«Sapete ciò che vi ho fatto?», ci interroga
oggi il Signore.
Alla sua consapevolezza deve corrispondere la nostra. Questa
non è la sera in cui si possa restare svagati o distratti; più che in ogni
altro momento dell’anno, dobbiamo sapere, ricordare e capire.
«Sapete ciò che vi ho fatto?»: lo sguardo del
nostro Salvatore è su di noi e ci scava nell’anima.
Sapete – egli dice – che
sono passato per una via così dolorosa da questo mondo al Padre, perché anche a
voi fosse reso possibile questo «ritorno a casa» e ridiventasse accessibile la
vostra autentica mèta?
Sapete che vi ho amati sino alla fine, perché anche la
vostra adesione a me fosse senza esitazioni e senza avarizie?
Sapete che anche
tra voi dovete volervi bene e servirvi, dal momento che «io vi ho dato
l’esempio»? (Gv 13,15).
Sapete che sono io il Signore della storia (anche se
oggi mi vedete spesso ignorato dal mondo), appunto perché possiedo
l’onnipotenza dell’amore e mando sugli uomini l’energia trasformante dello
Spirito?
Sapete che nel rito dell’eucaristia tutti questi favori, tutte queste
speranze, tutti questi ideali sono compendiati e resi a voi disponibili, nella
verità sublime della mia presenza?
Chiediamo in quest’ora la grazia di metterci
in ascolto della voce penetrante del nostro Signore e Maestro, chiediamo la
grazia di comprendere e di non dimenticare mai i suoi doni mirabili, chiediamo
la grazia di avvicinarci un poco al nostro divino modello.
Egli ancora una
volta ci dice: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche
voi» (ib.).
- card. Giacomo Biffi -
Cena Domini 1992
Per farsi pienamente cosa loro, Gesù si diede
in pasto e bevanda: la maniera più diretta per entrare in comunicazione con
l’intero uomo. Fattosi nutrimento degli uomini, poteva comportarsi in unica
sostanza vitale con loro. In tal modo si offerse prima all’uomo poi a Dio.
Compì un’unica offerta in due fasi successive, per saldare in sé – la vittima –
quella divinità e quella umanità che erano dal peccato separate.
- Igino Giordani -
da: Il sangue di Cristo Primavera
Missionaria (1937) 1989, pag.57
Può essere bello, ma
non è certo facile farsi pane.
Significa che non
puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Significa che devi
essere disponibile, a tempo pieno.
Significa che devi
avere pazienza e mitezza, come il pane
che si lascia
impastare, cuocere e spezzare.
Significa che devi
essere umile, come il pane,
che non figura nella
lista delle specialità;
ma è sempre lì per
accompagnare.
Significa che devi
coltivare la tenerezza e la bontà,
perché così è il
pane, tenero e buono.
Buona giornata a tutti. :-)