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sabato 8 gennaio 2022

Azione di grazie - Gregorio di Nissa (IV secolo)

Tu sei in verità, Signore, una sorgente pura e inesauribile di bontà.
Ci hai rigettati e di nuovo ci hai accolti con misericordia.
Ci hai odiato e ti sei riconciliato, ci hai maledetti e ci hai benedetti.
Ci hai cacciato dal paradiso e ci hai ricondotti;
ci hai tolto gli abiti di foglie per rivestirci di un mantello regale.
Hai aperto le porte della prigione, per liberare i condannati.
Con un’acqua pura ci aspergi, per purificarci delle nostre lordure.
Adamo ormai non dovrà più arrossire, quando tu lo chiamerai,
mai più la sua coscienza lo tradirà,
non dovrà più nascondersi sotto l’albero del giardino.
La spada di fuoco non chiuderà la porta del paradiso,
e non impedirà più di entrare a coloro che si avvicinano.
Tutto è cambiato per noi, che avevamo ereditato il peccato, in gioia splendente, e noi vediamo aprirsi il paradiso, fino al cielo.
Il creato, terra e cielo, la cui unità fu allora spezzata, ritorna all’antica amicizia;
gli uomini si uniscono agli angeli nella lode di Dio.
Per questo vogliamo intonare a Dio il cantico dell’allegrezza,
che una voce, sotto l’azione dello Spirito, ha una volta cantato profeticamente:
La mia anima è rapita di gioia nel Signore,
perché mi ha ricoperto con le vesti della salvezza,
mi ha ornata col mantello della letizia;
come al fidanzato, pose sulla mia testa il diadema, come la fidanzata, mi ornò di gioielli!
Colui che adorna la fidanzata è necessariamente il Cristo che è stato e sarà benedetto ora e nell’eternità. Amen.

- san Gregorio di Nissa - 
(IV secolo)


«Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come di aquila, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» 
(Isaia 40, 31)

«Con tutta l’intensità con la quale si può essere superbi di una religione radicata nell’umiltà, mi sento molto orgoglioso della mia religione: e mi danno un senso di particolare orgoglio quelle parti della mia religione, che quasi tutti chiamano superstizione.

Mi glorio d’essere incatenato da dogmi antiquati e di essere lo schiavo di credi morti (come i miei amici dediti al giornalismo ripetono con tanta ostinazione), perché so molto bene che morti sono i credi eretici e che solamente il dogma ragionevole ha una vita così lunga da poter essere chiamato antiquato.

Mi glorio di ciò che la gente chiama il mestiere, le arti del prete, perché proprio questo termine insultante, di seconda mano, esprime la verità medioevale che un prete, come ogni altro uomo, dovrebbe essere un artigiano.

Mi glorio di ciò che la gente chiama Mariolatria: fu essa che diede alla religione, nelle età più oscure, quell’elemento di cavalleria che ora trova la sua espressione nella forma ammuffita ed ammaliziata del femminismo.

Mi glorio di essere ortodosso in ciò che riguarda i misteri della Trinità e della Messa; mi glorio di credere nel confessionale; mi glorio di credere nel Papato».

- Gilbert Keith Chesterton -
“Come essere un pazzo”, in “Autobiografia”




Il nostro Dio è un Dio che veglia e non che sorveglia. 
Si sorveglia infatti in nome della legge, mentre si veglia in nome della tenerezza.

- Jacques Leclerc -

Come segno sul tuo cuore


Buona giornata a tutti :-)

domenica 10 ottobre 2021

Integrazione e annuncio del Vangelo – card. Carlo Maria Martini

Nel dicembre 1990, undici anni prima degli attentati alle Torri Gemelle che hanno riportato in primo piano lo «scontro di civiltà» e i problemi dell’integrazione, l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini tenne il suo discorso alla città dedicandolo proprio all’islam. E le sue parole rimangono ancora attuali, anche se possono apparire distanti da certi cliché cuciti addosso al cardinale.

«Vorrei richiamare qui, un punto che mi è sembrato finora poco atteso  e cioè la necessità di insistere su un processo di “integrazione”, che è ben diverso da una semplice accoglienza e da una qualche sistemazione. Integrazione comporta l’educazione dei nuovi venuti a inserirsi armonicamente nel tessuto della nazione ospitante, ad accertarne le leggi e gli usi fondamentali, a non esigere dal punto di vista legislativo trattamenti privilegiati che tenderebbero di fatto a ghettizzarli e a farne potenziali focolai di tensioni e violenze. 
Finora l’emergenza - continuava l’arcivescovo di Milano - ha un po’ chiuso gli occhi su questo grave problema».

«È necessario in particolare far comprendere a quei nuovi immigrati che provenissero da Paesi dove le norme civili sono regolate dalla sola religione e dove religione e Stato formano un’unità indissolubile, che nei nostri Paesi i rapporti tra lo Stato e le organizzazioni religiose sono profondamente diversi. Se le minoranze religiose hanno tra noi quelle libertà e diritti che spettano a tutti i cittadini, senza eccezione, non ci si può invece appellare, ad esempio, ai principi della legge islamica (shari’ah) per esigere spazi o prerogative giuridiche specifiche».

«Occorre perciò elaborare un cammino verso l’integrazione multirazziale,che tenga conto di una reale integrabilità di diversi gruppi etnici. Perché si abbia una società integrata è necessario assicurare l’accettazione e la possibilità di assimilazione di almeno un nucleo minimo di valori che costituiscono la base di una cultura, come ad esempio i principi della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e il principio giuridico dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge».

tratto dall' Intervento del cardinale Carlo Maria Martini
Basilica di Sant'Ambrogio, 1990, Milano



Per quanto riguarda invece l’annuncio della fede cristiana, Martini aveva affrontato questo tema proponendo l’esempio di San Francesco d’Assisi, che nella sua Regola, al capitolo XVI Di coloro che vanno tra i saraceni, scriveva: «I frati che vanno tra i saraceni col permesso del loro ministro e servo possono ordinare i rapporti spirituali in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti e dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro è che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio... e tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che hanno consegnato e abbandonato il loro corpo al Signore nostro Gesù Cristo e che per suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili».

tratto dall' Intervento del cardinale Carlo Maria Martini
Basilica di Sant'Ambrogio, 1990, Milano


L’arcivescovo di Milano proseguiva quindi indicando alcune posizione «errate» delle comunità cristiane e in particolare dei preti di fronte al fenomeno. 
Tra queste, Martini citava «lo zelo disinformato» di chi fa «di ogni erba un fascio»: «Si propugna l’uguaglianza di tutte le fedi senza rispettarle nella loro specificità, si offrono indiscriminatamente spazi di preghiera o addirittura luoghi di culto senza aver prima ponderato che cosa significhi questo per un corretto rapporto interreligioso. Al riguardo saranno necessarie norme precise e rigorose, anche per evitare di essere fraintesi»
«La posizione corretta - spiegava il cardinale - è lo sforzo serio di conoscenza, la ricerca di strumenti e l’interrogazione di persone competenti. Penso, in particolare, ai casi molto difficili e spesso fallimentari dei matrimoni misti...».

tratto dall' Intervento del cardinale Carlo Maria Martini
Basilica di Sant'Ambrogio, 1990, Milano




«Nessuna contesa dunque, nessun uso della forza, esposizione sincera e a tempo opportuno di ciò che credono». 
«Può la Chiesa cattolica rinunciare a proporre il Vangelo a chi ancora non lo possiede? Certamente no, come ai musulmani non viene chiesto di rinunciare al desiderio di allargare la ‘umma, la comunità dei credenti». 

tratto dall' Intervento del cardinale Carlo Maria Martini
Basilica di Sant'Ambrogio, 1990, Milano






Buona giornata a tutti. :-)











mercoledì 29 maggio 2019

Signore, io credo: io voglio credere in te – Preghiera di san Paolo VI per conseguire la Fede


Alcune note
per il mio testamento



In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. 
Amen.

1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!

Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!

Benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.



Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

Ego: Paulus PP. VI.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.




Note complementari
al mio testamento



In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
Magnificat anima mea Dominum. Maria!

Credo. Spero. Amo.

Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

Non desidero alcuna tomba speciale.

Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.


PAULUS PP. VI

Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.



Aggiunta
alle mie disposizioni testamentarie


Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).


PAULUS PP. VI
14 luglio 1973

  



Signore, io credo; io voglio credere in Te.


O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane;

O Signore, fa’ che la mia fede sia libera; cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce ed i doveri ch’essa comporta e che esprima l’apice decisivo della mia personalità: credo in Te, O Signore;

O Signore, fa’ che la mia fede sia certa; certa d’una esteriore congruenza di prove e d’un’interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d’una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante;

O Signore, fa’ che la mia fede sia forte, non tema le contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avversità di chi la discute; la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi nell’intima prova della Tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione, con Dio e alla conversazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso;

O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia di Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua ricerca, una continua testimonianza, un alimento continuo di speranza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del magistero della santa Chiesa. 

Amen.

- Papa Paolo VI -
Udienza Generale, 30 ottobre 1968 
29 maggio memoria liturgica di san Paolo VI


Buona giornata a tutti. :-)


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mercoledì 6 giugno 2018

Con il “dialogo” ad ogni costo i cattolici stanno preparando la propria estinzione - cardinale Giacomo Biffi

Con il “dialogo” ad ogni costo i cattolici stanno preparando la propria estinzione,
” Dobbiamo salvare l’identità della Nazione dall’annichilimento dei più alti valori della nostra civiltà (..)

Io non ho nessuna paura dell’ Islam, ho paura della straordinaria imprevidenza dei responsabili della nostra vita pubblica.
Ho paura dell’inconsistenza dei nostri opinionisti. (…)
Sorprendente che gli opinionisti laici non si accorgano di questi pericoli.(…)
Ho paura soprattutto dell’insipienza di molti cattolici.(…)
I cristiani devono piantarla di dire che bisogna andare d’accordo con tutte le idee.(…) 
Il mio compito è di evangelizzare i musulmani. È un gravissimo errore rinunciare all’evangelizzazione.(…)
“Oggi è in atto una delle più gravi e ampie aggressioni al cristianesimo che la storia ricordi.
Tutta l’eredità del Vangelo viene progressivamente ripudiata dalle legislazioni, irrisa dai ” signori dell’opinione “, scalzata dalle coscienze specialmente giovanili. 
Di tale ostilità, a volte violenta a volte subdola, non abbiamo ragione di stupirci nè di aver troppa paura, dal momento che il Signore ce lo ha ripetutamente preannunciato: “Non meravigliatevi se il mondo vi odia”. 
Ci si può meravigliare invece degli uomini di Chiesa che non sanno o vogliono prenderne atto.(…)
”L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana.
Ciò che mi pare senza avvenire è la ” cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale.
” Questa cultura del niente non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam, che non mancherà. 
Solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come l’unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’ Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto.
” Purtroppo nè i “laici” nè i “cattolici” pare si siano resi conto del dramma che si sta profilando. 
I “laici”, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l’ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità.
I ” cattolici”, lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta, e sostituendo all’ansia apostolica il puro e semplice “dialogo” ad ogni costo, inconsciamente preparano la propria estinzione”.

- Card. Giacomo Biffi - 
dalla lettera pastorale ”La città di San Petronio nel terzo millennio”, ottobre 2000


La Chiesa è, anche per il credente, una realtà misteriosa, della quale pare sempre sfuggirci la vera natura. 
Per il non credente poi è addirittura un enigma irritante; sicché non ci meraviglia troppo il fatto che tanto spesso viene così mal valutata nelle sue intenzioni, così travisata nella sua indole, così incompresa nei suoi comportamenti.
Mentre tutte le istituzioni sociali e le potenze mondane tramontano, e in ogni caso non possiedono una continuità esistenziale, unicamente la Chiesa resta, sempre se stessa nel mutare dei tempi; e così fatalmente si trova a essere la sola chiamata a rispondere di tutti gli errori e i guai che si sono succeduti lungo i secoli.
La Chiesa sembra sempre in ritardo sulle idee del momento e sugli accadimenti recenti; ma quando quegli accadimenti si sono conclusi e quelle idee sono sfiorite, lei c’è ancora, sempre viva, sempre pronta a essere criticata e giudicata ritardataria dalle nuove aberrazioni e dalle nuove mode.
Non le mancano mai coloro che nei suoi confronti sono malevoli e ostili. 
E i suoi nemici sono sempre più forti di lei; mentre lei è inerme e sprovveduta, loro sono agguerriti e ricchi di mezzi. 
Eppure in definitiva la vittoria è sempre sua, se non altro la vittoria della sopravvivenza su chi presto o tardi alla fine scompare.
Chi guarda la Chiesa e la esamina come qualunque altro fenomeno della storia, spesso la vede come una somma di debolezze, di meschinità, di inefficienze; eppure quanto di più bello, di più nobile, di più misericordioso, di più duraturo è stato offerto agli uomini lungo questi venti secoli di solito, direttamente o indirettamente, proviene da lei. 

- Card. Giacomo Biffi - 
- Pentecoste 1990 -


Buona giornata a tutti. :-)




sabato 28 ottobre 2017

Non illuderti!

Un macellaio stava lavorando nel suo negozio e si sorprese quando vide entrare un cane. Lo cacciò ma il cane tornò subito. 

Cercò quindi di mandarlo via, ancora ma si rese conto che il cane aveva un foglio in bocca.

Prese dunque il foglio e lo lesse:

" Mi potrebbe mandare 12 salsicce e tre bistecche di manzo per favore?"
Il macellaio notò pure che il cane aveva in bocca un biglietto da 50 euro.
Così prese le salsicce e le bistecche e le mise insieme in una borsa che mise nella bocca del cane.
Il macellaio rimase molto colpito e, siccome, era già ora di chiudere il negozio, decise di seguire il cane che stava scendendo la strada con la borsa tra i denti.
Quando il cane arrivò ad un incrocio, lasciò la borsa sul marciapiede, si alzò sulle zampe posteriori e con una delle anteriori schiacciò il bottone dei pedoni per cambiare il segnale del semaforo.
Prese di nuovo la borsa ed aspettò pazientemente che il semaforo desse il via ai pedoni.
Allora attraversò la strada e camminò fino ad una fermata del bus, mentre il macellaio stupefatto lo seguiva da vicino.
Alla fermata il cane guardò verso la mappa delle rotte e degli orari e si sedette sul marciapiede ad aspettare il suo bus.
Arrivò uno che non era il suo, ed il cane non si mosse.
Arrivò dunque un altro bus ed il cane dopo aver visto che era quello giusto, salì dalla porta posteriore, affinché il conduttore non lo potesse vedere.
Il macellaio, a bocca aperta, lo seguì.
All'improvviso il cane si alzò sulle zampe posteriori e toccò il campanello della fermata, sempre con la borsa tra i denti.
Quando il bus si fermò, il cane scese, ed anche il macellaio, ed entrambi camminarono per la strada finché il cane si fermò a una casa.
Posò la borsa sul marciapiede, e riprendo la rincorsa, si lanciò contro la porta.
Ripeté l'azione diverse volte, ma nessuno gli aprì la porta.
Allora il cane fece il giro della casa, saltò un recinto, si avvicinò ad una finestra e, con la testa, colpì diverse volte il vetro.
Ritornò alla porta, che si aprì e comparse un uomo che cominciò a picchiare il cane.
Il macellaio corse verso l'uomo e gridò:
"Santo cielo, che cosa sta facendo? Il suo cane é un genio!"
L'uomo irritato rispose:
"Un genio??? Questa é la seconda volta nella settimana che questo stupido dimentica le chiavi!!!"

Morale: puoi sempre superare le aspettative, ma stai tranquillo che sarai sempre al di sotto delle attese, deluderai sempre qualcuno.





Non dobbiamo paragonarci agli altri ma dobbiamo competere solo con noi stessi e sforzarci di migliorare continuamente ogni volta che ripetiamo un’azione.
Se prendiamo gli altri come punto di riferimento troveremo sempre qualcuno più bravo di noi nel fare qualcosa, mentre se poniamo l’attenzione su un nostro percorso di crescita e miglioramento e ci impegnamo, sicuramente i risultati arriveranno.
Non dobbiamo avere paura di sbagliare ma di non imparare niente dai nostri errori e di non usarli per migliorare!

- Simonetta Bettini - 




Buona giornata a tutti. :-)