domenica 18 dicembre 2016

Racconto di Natale - Paulo Coelho

Racconta una leggenda che, nel paese che oggi conosciamo come Austria, d’abitudine la famiglia Burkard (composta da un uomo, una donna e un bambino) ravvivava le feste natalizie recitando poesie, cantando ballate di vecchi trovatori, e facendo giochi di prestigio che divertivano tutti quanti. Logicamente, non avanzavano mai soldi per comprare regali, però l’uomo diceva sempre a suo figlio:
-Lo sai perché il sacco di Babbo Natale non rimane mai vuoto, con tutti i bambini che ci sono nel mondo? Perché, quantunque sia pieno di giocattoli, alle volte bisogna che consegni anche alcune cose più importanti che son chiamati “regali invisibili”. Ad una famiglia divisa porta armonia e pace nella notte più santa dell’anno cristiano. Dove manca amore, deposita un seme di fede nei cuori dei bambini. Dove il futuro sembra oscuro e incerto, porta la speranza. Nel nostro caso, quando Babbo Natale viene a recarci visita, il giorno seguente tutti ci sentiamo contenti per essere ancora in vita e per poter svolgere il nostro lavoro, che è quello di rendere felici le persone. 
E questa cosa non dimenticarla mai.
Il tempo passò, il bambino si trasformò in un ragazzo, ed un tal giorno la famiglia passò davanti all’imponente abbazia di Melk, che era appena stata costruita. Il giovane Buckard voleva restare lì.
I genitori compresero e rispettarono il suo desiderio. Bussarono alla porta del convento chiedendo che accettassero il loro figlio come novizio.
Arrivò la vigilia di Natale e, giustamente in questo giorno, ebbe luogo in Melk un miracolo molto speciale:
La Madonna, portando il Bambino Gesù tra le braccia, decise di scendere sulla Terra per visitare il monastero.
Senza poter mascherare il proprio orgoglio, tutti i religiosi composero una lunga fila ed ognuno di loro andava a prostrarsi davanti alla Vergine cercando di rendere omaggio alla mamma ed al bambino.
Al fondo della fila, il giovane Buckard attendeva ansioso. I suoi genitori erano persone semplici, e solo gli avevano insegnato a lanciare in alto palline per fare con esse alcuni giochi di prestigio.
Quando venne il suo turno, gli altri religiosi volevano mettere fine agli omaggi, dal momento che il prestigiatore non aveva nulla di importante da dire, ed avrebbe potuto danneggiare l’immagine del convento. Ciò nonostante, nel suo profondo, anche lui sentiva una forte necessità di offrire a Gesù ed alla Vergine qualcosa di sé stesso.
Provando vergogna, subendo lo sguardo recriminatorio dei suoi confratelli, estrasse alcune arance dalle sue tasche e cominciò a lanciarle verso l’alto per muoverle di continuo, creando un bel cerchio nell’aria.
Fu solo allora che  il Bambino Gesù incominciò ad applaudire di gioia nel grembo di Nostra Signora. E fu solo a questo ragazzo che la Vergine Maria gli stese le braccia e gli permise di tenere in braccio per un poco di tempo al Bambino, che non smetteva di sorridere.
La leggenda termina raccontando che, a causa di questo miracolo, ogni duecento anni, un nuovo Buckhard bussa alla porta di Melk, ed è ammesso ad entrare, e mentre sosta all’interno possiede il dono di rallegrare l’animo di tutti quelli che lo conoscono.

- Paulo Coelho - 
(Tratto da una storia medioevale)





C’è un’attesa che consuma, inaridisce, rende cupi e ricurvi. E c’è un’attesa che spalanca il cuore, più perdura più rende longanimi, saggi e innamorati. Tra le due c’è una differenza non da poco: la presenza nell’assenza. Mi spiego: quando scorgiamo che l’Amato è già presente nella nostra attesa di lui. O meglio, quando capiamo che è lui l’anelito più bello della nostra attesa, qualcosa cambia. Lui è qui, nella nostra stessa attesa di lui. L’attesa allora non ci esaurisce, ma ci ricarica; non ci spegne, ma ci fa ardere di continuo sapendo che «adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rm 13,11). Beato chi vive l’attesa così. Il suo Ad-Dio alla vita sarà, non sarà una morte, ma un entrare nella vita, sarà l’ingresso dell’Amata nella stanza nuziale. «Ora lascia, o Signore,…».

- Robert Cheaib - 



...La sollecitudine per la bellezza della casa di Dio e la sollecitudine per i poveri di Dio sono inseparabili tra loro. L'uomo non ha bisogno soltanto di ciò che è utile, ma anche di ciò che è bello; non solo di una propria casa, ma anche della vicinanza di Dio e dei segni che l'attestano. Là dove Dio viene onorato, anche il nostro cuore è rischiarato...
La bellezza, della quale è stato circondato il bimbo di Betlemme, è destinata a tutti gli uomini ed è necessaria a noi tanto quanto il pane. Chi sottrae qualcosa di bello al Bambino, per convertirla in qualcosa di utile, costui non arreca vantaggio, ma provoca danno; spegne quella luce, via la quale anche qualsiasi calcolo o stima diventano futili e freddi. Certo, se vogliamo unirci al pellegrinaggio dei secoli che vuole offrire le cose più belle di questo mondo al Re appena nato, non dobbiamo però anche dimenticare che egli vive ancora in stalle, nelle prigioni e nelle favelas, e che noi non lo onoriamo davvero, se ci rifiutiamo di andarlo a cercare in quei luoghi. Ma questa consapevolezza non deve obbligarci a finire tra le braccia di una "dittatura dell'utile", che disprezzi la gioia e dogmatizzi una serietà opprimente...


JOSEPH RATZINGER - da "Gottes Angesichts suchen" -



Come popolo di Dio in cammino verso la piena rivelazione del Signore Gesù, ci rivolgiamo al Padre con fiducia, dicendo insieme: 
Dona la salvezza, Signore.
Alla Chiesa che ha la missione di illuminare le genti: 
Agli uomini che camminano nelle tenebre: 
Agli anziani che attendono la tua venuta: 
A chi è nel dubbio e invoca la luce dello Spirito: 
A chi ti offre la propria vita con generosità e gratuità: 
Al povero che mette la sua speranza in te: 
Alle persone che amano senza chiedere la ricompensa: 
Ai malati che collaborano con te alla redenzione del mondo: 
Ai bambini nati in quest'anno: 
A chi pretende di averti conosciuto a sufficienza: 
A chi non riconosce Gesù come tuo figlio: 
A chi è ormai stanco di aspettare un segno da te: 
A chi pensa di poter vivere anche senza di te:

Padre santo, che nel tuo Figlio ci hai dato la salvezza e la via per giungere a te, aiutaci a rivelare al mondo con la nostra vita, tutto l'amore che hai per l'umanità. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.


Buona giornata a tutti. :-)






sabato 17 dicembre 2016

Er Presepio – Trilussa

Ve ringrazio de core, brava gente,
pé ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa ? Si poi v’odiate,
si de st’amore non capite gnente…
Pé st’amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto,senza ascolto.
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore 
è cianfrusaja che nun cià valore.

- Trilussa -



Nel tempo liturgico dell'Avvento ci prepariamo a rivivere il mistero della nascita del Redentore: evento così antico e pur sempre misteriosamente nuovo. E' antico perchè affonda le sue radici nell'eterno disegno di Dio. Sempre nuovo, perchè, sprigiona, di generazione in generazione, la sua inesauribile energia redentrice nell'attesa del ritorno di Cristo.

San Giovanni Paolo II, papa






 In fondo la scelta dell'angelo di annunciare ai pastori l'evento della nascita rivela quella tendenza che si ritrova ampiamente in tutto il Vangelo di Luca, dove i primi destinatari della buona notizia sono gli emarginati, gli ultimi, quelli che si trovano alla periferia religiosa e sociale. 



- Bruno Maggioni - 
da: “Meditazioni sul Vangelo di Luca”, Ed. Messaggero




Essi connettono la gloria di Dio «nel più alto dei cieli» con la pace degli uomini «sulla terra». La Chiesa ha ripreso queste parole e ne ha composto un intero inno. 
Nei particolari, però, la traduzione delle parole dell’angelo è controversa. 

Il testo latino a noi familiare veniva reso fino a poco tempo fa così: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà».
Questa traduzione viene respinta dagli esegeti moderni - non senza buone ragioni come unilateralmente moralizzante. 
La «gloria di Dio» non è una cosa che gli uomini possono produrre («Sia gloria a Dio»). La «gloria» di Dio c’è, Dio è glorioso, e questo è davvero un motivo di gioia: esiste la verità, esiste il bene, esiste la bellezza. 
Queste realtà ci sono - in Dio - in modo indistruttibile.
Più rilevante è la differenza nella traduzione della seconda parte delle parole dell’angelo. 
Ciò che fino a poco tempo fa veniva reso con «uomini di buona volontà» è espresso ora, nella traduzione della Conferenza Episcopale Tedesca, con «Menschen seiner Gnade» (uomini della sua grazia).
Nella traduzione della Conferenza Episcopale Italiana si parla di «uomini, che egli ama».
Allora, però, ci si interroga: quali sono gli uomini che Dio ama? Ce ne sono anche alcuni che Egli non ama? 
Non ama forse tutti come creature sue? Che cosa dice dunque l’aggiunta: «che Dio ama»? Ci si può rivolgere una simile domanda anche di fronte alla traduzione tedesca. 
Chi sono gli «uomini della sua grazia»? 
Esistono persone che non sono nella sua grazia? E se sì, per quale ragione?
La traduzione letterale del testo originale greco suona: pace agli «uomini del [suo] compiacimento».
Anche qui rimane naturalmente la domanda: quali uomini sono nel compiacimento di Dio? E perché? 
Ebbene, per la comprensione di questo problema troviamo un aiuto nel Nuovo Testamento. Nella narrazione del battesimo di Gesù, Luca ci racconta che, mentre Gesù stava in preghiera, il cielo si aprì e venne una voce dal cielo che diceva: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22). L’uomo del compiacimento è Gesù. Lo è, perché vive totalmente rivolto al Padre, vive guardando verso di Lui e in comunione di volontà con Lui.


- papa Benedetto XVI -





I regali più costosi e preziosi non si chiamano "phone " "gioielli" o "automobile".
Si chiamano " Tempo", "Amore"e "Vita".



Da qualche anno si ripete il solito stupido disegno di cancellare le nostre tradizioni natalizie, in particolare quello più caratteristico: il presepe. 
Non mancano presidi o insegnanti che con una grande dose provocatoria, impediscono ai propri studenti anche a quelli non cattolici, di poter giovarsi del messaggio universale di pace del Santo Natale. 
Per la verità a cancellare totalmente il Natale ci aveva pensato Erode, con il suo metodo radicale, ora ci provano in tanti modi i fautori del “multiculturalismo”, della “libertà”, della “democrazia”, alla fine la scusa è quella di non “offendere” lo “zero-virgola” di alunni islamici presenti nelle scuole. 

Buona giornata a tutti. :-)






venerdì 16 dicembre 2016

La leggenda dell’abete di Natale

In un remoto villaggio di campagna, la Vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa. 
Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l’oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. 
Per giunta incominciò a cadere una fitta neve. Il ragazzo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.
Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete. Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco; l’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino. 
La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, poté con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani. Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la piana aveva piegato fino a terra, aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.
In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato come simbolo del Natale e, da allora, in tutte le case, viene addobbato e illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.

Fonte non specificata



La Verità che regge il mondo intero
è sorta dalla terra perché 
fosse sorretta da mani di donna.

- Sant’Agostino -

Guido Reni - 'San Giuseppe con Gesù Bambino' - 1635
San Pietroburgo - Hermitage




Il primo tabernacolo

"E Maria diede alla luce il suo figliuolo e lo fasciò e lo pose a giacere in una greppia".
La stalla fu la prima chiesa e la greppia il primo tabernacolo, dopo il seno purissimo di Maria. Ogni cosa può diventare un ostensorio del suo amore. Anzi, le più umili, le più spregiate ne rispettano meglio il mistero, lasciandone trasparire e conservandone il divino incanto.

- don Primo Mazzolari - 




...Rinfrancate i vostri cuori”. Il cammino verso la Grotta di Betlemme è un itinerario di liberazione interiore, un’esperienza di libertà profonda, perché ci spinge ad uscire da noi stessi e ad andare verso Dio che si è fatto a noi vicino, che rinfranca i nostri cuori con la sua presenza e con il suo amore gratuito, che ci precede e ci accompagna nelle nostre scelte quotidiane, che ci parla nel segreto del cuore e nelle Sacre Scritture. 
Egli vuole infondere coraggio alla nostra vita, specialmente nei momenti in cui ci sentiamo stanchi e affaticati e abbiamo bisogno di ritrovare la serenità del cammino e sentirci con gioia pellegrini verso l’eternità...

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia del 16 dicembre 2010




Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 15 dicembre 2016

La leggenda della Stella di Natale -

Era la sera di Natale, in fondo alla cappella, Lola, una piccola messicana, in lacrime pregava: “Per favore Dio mio, aiutami! Come potrò dimostrare al bambino Gesù che lo amo? Non ho niente, neanche un fiore da mettere a piedi del suo presepe”.
D’un colpo apparve una bellissima luce e Lola vide apparire accanto a lei il suo angelo custode. “Gesù sa che lo ami, Lola, lui sa quello che fai per gli altri. Raccogli solo qualche fiore sul bordo della strada e portalo qui.” disse l’angelo.
“Ma sono delle cattive erbe, quelle che si trovano sul bordo della strada” rispose la bambina.

“Non sono erbe cattive, sono solo piante che l’uomo non ha ancora scoperto quello che Dio desidera farne.” disse l’angelo con un sorriso .
Lola uscì e qualche minuto più tardi entrò nella cappella con in braccio un mazzo di verdure che depositò con rispetto davanti al presepe in mezzo ai fiori che gli altri abitanti del villaggio avevano portato.
Poco dopo nella cappella si senti un breve sussurro, le erbe cattive portate da Lola si erano trasformate in bellissimi fiori rossi, rosso fuoco.

Da quel giorno le stelle di Natale in Messico sono chiamate “Flores de la Noce Buena”, fiori della Santa Notte.



Nel 1825 Joel Poinsett, ambasciatore americano in Messico, riportò in America semi di Stelle di Natale e le fece conoscere in tutto il mondo!


Annunciare la Speranza non significa intingere le parole nella melassa, scambiando il sale con lo zucchero.

È terribile annunciare la Speranza perché prima occorre aiutare a riconoscere la disperazione del mondo.
È terribile la notizia buona della Misericordia perché esige il previo riconoscere la nostra miseria.
Cioè guardare in faccia la realtà e, sulla base di quanto detto a Mose', nessuno può guardarla senza, in qualche modo, morire.

La grazia suppone una condanna. La speranza un futuro perduto.

La speranza non ha bisogno del futuro.
Ha bisogno dell'Eterno.
Apre una strada in mezzo al mare.
"Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente"

- Franca Negri - 



A chi credere?

Ma come si fa a crederti,
se il canto degli angeli
è disturbato dai ragli dell'asino,
se la puzza e il fetore della stalla
impedisce il profumo del cielo?
Il canto meraviglioso degli angeli
è coperto dalle parole sgangherate dei pastori!
Non so a cosa credere!
Crederò al sorriso di un Bimbo,
che invita ed accoglie i rifiutati
per essere l'Emmanuele,
il Dio con noi, il Pastore...

- Giuseppe Impastato S. I. - 


Buona giornata a tutti. :-)








mercoledì 14 dicembre 2016

L'occhio del falegname - don Bruno Ferrero

C'era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l'assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola: "Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra".
Un altro intervenne: "Non possiamo tenere fra noi sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca".
"Fratel Martello - protestò un altro - ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E' urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!".
"E i Chiodi? SI può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano. E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d'essere sembra quella di graffiare il prossimo!".
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l'espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall'arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L'uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa che dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.

Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla.
Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. 
Per accogliere la Vita.

Dio ci guarda con l'occhio del falegname.

- don Bruno Ferrero -
da: “Cerchi nell'acqua”, Ed. Elledicì


La mangiatoia .....il bue e l’asino..... diventerebbe in certo qual modo l’arca dell’alleanza, in cui Dio, misteriosamente custodito, è in mezzo agli uomini, e davanti alla quale per «il bue e l’asino», per l’umanità composta di Giudei e gentili, è giunta l’ora della conoscenza di Dio.
Nella singolare connessione tra Isaia 1,3; Abacuc 3,2; Esodo 25,18-20 e la mangiatoia appaiono quindi i due animali come rappresentazione dell’umanità, di per sé priva di comprensione, che, davanti al Bambino, davanti all’umile comparsa di Dio nella stalla, arriva alla conoscenza e, nella povertà di tale nascita, riceve l’epifania che ora a tutti insegna a vedere.
L’iconografia cristiana già ben presto ha colto questo motivo. Nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all’asino.

- Papa Benedetto XVI - 
Da: “ L’infanzia di Gesù”,2012



Dal vostro Santo Natale, o Dio-Bambino, abbiamo appreso tre grandi lezioni. Abbiamo imparato che non c'è pace in Terra senza di Voi. Che l'autentico uomo di buona volontà non è colui che ama l'uomo per l'uomo, ma colui che lo ama per amor Vostro. E che la vostra Pace include la cessazione di tutte le lotte tranne la vostra incessante e gloriosa guerra contro il Demonio e i suoi alleati, il mondo e la carne.

- Plinio Correa de Oliveira - 


Buona giornata a tutti. :-)








martedì 13 dicembre 2016

I due asinelli - don Bruno Ferrero

Alla grotta di Betlemme arrivarono arrancando, anche due asinelli.
Erano stanchi e macilenti. 
Le loro groppe erano spelacchiate piagate dai pesanti sacchi che il mugnaio loro padrone, caricava quotidianamente e dai colpi di bastone che non risparmiava. 
Avevano sentito i pastori parlare del Re dei Re venuto dal Cielo ed erano accorsi anche loro. Seguirono quella stella e davanti alla grotta, rimasero a contemplare il Bambino. 
Lo adorarono, pregarono come tutti e misero ai Suoi piedi,  come dono l’unica cosa che avevano: la loro vita. E i loro dolori, le loro pene... 
All’uscita li attendeva lo spietato mugnaio e i due asinelli ripartirono a testa bassa, con il pesante basto sulla groppa. “Non serve a niente”, disse uno, “ho pregato il Messia che mi togliesse il peso e non lo ha fatto”. 
“Io invece”, ribatté l’altro, che trotterellava con un certo vigore, “gli ho chiesto di darmi la forza di portarlo!”.

E se qualcuno ti dice: “La vita è dura”, chiedigli: “In confronto a che cosa?”.

- don Bruno Ferrero - 


Dio ha scelto di nascere in una famiglia umana, che ha formato Lui stesso. L’ha formata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero Romano. Non a Roma, che era la capitale dell’Impero, non in una grande città, ma in una periferia quasi invisibile, anzi, piuttosto malfamata. [...] 
Ebbene, proprio da lì, da quella periferia del grande Impero, è iniziata la storia più santa e più buona, quella di Gesù tra gli uomini!  

- Papa Francesco -
(Udienza Generale in Piazza San Pietro)


Il Presepe può infatti aiutarci a capire il segreto del vero Natale, perché parla dell’umiltà e della bontà misericordiosa di Cristo, il quale "da ricco che era, si è fatto povero" (2 Cor 8,9) per noi. 
La sua povertà arricchisce chi la abbraccia e il Natale reca gioia e pace a coloro che, come i pastori a Betlemme, accolgono le parole dell’angelo: "Questo per voi il segno: un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12). 
Questo rimane il segno, anche per noi, uomini e donne del Duemila. Non c’è altro Natale. 

- papa Benedetto XVI - 



Riposate, Signore, nel vostro poverissimo quanto augustissimo presepio, sotto lo sguardo della Vergine, vostra Madre, che riversa su Voi i tesori ineffabili del suo rispetto e della sua tenerezza. 
Mai una creatura adorò con così profonda e rispettosa umiltà il suo Dio. 
In nessun tempo un cuore materno amò più affettuosamente suo figlio. Reciprocamente, mai Dio amò tanto una mera creatura. 
E in nessun momento un figlio amò tanto pienamente, tanto interamente, tanto sovrabbondantemente sua madre. 
Tutta la realtà di questo sublime dialogo di anime può essere racchiusa in queste parole, che indicano qui un intero oceano di felicità e che, in un'occasione ben diversa, avreste detto un dì dall'alto della Croce: "Madre, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre. 
E, considerando la perfezione di questo reciproco amore, tra Voi e vostra Madre, sentiamo il cantico angelico che si innalza dalle profondità di ogni anima cristiana: "Gloria a Dio nel più alto dei Cieli, e pace in Terra agli uomini di buona volontà" .

- Plinio Correa de Oliveira -






Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 12 dicembre 2016

preghiera alla Madonna di Guadalupe

Successe, si legge nel Nican Mopohua, che un indio, di nome Juan, un povero uomo del popolo, e nativo di Cuauhtidlan, un sabato si mise in cammino di buon’ora verso Città del Messico per andare a imparare la dottrina cristiana. Nell’attraversare il piccolo valico di Tepeyac, sul picco sentì un canto meraviglioso di moltissimi uccelli. Pieno di meraviglia, a quell’uomo sembrò di essere in Paradiso. E quando di colpo il canto cessò, e ci fu silenzio, si sentì chiamare da dietro il masso: “Juanito, Juanito Diego”. Pieno di gioia si diresse dove proveniva la voce e vide una bella Signora in piedi che gli diceva di avvicinarsi. Arrivatole davanti si accorse della sua soprannaturale statura: i suoi vestiti splendevano come il sole; e dalla roccia su cui Lei stava provenivano raggi luminosi.

Juan Diego si prostrò e la sentì parlare, gradevolmente, gentilmente come di persona che gli voleva bene e lo stimava molto. Ella gli disse: “Juanito, mio piccolo figlio, dove vai? Le rispose: “Signora e Ragazza mia, sto andando in città a casa tua, per imparare le cose di Dio che ci insegnano i nostri sacerdoti, rappresentanti del Signore”.

Io sono la Vergine Maria, Madre del Dio Vero che dà la vita
E la Santissima Vergine fece sapere a Juan qual’era la sua volontà: “Sappi e tieni presente che tu sei il più piccolo dei miei figli e Io sono la Vergine Maria, Madre del Dio Vero che dà la vita; del Creatore degli uomini ai quali sta sempre vicino, del Padrone del Cielo e Signore del mondo. Desidero vivamente che in questo luogo mi venga costruita una Chiesa, dove far vedere e dare tutto il mio amore, la mia pietà, il mio aiuto e la mia protezione; perchè io sono davvero la vostra Madre piena di compassione, tua e di tutti voi che vivete uniti in questa terra, e di tutti gli altri uomini che mi amano, m’invocano, mi cercano e confidano in me; qui raccoglierò le loro lacrime, consolerò la loro tristezza, avrò cura e porrò rimedio alle loro pene, miserie e ai loro dolori”.

Dopo di che, Nostra Signora gli ordinò di presentarsi al Vescovo Fra’ Juan de Zumárraga, per comunicargli il suo desiderio e concluse: “E sta sicuro che apprezzerò e ripagherò ciò che farai, perché ti renderò felice e meriti che io ricompensi il lavoro e la fatica che dovrai affrontare per far realizzare quello che ti ho chiesto. Hai udito bene il mio comando, figlio mio; va’ e mettici tutto il tuo impegno”.

Ma il buon indio non fu creduto quando rivelò al Prelato ciò che la Vergine gli aveva chiesto. E molto triste tornò alla valle di Tepeyac per riferire l’insuccesso della sua ambasciata e chiedere alla Vergine Santissima di inviare al posto suo qualcun altro che fosse all’altezza del compito: una persona importante e rispettata alla quale sicuramente avrebbero dato credito. Invece si sentì rispondere:

“Ascolta, figlio mio, tieni presente che sono molti i miei servitori e messaggeri ai quali avrei potuto affidare questo messaggio e che avrebbero obbedito, ma è stato deciso che proprio tu debba portare avanti questo compito e darti da fare per realizzare la mia volontà”.

Confortato e incoraggiato, Juan Diego offrì nuovamente la sua disponibilità a presentarsi al Vescovo e così fece il giorno dopo. Dopo essere stato interrogato, anche questa volta non fu creduto. Frate Juan gli chiese un segno sicuro per credere ch’era stato incaricato dalla Regina del Cielo. Juan Diego tornò di nuovo alla Vergine a Tepeyac per riferirLe com’era andato l’incontro con il Vescovo e la Signora gli promise che il giorno seguente gli avrebbe dato un segno inconfutabile.
Ma il giorno dopo, Juan Diego non si presentò dal Vescovo, perché tornando a casa quella sera trovò suo zio Bernardino morente. Cercò un medico, ma non c’era più niente da fare. Trascorse la giornata e alla sera suo zio chiese un sacerdote per confessarsi e morire in grazia. All’alba del martedì, Juan Diego si mise in cammino, e vicino al valico di Tepeyac, decise di girare al largo per non incontrare la Signora. Nella sua ingenuità pensava che se si fosse attardato con Lei non avrebbe fatto in tempo a cercare un sacerdote per suo zio.


Ma la Vergine, andandogli incontro, incominciò con lui un dialogo affascinante, trasmessoci con tutta la sua freschezza dal Nican Mopohua, dicendogli: “Che ti succede, figlio mio? Dove stai andando?

Juan Diego, confuso e pieno di timore, rispose al saluto, chiedendoLe: “Ragazza mia, piccola figlia mia, Signora mia, stai contenta. Come ti sei svegliata? Stai bene, o Signora mia e Ragazza mia?”.

E in tutta umiltà spiegò che aveva trascurato di eseguire l’incarico ricevuto. Dopo aver sentito il discorso di Juan Diego, la pietosissima Vergine rispose:

Non sono qui Io, tua Madre?
“Ascolta e ricordati, figlio mio, che quello che ti spaventa e ti affligge non conta; non si turbi il tuo cuore; non aver paura di questa malattia e di qualsiasi altra malattia o angustia. Non sono qui Io, tua Madre? Non sei forse sotto la mia ombra e protezione? Non sono io la tua salute? Non stai sul mio cuore e fra le mie braccia? Di che cos’altro hai bisogno?

Conosciamo lo svolgimento della storia: il miracolo delle rose fiorite in cima al valico che poste dalla Vergine nella cappa di Juan Diego furono portate a Fra’ Juan de Zumárraga, come prova delle apparizioni; e come, Juan Diego aprendo la sua rozza cappa, vi vide comparire la meravigliosa immagine, non dipinta da mano d’uomo, che ancora oggi si conserva e si venera.

Anche allo zio di Juan, che guarì miracolosamente, apparve la Vergine Santissima che gli chiese di andare anche lui a incontrare il Vescovo per rivelare quello che aveva visto e il modo miracoloso con cui era stato guarito; e che la sua benedetta immagine doveva essere chiamata la sempre Vergine Maria di Guadalupe.

Juan Diego visse fino a settanta quattro anni, dopo aver abitato quasi per tre lustri vicino alla prima cappella costruita per dare culto a Santa Maria di Guadalupe. Morì nel 1548, come il Vescovo Fra’ Juan de Zumárraga. Il 31 luglio del 2002 fu canonizzato.

In poco tempo la devozione alla Vergine di Guadalupe si estese prodigiosamente. Questa devozione così radicata nel popolo messicano costituisce un fenomeno senza paragoni; la sua immagine la si vede in tutti i luoghi e milioni sono i pellegrini che con grande fede depongono le loro intenzioni ai piedi dell’immagine miracolosa nella Villa di Città del Messico. In tutta l’America e in molti altri paesi del mondo si invoca con fervore Colei che per singolare privilegio, in nessun altro caso certificato, lasciò il suo ritratto come pegno del suo amore.




Madonna di Guadalupe, prega per noi

Vergine Immacolata di Guadalupe, 
Madre di Gesù e Madre nostra, 
vincitrice del peccato e nemica del Demonio,
Tu ti manifestasti sul colle Tepeyac in Messico 
all'umile e generoso contadino Giandiego. 
Sul suo mantello imprimesti la Tua dolce Immagine 
come segno della Tua presenza in mezzo al popolo 
e come garanzia che avresti ascoltato le sue preghiere 
e addolcito le sue sofferenze. 
Maria, Madre amabilissima, 
noi oggi ci offriamo a te e consacriamo 
per sempre al tuo Cuore Immacolato 
tutto quanto ci resta di questa vita, 
il nostro corpo con le sue miserie, 
la nostra anima con le sue debolezze, 
il nostro cuore con i suoi affanni e desidèri, 
le preghiere, le sofferenze, l'agonia. 
O Madre dolcissima, ricordati sempre dei tuoi figli. 
Se noi, vinti dallo sconforto e dalla tristezza, 
dal turbamento e dall'angoscia, 
dovessimo qualche volta dimenticarci di te, allora, 
Madre pietosa, per l'amore che porti a Gesù, 
ti chiediamo di proteggerci come figli tuoi 
e di non abbandonarci fino a quando non saremo giunti al porto sicuro, 
per gioire con Te, con tutti i Santi, 
nella visione beatifica del Padre. Amen. 
Salve Regina 


Madonna di Guadalupe, prega per noi



Santa Maria, 
che con il titolo di Nostra Signora di Guadalupe 
sei invocata come Madre dagli uomini e dalle donne 
del popolo del Messico e dell'America Latina, 
incoraggiati dall'amore che ci ispiri, 
riponiamo nuovamente nelle tue mani materne la nostra vita.

Tu che sei presente in questi giardini vaticani, 
regina nel cuore di tutte le madri del mondo 
e nel nostro cuore. 
Con grande speranza, a te ricorriamo e in te confidiamo.

Ave Maria, 
piena di grazia, 
il Signore è con te. 
Tu sei benedetta fra le donne 
e benedetto è il frutto del seno tuo, Gesù. 
Santa Maria, 
Madre di Dio, 
prega per noi peccatori, 
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.

Nostra Signora di Guadalupe 
prega per noi.

papa Benedetto XVI -11 Maggio 2005


Buona giornata a tutti. :-)