Visualizzazione post con etichetta cardinale Giacomo Biffi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cardinale Giacomo Biffi. Mostra tutti i post

giovedì 9 aprile 2020

Lavanda dei piedi - papa Benedetto XVI e Giacomo Biffi

La sera del più gran dono d’amore è però anche la sera del tradimento. 
Non riusciremmo a cogliere tutto lo spessore del Giovedì Santo, se ci dimenticassimo que­st’ombra inspiegabile e tragica che incombe sull’ultima cena del Signore. 
L’evangelista Giovanni ce lo ricorda senza attenuazioni, dicendo che «mentre cenavano», «già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo» (Gv 13,2). Anche san Paolo nel suo racconto annota con cura che il grande regalo dell’Eucaristia è stato fatto da Gesù proprio «nella notte in cui venne tradito» (1 Cor 11,23).
Qui c’è per noi un richiamo serio e forte: questa è una storia d’amore, ma non è un romanzo rosa, rugiadoso e dolcificato. 
È una vicenda drammatica, che ci costringe a rievocare, insieme con la generosità del Signore, la tremen­da possibilità dell’uomo di rifiutarsi al suo Creatore.
Originariamente la parola «tradire» vuol dire conse­gnare.
Gesù si è lasciato consegnare ai suoi nemici, e ha voluto così patire – tra tutte le sofferenze – anche quella amara e pungente dell’ingratitudine e dell’infedeltà, inspie­gabile risposta dell’uomo alla sua iniziativa d’amore. Dob­biamo sempre temere di noi stessi, e, se pur ci pare di voler bene al Signore, non dobbiamo mai tralasciare di pregare con trepidazione perché ci sia concessa sino alla fine dei nostri giorni la grazia della perseveranza e di un cuore riconoscente.
Ma nello stesso momento in cui veniva consegnato ai suoi nemici, Gesù si consegnava anche ai suoi amici, si consegnava anche a noi, perché ogni giusta diffidenza verso noi stessi si rasserenasse nella certa persuasione dell’invincibile sua volontà di tenerci saldamente nel suo possesso e nella sua comunione. 
Nonostante la nostra debolezza, nonostante la nostra pericolosissima volubilità, noi siamo e restiamo di Cristo, come Cristo è di Dio: così ci dice il cibo eucaristico di cui ci nutriamo.
Anche se grande e sempre ritornante è la nostra propensione a smarrirci, l’Eucaristia ci assicura che le pecore del gregge del Signore – in virtù di questo alimento di salvezza, della assidua presenza del loro Pastore, del sacrificio redentivo che è perennemente efficace – «non andranno mai perdute» e «nessuno le rapirà» dalla sua mano (cf. Gv 10,28)

 - Cardinale Giacomo Biffi -
(Giovedì Santo 1988)







Lavanda dei piedi e Sacramenti (da Benedetto XVI)



- Scritto da Redazione de Gliscritti: 1

   

   

Quando il Signore dice a Pietro che senza la lavanda dei piedi egli non avrebbe potuto aver alcuna parte con Lui, Pietro subito chiede con impeto che gli siano lavati anche il capo e le mani. 
A ciò segue la parola misteriosa di Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi” (Gv 13, 10).
Allora sembra chiaro che il bagno che ci purifica definitivamente e non deve essere ripetuto è il Battesimo – l’essere immersi nella morte e risurrezione di Cristo, un fatto che cambia la nostra vita profondamente, dandoci come una nuova identità che rimane...
Ma anche nella permanenza di questa nuova identità, per la comunione conviviale con Gesù abbiamo bisogno della “lavanda dei piedi”… della lavanda dei peccati di ogni giorno, e per questo abbiamo bisogno della confessione dei peccati... Dobbiamo riconoscere che anche nella nostra nuova identità di battezzati pecchiamo. Abbiamo bisogno della confessione come essa ha preso forma nel Sacramento della riconciliazione. In esso il Signore lava a noi sempre di nuovo i piedi sporchi e noi possiamo sederci a tavola con Lui…
Ma così assume un nuovo significato anche la parola, con cui il Signore allarga il sacramentum facendone l’exemplum, un dono, un servizio per il fratello: “Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13, 14). 
Dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri nel quotidiano servizio vicendevole dell’amore.
Ma dobbiamo lavarci i piedi anche nel senso che sempre di nuovo perdoniamo gli uni agli altri. 
Il debito che il Signore ci ha condonato è sempre infinitamente più grande di tutti i debiti che altri possono avere nei nostri confronti (cfr Mt 18, 21-35). 
A questo ci esorta il Giovedì Santo: non lasciare che il rancore verso l’altro diventi nel profondo un avvelenamento dell’anima. 
Ci esorta a purificare continuamente la nostra memoria, perdonandoci a vicenda di cuore, lavando i piedi gli uni degli altri, per poterci così recare insieme al convito di Dio.

dall’omelia di Benedetto XVI nella Basilica di San Giovanni in Laterano del Giovedì Santo, 20 marzo 2008



Signore Gesù,
come nell’Ultima Cena con i “tuoi”.
Ora sei in mezzo a noi come colui che serve.
Tu, l’Altissimo, ci onori del tuo servizio.
Umile ai nostri piedi,
ce li lavi, ce li baci, ce li profumi di crisma,
ce li  calzi di mansuetudine e di pace,
per farci camminare dietro di te
fino alla Casa del Padre.
Sappiamo che la strada del ritorno
passa per l’orto degli Ulivi,
sale sul monte della Croce,
scende nella grotta del Sepolcro,
sbocca nel Giardino rifiorito.
Signore Gesù,
pur essendo stolti e lenti di cuore,
desideriamo saperti imitare
e, nel tuo nome, di servirci a vicenda,
per rendere visibile nei nostri gesti
la tua immensa carità divina
ed essere un giorno introdotti
alla cena della Pasqua eterna
dove tu stesso, come ci hai promesso,
ancora passerai a servirci,
saziandoci di gioia
con la luce radiosa del tuo Volto.
Amen.

- Madre Anna Maria Cànopi -
Fonte: Il respiro dell'Anima di Anna Maria Cànopi 


Buona giornata a tutti. :-)



seguimi ed iscriviti alla mia pagina YouTube




sabato 22 febbraio 2020

Luce del Mondo, sale della Terra - Cardinale Giacomo Biffi

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché ci ha assegnato il compito arduo e bellissimo di essere il «sale della terra» e la «luce del mondo»; il compito cioè di aiutare i nostri contemporanei a di­stinguere il vero dal falso e il bene dal male, a capire qual è il senso ultimo del nostro camminare nella storia, a riconoscere Cristo come unico vero Maestro e unico Salvatore.
Questa è la prima e la più pertinente missione della Chiesa e dei cristiani nella società; ed è anche l’atto di misericordia e d’amore più prezioso e più alto che noi possiamo offrire ai nostri fratelli in umanità.
È allora una pena vedere dei cattolici che, timorosi delle critiche o desiderosi di essere accolti dagli altri, si assimilano alle loro po­vere ideologie, e nascondono la luce della verità evangelica sotto il moggio del quieto vivere e della latitanza apostolica.
Ed è una pena ancora più grande vedere dei credenti che, per non tornare sgraditi a nessuno, diventano alla fine «sale scipito», senza utilità e senza gloria.
Il sale, preso in se stesso, ha sempre un gusto pungente. Ma pro­prio questo sapore lo rende indispensabile e gli consente di avvalo­rare ogni cibo. 
Un sale in cui questo sapore fosse attenuato, un sale per così dire «dolcificato», sarebbe il più inutile degli ingredienti. «A null’altro serve che a essere gettato», dice il Signore.
Parimenti il discepolo di Gesù, che deve pur stare nel mondo in dialogo con tutti, bisogna però che mantenga intatta l’autenticità del messaggio che porta, anche quando i palati mondani lo giudicano aspro e inquietante.
Non illudiamoci che la «dolcificazione» del «sale» divino ci con­senta di essere oggi più facilmente accettati e capiti. Ci condurrebbe piuttosto a «essere calpestati» dagli uomini, i quali di un cristiane­simo in larga parte omologato con la mentalità prevalente non sa­prebbero in fondo che farsene.

- Cardinale Giacomo Biffi -
(Omelia per la Giornata della Vita 1993)




A decidere della morte del bambino non ancora nato, accanto alla madre, ci sono spesso altre persone. 
Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino, non solo quando espressamente spinge la donna all'aborto, ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza: in tal modo la famiglia viene mortalmente ferita e profanata nella sua natura di comunità di amore e nella sua vocazione ad essere «santuario della vita». 
Né vanno taciute le sollecitazioni che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici. 
Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all'aborto: non v'è dubbio che in questo caso la responsabilità morale grava particolarmente su quelli che direttamente o indirettamente l'hanno forzata ad abortire. 
Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza acquisita per promuovere la vita.
Ma la responsabilità coinvolge anche i legislatori, che hanno promosso e approvato leggi abortive e, nella misura in cui la cosa dipende da loro, gli amministratori delle strutture sanitarie utilizzate per praticare gli aborti. 
Una responsabilità generale non meno grave riguarda sia quanti hanno favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima della maternità, sia coloro che avrebbero dovuto assicurare — e non l'hanno fatto — valide politiche familiari e sociali a sostegno delle famiglie, specialmente di quelle numerose o con particolari difficoltà economiche ed educative. 
Non si può infine sottovalutare la rete di complicità che si allarga fino a comprendere istituzioni internazionali, fondazioni e associazioni che si battono sistematicamente per la legalizzazione e la diffusione dell'aborto nel mondo. 
In tal senso l'aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e il danno loro arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: è una ferita gravissima inferta alla società e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori. 
Come ho scritto nella mia Lettera alle Famiglie, «ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà». 
Ci troviamo di fronte a quella che può definirsi una «struttura di peccato» contro la vita umana non ancora nata.

- San Giovanni Paolo II, papa - 
Evangelium Vitae 59



I bimbi nascono nella famiglia. La famiglia che prega unita, resta unita. E se i membri della famiglia restano uniti, si ameranno reciprocamente come Dio li ama individualmente.

- Madre Teresa di Calcutta - 


Buona giornata a tutti. :-)











giovedì 18 aprile 2019

Farsi pane - card. Giacomo Biffi



«Sapete ciò che vi ho fatto?», ci interroga oggi il Signore. 
Alla sua consapevolezza deve corrispondere la nostra. Questa non è la sera in cui si possa restare svagati o distratti; più che in ogni altro momento dell’anno, dobbiamo sapere, ricordare e capire. 
«Sapete ciò che vi ho fatto?»: lo sguardo del nostro Salvatore è su di noi e ci scava nell’anima. 
Sapete – egli dice – che sono passato per una via così dolorosa da questo mondo al Padre, perché anche a voi fosse reso possibile questo «ritorno a casa» e ridiventasse accessibile la vostra autentica mèta? 
Sapete che vi ho amati sino alla fine, perché anche la vostra adesione a me fosse senza esitazioni e senza avarizie? 
Sapete che anche tra voi dovete volervi bene e servirvi, dal momento che «io vi ho dato l’esempio»? (Gv 13,15). 
Sapete che sono io il Signore della storia (anche se oggi mi vedete spesso ignorato dal mondo), appunto perché possiedo l’onnipotenza dell’amore e mando sugli uomini l’energia trasformante dello Spirito? 
Sapete che nel rito dell’eucaristia tutti questi favori, tutte queste speranze, tutti questi ideali sono compendiati e resi a voi disponibili, nella verità sublime della mia presenza?

Chiediamo in quest’ora la grazia di metterci in ascolto della voce penetrante del nostro Signore e Maestro, chiediamo la grazia di comprendere e di non dimenticare mai i suoi doni mirabili, chiediamo la grazia di avvicinarci un poco al nostro divino modello. 
Egli ancora una volta ci dice: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (ib.). 

card. Giacomo Biffi -
Cena Domini 1992




Per farsi pienamente cosa loro, Gesù si diede in pasto e bevanda: la maniera più diretta per entrare in comunicazione con l’intero uomo. Fattosi nutrimento degli uomini, poteva comportarsi in unica sostanza vitale con loro. In tal modo si offerse prima all’uomo poi a Dio. Compì un’unica offerta in due fasi successive, per saldare in sé – la vittima – quella divinità e quella umanità che erano dal peccato separate.

- Igino Giordani -
da: Il sangue di Cristo Primavera Missionaria (1937) 1989, pag.57






Può essere bello, ma non è certo facile farsi pane.
Significa che non
puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Significa che devi
essere disponibile, a tempo pieno.
Significa che devi
avere pazienza e mitezza, come il pane
che si lascia
impastare, cuocere e spezzare.
Significa che devi
essere umile, come il pane,
che non figura nella
lista delle specialità;
ma è sempre lì per
accompagnare.
Significa che devi
coltivare la tenerezza e la bontà,
perché così è il
pane, tenero e buono.

- R. Prieto -

Buona giornata a tutti. :-)



sabato 13 aprile 2019

Non disarmiamoci, rimaniamo vigilanti - cardinale Giacomo Biffi

Gesù, «pieno di Spirito Santo», fu condotto dallo stesso Spirito alla celebrazione della prima ed esemplare quaresima dell’era cristiana. 
Lo Spirito lo guida lontano dagli uomini, in un luogo solitario dove la desiderosa e perfetta comunione col Padre – sempre viva nell’animo di Gesù di Nazaret – avrebbe avuto tutto l’agio di esprimersi, senza essere disturbata da nessuna delle distrazioni che abitualmente disperdono l’esistenza; dove egli avrebbe potuto attendere tranquillamente alla preghiera, alla meditazione, alla penitenza, cioè proprio a quelle attività che dovrebbero trovare un po’ di posto anche nei nostri programmi quaresimali. 
Eppure anche in questo «tempo dello Spirito», dove tutto è santo e conforme alla divina volontà, il Tentatore trova modo di insinuarsi e azzardare i suoi colpi. 
Finché siamo in questo mondo, non c’è condizione di vita, non c’è luogo sacro, non c’è impegno contemplativo o apostolico, non c’è impresa nobile e degna, che sia al riparo dall’arte malefica dell’Avversario di Dio. 
Il che non deve né meravigliarci né intimorirci: se ci manteniamo uniti al nostro Salvatore, saremo sì, con lui, sottoposti alla tentazione, ma in lui e per lui saremo anche capaci di vincere. 
Piuttosto, questo deve farci evitare l’ingenuità sconsiderata di chi ritiene che il mondo per il cristiano sia una specie di paradiso terrestre senza serpente, e non invece – come è – il luogo dove il Vangelo è largamente osteggiato, l’azione salvifica di Dio ostacolata, la Chiesa di Cristo spesso fraintesa nelle sue intenzioni e combattuta nei valori che presenta e difende; il luogo, cioè, dove Satana è ancora così libero di agire da poter essere chiamato il «principe di questo mondo». 
Questo stato di cose deve persuaderci a non disarmare, a mantenerci vigilanti, a irrobustirci quotidianamente con la parola di Dio 
e col Pane di vita. 

- cardinale Giacono Biffi - 
(15 febbraio 1986)




Mettiamo l’orgoglio sotto i piedi e saremo liberi, sereni e fraterni: saremo creature che vivono e testimoniano la risurrezione di Cristo.

- San Giovanni XXIII, papa –




Breve è il giorno, perché ricolmarlo di pene, perché riempirlo di cruccio?
Effimeri siamo, chiusi tra l'aurora e il tramonto.
Breve è lo spazio di luce, ma colmo di riflessi e di richiami all'eterno. 

- Giovanni Vannucci -


Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 6 giugno 2018

Con il “dialogo” ad ogni costo i cattolici stanno preparando la propria estinzione - cardinale Giacomo Biffi

Con il “dialogo” ad ogni costo i cattolici stanno preparando la propria estinzione,
” Dobbiamo salvare l’identità della Nazione dall’annichilimento dei più alti valori della nostra civiltà (..)

Io non ho nessuna paura dell’ Islam, ho paura della straordinaria imprevidenza dei responsabili della nostra vita pubblica.
Ho paura dell’inconsistenza dei nostri opinionisti. (…)
Sorprendente che gli opinionisti laici non si accorgano di questi pericoli.(…)
Ho paura soprattutto dell’insipienza di molti cattolici.(…)
I cristiani devono piantarla di dire che bisogna andare d’accordo con tutte le idee.(…) 
Il mio compito è di evangelizzare i musulmani. È un gravissimo errore rinunciare all’evangelizzazione.(…)
“Oggi è in atto una delle più gravi e ampie aggressioni al cristianesimo che la storia ricordi.
Tutta l’eredità del Vangelo viene progressivamente ripudiata dalle legislazioni, irrisa dai ” signori dell’opinione “, scalzata dalle coscienze specialmente giovanili. 
Di tale ostilità, a volte violenta a volte subdola, non abbiamo ragione di stupirci nè di aver troppa paura, dal momento che il Signore ce lo ha ripetutamente preannunciato: “Non meravigliatevi se il mondo vi odia”. 
Ci si può meravigliare invece degli uomini di Chiesa che non sanno o vogliono prenderne atto.(…)
”L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana.
Ciò che mi pare senza avvenire è la ” cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale.
” Questa cultura del niente non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam, che non mancherà. 
Solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come l’unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’ Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto.
” Purtroppo nè i “laici” nè i “cattolici” pare si siano resi conto del dramma che si sta profilando. 
I “laici”, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l’ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità.
I ” cattolici”, lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta, e sostituendo all’ansia apostolica il puro e semplice “dialogo” ad ogni costo, inconsciamente preparano la propria estinzione”.

- Card. Giacomo Biffi - 
dalla lettera pastorale ”La città di San Petronio nel terzo millennio”, ottobre 2000


La Chiesa è, anche per il credente, una realtà misteriosa, della quale pare sempre sfuggirci la vera natura. 
Per il non credente poi è addirittura un enigma irritante; sicché non ci meraviglia troppo il fatto che tanto spesso viene così mal valutata nelle sue intenzioni, così travisata nella sua indole, così incompresa nei suoi comportamenti.
Mentre tutte le istituzioni sociali e le potenze mondane tramontano, e in ogni caso non possiedono una continuità esistenziale, unicamente la Chiesa resta, sempre se stessa nel mutare dei tempi; e così fatalmente si trova a essere la sola chiamata a rispondere di tutti gli errori e i guai che si sono succeduti lungo i secoli.
La Chiesa sembra sempre in ritardo sulle idee del momento e sugli accadimenti recenti; ma quando quegli accadimenti si sono conclusi e quelle idee sono sfiorite, lei c’è ancora, sempre viva, sempre pronta a essere criticata e giudicata ritardataria dalle nuove aberrazioni e dalle nuove mode.
Non le mancano mai coloro che nei suoi confronti sono malevoli e ostili. 
E i suoi nemici sono sempre più forti di lei; mentre lei è inerme e sprovveduta, loro sono agguerriti e ricchi di mezzi. 
Eppure in definitiva la vittoria è sempre sua, se non altro la vittoria della sopravvivenza su chi presto o tardi alla fine scompare.
Chi guarda la Chiesa e la esamina come qualunque altro fenomeno della storia, spesso la vede come una somma di debolezze, di meschinità, di inefficienze; eppure quanto di più bello, di più nobile, di più misericordioso, di più duraturo è stato offerto agli uomini lungo questi venti secoli di solito, direttamente o indirettamente, proviene da lei. 

- Card. Giacomo Biffi - 
- Pentecoste 1990 -


Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 24 novembre 2017

Verranno giorni.... - cardinale Giacomo Biffi

Verranno giorni, ci dice Solovëv – e anzi so­no già venuti, diciamo noi – quando nella cri­stianità si tenderà a risolvere il fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell’atto dif­ficile, coraggioso e razionale della fede, in una serie di «valori» facilmente esitabili sui merca­ti mondani.

Il cristianesimo ridotto a pura azione umanita­ria nei vari campi dell’ assistenza, della solidarie­tà, del filantropismo, della cultura; il messaggio evangelico identificato nell’impegno al dialogo tra i popoli e le religioni, nella ricerca del benessere e del progresso, nell’esortazione a rispettare la natura; la Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità (cfr. 1 Tm 3,15), scam­biata per un’organizzazione benefica, estetica, socializzatrice: questa è l’insidia mortale che oggi va profilandosi per la famiglia dei redenti dal sangue di Cristo.


Da questo pericolo, ci avvisa il più grande dei filosofi russi, noi dobbiamo guardarci. 
Anche se un cristianesimo «tolstojano» ci renderebbe in­finitamente più accettabili nei salotti, nelle ag­gregazioni sociali e politiche, nelle trasmissioni televisive, non possiamo e non dobbiamo rinun­ciare al cristianesimo di Gesù Cristo, il cristianesimo che ha al suo centro lo «scandalo» della croce e la realtà sconvolgente della risurrezione del Signore.

Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risor­to, unico Salvatore dell’uomo, non è «traducibi­le» in una serie di buoni progetti e di buone ispi­razioni, omologabili con la mentalità mondana dominante. 


- Cardinale Giacomo Biffi -
da: "Attenti all'anticristo"




Quando si tratta di religione, la parola che deve per forza entrare nel discorso è la parola «salvezza». Senza il tema della salvezza la religione diventa un insieme di concetti astratti, di comandi morali, di divieti, di cerimonie rituali: un insieme che di solito suscita poca curiosità e poco interesse. Se invece si percepisce che nella religione vi è in gioco la salvezza, allora sentiamo che la cosa ci tocca da vicino.
Che cosa vuol dire che uno è «salvo»? Salvo – dicono i vocabolari – è chi ha superato un pericolo senza danno ed è stato liberato da un male incombente.
Ogni uomo che non sia del tutto intorpidito e perso avverte di essere «insidiato»: c’è il male che ci sovrasta. Per­ciò diventa spontaneo e necessario il pensiero, il desiderio – anzi l’ansia – di riuscire a cavarsela.
Ci sono dei mali universali e assoluti; ad esempio, il non sapere se la vita abbia un’ultima verità né il perché dell’esistere; non essere stati all’altezza, nel nostro comportamento di ciò che è giusto e doveroso; il dover incontrare la realtà inevitabile della morte, che vanifica tutto. 
Abbiamo dunque tutti bisogno di «essere salvati». E per fortuna un «salvatore» esiste e ci è stato donato.

- cardinale Giacomo Biffi -
da: "Il vocabolario della salvezza" 



La prima carità è dire a tutti cosa è bene e cosa è male.

- Cardinale Giacomo Biffi -



Buona giornata a tutti. :-)