C’è una parola chiave che caratterizza
quest’arco dell’anno liturgico, e attorno alla quale noi articoliamo abilmente
i contenuti dell’annuncio cristiano: attesa.
E’ come una bambola russa: ad aprirla, cioè,
ne trovi un’altra: vigilanza.
Se apri anche questa, ci trovi dentro speranza.
E così via, fino a
giungere alle più interessanti sottospecie della stessa famiglia. Messe tutto
allo scoperto, queste bambole riempirebbero un tavolo di buoni sentimenti.
E’ un gioco bellissimo di implicazioni e di
esplicazioni, che ci fa vedere quanto sia esteso il fronte su cui deve
esprimersi la nostra conversione in questo periodo che ci prepara al Natale.
Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera.
Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza.
Dopo aver meditato i testi biblici, sarebbe interessante sedersi attorno al
tavolo con la gente e chiedere, per ogni bambola russa, il nome delle altre
successivamente racchiuse. Ne verrebbe fuori un campionario di atteggiamenti
interiori davvero interessante che, proprio perché elaborato da un processo
critico, potrebbe essere assunto con più facilità come telaio ascetico su cui
disegnare il cammino dell’avvento.
Ma, con questa procedura, si rimane ancora un
po’ troppo dalla parte dell’uomo. Si dà troppo l’impressione, cioè, che
l’avvento costituisca un espediente ciclico che, con le sue risorse, ci stimola
a ricentrare la vita sul piano morale, e basta.
Senza dubbio, tutto questo non è sbagliato.
Però si corre il rischio di trasformare l’avvento in una specie di palestra
spirituale, in cui si pratica l’allenamento intensivo alle buone virtù.
La qual
cosa resta sempre un’esercitazione eccellente, ma dà un’immagine riduttiva di
questo grande momento di grazia.
Occorre allora guardare le cose anche dalla
parte di Dio. Sì, perché anche in cielo oggi comincia l’Avvento, il periodo
dell’attesa. Qui sulla terra è l’uomo che attende il ritorno del Signore. Nel
cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo.
E’ una visione prospettica splendida, che ci
fa recuperare una dimensione meno preoccupata degli aspetti morali della vita
cristiana e più interessata a cogliere il disegno divino di salvezza.
Forse si potrebbe ripetere anche qui il gioco
delle bambole russe. Visto che anche per Dio la parola chiave dell’avvento
è attesa: ma quali ulteriori parole si potrebbero
successivamente trovare l’una all’ interno dell’altra? Si può provare a
indicarne due, cogliendo l’anima dei testi biblici proclamati: salvezza e pace.
La parola salvezza evoca il
progetto finale di Dio, così come viene abbozzato nelle prime letture e nel
salmo responsoriale. I popoli che salgono al monte del Signore e che esultano
finalmente dinanzi a Gerusalemme esprimono il trasalimento di Dio, che vede
raccolte attorno a sé tutte le genti, nello stadio finale del Regno. Attese
irresistibili di comunione. Solidarietà con l’uomo. Bisogno di comunicargli la
propria vita. Disponibilità a un perdono senza calcoli. Questo sono i
sentimenti di Dio, così come ci viene dato di coglierli nella filigrana delle
letture bibliche.
Oggi è impossibile, durante la liturgia, non
rifarsi alla tenerezza del Padre, alle sue sollecitudini, alle sue ansie per il
ritorno a casa di ogni figlio. Viene in mente l’espressione della parabola del
figlio prodigo: «Mentre era ancora lontano, il padre lo vide (Lc 15,20). Di qui
l’avvio della speranza in ognuno di noi. Coraggio, «la notte è
avanzata, il giorno è vicino. La nostra salvezza è più vicina ora di quando
diventammo credenti»
Di qui anche l’avvio dell’impegno. Che cosa fare per
non deludere le attese del Signore? Quali sono le «opere delle tenebre» che
bisogna gettare, e quali le «armi della luce» di cui bisogna rivestirsi?
Non si potrebbe oggi fare, magari con
opportuni silenzi, una sorta di check-up, individuale e collettivo, in fatto di
comunione? Forse si torna ancora al prontuario dei buoni atteggiamenti morali,
ma stavolta come galassia di impegni, affinché la gioia di Dio sia completa.
La parola pace evoca, invece
tutta una serie di percorsi obbligati per poter giungere alla salvezza.
Oggi non bisogna lasciarsi sfuggire
l’occasione della concretezza, per dire senza frasi smorzate che pace,
giustizia e salvaguardia del creato sono il compito primordiale di ogni
comunità cristiana. Che attingere a piene mani alla riserva utopica del Vangelo
è l’unico realismo che oggi ci venga consentito. Che osare la pace per fede,
sfidando il buon senso della carne e del sangue, è la prova del nove sul
credito che sappiamo esprimere a favore della parola del Signore. Che la non
violenza attiva deve divenire criterio irrinunciabile che regola tutti i
rapporti personali e comunitari.
La lettura non tollera interpretazioni di
comodo. Se noi cristiani permetteremo l’ingrandirsi degli arsenali delle spade
e delle lance a danno dei depositi dei vomeri e delle falci, non risponderemo
alle attese di Dio.
Così pure, se non sapremo leggere in termini
fortemente critici le esercitazioni dei popoli nell’arte della guerra,
sviliremo Isaia, estingueremo la nostra carica profetica, e difficilmente,
nella notte di Natale, potremo accogliere l’esplosione dello «shalom»,
annunciato dagli angeli agli uomini che Dio ama (Lc 2,14).
+ don Tonino Bello, Vescovo
[Antologia degli Scritti, Vol. 6, pg.
222-225]
Altro Natale:
culle
insanguinate
senza lacrime di madri,
pianti sconsolati di fame
senza latte, senza pace,
senza ninne nanne.
Altro Natale
non con il piccolo presepe
tra gente semplice, fedele,
ma su strade d'asfalto,
tra l'urlo dei motori
nel brivido della morte violenta.
Altro Natale
senza compassione
dove Tu, Dio,
vuoi nascere ancora
per amare con cuore d'uomo.
Vieni, non mancare,
perché c'è sempre Lei ad aspettarti
in mezzo a noi:
la Povera,
la Vergine,
la Madre.
- Madre Anna Maria Cànopi -
Buona giornata a tutti. :-)