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martedì 23 gennaio 2018

Incontro con il lebbroso – Tommaso da Celano

17. "Poi, come vero amante della umiltà perfetta, il Santo si reca tra i lebbrosi e vive con essi, per servirli in ogni necessità per amor di Dio. Lava i loro corpi in decomposizione e ne cura le piaghe virulente, come egli stesso dice nel suo Testamento: 'Quando era ancora nei peccati, mi pareva troppo amaro vedere i lebbrosi, e il Signore mi condusse tra loro e con essi usai misericordia'. La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza i loro ricoveri, si turava il naso con le mani. Ma ecco quanto avvenne: nel tempo in cui aveva già cominciato, per grazia e virtù dell'Altissimo, ad avere pensieri santi e salutari, mentre viveva ancora nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò. Da quel momento decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria.
Quand'era ancora nel mondo e viveva vita mondana, egli si occupava dei poveri, li soccorreva generosamente nella loro indigenza e aveva affetto di compassione per tutti gli afflitti. Una volta, che aveva respinto malamente, contro la sua abitudine, poiché era molto cortese, un povero che gli aveva chiesto l'elemosina, pentitosi subito, ritenne vergognosa villania non esaudire le preghiere fatte in nome di un Re così grande. Prese allora la risoluzione di non negar mai ad alcuno, per quanto era in suo potere, qualunque cosa gli fosse domandata in nome di Dio. E fu fedele a questo proposito, fino a donare tutto se stesso, mettendo in pratica anche prima di predicarlo il consiglio evangelico: Dà a chi ti domanda qualcosa e non voltar le spalle a chi ti chiede un prestito (Mt 5,42)."

- Tommaso da Celano -
Fonte: Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco d'Assisi, nn. 348-349




„Il mondo circostante era, come si è già notato, un groviglio di dipendenze familiari, feudali, e altre. L'idea complessa di San Francesco era che i Piccoli Frati dovessero essere come pesciolini, liberi di muoversi a proprio piacimento in quella rete. E potevano farlo proprio per il loro essere piccoli e perciò guizzanti. [... ] 
Calcolando, per così dire, su questa astuzia innocente, il mondo era destinato ad essere circuito e conquistato da lui, e impacciato nel reagire alla sua azione. 
Non si poteva di certo lasciar morire di fame un uomo continuamente votato al digiuno, né lo si sarebbe potuto distruggere e ridurre alla miseria, poiché era già un mendicante. 
Vi sarebbe stata una soddisfazione ben scarna anche nel percuoterlo con un bastone, poiché egli si sarebbe lasciato andare a salti e canti di gioia, essendo l'umiliazione la sua unica dignità. 
E nemmeno lo si sarebbe potuto impiccare, perché il cappio sarebbe divenuto la sua aureola".


- Gilbert Keith Chesterton - 
da: " Francesco", VII



4 ottobre, ed il serafico padre migra da questa vita a Dio.

Si fa deporre "nudo a terra" e "sembrava l'immagine del crocifisso".
Passa con facilità da questo mondo al Padre, com'è invece difficile attraversare "sorella nostra morte corporale" se non si è trovati nudi delle cose di questo mondo. "Guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali" ed invece felici "quilli ke trovarà ne li toi santissime volontade ke lla morte seconda no li farà male".
A lui non ha fatto male, anzi.




Buona giornata a tutti. :-)




domenica 17 dicembre 2017

Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera. Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza – + don Tonino Bello, Vescovo

C’è una parola chiave che caratterizza quest’arco dell’anno liturgico, e attorno alla quale noi articoliamo abilmente i contenuti dell’annuncio cristiano: attesa. 
E’ come una bambola russa: ad aprirla, cioè, ne trovi un’altra: vigilanza
Se apri anche questa, ci trovi dentro speranza
E così via, fino a giungere alle più interessanti sottospecie della stessa famiglia. Messe tutto allo scoperto, queste bambole riempirebbero un tavolo di buoni sentimenti. 
E’ un gioco bellissimo di implicazioni e di esplicazioni, che ci fa vedere quanto sia esteso il fronte su cui deve esprimersi la nostra conversione in questo periodo che ci prepara al Natale.

Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera. Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza. 

Dopo aver meditato i testi biblici, sarebbe interessante sedersi attorno al tavolo con la gente e chiedere, per ogni bambola russa, il nome delle altre successivamente racchiuse. Ne verrebbe fuori un campionario di atteggiamenti interiori davvero interessante che, proprio perché elaborato da un processo critico, potrebbe essere assunto con più facilità come telaio ascetico su cui disegnare il cammino dell’avvento.

Ma, con questa procedura, si rimane ancora un po’ troppo dalla parte dell’uomo. Si dà troppo l’impressione, cioè, che l’avvento costituisca un espediente ciclico che, con le sue risorse, ci stimola a ricentrare la vita sul piano morale, e basta.

Senza dubbio, tutto questo non è sbagliato. Però si corre il rischio di trasformare l’avvento in una specie di palestra spirituale, in cui si pratica l’allenamento intensivo alle buone virtù. 
La qual cosa resta sempre un’esercitazione eccellente, ma dà un’immagine riduttiva di questo grande momento di grazia. 
Occorre allora guardare le cose anche dalla parte di Dio. Sì, perché anche in cielo oggi comincia l’Avvento, il periodo dell’attesa. Qui sulla terra è l’uomo che attende il ritorno del Signore. Nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo. 
E’ una visione prospettica splendida, che ci fa recuperare una dimensione meno preoccupata degli aspetti morali della vita cristiana e più interessata a cogliere il disegno divino di salvezza. 
Forse si potrebbe ripetere anche qui il gioco delle bambole russe. Visto che anche per Dio la parola chiave dell’avvento è attesa: ma quali ulteriori parole si potrebbero successivamente trovare l’una all’ interno dell’altra? Si può provare a indicarne due, cogliendo l’anima dei testi biblici proclamati: salvezza e pace. 
La parola salvezza evoca il progetto finale di Dio, così come viene abbozzato nelle prime letture e nel salmo responsoriale. I popoli che salgono al monte del Signore e che esultano finalmente dinanzi a Gerusalemme esprimono il trasalimento di Dio, che vede raccolte attorno a sé tutte le genti, nello stadio finale del Regno. Attese irresistibili di comunione. Solidarietà con l’uomo. Bisogno di comunicargli la propria vita. Disponibilità a un perdono senza calcoli. Questo sono i sentimenti di Dio, così come ci viene dato di coglierli nella filigrana delle letture bibliche.
Oggi è impossibile, durante la liturgia, non rifarsi alla tenerezza del Padre, alle sue sollecitudini, alle sue ansie per il ritorno a casa di ogni figlio. Viene in mente l’espressione della parabola del figlio prodigo: «Mentre era ancora lontano, il padre lo vide (Lc 15,20). Di qui l’avvio della speranza in ognuno di noi. Coraggio, «la notte è avanzata, il giorno è vicino. La nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti» 
Di qui anche l’avvio dell’impegno. Che cosa fare per non deludere le attese del Signore? Quali sono le «opere delle tenebre» che bisogna gettare, e quali le «armi della luce» di cui bisogna rivestirsi? 
Non si potrebbe oggi fare, magari con opportuni silenzi, una sorta di check-up, individuale e collettivo, in fatto di comunione? Forse si torna ancora al prontuario dei buoni atteggiamenti morali, ma stavolta come galassia di impegni, affinché la gioia di Dio sia completa. 
La parola pace evoca, invece tutta una serie di percorsi obbligati per poter giungere alla salvezza. 
Oggi non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione della concretezza, per dire senza frasi smorzate che pace, giustizia e salvaguardia del creato sono il compito primordiale di ogni comunità cristiana. Che attingere a piene mani alla riserva utopica del Vangelo è l’unico realismo che oggi ci venga consentito. Che osare la pace per fede, sfidando il buon senso della carne e del sangue, è la prova del nove sul credito che sappiamo esprimere a favore della parola del Signore. Che la non violenza attiva deve divenire criterio irrinunciabile che regola tutti i rapporti personali e comunitari. 
La lettura non tollera interpretazioni di comodo. Se noi cristiani permetteremo l’ingrandirsi degli arsenali delle spade e delle lance a danno dei depositi dei vomeri e delle falci, non risponderemo alle attese di Dio. 
Così pure, se non sapremo leggere in termini fortemente critici le esercitazioni dei popoli nell’arte della guerra, sviliremo Isaia, estingueremo la nostra carica profetica, e difficilmente, nella notte di Natale, potremo accogliere l’esplosione dello «shalom», annunciato dagli angeli agli uomini che Dio ama (Lc 2,14).

+ don Tonino Bello, Vescovo 
[Antologia degli Scritti, Vol. 6, pg. 222-225]




Altro Natale:
culle insanguinate
senza lacrime di madri,
pianti sconsolati di fame
senza latte, senza pace,
senza ninne nanne.

Altro Natale
non con il piccolo presepe
tra gente semplice, fedele,
ma su strade d'asfalto,
tra l'urlo dei motori
nel brivido della morte violenta.

Altro Natale
senza compassione
dove Tu, Dio,
vuoi nascere ancora
per amare con cuore d'uomo.
Vieni, non mancare,
perché c'è sempre Lei ad aspettarti
in mezzo a noi:
la Povera,
la Vergine,
la Madre. 

 - Madre Anna Maria Cànopi -



Buona giornata a tutti. :-)







giovedì 23 novembre 2017

Parafrasi del Padre Nostro - San Francesco d’Assisi

O santissimo Padre nostrocreatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.
Che sei nei cielinegli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce, infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore, ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
Sia santificato il tuo nomesi faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.
Venga il tuo regnoperché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli,
l'amore di te è perfetto,
la comunione di te è beata, 
il godimento di te senza fine. 

Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terraaffinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.
Il nostro pane quotidianoil tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.
E rimetti a noi i nostri debitiper la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.
E non ci indurre in tentazionenascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
Ma liberaci dal malepassato, presente e futuro.

- San Francesco d’Assisi -




La cosiddetta «Parafrasi del Padre Nostro» di San Francesco è una delle preghiere che manifestano meglio la radice evangelica della sua spiritualità. Francesco portava inciso nell’anima un profondo sentimento della paternità di Dio. 
Per lui era come l’aria che respirava e il clima che avvolgeva la sua vita di ogni giorno. 
Non c’è dunque niente di strano che nella sua preghiera si rivolga in primo luogo al Padre. 
Nei suoi scritti lo menziona più di cento volte.


“Nel sorgere del sole, ogni uomo dovrebbe lodare Dio per aver creato questo astro, che durante il giorno dà agli occhi la loro luce; la sera quando viene la notte, ogni uomo dovrebbe lodare Dio per quest’altra creatura, nostro fratello fuoco, che, nelle tenebre, permette ai nostri occhi di vedere la luce. Siamo tutti come dei ciechi, e per mezzo di queste due creature, Dio ci dà la luce. Per questo, per queste creature e per le altre che ci servono ogni giorno, dobbiamo lodare particolarmente il loro glorioso Creatore!”

Frate Francesco d'Assisi


Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 22 novembre 2017

da: "Il denaro" - Charles Peguy

...Ai miei tempi tutti cantavano...
Nella maggior parte dei luoghi di lavoro
si cantava; oggi vi si sbuffa.
Direi quasi che allora
non si guadagnava praticamente nulla.
Non si ha l’idea di quanto i salari
fossero bassi.
Nondimeno tutti mangiavano.
Anche nelle case più umili
c’era una sorta di agiatezza
di cui si è perduto il ricordo.
Conti, non se ne facevano.
Perché c’era poco da contare.
Ma i figli potevano essere allevati.
E se ne tiravano su.
Era sconosciuta questa
odiosa forma di strangolamento
che oggi ci torce ogni anno di più.
Non si guadagnava; non si spendeva;
e tutti vivevano.
Ogni fatto era un avvenimento; consacrato.
Ogni cosa era una tradizione,
un insegnamento;
tutte le cose avevano
un loro rapporto interiore,
costituivano la più santa abitudine...

- Charles Peguy - 

da: "Il denaro"

Strade, angoli, piazze e quartieri... sono tanti i luoghi in cui uomini e donne, senza nome, muoiono per indifferenza o solitudine.
Non esistono, Signore, samaritani che appaiono dal nulla. 
Non ci sono, Gesù, samaritani che arrivano da altri mondi.
Esistiamo noi, con le nostre scelte, E ci sei tu con la tua audace proposta:
«Vai e anche tu fai ciò che ho fatto io. 
Vai e tendi la mano a chi è povero. Vai e sorridi a chi è solo. 
Vai e apri il tuo cuore a chi è triste. 
Vai e abbraccia chi è caduto e sanguina».
Signore Gesù, rendi vera la nostra fede, insegna al nostro cuore ad amare veramente, aiuta le nostre gambe e le nostre mani ad andare verso gli altri, perché il mondo possa scoprire, e sentire il tuo amore, nel nostro credere, amando. Amen. 


sr Mariangela frp Tassielli, Paoline



La preghiera di chi non ha più niente

Signore, non ho più niente
eppure ho tutto, perché ho Te.
Non ho cibo a sufficienza,
ma mi basta quello che ricevo dalla gente
o che guadagno con il mio onesto lavoro.
Non ho casa, ove riposare,
ma mi contento del cielo
sotto il quale riposo ogni tanto,
memore della tua esperienza,
di un Dio che non ha neppure
una pietra ove poggiare il suo capo stanco.
Non ho denaro che mi possa aiutare a vivere con dignità
ma accolgo, con sofferenza, l'elemosina di tanta gente.
Quanto é difficile Signore essere povero oggi come allora,
ma nessuno di noi ha scelto di esserlo di propria volontà.
Tu sai la sofferenza di quanti non hanno nulla
nel nostro tempo affamato di guadagni e di posizioni sempre più agiate.
Non Ti chiedo di rimuovere solo la mia povertà,
ma la povertà di tanti popoli oppressi a causa dell'ingiustizia
e della cattiva gestione delle risorse della Terra.
Fa, o Dio della Provvidenza, che nessun bambino
sia più povero su questa Terra,
che nessun ammalato sia abbandonato a se stesso
senza alcuna assistenza e sicurezza,
che nessun anziano vengano lasciato nella solitudine
senza il conforto di qualcuno,
che nessun giovane abbia a soffrire a causa
del cattivo esempio degli adulti,
che in tutte le famiglie e su tutte le mense del mondo
arrivi quotidianamente quel pane di ogni genere
che ti chiediamo ogni giorno per noi e per tutti
con la stessa preghiera che ci hai insegnato Tu.
Amen.


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 18 novembre 2017

Scendere per poter comunicare - Jean Vanier

Mi ricordo che un giorno a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. 
Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata. 
Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada. 
E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi. 
Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.
Se ci si avvicina troppo al povero si perde la propria libertà personale. 
A un certo punto si arriva ad una svolta senza ritorno che cambia la nostra vita. 
Mi sono reso conto che facevo esattamente come il prete e come il levita della storia del buon samaritano che hanno continuato la loro strada fino a Gerico. Abbiamo fatto tutti questa esperienza.
La via discendente ci porta al povero che grida ed è una strada molto pericolosa. 
Non parlo soltanto delle persone che hanno un handicap ma anche di quel tale o tal altro assistente del mio focolare che piange e si arrabbia e porta dentro di sé la fragilità umana. 
Avvicinarsi a lui può esser molto pericoloso ed è preferibile allontanarsi. 
A volte è molto più facile dare dei soldi ad un povero piuttosto che avvicinarsi a lui.
Ma non è questa la nuova visione che Gesù porta nel mondo. 
Gesù non ci insegna a fuggire ma a scendere fino in basso per scoprire i semi della risurrezione. 
E’ talmente sconvolgente: dobbiamo scendere per essere guariti e per rinascere ed è il povero che ci insegna la comunione.
La comunione è molto diversa dalla generosità. 
Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando. 
La generosità implica solo il dono senza esigenze diverse dal tempo, dal denaro o dalle competenze, spesso dati per raccogliere gloria.
Ma entrare in comunione significa diventare vulnerabili, significa far cadere le barriere e le maschere, compresa quella della generosità e significa mostrarsi così come si è.
Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno del fratello, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere. 
Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta.
E’ più facile dare che fermarsi, soprattutto quando si è angosciati. 
Certo il povero ha bisogno di soldi ma ha soprattutto bisogno, come il bambino, di incontrare un amico felice di essere con lui.

Jean Vanier -
tratto da: "Lettera della tenerezza di Dio", EDB,  pp. 23-24 



Scopro ogni giorno di più che noi esseri umani portiamo molte ferite in noi, molte paure e sensi di colpa molto profondi. 
Sono stupito dalle tante persone che, incontrate ai ritiri spirituali che faccio, sono convinte di non poter essere amati da Gesù. 
Allora come liberare queste persone da questo senso di colpa che le paralizza? 
Come aiutare le persone a rischiare d'amare? 
Ho avuto molta fortuna perché ero in una società competitiva, ho sentito la chiamata di Gesù e sono stato profondamente aiutato da un padre spirituale che mi ha amato e mi ha introdotto nel mondo dei valori del Vangelo. 
Ho l'impressione che noi abbiamo bisogno di trovare dei padri spirituali, abbiamo bisogno di queste comunità che ci permetterebbero di cambiare il nostro sistema di valori per riscoprire i valori del Vangelo.
Perché è vero ciò che dici: spesso la gente della nostra società è triste. 
Ho scoperto che le persone normali sono molto handicappate. 
Voglio raccontarvi la storia di un uomo normale e voi scoprirete che non credo alla normalità e alla anormalità. 
Le persone normali sono piene di problemi: familiari, lavorativi, economici, con la chiesa.
Una volta, un uomo molto normale mi è venuto a trovare ed era pieno di tristezza. Ad un certo punto bussano alla porta e senza che io abbia il tempo di dire "Avanti", entra Jean Claude. 

Jean Claude è un ragazzo che la gente chiama down, noi lo chiamiamo semplicemente Jean Claude. 
A Jean Claude piace molto ridere: ti prende la mano, ti dice "Buongiorno" e ride. Così prende la mano del signor normale e ride; poi se ne va, sbattendo la porta. Il signor normale si gira verso di me e dice: "Com'è triste che ci siano dei bambini così!". 
Credo che il solo problema era che il signor normale era cieco. 
Era incapace di vedere che Jean Claude era felice. 
Guardava la realtà attraverso le sue teorie e la sua ideologia. Jean Claude era molto più felice di lui.
Noi abbiamo delle ideologie, noi condanniamo le persone prima ancora di averle ascoltate, abbiamo fabbricato dei pregiudizi, diventiamo sempre più incapaci di guardare la realtà così com'è', guardiamo la realtà attraverso le nostre teorie e così abbiamo perso lo sguardo del bambino che è capace di meravigliarsi. 
Così quest'incontro con Gesù ci aiuta a ritrovare lo sguardo del bambino, ma a volte abbiamo paura di Gesù, abbiamo paura che Lui ci domandi di lasciare delle cose che noi vorremmo conservare. 
Bisogna ritrovare il senso profondo del Vangelo, di Gesù che ci chiama all' amore e che ci dà l'amore, e l'amore è un rischio. Siamo pronti a rischiare?

Jean Vanier -



Buona giornata a tutti. :-)








mercoledì 20 settembre 2017

L'amore evangelico (in noi si dovrà trovare tutto) - Madeleine Delbrel

In noi si dovrà trovare tutto
il bicchiere d'acqua, il cibo per chi ha fame,
tutto il vero cibo per tutti i veri affamati,
tutti i veri cibi e tutti i veri mezzi per distribuirli,
l'alloggio per i senza tetto,
il pellegrinaggio alle carceri ed agli ospedali,
la compassione per le lacrime, quelle che si devono versare insieme
e quelle di cui occorrerebbe eliminare le cause,
l'amicizia per ogni peccatore,
per coloro che sono malvisti,
la capacità di mettersi al livello di tutte le piccolezze,
di lasciarsi attrarre da tutto ciò che non conta,
e tutto avrà il suo orientamento, la sua pienezza, nella parola "fraterno".
Infatti i nostri beni, se diventano i beni degli altri, saranno il segno della nostra vita donata per gli altri, come assimilata di diritto alla loro, e che, in realtà, non deve più far parte dei nostri interessi.
Il cristiano che vivrà in questo modo nella città, sperimenterà con tutto il suo essere la forza dell'amore evangelico. 
La realtà di questo amore risplenderà in torno a lui come una evangelizzazione e in lui come una illuminazione.
Sperimenterà che agire è illuminare, ma anche essere illuminati, sperimenterà che, se pregare è lasciarsi fare da Dio, è però anche imparare a compiere l'opera di Dio.
Un cristiano simile renderà grazie, perché tutti i suoi gesti diventeranno l'espressione di un amore che non conosce né limiti né eccezioni, un amore del quale soltanto Cristo ha detto agli uomini che lo devono e ricercare e donare.


Madeleine Delbrel
da: "Indivisibile amore", Piemme 1994, p. 155


Il cristiano davanti a Dio non è un "privilegiato", un capitalista di Dio: è lui, anzi, che appartiene a Dio come a tutti gli uomini.
Non è neppure un capitalista di virtù umane: molti uomini possono essere umanamente più virtuosi di lui.
Un cristiano è "caricato" - nel senso in cui lo si dice di una pila elettrica - di una vita. 
Questa vita gli è donata da Dio per il mondo, è un dono fatto da Dio al mondo attraverso di lui.
La redenzione di Cristo non è stata affidata ai cristiani come a persone perfette, ma come a uomini che si sanno peccatori, chiamano il peccato con il suo nome, cercano di evitarlo, ma riconoscono il male che commettono. 
Sono uomini che, sapendosi contagiati dal male come tutti e come tutti chiamati a guarirne, hanno la consapevolezza che le loro sofferenze portano a compimento nel mondo la redenzione di Cristo e immettono nel mondo la guarigione da lui portata.
I cristiani nel mondo sono "conduttori" - nel senso di un filo elettrico - di ciò che il mondo non può cavar fuori da sé.
E quanto più i cristiani hanno una forte "carica" per il mondo, tanto più sono predestinati al mondo. 
La loro croce normale è una tensione spinta al massimo tra la loro intima appartenenza al mondo e la loro funzione, che li situa nel cuore del mondo, ma da "stranieri" nel mondo.

- Madeleine Delbrel - 
Fonte:  "Indivisibile amore. Pensieri di una cristiana controcorrente", di Madeleine Delbrel, Piemme Editore


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 3 settembre 2017

L'uomo nel pozzo - don Bruno Ferrero

Un uomo cadde in un pozzo da cui non riusciva a uscire.

Una persona di buon cuore che passava di là disse: "Mi dispiace davvero tanto per te. Partecipo al tuo dolore".

Un politico impegnato nel sociale che passava di là disse: "Era logico che, prima o poi, qualcuno ci sarebbe finito dentro".
Un pio disse: "Solo i cattivi cadono nei pozzi".

Uno scienziato calcolò come aveva fatto l'uomo a cadere nel pozzo.

Un politico dell'opposizione si impegnò a fare un esposto contro il governo.

Un giornalista promise un articolo polemico sul giornale della domenica dopo.

Un uomo pratico gli chiese se erano alte le tasse per il pozzo.
Una persona triste disse: "Il mio pozzo è peggio!".
Un umorista sghignazzò: "Prendi un caffè che ti tira su!".
Un ottimista disse: "Potresti star peggio".
Un pessimista disse: "Scivolerai ancora più giù".

Gesù, vedendo l'uomo, lo prese per mano e lo tirò fuori dal pozzo.

Il più grande bisogno del mondo...
Un po' più di gentilezza e un po' meno avidità,
Un po' più dare e un po' meno pretendere;
Un po' più sorrisi e un po' meno smorfie;
Un po' meno calci a chi è steso per terra;
Un po' più "noi" e un po' meno "io";
Un po' più risate e un po' meno pianti;
Un po' più fiori sulla strada della vita;
e un po' meno sulle tombe.


 - don Bruno Ferrero -
da: "A volte basta un raggio di sole", Ed. Ellecidì



Io penso che sarebbe molto più educato chiedere: "come stai", solo quando si è veramente interessati alla risposta, solo quando si sa di avere un po' di tempo a disposizione per ascoltare l'altra persona.



Sono convinto che dobbiamo smetterla di parlare al mondo. 
E' il mondo che deve parlare di noi se ci amiamo, se ci stimiamo, se ci vogliamo bene, se non ci feriamo a vicenda, se cominciamo a farci gli affari degli altri, se il carcerato, l'ammalato, l'affamato trova in noi un volto amico. Se abbiamo il coraggio di dare un nome e un cognome al peccato che nasce da dentro.

- Ernesto Olivero - 
da: Per una chiesa scalza, pag. 93



Buona giornata a tutti. :-)