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venerdì 15 gennaio 2016

Tipo Uno: Il perfezionista - Helen Palmer

Sono i classici “bravi bambini”, hanno imparato ad assumersi le responsabilità e a comportarsi bene in presenza degli altri. 
I loro valori sono la rettitudine, una fiera indipendenza e la convinzione che il buon senso e la bontà possano prevalere sui lati oscuri della natura umana. 
Il piacere viene all’ultimo posto dopo i doveri. I desideri sono stati accantonati già nell’infanzia spostando l’attenzione sulla cosa giusta da fare. C’è sempre da migliorare, si sforzano di essere sempre all’altezza delle richieste di perfezione. 
Essere perfetti richiede un alto grado di rinuncia e un rigido controllo interno. La continua rinuncia li porta ad un livello di pressione che esprime il risentimento tenendo nascosta la rabbia profonda. 
Comportarsi bene è un’ossessione. 
Molti hanno dovuto assumersi responsabilità prematuramente adulte e quindi non sono in contatto con ciò che vogliono veramente; sono dotati, però, di un’enorme sensibilità. 
La rabbia e il dolore derivano dal fatto che i loro bisogni non sono mai stati presi in considerazione. 
E’ molto doloroso essere criticati dagli altri perché si criticano già da sé: si raffrontano continuamente a modelli irraggiungibili. 
Sono inclini a percepire critiche anche là dove non esistono: in questo caso, la cosa migliore, è verificare realisticamente le vere opinioni altrui.
Nell’infanzia l’amore era il premio per un comportamento corretto e ciò fa credere agli Uno di non poter essere amati se sono imperfetti. 
Nascono quindi conflitti, in età adulta, che lo svelarsi dei loro lati cattivi metterà in fuga il compagno.

Gli Uno sono educatori responsabili, votati all’eccellenza, sanno insegnare ed apprezzare il meglio; sono zelanti nel fare chiarezza e nel cercare di trasmettere informazioni precise.


Fattori di crescita: alleggerire la severità dei modelli interiori, imparare a chiedere e a ricevere piacere.

Sintesi del libro "L'enneagramma la geometria dell'anima che vi rivela il vostro carattere" di Helen Palmer, Edizioni Astrolabio




Se un uomo vuole occuparsi incessantemente di cose serie e  non abbandonarsi ogni tanto allo scherzo, senza accorgersene, diventa pazzo o idiota.

- Erodoto -




Nutrite l’anima perché la fame la trasforma in una belva che divora cose che non tollera e da cui resta avvelenata.
Amici miei, saggio è nutrire l’anima, per non allevarvi draghi e diavoli in seno.

- Carl Gustav Jung - 




Chi può essere più felice di un topino nel formaggio...?!
Un uccellino in una fetta di pane, un cuore lieto nel suo pezzetto di cielo.


- Maria Savasta - 



Buona giornata a tutti. :-)

martedì 1 dicembre 2015

Guarigione (2) - Anselm Grün -

2. Riconciliazione con se stessi
Il primo e nello stesso tempo il più difficile compito della nostra «umanizzazione» consiste nel riconciliarci con noi stessi. 
La condizione per realizzare questo compito è la fiducia di essere accolti da Dio incondizionatamente. 
La pacificazione con me stesso ha diversi aspetti. 
Anzitutto mi devo rappacificare con la storia della mia vita. Sono diventato così come sono. 
Non posso far sì che la mia nascita ritorni nuovamente al punto di partenza. Non posso far finta che le mie ferite non siano avvenute. 
Far la pace con se stessi significa dire di sì alle ferite e alle offese che abbiamo ricevuto nel corso della vita. 
Molte persone rimangono per tutta la vita dei querelanti. Accusano i genitori di averli feriti. Rifiutano di prendersi la responsabilità della propria vita. 
Ma in questo modo non riescono mai a trovare la pace con se stessi. Preferiscono soffrire invece di rappacificarsi con se stessi e con la storia della propria vita. 
Fa parte della riconciliazione con la propria storia di vita anche la riconciliazione con il proprio corpo, così come esso è diventato. 
Incontro molti cristiani che mi assicurano di sentirsi bene accolti da Dio, ma questa fede nell’accettazione da parte di Dio non va tanto in profondità nel loro cuore, così che possano accogliere se stessi anche nel proprio corpo. 
Sono così fortemente condizionati dalle immagini esterne di come dovrebbe essere il loro corpo, che respingono se stessi come sono realmente cresciuti. Non riescono ad accettare il proprio volto, perché sarebbe troppo banale, non abbastanza bello, non corrisponde ai canoni attuali della bellezza. 
Si arrabbiano perché sono troppo grassi, tentano di nascondere le gambe e preferirebbero non mostrarsi mai così come sono. 
Talvolta questo odio verso il proprio corpo si manifesta nell’anoressia o nella bulimia. 
Ildegarda di Bingen sostiene che l’anima dovrebbe rallegrarsi di abitare nel nostro corpo. Ma molti cristiani non hanno interiorizzato questo atteggiamento di santa Ildegarda. 
Si vergognano – come si racconta del filosofo greco Plotino – di essere nel loro corpo. 
Ci vuole un amore umile per il proprio corpo. 
Devo coscientemente accettarlo volentieri, affinché la mia anima vi si senta a suo agio. Un altro aspetto della riconciliazione con se stessi esige la pacificazione con i propri lati oscuri. Lo psicoterapeuta svizzero Karl Gustav Jung ha coniato il concetto di «ombra». Intende con ciò tutto quello che abbiamo escluso dalla nostra sfera cosciente. Jung concepisce la persona umana come un essere «polarizzato». 
Abbiamo sempre due poli: amore e aggressività, ragione e sentimento, disciplina e indisciplina, virilità e femminilità. 
Ogni volta che accentuiamo troppo uno dei poli, l’altro cade nell’ombra e di là agisce distruttivamente sulla nostra vita. 
Quando reprimiamo i nostri sentimenti, spesso finiscono per esternarsi in un sentimentalismo, in cui siamo sopraffatti dalle emozioni e non sappiamo più come trattare con esse. 
San Benedetto esige dal monaco l’umiltà, humilitas. Questa virtù consiste nel discendere nel regno delle nostre ombre, nell’accettare la condizione terrena e nel pacificarsi con i nostri lati oscuri. 
Tale pacificazione non significa semplicemente lasciarli sfogare. 
Devo soltanto prenderli sul serio: vogliono che si presti loro attenzione e allora sono soddisfatti. Invece quanto più li si combatte, tanto più intervengono in modo sgradevole, spesso in reazioni spropositate oppure in sogni che procurano ansia. Ancora più difficile è riconciliarsi con le nostre colpe. 
Possiamo perdonarci solo perché Dio ci ha perdonato. 
Ma è necessario far scorrere la fede nel perdono divino anche in tutti i sensi di colpa e i rimproveri che ci facciamo per i nostri sbagli. 
Molti affermano di credere nel perdono da parte di Dio, ma continuano a rinfacciarsi di aver fatto questo o quell’errore. 
Non riescono a perdonare se stessi per il fatto di aver commesso certe colpe. Spesso i sensi di colpa li dilaniano anche su cose di cui non hanno colpa alcuna. 
Una donna continuava a rimuginare sensi di colpa per il fatto di non essere stata presente nell’istante in cui la madre era morta, benché per molti anni si fosse presa cura di lei. 
Far pace con le proprie colpe e con i sensi di colpa richiede che mi distacchi dall’illusione di poter andare in giro per tutta la vita con una veste candida. Che lo voglia o no, mi macchio di qualche colpa. 
Dobbiamo per forza ricorrere al perdono di Dio, per poter perdonare a noi stessi. Ma spesso in noi c’è un giudice spietato, il nostro Super-io, che continuamente ci giudica quando non obbediamo alle norme che abbiamo appreso dai nostri genitori. 
Riconciliazione significa gettare giù dal trono questo giudice spietato e credere alla misericordia di Dio. 
Su questo punto ci può aiutare la meditazione sulle parole della Prima Lettera di Giovanni: «Se anche il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1Gv 3,20). 
La riconciliazione con me stesso non avviene mai una volta per sempre. 
È un processo che dura per tutta la vita: in me scopro continuamente aspetti che non posso accettare bene. Quindi sono di nuovo sfidato a dire di sì a quello che vorrei ben volentieri far finta di non vedere. 
Si richiede una grande umiltà per guardare i propri lati oscuri e metterli davanti a Dio, perché disturbano l’immagine di noi stessi che ci siamo costruiti e perché ci mettono a confronto con la nostra vera realtà. 
Ma è la verità che ci farà liberi, come Gesù ci ha già promesso (Gv 8,32). 
(.....continua)

- Anselm Grün - 
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach (Germania)



Chi non riesce a dire di no si ammala.
Molti vivono al di sopra delle proprie forze oppure al di sopra delle loro relazioni.
Ma, a un certo punto, si rendono conto di aver perduto il proprio centro.
Solo chi conosce i propri limiti e i propri confini può anche oltrepassarli ogni volta per andare incontro all'altra persona e incontrarla davvero.

- Anselm Grün - 

Da: “Il senso del limite - Impulsi spirituali per riuscire a incontrarci”,Grün Anselm, Robben , Ramona,Queriniana Edizioni - 9/2015



Chi ha gli occhi purificati da Dio può salire dalla bellezza del mondo a quella di Dio. E vede la bellezza del mondo nella luce della bellezza di Dio. 


- Anselm Grün - 
da:  Bellezza 





Siamo tutti sulla stessa barca sotto l'incessante diluvio del tempo.
- Carlo Cassola - 



Buona giornata a tutti. :-)










lunedì 9 novembre 2015

Guarigione - Anselm Grün -

Introduzione
Molte persone si ammalano perché hanno dentro di sé qualcosa che si è spaccato. 
La spaccatura si ripercuote spesso sul corpo. 
Essere sano significa essere intatto, integro, essere pacificato con tutto quello che c’è in me.
Ci sono forme di spiritualità, nel passato come pure nel presente, che ci fanno ammalare. 
Chi si identifica con ideali elevati, corre sempre il pericolo di lasciar da parte la propria realtà. Ciò che non si vuole ammettere in se stessi viene rimosso o represso. Ma non possiamo rimuovere la nostra realtà impunemente: essa si ripercuoterà negativamente sull’anima, oppure si riverserà sul corpo come malattia. 
Nella Bibbia la guarigione avviene allorquando Gesù tocca i malati. 
Questi devono mettere davanti a Cristo la loro vera situazione, affinché la sua forza sanante possa scorrere sulle loro ferite e le possa trasformare. 
Gesù non è un mago divino che fa sparire d’incanto le nostre malattie. 
Solo quando ci mettiamo di fronte alla nostra realtà, ci rendiamo conto delle ferite che sono in noi e le presentiamo coscientemente a Cristo, solo allora la guarigione è possibile. 
Una via di guarigione è mettersi di fronte alle nostre ferite; l’altra via consiste nel fare pace con noi stessi. Questa pacificazione non è un’autoguarigione, ma è piuttosto una risposta alla fiducia di essere accolti da Dio incondizionatamente.
In questo articolo vorrei prendere in considerazione la seconda via di guarigione: la riconciliazione con me stesso, con Dio e con gli altri.

1.     Il concetto di riconciliazione
Riconciliazione è un concetto centrale nella teologia di san Paolo. 
Nella Seconda Lettera ai Corinzi, Paolo afferma che Dio «ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2Cor 5,18). 
Paolo parte dalla premessa che gli uomini si sono alienati da se stessi e in tal modo hanno perduto anche il contatto con Dio. 
In Gesù Cristo, Dio ha preso l’iniziativa e nella sua morte in croce ha colmato l’abisso che separava gli uomini da Dio e da se stessi. 
In Gesù, Dio si è avvicinato agli uomini ed è giunto fino all’ultima solitudine e abbandono. Là, sulla croce, ha tolto via la più profonda alienazione dell’uomo con se stesso e con Dio.
La riconciliazione è dunque un agire di Dio su di noi. Ma tocca a noi rispondere a questa azione di Dio, dicendo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20).
È necessario che noi stessi collaboriamo, affinché in noi possa compiersi la riconciliazione.

La parola latina reconciliatio significa originariamente il ristabilimento di amicizia, una rappacificazione. 
Il verbo corrispondente reconciliare significa: rimettere in ordine, ristabilire, unire nuovamente, rendere di nuovo sano, rappacificare. 
Il significato originario intende dunque far capire che Cristo, mediante la sua morte in croce ha ricondotto gli uomini all’amicizia con Dio, dal quale si erano allontanati. 
Riconciliazione significa quindi anche che sappiamo trattare noi stessi in modo amichevole, che consideriamo nostro amico tutto ciò che è in noi. 
Molti esseri umani non hanno una relazione né con Dio, né con se stessi. 
La riconciliazione significa che finalmente riescono a prendere contatto con se stessi e solo allora diventano capaci anche di entrare in relazione con gli altri e con Dio.
(... continua) 

- Anselm Grün -
scrittore, terapeuta, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach (Germania)



Ti auguro che, nel giorno del tuo compleanno, tu possa riconoscere una cosa: “Io sono benedizione per gli altri: sì, proprio io! Sono consapevole dei miei errori e delle mie debolezze. Posso però riconoscere, senza superbia e con immensa gratitudine, che nella vita mi è stato concesso più volte di essere benedizione per gli altri”. 
Così potrai lodare con riconoscenza Dio per le benedizioni che in tante occasioni ha riversato su di te e perché ti ha dato di essere, a tua volta, una benedizione per gli altri. 
Gli altri potranno alimentarsi della tua presenza, della tua aura, delle parole che rivolgi loro e del modo in cui ti comporti nei loro confronti»

- Anselm Grün -



Chi ha gli occhi purificati da Dio può salire dalla bellezza del mondo a quella di Dio. E vede la bellezza del mondo nella luce della bellezza di Dio. 

Anselm Grün 
da: "Bellezza"




 Il fallimento e la fragilità delle relazioni sono un invito a costruire un buon rapporto con me stesso e con Dio. Esso ridimensionerà i miei desideri di un buon rapporto interpersonale, mettendoli nella giusta luce. 

Anselm Grün 
da: "Le questioni della vita"





Buona giornata a tutti. :-)




sabato 20 giugno 2015

Servire una comunità – Sant’ Ignazio di Antiochia, a Policarpo

Abbi l'ansia dell'unità;
niente è più importante di questo.
Porta pazienza con tutti
perché anche il Signore porta pazienza con te.
Prega incessantemente:
chiedi uno spirito di comprensione
maggiore di quello che hai.
Sii instancabile nella preghiera.
Crea il dialogo con il singolo come fa Dio.
Porta su di te i problemi di tutti, come un atleta:
dove c'è più sofferenza ci sarà più guadagno.
Se ami tanto chi è buono, non c'è da dirti grazie:
ma sono i più malati che devi curare con dolcezza.
Sei di carne e spirito per trattare con dolcezza i problemi
che percepisci:
i problemi che non percepisci cerca di capirli pregando.
Non impressionarti di chi sembrava fedele e poi tradisce:
sta saldo sotto i colpi come fa l'incudine.
E' proprio di un atleta resistere sotto i colpi.
E' soprattutto in vista di Dio che bisogna
che sopportiamo tutti, affinché anche Lui sopporti noi.
Diventa più zelante di quello che sei.
Nulla si faccia senza la tua approvazione.
Ma tu non far nulla senza quella di Dio.

- Sant’ Ignazio di Antiochia -



Il nostro mondo si è stancato dell’avidità, dello sfruttamento e della divisione, del tedio di falsi idoli e di risposte parziali, e della pena di false promesse. Il nostro cuore e la nostra mente anelano ad una visione della vita dove regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità, e dove l’identità sia trovata in una comunione rispettosa.

Papa Benedetto XVI
Molo di Barangaroo di Sydney

Giovedì, 17 luglio 2008




Bisogna vivere con noi stessi come con un popolo intero: allora si conoscono tutte le qualità degli uomini, buone e cattive. 
E se vogliamo perdonare gli altri, dobbiamo prima perdonare a noi stessi i nostri difetti. 
E' forse la cosa più difficile: [...] sapersi perdonare i propri difetti e i propri errori. 
Il che significa anzitutto saperli generosamente accettare.

- Etty Hillesum -




Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 6 aprile 2015

La pianta della pazienza

Un uomo duramente provato dalla vita, il quale aveva saputo mantenere sempre integra la sua serenità e il suo coraggio, sentendo avvicinarsi la fine chiamò intorno a sé i figlioli, le nuore, i nipoti e i pronipoti e disse loro:
"Voglio svelarvi un segreto. Venite con me nel frutteto."
Tutti lo seguirono con curiosità e tenerezza, poiché sapevano quanto il vecchio amasse le piante.
Con le poche forze rimaste e rifiutando ogni aiuto, l'uomo cominciò a zappare in un punto preciso, al centro del verziere.
Apparve un piccolo scrigno. Il vecchio lo aprì e disse:
"Ecco la pianta più preziosa di tutte, quella che ha dato cibo alla mia vita e di cui tutti voi avete beneficiato."
Ma lo scrigno era vuoto e la pianticella che l'uomo teneva religiosamente fra le dita era una sua fantasia.
Nonostante tutto nessuno sorrise , proseguì l'uomo :
"Prima di morire, voglio dare ad ognuno di voi uno dei suoi inestimabili semi. "
Le mani di tutti si aprirono e finsero di accogliere il dono e l'uomo continuò a dire:
"E' una pianta che va coltivata con cura, altrimenti s'intristisce e chi la possiede ne è come intossicato e perde vigore. Affinché le sue radici divengano profonde, bisogna sorriderle; solo col sorriso le sue foglie diventano larghe e fanno ombra a molti. Infine, i suoi rami vanno tenuti sollevati da terra; solo con l'aiuto di molto cielo diventano agili e lievi a tal punto da non farsi nemmeno notare."
Il vecchio tacque.
Passò molto tempo ma nessuno si mosse.
Il sole stava per tramontare, quando il figlio maggiore rispose per tutti loro:
"Grazie, padre, del tuo bellissimo dono; ma forse non abbiamo capito bene di che pianta si tratti."
rispose l'uomo :
"Sì che lo avete capito. Mentre mi ascoltavate e mi stavate intorno, ognuno di voi ha già dato vita al piccolo seme che vi ho consegnato.
E' la Pianta della Pazienza."

“Non scoraggiarti, non lasciarti prendere dallo sconforto dinanzi alle mille tribolazioni della vita. Riconosci in ogni sofferenza, in ogni difficoltà una nuova opportunità di crescita.“ 

- Piero Gribaudi - 

da:  "Il libro della saggezza interiore. 99 storie intorno all'uomo" di Piero Gribaudi




Può sembrare difficile da mettere in pratica, ma è stato ampiamente dimostrato che un “atteggiamento positivo” nei confronti della vita, il cosiddetto "pensiero positivo" o la filosofia del "bicchiere mezzo pieno", è utile per tenere in buona salute il sistema immunitario, oltre ad essere vantaggioso nei rapporti sociali.
Bisogna riconoscere che siamo costituiti da un'unità inscindibile di corpo, anima e spirito e gestire la nostra salute attraverso un adeguato stile di vita.





”Per chi ha fatto esperienza di un padre troppo autoritario ed inflessibile, o indifferente e poco affettuoso, o addirittura assente, non è facile pensare con serenità a Dio come Padre e abbandonarsi a Lui con fiducia. Ma la rivelazione biblica aiuta a superare queste difficoltà parlandoci di un Dio che ci mostra che cosa significhi veramente essere “padre”.

- Papa Benedetto XVI - 




Buona giornata a tutti. :-)





domenica 29 marzo 2015

Ti chiediamo Signore Gesù - Cardinale Carlo Maria Martini -

Ti chiediamo, Signore Gesù,
di guidarci in questo cammino
verso Gerusalemme e verso la Pasqua.
Ciascuno di noi intuisce che tu,
andando in questo modo a Gerusalemme,
porti in te un grande mistero,
che svela il senso della nostra vita,
delle nostre fatiche e della nostra morte,
ma insieme il senso della nostra gioia
e il significato del nostro cammino umano.
Donaci di verificare sui tuoi passi
i nostri passi di ogni giorno.
Concedici di capire, 
in questa settimana che stiamo iniziando,
come tu ci hai accolto con amore,
fino a morire per noi,
e come l'ulivo vuole ricordarci
che la redenzione e la pace da te donate
hanno un caro prezzo,
quello della tua morte.
Solo allora potremo vivere nel tuo mistero
di morte e di risurrezione,
mistero che ci consente di andare
per le strade del mondo
non più come viandanti
senza luce e senza speranza,
ma come uomini e donne
liberati della libertà dei figli di Dio.

+ cardinale Carlo Maria Martini - 



L'unica speranza

Secondo Luca, nel Nome di Gesù, e in virtù di esso, si aprono tutte le Scritture, Israele viene glo­rificato e tutte le genti sono illuminate (Le 2,32). In effetti Gesù è il Messia secondo le tre parti delle Scritture, Mose, i Profeti e gli Scritti e questo pro­prio grazie a tre segni: egli è colui che «doveva sof­frire ed essere messo a morte» (cf Le 24,26). Egli è colui che «il terzo giorno doveva risorgere dai morti» (cf Le 24,46). Inoltre «deve essere annun­ciato a tutti i popoli come Salvatore» (cf Le 2,11; 24,47). I primi due segni sono già compiuti, solo il terzo rimane ancora aperto. Chi ascolta i tre segni, se si lascia convincere, è anch'egli reso responsabi­le nel portare avanti l'annuncio della buona noti­zia. Fino a quando il terzo segno non è realizzato la nostra fede cristologica è imperfetta. Lo spazio della Chiesa che deve compiere la sua missione fino ai confini della terra» scaturisce direttamente dalla confessione: Gesù è il Messia. Gesù è l'unica speranza.


- Benoìt Standaert -





 “Perdonare fa parte di quella particolare «economia» dell'amore che non calcola, ma dona, e proprio così moltiplica i suoi effetti.” 


- Gianfranco Ravasi -
da: “Grammatica del perdono”




Che cosa vuoi di più, o anima, e che cos'altro cerchi fuori di te, dal momento che dentro di te hai le tue ricchezze, le tue delizie, la tua soddisfazione, la tua sazietà e il tuo regno, che è il tuo Amato, che la tua anima desidera e cerca? 


+ Cardinale Carlo Maria Martini -






Buona giornata a tutti. :-)




sabato 28 marzo 2015

Chiamati insieme così come siamo - Jean Vanier -

Nelle comunità cristiane, Dio sembra compiacersi di chiamare insieme nella stessa comunità delle persone umanamente molto diverse, provenienti da culture, classi o paesi molto diversi. 
Le più belle comunità vengono giustamente da questa grande di­versità di persone e di temperamenti. 
Questo fatto obbliga ognuno a superare le sue simpatie e antipatie per amare l'altro con le sue diversità.
Queste persone non avrebbero mai scelto di vivere con le al­tre. Umanamente questa pare una sfida impossibile, ma è pro­prio perché è impossibile che abbiamo la certezza interiore che è Dio che le ha scelte per vivere in quella comunità. E allora l'impossibile diventa possibile. Esse non si appoggiano più sul­le loro proprie capacità umane o sulle loro simpatie, ma sul Pa­dre che le ha chiamate a vivere insieme. Egli darà loro a poco a poco quel cuore nuovo e quello spirito nuovo perché diventino tutte testimoni dell'amore. In effetti, più è umanamente impos­sibile, e più questo è un segno che il loro amore viene da Dio e che Gesù vive: "Tutti riconosceranno che siete miei discepoli dall'amore che avrete gli uni per gli altri" (Gv 13, 35).
Per vivere con lui, Gesù ha scelto, nella prima comunità degli apostoli, uomini profondamente diversi: Pietro, Matteo (il pub­blicano), Simone (lo zelota), Giuda... Non avrebbero mai cam­minato insieme se il Maestro non li avesse chiamati.
Non bisogna cercare la comunità ideale. 
Si tratta di amare quelli che Dio ci ha messo accanto oggi. Essi sono segno della presenza di Dio per noi. Avremmo forse voluto delle persone diverse, più allegre e più intelligenti. Ma sono loro che Dio ci ha dato, che ha scelto per noi. È con loro che dobbiamo creare l'unità e vivere l'alleanza.


- Jean Vanier - 
da: "La comunità luogo del perdono e della festa"




“Non di rado, nel mondo moderno, ci sentiamo perdenti. Ma l’avventura della speranza ci porta oltre. 
Un giorno ho trovato scritto su un calendario queste parole: «Il mondo è di chi lo ama e sa meglio dargliene la prova». 
Quanto sono vere queste parole! 
Nel cuore di ogni persona c’è un’infinita sete d’amore e noi, con quell’amore che Dio ha effuso nei nostri cuori, possiamo saziarla.”

+ card. François Xavier Nguyen van Thuân




"Come una sola sorgente può dare acqua a molti campi su una grande pianura, così la ricchezza di uno solo può salvare dalla miseria un gran numero di poveri, a meno che la parsimonia e l’avarizia di quest’uomo non faccia ostacolo, come un masso caduto nel ruscello ne cambia il corso. Non viviamo solo secondo la carne, viviamo secondo Dio."

- San Gregorio Nisseno -
 


"Carissimi, portate nel mondo digitale la testimonianza della vostra fede. Sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! 
A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito dell'evangelizzazione di questo continente digitale. sappiate farvi carico con entusiasmo dell'annuncio del Vangelo ai vostri coetanei" 

- papa Benedetto XVI -




Buona giornata a tutti. :-)