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lunedì 18 dicembre 2023

Martin, il calzolaio che aspettava Gesù - Comunità missionaria Villaregia

Martin, avvicinandosi il Natale desiderava preparare qualcosa per Gesù. 
Gli preparò un paio di scarpe, una torta, e mise da parte dei risparmi che potevano servire a Gesù per i suoi poveri.
Quando era tutto pronto si mise ad aspettarlo. Improvvisamente qualcuno fuori gridò: "Al ladro, al ladro...". Una donna afferrava un bambino che le aveva rubato una mela. Martin, si addolorò e pensò: "Adesso, se arriva la polizia o lo prende, come passerà il Natale?". Prese i risparmi che aveva messo da parte per Gesù e li diede alla donna, pregandola di lasciar andare il bambino.
Nuovamente incominciò ad aspettare Gesù e per la finestra si accorse di un paio di piedi che camminavano scalzi sulla neve. "Chi sarà?", si domandò. 
E uscì a cercare il proprietario di quei piedi. Era un giovane: "Vieni, entra in casa mia, riscaldati un poco", gli disse. Afferrò le scarpe che aveva fatto per Gesù e gliele diede. Si disse felice: "Per Gesù mi rimane ancora la torta". 
Già il sole tramontava e vide un anziano che camminava curvo sulla strada. "Povero vecchietto, forse non avrà mangiato niente tutto il giorno". 
Lo invitò ad entrare nella sua casa, non gli restava che la torta, pazienza, pensò tra sè, offrendo la torta al povero, accoglierò Gesù un'altra volta. 
Dopo che anche l'anziano se ne andò, il povero Martin, si sentiva felice e nello stesso tempo triste, aveva preparato tutto per Gesù, ma lui non era arrivato: pazienza!
Durante la notte fece un sogno: nel sogno gli si presentò Gesù e gli disse: "Martin, mi stavi aspettando?".
"Sì, ti ho atteso tutto il giorno..."
"Ma io sono venuto a visitarti per ben tre volte. Grazie dei tuoi regali!"
E Martin vide che Gesù aveva nelle sue mani i risparmi e la torta, ai suoi piedi le scarpe. Si svegliò felice: Gesù era venuto a visitarlo.

- Comunità missionaria Villaregia -



"E Maria diede alla luce il suo figliuolo e lo fasciò e lo pose a giacere in una greppia".
La stalla fu la prima chiesa e la greppia il primo tabernacolo, dopo il seno purissimo di Maria. Ogni cosa può diventare un ostensorio del suo amore. Anzi, le più umili, le più spregiate ne rispettano meglio il mistero, lasciandone trasparire e conservandone il divino incanto.

don Primo Mazzolari
da: Il Vangelo del reduce, 1945




(...) Il cristianesimo è l’inquietudine più grande, la più intensa. Esso inquieta l’esistenza comune nel suo fondamento. Dove deve nascere un cristiano, vi deve essere un’inquietudine: ove un cristiano è nato, c’è dell’inquietudine. 
San Paolo parla del gemito di ogni creatura. Dunque, io sono uno che sta male, non perché credo, ma nella mia stessa qualità di credente, poiché, credendo, non aderisco all’evidenza, ma al mistero. 
Anche se San Tommaso afferma che l’atto di fede si differenzia da tutti gli altri atti del pensiero per questa specie di “cogitazione”, che fa che lo spirito non sia in riposo nella fede. L’avventura cristiana continua in chi crede. 
Non c’è bisogno di rinunciare ad entrare in porto perché la ricerca continui. 
La Fede non è un approdo, ma un sicuro orientamento di Grazia verso l’approdo. 
La traversata continua e travagliosamente. 
Chi non ha la grazia di credere è tentato dall’incertezza e dal timore del niente, di nessuno. Chi ha la grazia di credere è travagliato dalla luce stessa che gli fu comunicata.(...)

- don Primo Mazzolari -
Da: L’inquietudine del cristiano


Buona giornata a tutti. :-)



venerdì 1 dicembre 2023

Il primo presepe - Johann Jorgensen

 La santa sera tutto era pronto, a Greccio, come frate Francesco aveva desiderato; verso l'ora di mezzanotte, tutto il popolo di quei pressi era convenuto intorno al presepe per festeggiare la nascita del Signore. 
Come ci racconta Tomaso da Celano: «Greccio era diventata una nuova Betlemme; la foresta risuonava di voci melodiose e le rocce echeggiavano ai canti della folla». Ognuno portava torce accese, mentre, vicino al presepe, stavano i frati coi loro ceri; tanto che i boschi erano rischiarati come fosse pieno giorno. Sulla mangiatoia che serviva d'altare, un prete lesse la messa, perché il divino fanciullo fosse presente, sotto le specie del pane e del vino, al modo stesso che lo era stato corporalmente a Betlemme. 
Ci fu pure un istante in cui Giovanni Vellita ebbe l'impressione di vedere un vero bambino coricato nella mangiatoia, ma che sembrava morto, o, per lo meno, addormentato. 
Ed ecco che frate Francesco si avvicina al bambino e lo prende teneramente tra le braccia; ed ecco che anche il bambino si sveglia, sorride a frate Francesco, e, con le sue piccole mani, gli accarezza le guance barbute e la stoffa grigia della sottana! 
Visione che, del resto, non aveva nulla di stupefacente per messer Vellita: poiché egli conosceva già parecchi cuori, in cui, allo stesso modo, Gesù era stato morto, o per lo meno addormentato, fino al giorno in cui frate Francesco, con la sua parola e il suo esempio, non l'aveva risvegliato e risuscitato.
Dopo la lettura del Vangelo, frate Francesco, in veste di diacono, si avanzò verso la folla. «Sospirando profondamente, ci dice Celano, accasciato sotto la pienezza della sua pietà, e traboccante di meravigliosa gioia, il santo di Dio si drizzò presso la mangiatoia. 
E la sua voce, la sua voce forte e dolce, la sua voce chiara e sonora, trascinò gli uditori a ricercare il bene supremo».
Frate Francesco predica alla folla. «Con parole d'una dolcezza squisita, parla del povero re nato quella notte che è il Signore Gesù, nella città di David. 
E, ogni volta che vuole pronunciare il nome di Gesù, ecco che egli è tutto arso dal fuoco del suo amore, e che, invece di dirgli questo nome, lo chiama teneramente il Bambino di Betlemme! 
E, questa parola Betlemme, la dice col tono d'un agnello belante; e quando ha proferito il nome di Gesù, lascia scivolare la lingua sulle labbra, come per assaporare la dolcezza che quel nome ha sparso dietro di sé, passando su quelle labbra. 
E non fu che molto tardi che terminò quella santa notte di vigilia, e che ciascuno, con il cuore pieno di gioia, se ne ritornò alla sua casa».
«In seguito, questo luogo, dove era stato piantato il presepe, fu consacrato al Signore con l'erezione di un tempio; e sopra la mangiatoia fu alzato un altare in onore del nostro beato Padre Francesco: così che, là dove poco prima le bestie senza ragione mangiavano il fieno dalla greppia, oggi gli uomini, per la salute delle loro anime e del loro corpo, ricevono l'Agnello immacolato, Nostro Signore Gesù Cristo, che, spinto da ineffabile amore, ha dato la sua carne per la vita del mondo, e che, col Padre e lo Spirito Santo, vive e regna in somma grandezza per tutti i secoli dei secoli. Così sia!».

Johann Jorgensen - 




L'Avvento è un cammino verso Betlemme. 
Lasciamoci attrarre dalla luce di Dio fatto uomo! 

- Papa Francesco -


Una coltre fitta di tenebre avvolge le nazioni. 
In troppi, hanno smarrito la strada.
Il male continua a dilagare, c'è bisogno di stelle risplendenti di luce che illuminino le notti, che mostrino la via da percorrere.

- Chiara Amirante - 

Rennes - Natività

”Preghiamo il Signore di donarci la grazia
di guardare il presepe con la semplicità dei pastori, 
per ricevere così la gioia
con la quale essi tornarono a casa.
Preghiamolo di darci
l’umiltà e la fede con cui san Giuseppe
guardò il bambino
che Maria aveva concepito dallo Spirito santo.
Preghiamo che ci doni di guardarlo con quell’amore, 
con cui Maria l’ha osservato.
E preghiamo che così la luce,
che i pastori videro,
illumini anche noi
e che si compia in tutto il mondo
ciò che gli angeli cantarono in quella notte:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”

- papa Benedetto XVI - 




Buona giornata a tutti. :-)


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mercoledì 22 novembre 2023

“La paura del silenzio” – Cardinale Carlo Maria Martini

 Non c’è attività duratura e intelligente di costruzione della città senza una radice contemplativa, che è la capacità di silenzio, di deserto interiore, di pausa, in cui si riceve la Parola di Dio, la si ascolta e quindi si costruisce anche dal punto di vista intellettuale una certa visione del mondo.
Cosicché il fare non sia determinato solo dalle urgenze, dalle necessità, ma sia ritmato da questo progetto che nasce da un ascolto della Parola e da un atteggiamento di deserto, di silenzio contemplativo. 
Quanto maggiori sono le responsabilità di una persona, tanto più si devono trovare ogni giorno più lunghe ore di silenzio contemplativo. 
Bisogna cercarlo, e lottare per averlo, per non farsi travolgere dalle cose, dalla valanga di parole dette a vanvera, di giudizi affrettati. 
Il silenzio è sempre difficile.
Il silenzio bianco ancor di più: il silenzio nero è pura assenza di suoni, quello bianco è sintesi di tutti i colori. Ed è questo che bisogna imparare a esercitare. Superare, guardare in faccia la paura del silenzio, nella quale emergono alcuni mostri interiori, per imparare che si possono esorcizzare e si può dare loro un senso.

- Cardinale Carlo Maria Martini -




"La loquacità è la cattedra della vanagloria, dalla quale essa usa mettersi in vista e far pompa di sé. 
La loquacità è indice dell'ignoranza, la porta della maldicenza, il battistrada della scurrilità, il manutengolo della menzogna.
Essa distrugge la compunzione, provoca l'accidia, precorre la sonnolenza, dissipa la meditazione, disperde il raccoglimento, raffredda il fervore, dissolve l'orazione".

- San Giovanni Climaco -
un padre della Chiesa



Non si è mai parlato tanto come nella nostra epoca. 
Mai una valanga imponente di parole vuote, inutili e prive di senso si è abbattuta sulla testa della gente. 
Tutti vogliono "partecipare". Ma pochi hanno qualcosa da dire perché pochi sono capaci di silenzio e di sforzo di riflessione.




 Che cosa vuoi di più, o anima, e che cos'altro cerchi fuori di te, dal momento che dentro di te hai le tue ricchezze, le tue delizie, la tua soddisfazione, la tua sazietà e il tuo regno, che è il tuo Amato, che la tua anima desidera e cerca? 

-  Card. Carlo Maria Martini -
da: "Il Dio nascosto" Ed. Centro Ambrosiano




Buona giornata a tutti. :-)



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domenica 28 maggio 2023

Vieni, Santo Spirito - Ignazio IV Hazim

 Vieni, Santo Spirito,
Tu sei la novità che opera nel mondo,
la presenza di Dio nei nostri cuori.
Vieni Santo Spirito.
Senza di Te Dio è lontano,
Cristo resta nel passato,
l’Evangelo una lettera morta,
la Chiesa una semplice organizzazione,
l’autorità dominio.
La missione propaganda,
il culto una semplice evocazione,
la condotta cristiana una morale da schiavi.
Vieni Santo Spirito.
Perché quando Tu giungi
il cosmo viene sollevato e geme nel travaglio del regno,
l’uomo è in lotta contro la carne,
Cristo risorto è presente,
l’Evangelo è potenza di vita,
la Chiesa una comunione trinitaria,
l’autorità un servizio liberante,
la missione una pentecoste,
la liturgia memoriale e anticipazione,
l’agire umano continuamente deificato. Amen.


- Ignazio IV Hazim -



O Spirito Santo,
anima dell'anima mia,
in te solo posso esclamare: Abbà, Padre.

Sei tu, o Spirito di Dio,
che mi rendi capace di chiedere
e mi suggerisci che cosa chiedere.

O Spirito d'amore,
suscita in me il desiderio 
di camminare con Dio:
solo tu lo puoi suscitare.

O Spirito di santità, 
tu scruti le profondità dell'anima
nella quale abiti,
e non sopporti in lei
neppure le minime imperfezioni:
bruciale in me, tutte,
con il fuoco del tuo amore.

O Spirito dolce e soave,
orienta sempre più
la mia volontà verso la tua,
perchè la possa conoscere chiaramente,
amare ardentemente
e compiere efficacemente. Amen.

- San Bernardo - 



L’origine della parola Pentecoste è  greca e significa 50 giorni dopo la Pasqua pente = cinque (latinamente Quinquagesima. È per definizione una festa mobile, dipendente dalla data della Pasqua.

L'origine della festa della Pentecoste  è ebraica e si riferisce allo Shavuot (letteralmente: settimane), celebrato sette settimane dopo la Pasqua Ebraica, iniziando a contare dal secondo giorno di Pasqua, il 16 di Nisan. La festività ebraica era legata alle primizie del raccolto e alla rivelazione di Dio sul Monte Sinai, dove Dio ha donato al popolo ebraico la Torah. Le sette settimane corrispondono al periodo dell'Omer, un periodo di lutto in memoria di disgrazie accadute al popolo di Israele che termina con la festa di Lag Ba Omer, e Shavuot vuole essere una festa gioiosa per il dono della Torah.

A Pentecoste la Chiesa fa festa per il dono dello Spirito Santo, promesso da Gesù ai suoi discepoli. Per i cristiani, la Pentecoste è il compimento del mistero pasquale di Cristo.
L'evangelista Giovanni racconta l'effusione dello Spirito nella sera stessa di Pasqua, quando il Signore si manifestò ai discepoli riuniti,  l'evangelista Luca colloca il dono dello Spirito nella festa del 50mo giorno.
Si chiude con la Pentecoste il ciclo liturgico della Pasqua.




Preghiera allo Spirito Santo

Spirito di Vita, che in principio aleggiavi sull'abisso,
aiuta l'umanità del nostro tempo a comprendere
che l'esclusione di Dio la porta a smarrirsi nel deserto del mondo,
e che solo dove entra la fede fioriscono la dignità e la libertà
e la società tutta si edifica nella giustizia.
Spirito di Pentecoste, che fai della Chiesa un solo Corpo,
restituisci noi battezzati a un'autentica esperienza di comunione;
rendici segno vivo della presenza del Risorto nel mondo,
comunità di santi che vive nel servizio della carità.
Spirito Santo, che abiliti alla missione,
donaci di riconoscere che, anche nel nostro tempo,
tante persone sono in ricerca della verità 
sulla loro esistenza e sul mondo.
Rendici collaboratori della loro gioia 
con l'annuncio del Vangelo di Gesù Cristo,
chicco del frumento di Dio,
che rende buono il terreno della vita
e assicura l'abbondanza del raccolto.
Amen.

- Papa Benedetto XVI -

Discorso del Santo Padre Benedetto XVI 
all'assemblea della CEI, 24 maggio 2012




Buona giornata di Pentecoste a tutti. :-)

venerdì 26 maggio 2023

Amore - Piero Gribaudi

C'era una volta un uomo di nome George Thomas, era pastore protestante e viveva in un piccolo paese. Una mattina della Domenica di Pasqua stava recandosi in Chiesa, portando con sé una gabbia arrugginita. La sistemò vicino al pulpito. La gente era alquanto scioccata. Come risposta alla motivazione, il pastore cominciò a parlare...
Ieri stavo passeggiando, quando vidi un ragazzo con questa gabbia. Nella gabbia c'erano tre uccellini, tremavano dal freddo e per lo spavento. Fermai il ragazzo e gli chiesi:
"Cos'hai lì, figliolo?" "Tre vecchi uccelli" fu la risposta.
"Cosa farai di loro?" Chiese
"Li porterò a casa e mi divertirò con loro", rispose il ragazzo.
"Li stuzzicherò e strapperò le piume così litigheranno. Mi divertirò tantissimo".
"Ma presto o tardi ti stancherai di loro. Allora cosa farai?"
"Oh, ho dei gatti," disse il ragazzo." A loro piacciono gli uccelli, li darò a loro".
Il pastore rimase in silenzio per un momento." Quanto vuoi per questi uccelli, figliolo?"
"Cosa!? Perché, mica li vuoi, Signore, sono uccelli di campo, niente di speciale. Non cantano. Non sono nemmeno belli!"
"Quanto?" Chiese di nuovo il pastore.
Pensando fosse pazzo il ragazzo disse: "10$".
Il pastore prese 10$ dalla sua tasca e li mise in mano al ragazzo.
Come un fulmine il ragazzo sparì. Il pastore prese la gabbia e con delicatezza andò in un campo dove c'erano alberi e erba. Aprì la gabbia e con gentilezza lasciò liberi gli uccellini. Cosi si spiega il motivo per la gabbia vuota accanto al pulpito. Poi iniziò a raccontare questa storia.

Un giorno Satana e Gesù stavano conversando. Satana era appena ritornato dal Giardino di Eden, era borioso e si gonfiava di superbia.
"Sì, Signore, ho appena catturato l'intera umanità. Ho usato una trappola che sapevo non avrebbe trovato resistenza, ho usato un'esca che sapevo ottima. Li ho presi tutti!"
"Cosa farai con loro?" Chiese Gesù.
Satana rispose: "Oh, mi divertirò con loro! Gli insegnerò come odiare e farsi male a vicenda, come bere e fumare e bestemmiare. Gli insegnerò a fabbricare armi da guerra, fucili e bombe e ammazzarsi fra di loro. Mi divertirò un mondo!"
"E poi, quanto hai finito di giocare con loro, cosa ne farai?" , chiese Gesù.
"Oh, li ucciderò!" Esclamò Satana con superbia.
"Quanto vuoi per loro?" Chiese Gesù.
"Ma va, non la vuoi questa gente. Non sono per niente buoni, sono cattivi. Li prenderai e ti odieranno. Ti sputeranno addosso, ti bestemmieranno e ti uccideranno. No, non puoi volerli!"
"Quanto?" Chiese di nuovo Gesù.
Satana guardò Gesù e sogghignando disse: "Tutto il tuo sangue, tutte le tue lacrime e la tua vita."
Gesù disse: "affare fatto!"
E poi pagò il prezzo. Il pastore prese la gabbia e lasciò il pulpito.

- Piero Gribaudi - 

dal libro "Il libro della saggezza interiore. 99 storie intorno all'uomo" di Piero Gribaudi




La sete 

Un giovane si presentò a un sacerdote e gli disse: "Cerco Dio".
Il reverendo gli propinò un sermone. Concluso il sermone, il giovane se ne andò triste in cerca del vescovo. "Cerco Dio".
Monsignore gli lesse una sua lettera pastorale. 

Terminata la lettura, il giovane, sempre più triste, si recò dal papa. "Cerco Dio".
Sua santità cominciò a riassumergli la sua ultima enciclica, ma il giovane scoppiò in singhiozzi.
"Perché piangi?", gli chiese il papa del tutto sconcertato. 

"Cerco Dio e mi offrono parole."
Quella notte il sacerdote, il vescovo e il papa fecero un medesimo sogno. Sognarono che morivano di sete e che qualcuno cercava di dar loro sollievo con un lungo discorso sull'acqua.

da: "Agenda Missionaria"



Senza comunione non può esserci testimonianza: la grande testimonianza è proprio la vita di comunione. Lo disse chiaramente Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). 
Questa comunione è la vita stessa di Dio che si comunica nello Spirito Santo, mediante Gesù Cristo. 
E’ dunque un dono, non qualcosa che dobbiamo anzitutto costruire noi con le nostre forze. 
Ed è proprio per questo che interpella la nostra libertà e attende la nostra risposta: la comunione ci chiede sempre conversione, come dono che va sempre meglio accolto e realizzato.

- Papa Benedetto XVI - 
Omelia, 10 ottobre 2010



Buona giornata a tutti. :-)


sabato 8 aprile 2023

Il nostro vanto è nella croce di Gesù - Sant'Agostino

La passione del Signore nostro Gesù Cristo è pegno sicuro di gloria e insieme ammaestramento di pazienza. 
Che cosa mai non devono attendersi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti il Figlio unigenito di Dio, coeterno al Padre, sembrandogli troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso.

Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma è molto più grande quello che celebriamo ricordando quanto ha già compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli uomini, quando Cristo morì per i peccatori?

Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini? Chi è infatti Cristo, se non quel Verbo "che era in principio e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio"? (Gv 1, 1). Ebbene, questo Verbo di Dio "si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14).  Egli non aveva nulla in se stesso per cui potesse morire per noi, se non avesse preso da noi una carne  mortale. In tal modo egli immortale poté morire, volendo dare la vita per i mortali. Rese partecipi della sua vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui aver la vita, come lui non aveva nulla da cui ricevere la morte.  Donde lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata e vanto immenso nella morte di Cristo.

Prese su di sé la morte che trovò in noi e così assicurò quella vita che da noi non può venire. Ciò che noi avevamo meritato per il peccato, lo scontò colui che era senza peccato. E allora non ci darà ora quanto meritiamo per giustizia, lui che è l'artefice della giustificazione? Come non darà il premio ai santi, lui, fedeltà personificata, che senza colpa sopportò la pena dei cattivi? Confessiamo, perciò, o fratelli, senza timore, anzi proclamiamo che Cristo fu crocifisso per noi. Diciamolo, non già con timore, ma con gioia; non con rossore, ma con fierezza. L'apostolo Paolo lo comprese bene e lo fece valere come titolo di gloria. Poteva celebrare le più grandi e affascinanti imprese del Cristo.
Poteva gloriarsi richiamando le eccelse prerogative del Cristo, presentandolo quale creatore del mondo in quanto Dio con il Padre, e quale padrone del mondo in quanto uomo simile a noi. Tuttavia non disse altro che questo: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Gal 6, 14).

- Sant'Agostino -



"Guardiamo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda. Sulla Croce è Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ognuno di noi. 
L’apostolo Tommaso riconobbe Gesù come “Signore e Dio” quando mise la mano nella ferita del suo costato. Non sorprende che, tra i santi, molti abbiano trovato nel Cuore di Gesù l’espressione più commovente di questo mistero di amore. Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape. 
In verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti. Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). 
La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo “mi attira a sé” per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore."

- papa Benedetto XVI - 
Messaggio per la Quaresima 2007



Dalla Croce Gesù propone in positivo un altro tipo di umanità: è l'umanità di chi vive la beatitudine dei miti e degli operatori di pace, di chi accetta di portare la croce quotidiana dietro al suo Signore.

- Cardinale Carlo Maria Martini - 



Teco vorrei Signore 
oggi portar la Croce;
nella Tua doglia atroce 
io ti vorrei seguir.
Ma sono infermo e lasso
donami, deh, coraggio
acciò nel mesto viaggio
non m'abbia da smarrir...



Buona giornata a tutti. :-) 

domenica 25 dicembre 2022

Poesia di Natale - Gilbert Keith Chesterton

Laggiù  una madre senza posa camminava,
fuori da una locanda ancora a vagare;
nel paese in cui lei si trovò senza tetto,
tutti gli uomini sono a casa.
Quella stalla malconcia a due passi,
fatta di travi instabili e sabbia scivolosa,
divenne qualcosa di così solido da resistere e reggere
più delle pietre squadrate dell’impero di Roma.
Perché tutti gli uomini hanno nostalgia anche quando sono a casa,
e si sentono forestieri sotto il sole,
come stranieri appoggiano la testa sul cuscino
alla fine di ogni giornata.
Qui combattiamo e ardiamo d’ira,
abbiamo occasioni, onori e grandi sorprese,
ma casa nostra è là sotto quel cielo di miracoli
in cui cominciò la storia di Natale.
Un bambino in una misera stalla,
con le bestie a scaldarlo ruminando;
solo là, dove Lui fu senza un tetto,
tu ed io siamo a casa.
Abbiamo mani all’opera e teste capaci,
ma i nostri cuori si sono persi – molto tempo fa!
In un luogo che nessuna carta o nave può indicarci
sotto la volta del cielo.
Questo mondo è selvaggio come raccontano le favole antiche,
e anche le cose ovvie sono strane,
basta la terra e basta l’aria
per suscitare la nostra meraviglia e le nostre guerre;
Ma il nostro riposo è lontano quanto il soffio di un drago
e troviamo pace solo in quelle cose impossibili,
in quei battiti d’ala fragorosi e fantastici
che volarono attorno a quella stella incredibile.
Di notte presso una capanna all’aperto
giungeranno infine tutti gli uomini,
in un luogo che è più antico dell’Eden
e  che alto si leva oltre la grandezza di Roma.
Giungeranno fino alla fine del viaggio di una stella cometa,
fino a scorgere cose impossibili che tuttavia ci sono,
fino al  luogo dove Dio fu senza un tetto
e dove tutti gli uomini sono a casa.

- Gilbert Keith Chesterton - 


«Un astro brillò nel cielo sopra tutti gli astri, la sua luce era indicibile, e la sua novità stupì. La altre stelle con il sole e a luna fecero un coro all'astro ed esso più di tutti illuminò. Ci fu stupore. Donde quella novità strana per loro? Apparso Dio in forma umana per una novità di vita eterna si sciolse ogni magia, si ruppe ogni legame di malvagità. Scomparve l'ignoranza, l'antico impero cadde. Aveva inizio ciò che era stato deciso da Dio. Di qui fu sconvolta ogni cosa per preparare l'abolizione della morte». 

- Sant' Ignazio di Antiochia -
Lettera agli Efesini, XIX

Un giorno santo è spuntato per noi:
venite, popoli, adorate il Signore,
oggi una grande luce è discesa sulla terra.


C'è il Natale delle luci, della festa, dello stare insieme e poi c'è l'altro Natale, il Natale della solitudine, della povertà, delle lacrime nascoste e spesso interrotte. 
È a questo secondo Natale che volgo lo sguardo e l'attenzione. 
Vorrei ascoltare ogni pianto, sedare ogni rabbia, venerare ogni lacrima. Insomma, per questo Natale, mi piacerebbe tanto restituire dignità, amore e forza a chi magari ha tante cose, ma sente di perdere quella più importante: se stesso. 
Buon Natale a tutti. 
La vita, credetemi, è davvero meravigliosa...



L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti amici ed amiche 
che da tanti anni seguite le mie letture e le mie.... fantasie.

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -