Per il Salvatore del mondo, per Colui, in vista del quale tutte le cose sono state create (cfr. Col 1,16), non c’è posto.
«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20).
Colui che è stato crocifisso fuori della porta della città (cfr. Eb 13,12) è anche nato fuori della porta della città.
Questo deve farci pensare, deve rimandarci al rovesciamento di valori che vi è nella figura di Gesù Cristo, nel suo messaggio. Fin dalla nascita Egli non appartiene a quell’ambiente che, secondo il mondo, è importante e potente. Ma proprio quest’uomo irrilevante e senza potere si rivela come il veramente Potente, come Colui dal quale, alla fine, dipende tutto. Fa quindi parte del diventare cristiani l’uscire dall’ambito di ciò che tutti pensano e vogliono, dai criteri dominanti, per entrare nella luce della verità sul nostro essere e, con questa luce, raggiungere la via giusta.

Joseph Ratzinger – papa Benedetto XVI

Da: “L’infanzia di Gesù”, 2012



La svolta del tempo 

Perché il tempo possa cambiare,
c'è bisogno di uno spazio.
La svolta del tempo c'è stata.
Quando egli nacque.
Ma dove era lo spazio per lui?
Nelle locande non c'era posto.
Ma in un cuore,
che si aprì all'impossibile,
e lungo il cammino
che due percorsero insieme
sperando contro ogni speranza.
E i pastori, che credettero
alla parola dell'angelo,
si unirono a loro.
Lo spazio crebbe.
C'è spazio nelle nostre locande?
C'è spazio
per una svolta del tempo?
Tutti noi abbiamo un cuore
e ognuno ha gli altri
per compagni di strada.
Speranza per il tempo
e per l'eternità.

- Mons. Klaus Hemmerle - 




Buona giornata a tutti. :-)




domenica 20 dicembre 2015

Alda Merini - Natale -

A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.
Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.
Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.
A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.

- Alda Merini - 




Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto, 
profumo di pino e di vino, buone chiacchiere, 
bei ricordi e amicizie rinnovate. 
Ma... se questo manca basterà l'amore.


- Jesse O'Neill - 



- Sentinella, quando avrà fine la notte? Sentinella... Quando avrà fine la notte?

La Sentinella dice: "Sta venendo il mattino. Ma la notte durerà ancora. Tornate e ridomandate. Venite ancora. Insistete!"

(Isaia 21, 11-12). 
La domanda "Sentinella, quanto resta della notte?", in ebraico "Shomèr ma mi-llailah?", nel libro del profeta Isaia, è l'espressione dell'attesa, la struggente attesa dell'alba nella notte del mondo, l'attesa della liberazione. 
La sentinella, che è il profeta, nel suo avamposto nel deserto sente che l'alba sta per arrivare, ma per il momento perdura la notte e allora lei incita gli uomini a non perdere la speranza, a rinnovare l'attesa, a continuare a chiedere....




...In effetti, è proprio questo che noi viviamo nella liturgia: celebrando i tempi liturgici, attualizziamo il mistero – in questo caso la venuta del Signore – in modo tale da potere, per così dire, "camminare in essa" verso la sua piena realizzazione, alla fine dei tempi, ma attingendone già la virtù santificatrice, dal momento che i tempi ultimi sono già iniziati con la morte e risurrezione di Cristo.
La parola che riassume questo particolare stato, in cui si attende qualcosa che deve manifestarsi, ma che al tempo stesso si intravede e si pregusta, è "speranza". 

L’Avvento è per eccellenza la stagione spirituale della speranza, e in esso la Chiesa intera è chiamata a diventare speranza, per se stessa e per il mondo. Tutto l’organismo spirituale del Corpo mistico assume, per così dire, il "colore" della speranza. 

Tutto il popolo di Dio si rimette in cammino attratto da questo mistero: che il nostro Dio è "il Dio che viene" e ci chiama ad andargli incontro. 
In che modo? Anzitutto in quella forma universale della speranza e dell’attesa che è la preghiera, che trova la sua espressione eminente nei Salmi, parole umane in cui Dio stesso ha posto e pone continuamente sulle labbra e nei cuori dei credenti l’invocazione della sua venuta. Soffermiamoci perciò qualche istante sui due Salmi che abbiamo pregato poco fa e che sono consecutivi anche nel Libro biblico: il 141 e il 142, secondo la numerazione ebraica...


- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia durante i Vespri della prima settimana di Avvento" 
29 novembre 2008 


































Buona giornata a tutti. :-)