Siamo riuniti in questo Duomo per
rivivere ancora una volta con Gesù la sua "ora", l'ora di passare da
questo mondo al Padre, per rivivere l'ultima sera trascorsa da Gesù con i suoi,
per riascoltare la parola riportata dal testo evangelico e che Gesù ripete a
ciascuno di noi in questo momento: "Farò la Pasqua da te", ti voglio
a cena con me.
Ci siamo riuniti per contemplare ancora una volta quel gesto
inaudito della lavanda dei piedi, gesto che io stesso ho compiuto per esprimere
ai nostri fratelli senza tetto e senza fissa dimora l'amore di Gesù per loro,
la tenerezza infinita di Dio, l'affetto della Chiesa, l'attenzione della
società.
La liturgia ambrosiana del Giovedì
santo richiama diversi eventi della passione di Gesù dall'ultima Cena al
rinnegamento di Pietro. Ma in questo Anno santo ci lasciamo muovere dal
suggerimento del santo Padre. Egli, nella Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì
santo, che ha voluto firmare dal Cenacolo, scrive: "A duemila anni dalla
nascita di Cristo, in questo Anno giubilare, dobbiamo in modo particolare
ricordare e meditare la verità di quella che potremmo chiamare la sua nascita
eucaristica. Il Cenacolo è appunto il luogo di questa nascita: qui è cominciata
per il mondo una presenza nuova di Cristo, una presenza che si produce ininterrottamente,
dovunque è celebrata l'Eucaristia e un sacerdote presta a Cristo la sua voce,
ripetendo le parole sante dell'istituzione... Ne vogliamo oggi prendere
coscienza con il cuore colmo di stupore e di gratitudine, e con tali sentimenti
entrare nel Triduo pasquale della passione, morte e risurrezione di
Cristo" (13).
Siamo dunque invitati dalle parole del
Papa ad approfondire la coscienza di questo dono immenso che è il cuore della
vita ecclesiale ed è il cuore del mondo; l'Eucaristia è come il punto da cui
tutto si irradia e a cui tutto conduce.
L'ORA DI GESÙ
Vorrei partire dal gesto della lavanda
dei piedi, raccontato solo da Giovanni, l'evangelista che parla più ampiamente
dell'ultima sera trascorsa da Gesù con i suoi. Egli ci fa comprendere come
finalmente sia giunta l'ora tanto attesa da Gesù, ora ardentemente desiderata,
accuratamente preparata, spesso annunciata: l'ora di mostrarci il suo amore
infinito consegnandosi a chi lo tradisce, l'ora del dono supremo della sua
libertà.
L'evangelista infatti sottolinea che
"il Padre gli ha dato tutto nelle mani" a indicare che Gesù è
pienamente libero di scegliere per amore quello che accadrà, di confermare la
scelta fatta dopo il Battesimo nel Giordano: la scelta di rinunciare a un
messianismo di potere e di preferire la via della croce. In quella notte in cui
si compie tale scelta, Gesù avverte il bisogno di aprirsi, di confidarsi con i
suoi, di parlare loro a lungo del Padre, dello Spirito santo, di affidare loro
i segreti del suo Cuore.
Ma ecco che prima di iniziare i
discorsi di addio, di lasciarci le parole più profonde che siano state
pronunciate nella storia dell'umanità, pone in atto il misterioso gesto: si
mette in ginocchio e lava i piedi ai suoi. Un gesto che tiene addirittura il
posto, nel vangelo di Giovanni, dell'istituzione dell'Eucaristia, perché sta a
significare ciò che avviene nell'Eucaristia e ciò che avverrà sul Calvario.
Nella lavanda dei piedi ai discepoli, noi contempliamo la manifestazione
dell'Amore Trinitario in Gesù che si umilia, si mette a disposizione dell'uomo,
di tutti gli uomini, rivelandoci cosi che Dio è "umile" e manifesta
la sua onnipotenza e la sua suprema libertà anche nell'apparente debolezza. In
Gesù che lava i piedi è simboleggiato il mistero dell'Incarnazione,
dell'Eucaristia, della Croce; e ci chiede di imitarlo, ci insegna che
attraverso un umile servizio di amore ai fratelli noi possiamo trasformare il
mondo e offrirlo al Padre in unione con la sua offerta.
Questo servizio noi l'abbiamo vissuto
in maniera particolare poco fa, pensando ai nostri fratelli senza tetto e senza
fissa dimora. E' un grave problema che riguarda la società civile, la nostra
città, l'area metropolitana, la regione. Le autorità civili, la Chiesa e il
volontariato cercano di fare quanto possono, ma il problema rimane grave. Per
questo visiterò, subito dopo la Messa, e porterò l'augurio di Pasqua ad alcune
istituzioni in cui volontariato e città si sforzano di dare qualche risposta ai
bisogni primari di tanti nostri fratelli e sorelle, per invitare ciascuno a un
impegno sempre più deciso a favore di questa dolorosa emergenza.
L'EUCARISTIA
Il brano di Matteo e il testo di san
Paolo ci riferiscono l'istituzione dell'Eucaristia. Il racconto è molto
semplice, quasi scarno, ma il contenuto è straordinario.
Nel corso dell'ultima Cena Gesù prende
il pane, rende grazie a Dio, lo spezza e dice: "Questo è il mio
corpo". Dopo aver cenato prende anche il calice e dice: "Questo è il
mio sangue dell'alleanza". Nelle sue mani il pane e il vino diventano lui
stesso. Quando dunque mette un pezzetto di quel pane nelle mani di Pietro, di
Giovanni, di Andrea, di Giuda, è come se dicesse: "Sono io, non temere, mi
metto nelle tue mani, mi fido di te e mi affido a te, perché tu faccia una cosa
sola con me".
E' un mistero incredibile, inaudito,
che non finiremo mai di adorare e di contemplare: nell'Eucaristia, tu, Signore
Gesù, ti consegni a noi totalmente, indipendentemente dai sentimenti con cui ti
accogliamo. Come nel giorno della tua nascita a Betlemme ti sei rimesso
completamente nelle mani di Maria, come nel Venerdì santo ti rimetterai nelle
mani del Padre tuo, così nell'Ultima Cena, questa sera e ogni volta che
riceviamo la comunione eucaristica, tu, Gesù ti abbandoni nelle nostre mani,
nelle mie mani.
Per questo il Papa, nella Tertio
millennio adveniente scrive: "Il Duemila sarà un anno intensamente
eucaristico: nel sacramento dell'Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel seno
di Maria venti secoli fa, continua a offrirsi all'umanità come sorgente di vita
divina" (55).
È davvero illimitato il desiderio del
tuo cuore, o Signore, di entrare in comunione con noi!
LA BELLEZZA CHE SALVA
E anche se nelle ore dolorose e buie
della passione, Gesù sembrerà in balìa degli eventi, in realtà egli regna sugli
eventi e regnerà dalla croce. L'Eucaristia, nella quale annunciamo la morte del
Signore e proclamiamo la sua risurrezione nell'attesa del suo ritorno, è il
luogo in cui la Trinità continua a rivelarsi al mondo come Amore che salva,
come Bellezza che salva.
Chiediamo dunque alla Madonna di
prepararci ad accogliere Gesù nella comunione eucaristica come lo ha accolto
lei, ad accoglierlo offrendogli tutta la nostra vita, tutta la nostra umanità
affinché l'Eucaristia ci pervada e ci trasformi in oblazione gradita al Padre.
Chiediamo a Gesù, per intercessione di
Maria, di sperimentare che l'Eucaristia è anche un mistero di comunione
ecclesiale, di comunione con tutti coloro che condividono lo stesso pane e lo
stesso calice. "O Gesù, tu che al termine dell'Ultima Cena, hai rivolto al
Padre tuo la grande preghiera per l'unità di tutti i membri del tuo Corpo,
aiutaci a comprendere che questa unità nasce dall'Eucaristia e ad essa si
alimenta".
Mi piace concludere con alcune parole
del Papa nella Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì santo, là dove dice ai
sacerdoti: "Facciamo riscoprire il tesoro dell'Eucaristia alle nostre
comunità specialmente nella celebrazione della solenne assemblea domenicale.
Cresca, grazie al vostro lavoro apostolico, l'amore a Cristo presente
nell'Eucaristia. È un impegno che assume una rilevanza particolare in questo
Anno giubilare". Il Papa annuncia poi, in questo contesto, il Congresso
Eucaristico internazionale che si terrà a Roma nel prossimo mese di giugno.
Congresso che "evidenzierà l'intimo rapporto tra il mistero
dell'incarnazione del Verbo e l'Eucaristia, sacramento della reale presenza di
Cristo" (15).
"O Maria, Madre dell'Eucaristia,
rendici partecipi della tua lode e del tuo canto di grazie per il tesoro
stupendo dell'Eucaristia".
Duomo di Milano, 20 aprile 2000
In
ginocchio con fare umile lavasti i piedi dei tuoi apostoli.
Anche quelli di Giuda baciasti con lo stesso amore che mostrasti per Pietro e
per tutti quei figli spirituali che sarebbero scappati dopo poche ore
lasciandoti solo.
In ginocchio, senza vergogna, con la semplicità di un amore che sa solo donare.
Cenasti con loro, ceni con noi,
e ancora oggi sappiamo scappare ma non
inginocchiarci.
Sappiamo amare chi ci dona ma allontaniamo chi non ricambia.
Solo, in quel giardino.
Solo davanti alla prova.
Solo davanti alla gratuita violenza.
Solo senza un lamento, senza rabbia,
con dolcezza infinita donasti a chi ti
aveva rinnegato
il mandato di pastore di questo gregge.
Solo sulla croce, un vento leggero, la Trinità é compiuta.
Buon Giovedì del triduo Pasquale.
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