La paternità di Dio
L’uomo d’oggi non percepisce la bellezza, la
grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola «padre» con cui
possiamo rivolgerci a Dio nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi
non è sufficientemente presente, anche spesso non è sufficientemente positiva
nella vita quotidiana. L’assenza del padre, il problema di un padre non
presente nella vita del bambino è un grande problema del nostro tempo, perciò
diventa difficile capire nella sua profondità che cosa vuol dire che Dio è
Padre per noi.
Da Gesù stesso, dal suo rapporto filiale con Dio, possiamo
imparare che cosa significhi propriamente «padre», quale sia la vera natura del
Padre che è nei cieli.
Critici della religione hanno detto che parlare del
«Padre», di Dio, sarebbe una proiezione dei nostri padri al cielo. Ma è vero il
contrario: nel Vangelo, Cristo ci mostra chi è padre e come è un vero padre,
così che possiamo intuire la vera paternità, imparare anche la vera paternità.
Pensiamo alla parola di Gesù nel sermone della montagna dove dice: «amate i
vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli
del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45).
È proprio l’amore di Gesù, il
Figlio Unigenito - che giunge al dono di se stesso sulla croce - che ci rivela
la vera natura del Padre: Egli è l’Amore, e anche noi, nella nostra preghiera
di figli, entriamo in questo circuito di amore, amore di Dio che purifica i
nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura, dall’autosufficienza,
dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio.
- papa Benedetto XVI -
Catechesi dell’Udienza
generale, Piazza San Pietro, 23 maggio 2012
Ascolta, figlio: ti dico questo mentre stai
dormendo con la manina sotto la guancia e i capelli biondi appiccicati alla
fronte.
Mi sono introdotto nella tua camera da solo: pochi minuti fa, quando mi
sono seduto a leggere in biblioteca, un'ondata di rimorso mi si è abbattuta
addosso, e pieno di senso di colpa mi avvicino al tuo letto.
E stavo pensando a queste cose: ti ho messo
in croce, ti ho rimproverato mentre ti vestivi per andare a scuola perché
invece di lavarti ti eri solo passato un asciugamano sulla faccia, perché non
ti sei pulito le scarpe.
Ti ho rimproverato aspramente quando hai buttato la
roba sul pavimento.
A colazione, anche lì ti ho trovato in
difetto: hai fatto cadere cose sulla tovaglia, hai ingurgitato cibo come un
affamato, hai messo i gomiti sul tavolo. Hai spalmato troppo burro sul pane e,
quando hai cominciato a giocare e io sono uscito per andare a prendere il
treno, ti sei girato, hai fatto ciao ciao con la manina e hai gridato: «Ciao,
papino!» e io ho aggrottato le sopracciglia e ho risposto: «Su diritto con la
schiena!».
E tutto è ricominciato da capo nel tardo pomeriggio, perché quando
sono arrivato eri in ginocchio sul pavimento a giocare e si vedevano le calze
bucate. Ti ho umiliato davanti agli amici, spedendoti a casa davanti a me. Le
calze costano, e se le dovessi comperare tu, le tratteresti con più cura.
Ti
ricordi più tardi come sei entrato timidamente nel salotto dove leggevo, con
uno sguardo che parlava dell'offesa subita? Quando ho alzato gli occhi dal
giornale impaziente per l'interruzione sei rimasto esitante sulla porta.
"Che vuoi?", ti ho aggredito brusco. Tu non mi hai detto niente, sei
corso verso di me e mi hai buttato le braccia al collo e mi hai baciato e le
tue braccine mi hanno stretto con l'affetto che Dio ti ha messo nel cuore e
che, anche se non raccolto, non appassisce mai. Poi te ne sei andato
sgambettando giù dalle scale. Be', figlio, è stato subito dopo che mi è
scivolato di mano il giornale e mi ha preso un'angoscia terribile. Cosa mi sta
succedendo? Mi sto abituando a trovare colpe, a sgridare; è questa la
ricompensa per il fatto che sei un bambino, non un adulto?
Nient'altro per
stanotte, figliolo. Solo che son venuto qui vicino al tuo letto e mi sono
inginocchiato, pieno di vergogna.
E' una misera riparazione, lo so che non
capiresti queste cose se te le dicessi quando sei sveglio. Ma domani sarò per
te un vero papà. Ti sarò compagno, starò male quando tu starai male e riderò
quando tu riderai, mi morderò la lingua quando mi saliranno alle labbra parole
impazienti. Continuerò a ripetermi, come una formula di rito: «E' ancora un
bambino, un ragazzino!». Ho proprio paura di averti sempre trattato come un
uomo. E invece come ti vedo adesso, figlio, tutto appallottolato nel tuo
lettino, mi fa capire che sei ancora un bambino. Ieri eri dalla tua mamma, con
la testa sulla sua spalla. Ti ho sempre chiesto troppo, troppo.
- Livingstone Larned -
da: "Orme sul cuore" di Annalisa G. Romano
Dio, Papà
mio
Presenza potente
Presenza paziente
Presenza tenera
Presenza amante
La tua voce è
silenzio intenso
I tuoi doni sono campi fertili
Le tue prove sono baci violenti
I tuoi comandi proposte d'amore
Amore sconvolgente
Amore prepotente
Amore esigente
Amore tutto per me
Ti sono figlia e non
più sola
Sono l'amata e tu l'amante
Sono l'eletta e tu il Signore
Ti sono cara e tu il mio Amore
In te son morta
Con te restata
Per te risorta.
- Flavia Lucchini -
Buona giornata a tutti. :-)