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domenica 8 maggio 2016

La Madre, 1933 - Giuseppe Ungaretti -

E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra,
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua di fronte all’Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.


- Giuseppe Ungaretti - 
"Sentimento del tempo", 1933



"«Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola».
«Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma.
Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.
«Adesso non sono solo», pensò mentre l’abbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo».

«Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato l’abbraccio»"
- David Grossman - 
"L'abbraccio"





Ninna nanna per mia madre

Dormi, dormi, cara mamma,
dormono i tuoi nipoti dolci,
dormono, lavati, i piatti,
dorme fresco anche il bucato,
dormono le scale stanche
del mio nido di pietra,
dorme silenzioso il grillo
nel campanello della porta,
dorme la tua vecchia casa,
dorme, sotto terra, la vigna.
Dormi! E nel sogno, vicino al mare,
sentiti una ragazza,
e accanto ad una corda,
sentiti una bambina.
Rivediti ancor prima:
quando eri senza ricordi
una piccola piccina.
Dormi, madre mia incanutita,
dormi, madre mia amata!

- Grigore Vieru -
(1935-2009)

poeta moldavo, più volte candidato al Nobel per la Pace

Immagine: Claude Monet - "Camille Monet con bambino", 1875

Per le Mamme che ormai vivono solo nel cuore e nel ricordo


"Eri un roseto. Il fiato che si smorza
fu il tuo dono più tuo, estrema rosa.

Chi scrisse su una tomba “qui riposa”

non sa dove comincia la tua forza"


 - Maria Luisa Spaziani - 

"A mia madre", in : "Transito con catene", 1977


dipinto: Maternità - P. Picasso


La donna è la protezione e quasi la dimora di altre anime che in lei possono svilupparsi. Questa duplice funzione di compagna dell'anima e di madre delle anime, non è limitata agli stretti confini dei rapporti matrimoniali e materni, ma si estende a tutti gli esseri umani che entrano nel suo orizzonte 

- Edith Stein - 
La donna



O potente Madre di Dio e Madre mia Maria,
è vero che non sono degno neppure di nominarti,
ma Tu mi ami e desideri la mia salvezza.

Concedimi, benché la mia lingua sia immonda,
di poter sempre chiamare in mia difesa
il tuo santissimo e potentissimo nome,
perché il tuo nome è l’aiuto di chi vive e la salvezza di chi muore.

Maria purissima, Maria dolcissima, concedimi la grazia
che il tuo nome sia da oggi in poi il respiro della mia vita.
Signora, non tardare a soccorrermi ogni volta che Ti chiamo,
poiché in tutte le tentazioni e in tutte le mie necessità
non voglio smettere di invocarti ripetendo sempre: Maria, Maria.

Così voglio fare durante la mia vita
e spero particolarmente nell’ora della morte,
per venire a lodare eternamente in Cielo il tuo amato nome:
“O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”.

Maria, amabilissima Maria,
che conforto, che dolcezza, che fiducia, che tenerezza
sente l’anima mia anche solo nel pronunciare il tuo nome,
o soltanto pensando a Te!
Ringrazio il mio Dio e Signore che Ti ha dato per mio bene
questo nome così amabile e potente.

O Signora, non mi basta nominarti qualche volta,
voglio invocarti più spesso per amore;
voglio che l’amore mi ricordi di chiamarti ad ogni ora,
in modo tale da poter esclamare anch’io insieme a Sant’Anselmo:
“O nome della Madre di Dio, tu sei l’amore mio!”.

Mia cara Maria, mio amato Gesù,
i vostri dolcissimi Nomi vivano sempre nel mio ed in tutti i cuori.
La mia mente si dimentichi di tutti gli altri,
per ricordarsi solo e per sempre di invocare i vostri Nomi adorati.

Mio Redentore Gesù e Madre mia Maria,
quando sarà giunto il momento della mia morte,
in cui l’anima dovrà lasciare il corpo,
concedetemi allora, per i vostri meriti,
la grazia di pronunciare le ultime parole dicendo e ripetendo:
“Gesù e Maria vi amo, Gesù e Maria vi dono il cuore e l’anima mia”.

- Sant’Alfonso Maria de’ Liguori - 


Tantissimi Auguri a tutte le mamme del mondo! 
Il Signore Vi Benedica e Vi protegga sempre per quello che fate ogni giorno. 
Un pensiero speciale anche per le mamme che sono in Cielo. 
E una preghiera alla nostra Mamma Celeste!

- Stefania -


mercoledì 20 aprile 2016

Separazione-divorzio: una domanda a Padre Alberto Maggi

Volevo fare una domanda molto semplice, ma molto pratica. Lei ha parlato prima a lungo del concetto di comunione con Dio. Io sono divorziata, tornerò mai in comunione con Dio?

C’è un libro pubblicato qui da La Cittadella “A partire dai cocci rotti”, dove, insieme ad altri, tratto l’argomento. E’ un argomento dolorosissimo, questo. 
E’ un argomento delicato che andrebbe trattato con le dovute maniere e nella dovuta sede. Comunque, non sono un profeta, naturalmente, ma non ci vuole molto a dire “siate ottimisti, perché è questione di tempo e la legislazione della chiesa cattolica riguardo i divorziati cambierà!”
Perché oggi la chiesa si trova di fronte a una grande contraddizione alla quale non sa dare una risposta. 
La chiesa rivendica, giustamente, la capacità che il Signore le ha dato di perdonare ogni colpa; ebbene, oggi la chiesa si trova di fronte all’impossibilità di perdonare la colpa del divorzio.
Non solo, l’assurdo è che, mentre la chiesa può perdonare gli omicidi, non può perdonare i divorziati.
Tant’è vero che il consiglio che io do spesso a queste persone che hanno questi problemi è: “Ammazza il tuo ex, fallo ammazzare se non hai il coraggio. Con un buon avvocato ti farai uno o due anni, ma poi sei a posto!” 
Allora, possibile che sia più grave divorziare dal proprio coniuge che ucciderlo? Certo no. 
Quindi la chiesa si trova di fronte a queste situazioni. 
Le risposte che ha dato –perché lo sapete i divorziati risposati sono esclusi dalla comunione con Dio – a meno che ... A meno che hanno trovato – io non so da quale parte è venuto fuori .... Quel problema è sempre lì.
Il problema non è mai nel cervello, mai nel cuore, ma è sempre giù... nei genitali – 

A meno che non vivano come fratello e sorella. 
Io ho sempre avuto la curiosità di sapere che rapporto aveva con la sorella questo qui che ha detto questa cosa. E’ qualcosa di pazzesco.
Ma allora il problema è tutto lì? Il problema è collocato nei genitali?
Allora la chiesa, sapete, in passato, alle origini, non consentiva ai vedovi di risposarsi. Poi man mano la chiesa – pensateci su, la chiesa è cambiata – ha consentito di contrarre di nuovo matrimonio però, pensate, che fino al Concilio Vaticano II, nella liturgia del matrimonio dei vedovi risposati non c’era la benedizione per la sposa. “Oh, sei stata benedetta una volta, mica la vorrai di nuovo!”
Allora chiediamoci: tra un divorziato e un vedovo non c’è grande differenza, per uno il coniuge è vivo e per l’altro è defunto, ma quando l’altro ormai s’è rifatto una vita, ormai non c’è più. 

Perché costringere? 
Come dice Gesù, “perché mettete dei pesi che neanche voi siete capaci di sopportare?”.
Vedete, noi preti abbiamo fatto una scelta, quella del celibato, che viene chiamata “carisma”, cioè è un impegno da parte dell’uomo, ma è anche una risposta da parte di Dio. 
Perché, se questo è un impegno, a volte non facile, viene addossato a persone che non hanno scelto il celibato, ma hanno scelto una vita insieme? 
Perché mettere dei pesi che neanche noi vogliamo sopportare, e possiamo portare?
Allora la legislazione sui divorziati indubbiamente cambierà. 

E’ questione di tempo – purtroppo i tempi della chiesa sono biblici – ma ricordiamoci soltanto questo – e lo ricorderemo domani nell’Eucaristia: Gesù non si presenta come un premio, ma come un regalo.
Il premio dipende dalle condizioni e dai meriti di chi lo riceve, il regalo dalla generosità del donatore. 

Chi ha orecchie per intendere, intenda.

- Padre Alberto Maggi - 

AVVERTENZA: La risposta a questa domanda è stata data in modo colloquiale da P. Alberto Maggi durante una conferenza. Il testo non è stato ne riveduto,ne corretto.
























Con la benedizione del matrimonio, si riceve la forza per amarsi ed essere fedeli l'uno all'altra e in quanto sacramento, la grazia di portare su di sé i limiti e gli errori dell'altro come fossero i propri. 
Qualsiasi marito e qualsiasi moglie sbaglia a volte così come ogni madre a volte sbaglia col figlio. 
Non siamo onniscienti e onnipotenti: non vediamo tutti gli elementi, non possiamo controllare nemmeno quelli che vediamo e l'egoismo umano a volte gioca brutti scherzi inconsci anche nel cuore più adorabile. 
In altre parole, non siamo Dio e guai a chi venera idoli anche all'interno del matrimonio. Ma una volta che ci si rende conto di questo, una volta che Dio è messo sul trono, nel matrimonio entra un enorme potere, per cui gli errori e i peccati dei due che sono stati fatti uno, possono servire per la reciproca santificazione. 

- Gilbert Keith Chesterton - 




A me non piace la famiglia delle fiabe, quella dove tutti vivono felici e contenti. 
Mi piace la famiglia reale, basata sull’amore vero e imperfetto, con i suoi problemi , con i suoi alti e bassi. Dove non mancano i contrasti, ma c’è sempre la volontà di affrontarli e risolverli insieme. 
La famiglia basata sulla “presenza” dei genitori e sull’esempio che danno ai figli, che vale cento volte più delle belle parole e delle prediche. 
Mi piace la famiglia dove ciascuno fa qualche piccola rinuncia che non gli pesa, perché fatta con amore, per amore. 
Mi piace la famiglia unita dove il rispetto e la libertà consentono a tutti di esprimersi e di crescere liberamente. Dove l’unità significa anche diversità. Dove si vive bene insieme ma dove ciascuno ha i propri spazi. E soprattutto dove si respira amore, rispetto e comprensione reciproca. 

- Agostino Degas - 





Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 30 marzo 2016

Otto consigli sulla confessione offerti da san Francesco di Sales

Prima di realizzare una confessione, bisogna essere consapevoli di quello che diremo.
Come sappiamo, la confessione è il sacramento della Riconciliazione. 
Prima di confessarci, dobbiamo essere consapevoli di ciò che diremo, ovvero dobbiamo compiere uno sforzo per ricordare tutti i peccati commessi, sia volontariamente che involontariamente, nella nostra vita (esame di coscienza).
Occorre come ripercorrere la nostra vita alla luce della Parola di Dio, dei comandamenti dell’Amore di Dio, e non solo le cose avvenute dopo l’ultima confessione, ma anche quelle che non abbiamo detto per omissione o dimenticanza.

Ecco 8 buoni consigli lasciatici da un grande santo di Dio: san Francesco di Sales. Speriamo che siano di vostro aiuto.

1.- Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni e, se puoi, ogni volta fai la Comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli…
2.- Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.
3.- Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo meccanico, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. 
Ti spiego meglio il perché: dicendo questo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. 
Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza. Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; cerca di capire bene il motivo!
4.- Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ha spinto a commetterli.
5.- Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine.
6.- Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via. Dì se sei caduto molte volte in questa mancanza, perché la durata aumenta il peccato, perché c’è grande differenza tra una vanità passeggera e quella che si è stabilita nel nostro cuore da qualche tempo. Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!
7.- Bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.
8.- Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.
“La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato” 

- San Francesco di Sales - 
(1608). Introduzione alla vita devota. La santa confessione (capitolo XIX)




Cercate di fare bene oggi senza pensare al giorno seguente, poi, il giorno seguente, cercate di fare lo stesso. 

- San Francesco di Sales - 





“La tradizione vostra dei cappuccini è una tradizione di perdono”, ha esordito il Papa. E richiamando i Promessi Sposi di Manzoni, ha aggiunto: “Oggi ci sono tanti bravi confessori ed è perché si sentono peccatori come il nostro fra’ Cristoforo: sanno che sono grandi peccatori. Davanti alla grandezza di Dio chiedono: ascolta e perdona. Perché sanno pregare, così sanno perdonare”….
“Io – ha detto Francesco a braccio – vi parlo come fratello e in voi vorrei parlare a tutti i confessori in quest’anno della misericordia: il confessionale è per perdonare e se tu non puoi dare l’assoluzione per favore non bastonare”. La gente, infatti, “viene a cercare pace per la sua anima”, perciò è necessario “che trovi un padre che dia pace, e gli dica: Dio ti vuole bene…”.

- papa Francesco ai frati cappuccini -
Messa in Basilica Vaticana, 9 febbraio 2016


 Nei Vangeli si parla più di misericordia che di peccato e bisogna ritrovare l'idea che l'incontro sacramentale tra il presbitero e il penitente non è come quello che si attua in tribunale, ma ha un carattere intimo e raro come gli incontri di tenerezza e di amore.  

-fratel Michael Davide -
da: "Vivere il perdono"


Buona giornata a tutti. :-)












lunedì 28 marzo 2016

Poesia di Pasqua - Charles Singer -


E' Pasqua
Con te, Signore risorto,
prendo la strada della vita:
lascio la morte delle parole cattive
per aprirmi all'amicizia;
lascio l'oscurità delle bugie
per essere limpido e sincero;
lascio i pugni e le canzonature
e tendo la mano per chiedere perdono;
allontano l'egoismo dalle mie mani
e dal mio cuore;
credo in te, Signore della vita,
che hai sconfitto la morte.
Con te, Signore,
cammino già sulla strada della vita!
Con te, Signore risorto,
cammino su una strada di resurrezione!

- Charles Singer  - 

"Noi annunciamo la risurrezione di Cristo quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a chi è triste e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità. 

Con il nostro atteggiamento, con la nostra testimonianza, con la nostra vita, diciamo: Gesù è risorto! Lo diciamo con tutta l’anima."
- Papa Francesco -
lunedì dell'Angelo 2015


Un'alba a colori di gioia 

Oggi possiamo ancora dirci con gioia: Il Signore è risorto! 
È veramente risorto! Sono trascorsi due millenni da quando se lo dicevano le pie donne e gli apostoli, stupiti e ancora come in sogno, come chi piange e ride insieme davanti a una notizia incredibilmente bella.
Tu eri la Gioia nel cuore del Padre, la purissima gioia dell’essergli Figlio e sei venuto come sorriso divino a dissipare le nostre umane tristezze. 
Annunzio di gioia il tuo concepimento nel grembo verginale di Maria, evento di gioia la tua nascita a Betlemme, notizia di gioia il tuo evangelo. 
Prezzo di gioia fu la tua croce e gioia per sempre la tua resurrezione. 
Il Signore risorto ci comunica la sua vita, la sua pace, la sua gioia. 
Tutta la creazione ne è coinvolta, non soltanto l’uomo; tutti gli elementi del cosmo sono investiti dell’energia divina irrompente dal sepolcro di Cristo. In Cristo risorto tutto il mondo viene purificato. La gioia pasquale è il canto della vita nuova, della santità dei figli di Dio.
La gioia del Risorto è la fonte della nostra pace. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: - Pace a voi!- Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: - Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,19-22).
La scena è stupenda e commovente: Gesù appare ai discepoli riuniti insieme; li abbraccia con il suo sguardo, dà loro il saluto di pace, infonde in essi lo Spirito santo, fa vedere e toccare le sue piaghe, i segni della sua crocifissione. Entra attraverso le porte chiuse, anche quelle del loro cuore assorbito dalla tristezza e paralizzato dalla paura. Facendosi riconoscere ravviva in loro la fede e la speranza, suscitando grande gioia. Anche oggi Gesù è vivo e sta in mezzo a noi mostrandoci i segni del suo amore.
La gioia dei discepoli è la nostra gioia. 
È la gioia che fa ardere il cuore. … Due discepoli erano in cammino … Verso il tramonto il grande, infaticabile Pellegrino del mondo si accompagnò ai due discepoli sulla strada di Emmaus. 
Essi non avevano nella loro bisaccia che una pesante riserva di tristezza: egli subito la vide, vi mise sopra le mani per dissolverla, per far vedere che era roba vecchia da buttare via. 
E tanto vi riuscì che, arrivati ad Emmaus, invece di tristezza poterono offrire anche a lui pane di festa. Fu però soltanto quando egli scomparve che lo riconobbero e capirono donde veniva quell’ardore che andava crescendo nel loro cuore mentre lo ascoltavano. Questa sembra una storia di quel lontano giorno, invece è sempre la nostra attualità. 
La fede, infatti, conosce fin troppo la malinconia del “giorno che declina” e si tira dietro spesso una fiacca speranza. Il sostegno della presenza di quel Compagno di viaggio ci è indispensabile. Signore, con cuore di pellegrini, lungo le strade di questo mondo, aneliamo alla tua presenza di pace e di gioia. Dissetaci fin d’ora con quell’acqua viva che tu solo sai donare; diventeremo così, per altri assetati, fontane di villaggio per una sosta di pace e di ristoro.
Vieni incontro a noi lungo i sentieri dei nostri umani smarrimenti, entra a porte chiuse da noi e alita sui nostri volti la fragranza del tuo Spirito; allora vivremo anche noi da risorti, annunziando con gioia a tutti gli uomini che tu sei l’unico nostro Salvatore. 
Concedici di camminare sulle piste della fede con accesa nel cuore la stella della speranza come chi sa di andare sicuro verso l’aurora. Allora tu, radiosa stella del mattino, brillerai nell’intimo del nostro cuore e noi, figli della resurrezione, staremo in bianche vesti, con volti raggianti di gioia, alla tua gloriosa presenza esultando per il trionfo dell’ Amore.

- Madre Anna Maria Cànopi - 
Fonte:  Il vangelo della gioia, Paoline Editoriale Libri, Milano 2001



Buona giornata a tutti. :-)





































Buona giornata a tutti. :-)








domenica 27 marzo 2016

Solo quando avremo taciuto - don Tonino Bello -


Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d'amore!

E sentiremo i brividi della Pasqua.

- don Tonino Bello - 

Sieger Koder, Maria Maddalena al sepolcro aperto.

"Maria di Magdala, la donna che era rimasta ai piedi della croce con la Madonna, la domenica va di buon mattino al sepolcro, vede una persona che scambia per il giardiniere, poi lui si rivela: «“Donna - ci racconta Giovanni trascrivendo il dialogo fra il Signore e la sua discepola - perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria”. Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbuni”, che significa Maestro. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al padre”...».



Pietro e Giovanni corrono al sepolcro la mattina della Resurrezione
Eugène Burnand ,1898, Parigi, Musée d'Orsay

"Il mattino di Pasqua, Pietro e Giovanni - avvertiti dalle donne - corsero al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto; si avvicinarono e si chinarono per entrare nel sepolcro. Per entrare nel mistero bisogna chinarsi, abbassarsi. Il mondo propone di imporsi a tutti costi, di competere, di farsi valere… Ma i cristiani, per la grazia di Cristo morto e risorto, sono i germogli di un’altra umanità, nella quale cerchiamo di vivere al servizio gli uni degli altri, di non essere arroganti ma disponibili e rispettosi”.

- Papa Francesco - 



"Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede."

San Paolo di Tarso (5-10 d.C. - 64-67), Prima Lettera ai Corinzi 15,14



Venne allora una voce che diceva: "Aprite le porte!". 

- Vangelo di Nicodemo -




Preghiera per la Pasqua

Signore Gesù, risorgendo da morte hai vinto il peccato:
fa che la nostra Pasqua segni una vittoria completa sul nostro peccato.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai dato al tuo corpo
un vigore immortale:
fa che il nostro corpo riveli la grazia che lo vivifica.
Signore Gesù, risorgendo da morte hai portato la tua umanità in cielo:
fa che anch'io mi incammini verso il Cielo,
con una vera vita cristiana.
Signore Gesù, risorgendo da morte e salendo al Cielo,
hai promesso il tuo ritorno:
fa che la nostra famiglia sia pronta per
ricomporsi nella gioia eterna.

Così sia.


Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 21 marzo 2016

Lamenti del Signore -

Io per te ho flagellato l'Egitto e i primogeniti suoi
e tu mi hai consegnato per esser flagellato.
Popolo mio, che male ti ho fatto?
In che ti ho provocato? Dammi risposta.
Io ti ho guidato fuori dall'Egitto
e ho sommerso il faraone nel Mar Rosso,
e tu mi hai consegnato ai capi dei sacerdoti.
Io ho aperto davanti a te il mare,
e tu mi hai aperto con la lancia il costato
Io ti ho fatto strada con la nube,
e tu mi hai condotto al pretorio di Pilato
Io ti ho nutrito con manna nel deserto,
e tu mi hai colpito con schiaffi e flagelli.
Io ti ho dissetato dalla rupe con acqua di salvezza,
e tu mi hai dissetato con fiele e aceto.
Io per te ho colpito i re dei Cananei,
e tu hai colpito il mio capo con la canna
Io ti ho posto in mano uno scettro regale,
e tu hai posto sul mio capo una corona di spine.
lo ti ho esaltato con grande potenza,
e tu mi hai sospeso al patibolo della croce.



«Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti»
Isaia 53,2-5




...La Croce di Gesù è il segno supremo dell’amore di Dio per ogni uomo, è la risposta sovrabbondante al bisogno che ha ogni persona di essere amata. Quando siamo nella prova, quando le nostre famiglie si trovano ad affrontare il dolore, la tribolazione, guardiamo alla Croce di Cristo: lì troviamo il coraggio per continuare a camminare; lì possiamo ripetere, con ferma speranza, le parole di san Paolo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? 
Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,35.37)....

- Papa Benedetto  XVI -
dalla "Via Crucis del 06 aprile 2012"


La colomba di Pasqua 

La colomba è uno dei simboli pasquali per eccellenza tanto da essere diventata anche un dolce della tradizione italiana, con impasto molto simile a quello del panettone natalizio. Nel simbolismo cristiano, la colomba pasquale è segno di pace e fratellanza e sembra abbia origini molto antiche, non ben verificabili. Si narra che questo tipico dolce risalga al periodo medioevale quando i Barbari, sotto il comando del Re Alboino, scesero in Italia per conquistare Pavia. Un assedio di tre anni che terminò con la resa della città lombarda, il giorno della vigilia di Pasqua dell'anno 572. Quando Re Alboino entrò in città, gli andò incontro un artigiano che portava in dono quattro particolari pani a forma di colomba: essi piacquero tanto al Re che promise di rispettare la città (che elesse a capitale del Regno longobardo) e i suoi abitanti. Negli anni ‘30 del Novecento, fu il pubblicitario Dino Villani (che lavorava per la ditta Motta) ad avere l’idea di proporre un dolce per il periodo pasquale. La proposta fu di utilizzare l’impasto dei panettoni, sfruttando gli stessi macchinari già in uso e dando la forma di una colomba, rivestita di glassa all’amaretto e mandorle. Il dolce ebbe un grande successo e da allora è parte della nostra tradizione culinaria.



Buona giornata a tutti. :-)

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