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mercoledì 27 dicembre 2017

L'angelo del dopo-Natale - don Angelo Saporiti

Ancora un poco e sarà già tempo di disfare il nostro presepe e di buttare via l'albero di Natale che abbiamo messo su all'inizio dell'avvento.
Solo qualche patacca qua le là o qualche luccichio d'argento ci ricorderanno i giorni di festa trascorsi.
Ogni angioletto, ogni luce dorata so che li ritroverò intatti al prossimo Natale.
C'è una cosa che però rimarrà con me e non metterò nello scatolone...
Quando l'anno scorso misi via il presepe e i cinque angioletti, tenni l'ultimo tra le mie mani...
"Tu resti", gli dissi, "ho bisogno di un po' della gioia di Natale per tutto questo nuovo anno".
"Hai avuto fortuna!" mi rispose.
"Come?" gli chiesi.
"Ehm, io sono l'unico angelo che può parlare...".
"È vero! Ma guarda un po'! Un angelo che parla? Non l'ho mai visto. Non può esistere!".
"Certo che può esistere. Succede soltanto quando qualcuno, dopo che il Natale è passato, vuole tenere con sé un angioletto, non per errore, ma perché desidera rivivere un po' della gioia di Natale, come succede adesso con te. Solo in questi casi noi angeli possiamo parlare. Ma capita abbastanza raramente... A proposito, mi chiamo Enrico".
Da allora Enrico è sulla libreria nella mia stanza.
Nelle sue mani regge stranamente un cestino della spazzatura. Abitualmente sta in silenzio, fermo al suo posto. Ma quando mi arrabbio per qualcosa, mi porge il suo cestino e mi dice: "Getta qua!".
Io getto dentro la mia rabbia. E la rabbia non c'è più. Qualche volta è un piccolo nervosismo, o un stress, altre volte è una preoccupazione, a volte un bisogno, altre volte un dolore o una ferita che io da solo non posso chiudere, né riparare...
Un giorno notai con più attenzione, che il cestino di Enrico era sempre vuoto.
Gli chiesi: "Scusa ma dove porti tutto quello che ci getto dentro?".
"Nel presepe", mi risponde.
"E c'è così tanto posto nel piccolo presepe?".
Enrico, sorrise.
"Stai attento: nel presepe c'è un bambino, che è ancora più piccolo dello stesso presepe. E il suo cuore è ancora più piccolo. Le tue difficoltà, non le metto proprio nel presepe, ma nel cuore del bambino. Capisci adesso?".
Stetti un po' a pensare.
"Questo che mi dici è veramente complicato da comprendere. Ma, nonostante ciò, sento che mi fa felice. Strano, vero?".
Enrico, aggrottò la fronte e poi aggiunse: "Non è per niente strano, ma è la gioia del Natale. Capisci?".
Avrei voluto chiedere ad Enrico molte cose. Ma lui mise il suo dito sulla sua bocca: "Pssst", mi fece in tono garbato. "Non parlare. Semplicemente, gioisci!".

- Don Angelo Saporiti - 
da: "Commento sul Natale"



Gregorio Nazianzeno dice che nel momento stesso in cui i Magi si prostrarono davanti a Gesù, sarebbe giunta la fine dell'astrologia, perché da quel momento le stelle avrebbero girato nell'orbita stabilita da Cristo. 
Nel mondo antico, i corpi celesti erano guardati come potenze divine che decidevano del destino degli uomini... 
Per questo, nelle Lettere dalla prigionia agli Efesini e ai Colossesi, Paolo ha fortemente insistito sul fatto che il Cristo risorto ha vinto ogni Principato e Potenza dell'aria e domina tutto l'universo. 
In questa linea sta anche il racconto della stella dei Magi: non è la stella a determinare il destino del Bambino, ma il Bambino guida la stella 

- card. Joseph Ratzinger - 
da: "L’infanzia di Gesù"


Il tempo non ci appartiene, ci è dato. 
Il volgere dell'anno è un'occasione per voltarci indietro e capire che cosa ci è accaduto. 
Compagni di strada da ringraziare, peccati da farci perdonare, fallimenti e successi, smarrimenti e rinascite. 




Buona giornata a tutti. :-)








lunedì 25 dicembre 2017

Natale e disarmo - Gilbert Keith Chesterton

Non riesco mai a capire com’è che quando i giornali nominano il Natale e i suoi insegnamenti cominciano subito a parlare del disarmo internazionale. 
È senz’altro un ideale del Natale che cessino le guerre ingiuste, ma anche e altrettanto che cessino i governi ingiusti, i commerci ingiusti, i processi ingiusti o qualunque altro dei modi innumerevoli con cui gli uomini torturano e tradiscono la loro razza. 
La consueta e popolare traduzione del canto degli angeli è “Pace sulla terra, buona volontà tra gli uomini”. 
A parte l’accuratezza, forse vale la pena sottolineare che le due cose sono molto diverse. 
La pace sulla terra potrebbe anche indicare un panico immoto, il giacere prostrati dinnanzi a un tiranno universale. 
Pace sulla terra potrebbe significare che ogni uomo odia il suo vicino ma lo teme un pelino in più di quanto lo odia. “Fanno una desolazione e la
chiamano pace”. 
Così diceva il vecchio satirista romano; ma il silenzio di cui parlava era perlomeno un silenzio di tomba. 
Ma se noi facessimo un silenzio di vivi, un silenzio di milioni di schiavi muti... e lo chiamassimo pace?... 
Mi sono abituato ai milionari che impongono la guerra. 
Ma se cominciano a imporre la pace mi ribello senz’altro.

- Gilbert Keith Chesterton - 
da: Natale e disarmo, in La Divina poltrona e altre comodità, Leardini


Della nascita in terra del Figlio di Dio, al tempo suo, non si è accorto nessuno. Né Roma con il suo diritto e la sua forza politica né Atene con le disquisizioni dei suoi filosofi né Gerusalemme con tutta la sua schiera di biblisti sono state in grado di percepire e apprezzare l’ingresso nella vicenda umana dell’eterno Creatore dell’universo. 
Come si vede, Dio si diverte a giocare le potenze del mondo, le autorità culturali e le celebrità: vanifica le loro orgogliose competenze, sa eludere la loro attenzione; per rivelarsi ai piccoli e all’umanità intera non si avvale delle loro preziose mediazioni. 

- Card. Giacomo Biffi -
(Natale 1990)


...."Un giorno santo è spuntato per noi". 
Un giorno di grande speranza: oggi è nato il Salvatore dell'Umanità!...
Non fu certo "grande" alla maniera di questo mondo...
Eppure, nel nascondimento e nel silenzio di quella notte santa, si è accesa per ogni uomo una luce splendida e intramontabile; è venuta nel mondo la grande speranza portatrice di felicità: "il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria" (Gv 1,14)...
Questo è il Natale! 

Evento storico e mistero d'amore, che da oltre duemila anni interpella gli uomini e le donne di ogni epoca e di ogni luogo. 
E' il giorno santo in cui rifulge la "grande luce" di Cristo portatrice di pace! Certo, per riconoscerla, per accoglierla ci vuole fede, ci vuole umiltà...
Nel silenzio della notte di Betlemme Gesù nacque e fu accolto da mani premurose. Ed ora, in questo nostro Natale, in cui continua a risuonare il lieto annuncio della sua nascita redentrice, chi è pronto ad aprirgli la porta del cuore? 

Uomini e donne di questa nostra epoca, anche a noi Cristo viene a portare la luce, anche a noi viene a donare la pace! 
Ma chi veglia, nella notte del dubbio e dell'incertezza, con il cuore desto e orante? 
Chi attende l'aurora del giorno nuovo tenendo accesa la fiammella della fede? Chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi avvolgere dal fascino del suo amore? 
Sì! E' per tutti il suo messaggio di pace, è a tutti che viene ad offrire se stesso come certa speranza di salvezza...

- papa Benedetto XVI - 
dal "Messaggio Urbi et Orbi" per il Santo Natale 25 dicembre 2007

"Lasciate che la magia del Natale pervada le vostre anime, accendendo l’amore nei vostri cuori. Buon Natale!"




L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti, amici ed amiche,
che da tanti anni seguite le mie.... fantasie, le mie letture, le mie ricerche.

Il Signore che tutto vede e tutto ama ci benedica e ci custodisca.

- Stefania -

domenica 24 dicembre 2017

Buon Natale, gente! - don Tonino Bello

Se mi fosse concesso di lasciare nella mezzanotte il trasognato rapimento della liturgia, e aggirarmi per le strade della città, e bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni, e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, vorrei dire semplicemente così: 


“Buon Natale, gente! Il Signore è sceso in questo mondo disperato.
E all’anagrafe umana si è fatto dichiarare con un nome incredibile: Emmanuele! Che vuol dire: Dio con noi”.

Mi chiedo, però, se questi auguri, formulati così, magari all’interno di un pianobar, o di una sala giochi o di una discoteca o di un altro tempio laico dove la gente, tra panettoni e champagne e luci psichedeliche, sta trascorrendo la notte santa, siano capaci di reggere il fastidio degli atei, lo scetticismo degli scaltri, il sorriso dei furbi, la praticità di chi squalifica i sogni, il pragmatismo di chi rifiuta la poesia come mezzo di comunicazione.





Mi domando se gli auguri di Natale formulati così, magari all’interno della stazione centrale, dove tanta gente alla deriva trova riparo dal freddo notturno nella sala d’aspetto (ma senza che aspetti più nulla e nessuno) faranno rabbia o tenerezza, susciteranno disprezzo o solidarietà, provocheranno discredito o lacrime di gioia.
Mi interrogo come saranno accolti questi auguri dalla folla dei nuovi poveri che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva. 

Dagli anziani reclusi in certi ospizi o abbandonati alla solitudine delle loro case vuote. 
Dai tossicodipendenti prigionieri di una insana voluttà di autodistruzione. Dagli sfrattati che imprecano contro il destino. 
Dagli ex carcerati che non trovano affetto. 
Dai dimessi dagli ospedali psichiatrici che si aggirano come larve. 
Dagli operai in cassa integrazione senza prospettive. 
Dai disoccupati senza speranze. 
Da tutta la gente, insomma, priva dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, l’accesso alla cultura, la partecipazione.
Mi domando che effetto faranno gli auguri di Natale, formulati così, su tanta gente appiattita dal consumismo, resa satura dello spreco, devastata dalle passioni. 

Sulla moltitudine di giovani incerti del domani, travagliati da drammi interiori, incompresi nei loro problemi affettivi. 
Sulle folle di terzomondiali che abitano qui da noi e ai quali ancora, con i fatti, non abbiamo saputo dimostrare di essere convinti che Gesù Cristo è venuto anche per loro.
Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale , formulati così, coloro che si sono costruiti idoli di sicurezza: il denaro, il potere, lo sperpero, il tornaconto, la violenza premeditata, l’intolleranza come sistema, il godimento come scopo assoluto della vita.
E allora? Dovrei abbassare il tiro? 

Dovrei correggere la traiettoria e formulare auguri terra terra, a livello di tana e non di vetta, a misura di cortile e non di cielo?
No. Non me la sento di appiattire il linguaggio. 

Sono così denutrite le speranze del mondo, che sarebbe un vero sacrilegio se, per paura di dover sperimentare la tristezza del divario tra la formulazione degli auguri e il loro reale adempimento, mi dovessi adattare al dosaggio espressivo dei piccoli scatti o dovessi sbilanciarmi sul versante degli auspici con gli indici di prudenza oggi in circolazione.
Anzi, se c’è una grazia che desidero chiedere a Gesù che nasce, per me e per tutti, è proprio quella di essere capace di annunciare, con la fermezza di chi sa che non resteranno deluse, speranze sempre eccedenti su tutte le attese del mondo.
 
Buon Natale!

- don Tonino Bello - 




Buon Natale amici ed amiche mie.
Buon Natale di Nostro Signore Gesù Cristo
 a tutte le persone di buona volontà!

- Stefania - 


sabato 23 dicembre 2017

Buon Natale dal Cardinale Carlo Maria Martini

Oggi il Natale ha quasi perduto il suo senso originario. 
Lo «celebrano» anche uomini di altre religioni. 
Perfino parecchi non credenti vivono in questo giorno una qualche forma di liturgia profana. Non v’è alcuno che rifiuti per Natale qualche dono o almeno una buona cena. 
Per questo non parlo volentieri del Natale. Da quando ho conosciuto un po’ meglio la Sacra Scrittura, è la Pasqua che mi attrae e mi pone dinnanzi a un preciso programma di vita. 
Benché il Natale sia una splendida manifestazione della gloria di Dio in Cristo e del suo amore per noi, i discorsi che si fanno a partire dal Natale sanno spesso di buonismo e di speranza a buon mercato. 
Essi sono un segno di poca lealtà con se stessi e con gli altri. Infatti diciamo delle cose che non sono vere e a cui nessuno crede. 
Ci auguriamo a vicenda lunga vita, felicità, successo, ci facciamo doni che vogliono dire l’affetto che ci portiamo, ma per lo più sappiamo che non è così. 
La prima lettera espone bene questo stato di cose. 
Il Natale fa emergere le storture della politica, la gravissima crisi  economica che stiamo attraversando, le violenze quotidiane fisiche e psicologiche. 
E si potrebbero aggiungere tante altre cose ancora. Molti uomini e donne attendono in questo giorno qualcosa, un evento o magari una persona che li tiri su, che restituisca loro l’ottimismo ingenuo che hanno irrevocabilmente perduto; qualcosa di nuovo e di grande, che potrebbe farli tornare indietro. 
Ma questa speranza è fallace, perché si basa solo sulle nostre forze e dimentica lo Spirito di Dio, il solo capace di aiutarci in maniera efficace. 
Dopo i giorni delle feste tutto ritorna più o meno come prima. 
È come un dirsi reciprocamente «ce la faremo», pur sapendo tutti che non è vero. 

Per vivere bene il Natale e ricavarne quel conforto che è giusto attendersi
da questa festa, è necessario sforzarsi di capire ciò che viene detto nei Vangeli. In essi, soprattutto nel Vangelo secondo Luca, emerge un progetto di uomo che vive il dono di Dio nella meraviglia, nella gratitudine e nel distacco. 
Questo uomo nuovo può essere o un semplice come i pastori o uno studioso
come i Magi. Tutti sono chiamati a partecipare all’esperienza dei pastori a cui fu detto: «Vi annunzio una grande gioia» (Lc 2,10). 

Chi partecipa di questa gioia, si difenderà da quel pericolo che è il Natale del consumismo, che ci impone di non sfigurare davanti ad amici e parenti con costosi regali. 
Pur avendo la coscienza che molte famiglie fanno fatica a far quadrare il bilancio del mese, si continua a spendere denaro pubblico e privato nella maniera più folle. 
Si tratta di una gioia semplice, intima, che può convivere anche con momenti di sofferenza e di strazio. 

Il bambino Gesù è l’immagine di questa fiducia e abbandono alla Provvidenza. Qui va ricordata la parola di Gesù: «chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). 
Se noi riusciamo ad affidarci alla Provvidenza di Dio, accettiamo ogni cosa con fiducia, perché fa parte del disegno del Padre. 
Il Natale guarda alla Pasqua e il presepio contiene allusioni alla morte e risurrezione di Gesù. Esse erano presenti nella riflessione dei Padri. 

Così, ad esempio, il tema del legno della croce veniva ricordato dalla culla di legno in cui giace Gesù. Le pecore offerte dai pastori ricordano l’agnello immolato.
Anche la Madre che si curva sul Figlio ci richiama alla pietà di Maria che tiene tra le braccia il Figlio morto. 
La liturgia ambrosiana si esprime così:
«L’Altissimo viene tra i piccoli, si china sui poveri e salva». Dunque, il senso del Natale ci riporta al centro della nostra redenzione e ci procura una
gioia che non avrà mai fine. Un simile atteggiamento positivo può convivere anche con grandi dolori e penosi distacchi. So bene che questi sentimenti di
dolore sono i segni di grandi ferite, che si riaprono soprattutto in questi giorni. Quando si vede a tavola un posto vuoto, riemerge il mistero del Crocefisso con le sue piaghe.
 
Ci sarebbe ancora da trattare di come il presepio può essere contemplato anche da non credenti e da atei. Io penso che questo fascino derivi dall’atmosfera profondamente umana che in esso si respira.
 
Una umanità che sa guardare anche al lato invisibile della realtà e si compendia nella preghiera «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama» . Buon Natale a tutti!

- Cardinale Carlo Maria Martini - 
da: “Corriere della Sera” del 23 dicembre 2010





Abbiamo bisogno di tempi, di silenzio, di calma, di preghiera, perché soltanto così possiamo affrontare le responsabilità che ci vengono date. Per questo vi ricorderete cosa ho detto in molte occasioni: lavorare meno e lavorare meglio e riposarsi un po' di più.  


- card. Carlo Maria Martini - 




Il Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno.
Presuppone la possibilità che le famiglie siano unite,
o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne
che si sono scelti si parlino.
Il Natale continua a ergersi dritto, integro e spiazzante.
Il Natale giudica il mondo moderno, perciò vogliono che se ne vada.
  
- Gilbert Keith Chesterton -


Buona giornata a tutti. :-)












venerdì 22 dicembre 2017

Dio in fasce - Federico Garcia Lorca

E così, Dio scomparso, che voglio averti.
Piccolo cembalo di farina per il neonato.
Brezza e materia unite nell'espressione esatta
per amor della carne che non sa il tuo nome.
E così, forma breve d'inefferabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall'impura parola dell'uomo che suda.

- Federico Garcia Lorca -

Dipinto :Andrea Mantegna – Adorazione dei pastori

E’ Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.

- Madre Teresa di Calcutta - 





Caro Gesù, vieni, nasci ancora una volta,
nasci nella nostra famiglia,
nei problemi e nelle preoccupazioni del nostro oggi,
nei litigi e nella mancanza di dialogo,
nelle separazioni e nelle divisioni.
Nasci, abbiamo bisogno di Te per restare uniti.

Caro Gesù, vieni, nasci ancora una volta,
nasci nella nostra famiglia,
nella mancanza di lavoro e nelle difficoltà economiche,
nel precariato dei nostri figli e nella paura per il futuro,
nella malattia e nella morte, quando ci toccano da vicino.
Nasci, abbiamo bisogno di te per continuare a sperare.

Caro Gesù, vieni, nasci ancora una volta,
nasci nella nostra famiglia,
nella mente e nel cuore di ogni suo membro,
nella concretezza e nella fatica dell’amore,
nei sogni e nei progetti di bene che desideriamo realizzare.

Nasci, abbiamo bisogno di te per essere felici.

- don Maurizio Mirilli -



Buona giornata a tutti. :-)

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giovedì 21 dicembre 2017

San Francesco d'Assisi ed il primo presepe - Tommaso Celano

84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. 
Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. 

C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. 
Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». 
Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! 
Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. 
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! 
La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. 
La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. 
I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. 
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. 
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. 
E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. 
Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. 
Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

Tommaso da Celano racconta Greccio
Il testo integrale della Vita prima di Tommaso da Celano, sul presepio di Greccio, al cap. XXX.


«Francesco ci appare veramente il Serafico, cioè l’anima angelicata, che nella sua inenarrabile intensità mistica può condensare e rappresentare l’innumerevole anima cattolica del suo tempo, anelante alla rinunzia ma per arricchire con migliori tesori, al recesso, ma per uscirne, temprata, alla riconquista cristiana del mondo aberrante. 
Ecco la multiforme figura dell’Assisate: lui nudo davanti al padre avaro; lui cinto di rozza tonaca della stoffa incolore tessuta per i poveri, con una trama bianca e una nera; lui trafitto sul Golgota aretino dalle stimmate di Cristo; lui predicante la pace ai cittadini inferociti; lui che impone il disarmo personale ai suoi terziari, per cominciare da loro il disarmo morale della guerra endemica, lui che, acceso apostolo, va in Oriente in pieno Islam, e dice al Soldano le verità cristiane, gettando le basi di quella missione plurisecolare d’Oriente che ha per centro e monumento glorioso la Custodia di Terra Santa.»

- Monsignor Umberto Benigni -
da "Storia sociale della Chiesa" vol. 5


Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 20 dicembre 2017

Don Primo Mazzolari omelia Natale 1931

Arriviamo a questo Natale con due angosce nel cuore e vorremmo poterle deporle e guarire davanti al Presepio. Avremo la pace o la guerra?
Come si risolverà la crisi economica, che per alcuni di voi è perdita di guadagno e di ricchezza, per molti: disoccupazione, strettezze di ogni genere, fame? Cosa vi posso dire?
Come uomo, nulla… Come prete?
Come prete… ho il dovere di parlarvi e voi di ascoltare una parola chiara e audace, la quale non è la solita affermazione: si sta male e va male perché abbiamo abbandonato la strada della religione.
Se mi accontentassi di questa risposta, avreste ragione di non essere soddisfatti…
Perché si sta tanto male, oggi? Quasi tutti sono d'accordo nel dire che la colpa è delle barriere.
Quali barriere? Tutte: dalle doganali alle nazionali, dalle individuali alle collettive, anche quelle che sembrano giustificate dai sacri egoismi.
Trovata la causa, trovato il rimedio: demoliamo le barriere!
Parrebbe una cosa facile, invece, sia perché manchi la volontà o l'animo,
nessuno ci si prova, o trovandovisi non conclude.
Vedo gente che col pretesto di demolire qualche barriera ha finito per innalzare di nuove e di più gravi.
Cosa pensa la religione delle barriere?
Le barriere sono costruzioni umane: Dio non le ha volute, né comandate.
Dio non ha fatto le montagne, i fiumi, i mari, perché dividessero i popoli,
come, distribuendo variamente i suoi doni di fecondità, di forza, di intelligenza, non ha inteso che servissero come motivo di separazione e di differenza tra gli uomini.
Neppure il muro di casa o la cinta del campo, neppure la diversità degli usi,
del linguaggio, dei colori, niente è divisorio nel pensiero divino.
Quindi, la religione non approva nessuna barriera… Dove nascono le barriere?
Da una prima barriera, che a buon diritto porta il nome di originale:
quella che l'uomo ha innalzato tra se e Dio. Le rimanenti non sono che l'ombra di quella.
Non vedendo più Dio, l'uomo non ha più visto neppure il fratello e si è fatto furbo, padrone, prepotente, nemico.
Non vedendo più il padre, l'uomo ha cercato di diventare provvidenza a se stesso in qualunque modo…
Noi non siamo capaci di distruggere le barriere.
È l'opera delle nostre mani e ne siamo perdutamente innamorati.
Fu necessario che venisse Uno di là, Gesù Cristo a spezzare il muro…
Le barriere tra gli uomini cadranno soltanto quando, in unione col Cristo vorremo la ripresa in pieno dell'unità tra il cielo e la terra.
La nostra impotenza di mente, di volontà e di cuore può essere superata dalla forza che viene dal Signore.
Noi l'abbiamo, nelle nostre raffigurazioni lasciato allo stato di Bambino e di Crocifisso, cioè in una condizione di impotenza.
Ma pure in tale rappresentazione che dice la nostra mancata collaborazione e quindi la nostra grande responsabilità, Gesù Cristo ci parla e ci illumina, in quanto che in lui sofferente come Bambino e come Crocifisso, noi possiamo intravedere gli effetti spaventosi delle nostre divisioni, cioè dei nostri peccati.
Nel Presepio vediamo bambini di tutto il mondo che piangono di fame e di abbandono, sulla Croce i nostri compagni disoccupati, taglieggiati, oppressi e crocifissi.
Non ascoltate che vuole dimostrarvi che le barriere sono necessarie e che senza una guerra non si rimette a posto nulla…
Guardate il Presepio o il Calvario e troverete la risposta all'incosciente menzogna.
E con la risposta, una grande speranza, perché è dal Presepio e dal Calvario che incomincia la Redenzione. 

Sentitemi. Se un giorno fosse passato un bambino, chi avrebbe osato sparare?
Fra le trincee costruite dalla nostra cattiveria è passato e passa non soltanto nel giorno di Natale, Gesù, che ha il volto, gli occhi, la grazia incantevole dei nostri bambini.
Chi oserà sparargli contro?

- Don Primo Mazzolari -
omelia Natale 1931




"La stella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura. ... Egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolto. 
A quanti lo accolsero Egli portò la luce e la pace; la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e profonda del cuore ...
"E il Verbo si fece carne". Ciò è divenuto verità nella stalla di Betlemme "

(da "Mistero del Natale" di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein)





Natale non è altro che questo immenso 
silenzio che dilaga per le strade, 
dove platani ciechi 
ridono con la neve 
altro non è che fondere a distanza 
le nostre solitudini, 
stendere nella notte un ponte d'oro. 
Sono qui col tuo dono che il mio illumina 
di dieci stelle-lune, 
guidandomi per mano 
dove vibra un riverbero 
di fuochi e di lanterne (verde e viola), 
di girandole e insegne di caffè. 
Un pino a destra 
per appendervi quattro nostalgie 
e la mia fede in te, bianca cometa 
in cima.


- Maria Luisa Spaziani - 


Buona giornata a tutti. :-)








martedì 19 dicembre 2017

Neve di Natale - Piero Gribaudi

Dicono che nei presepi la neve è fuori luogo, in quanto in Palestina ai tempi di Gesù non nevicava mai. 
Dicono che nei presepi la neve è un’invenzione tardiva, nata con i presepi edificati nei paesi ai piedi delle Alpi. 
Dicono che nei presepi la neve è inutile folclore senza senso. E invece non è così. Ce lo assicura questa fiaba.
Quella Notte Santa, dopo che la stella, i pastori, l’asino e il bue, Giuseppe e Maria e il Bambino si furono addormentati, una nuvola passò nel cielo di Betlemme, venuta anch’essa ad adorare il Bambino Gesù. Ma, non vedendo alcun segno del Grande Evento, ebbe un brivido e si mise a piangere; ed il suo brivido fu così intenso che, invece che gocce d’acqua, pianse fiocchi di neve. Quasi nessuno li vide, poiché al primo sorger del sole il lieve manto bianco si era già disciolto. Ma nulla accade mai per caso, e quegli occhi cambiarono la vita di un uomo.
Un uomo solo agli occhi del Signore è importante quanto l’umanità intera. Specialmente se quell’uomo è un grande peccatore, di quella specie che Dio predilige in modo specialissimo: senza speranza. 
Il Signore vuole infatti essere Lui l’unica speranza, e niente lo attrae di più che un uomo disperato. 
E quell’uomo aveva mille e una ragione per essere disperato. 
Aveva completamente sciupato la sua vita: invece di edificare aveva distrutto, invece che seminare vita aveva cosparso di morte il suo cammino. Se ne era convinto quella sera, quando, tornando al suo castello sulle colline di Betlemme, aveva incrociato per strada due viandanti, un uomo e una donna incinta, che al suo passaggio si erano fermati sul ciglio della strada guardandolo in viso intensamente, come nessuna persona del luogo avrebbe osato fare. 
Uno sguardo accogliente, buono, innocente, fiducioso; per lui, intollerabile. Lo sguardo della donna, poi, luminoso per l’imminente parto, gli era entrato nell’intimo del cuore ridestandolo da un lungo letargo. 
Per quei due poveracci avrebbe voluto provare disprezzo e scherno, ma non ci riuscì. 
E quando gli augurarono, chinandosi  lievemente, pace e salute, tentò invano di colpirli al volto con la frusta; il suo cavallo ebbe uno scarto e s’inerpicò violento verso i colli. 
Quello sguardo conteneva tutti gli sguardi delle donne violentate, degli uomini rapiti, dei bimbi sgozzati nella sua vita; non poteva essere diversamente, dato che continuava a rimestargli l’anima e, più passavano le ore, più gli pesava sul cuore come un macigno. 
La notte, poi, quegli occhi che recavano in sé cento altri occhi, lo scrutavano con tale intensità da ogni angolo della sua camera, che l’uomo dubitò di perder la ragione. 
Estrasse una fune a cappio e si apprestò al gesto che da tempo meditava. Fu a quel punto che un gran fiocco di neve entrò da una feritoia della torre e andò a posarsi sul lume, spegnendolo. Come risucchiati dall’improvviso buio, centinaia e poi migliaia di occhi lo seguirono. L’uomo sentiva che mille brevi gelide carezze gli si posavano sulle mani e sul volto, ma non riusciva a capire di che si trattasse. 
Di colpo, ebbe una certezza: erano gocce di sangue, spruzzi di tutto quel sangue un tempo così caldo ed ora così freddo sparso ovunque dalla sua crudeltà. 
L’uomo riaccese il lume e rimase folgorato: tutto, intorno a sé, non aveva il colore purpureo del suo peccato ma quello, lontanissimo nel tempo, della sua innocenza, l’immacolato bianco delle lenzuola che sua madre gli rimboccava la sera dandogli il bacio della buona notte. L’uomo si precipitò a cavallo verso la vallata puntando sicuro, nei chiaroscuri della notte, là dove il bianco era più luminoso. E mentre tutti dormivano, nella santa grotta, e la neve lentamente si scioglieva, egli silenziosamente scioglieva il suo pianto verso Colui che lo aveva talmente amato da preparargli in dono la neve.

- Piero Gribaudi -
da: "Fiabe della Notte Santa", Effatà Editrice



“Vi annunzio una grande gioia… oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore: Cristo Signore” (Lc 2,10-11). 

Questa notte abbiamo riascoltato le parole dell’Angelo ai pastori, ed abbiamo rivissuto il clima di quella Notte santa, la Notte di Betlemme, quando il Figlio di Dio si è fatto uomo e, nascendo in una povera grotta, ha posto la sua dimora fra noi. 
In questo giorno solenne risuona l’annuncio dell’Angelo ed è invito anche per noi, uomini e donne del terzo millennio, ad accogliere il Salvatore. 
Non esiti l’odierna umanità a farlo entrare nelle proprie case, nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della terra! 
E’ vero, nel corso del millennio da poco concluso e specialmente negli ultimi secoli, tanti sono stati i progressi compiuti in campo tecnico e scientifico; vaste sono le risorse materiali di cui oggi possiamo disporre. 
L’uomo dell’era tecnologica rischia però di essere vittima degli stessi successi della sua intelligenza e dei risultati delle sue capacità operative, se va incontro ad un’atrofia spirituale, ad un vuoto del cuore. 
Per questo è importante che apra la propria mente e il proprio cuore al Natale di Cristo, evento di salvezza capace di imprimere rinnovata speranza all’esistenza di ogni essere umano. 

Messaggio Urbi et Orbi di sua Santità Benedetto XVI, Natale 2005



“Svegliati, uomo: poiché per te Dio si è fatto uomo” (Sant’Agostino, Discorsi, 185). Svegliati, uomo del terzo millennio! 
A Natale l’Onnipotente si fa bambino e chiede aiuto e protezione. Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla. 
L’età moderna è spesso presentata come risveglio dal sonno della ragione, come il venire alla luce dell’umanità che emergerebbe da un periodo buio. Senza Cristo, però, la luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo. Per questo la parola evangelica del giorno di Natale - “Veniva nel mondo / la luce vera, / quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9) – echeggia più che mai come annuncio di salvezza per tutti. “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Cost. Gaudium et spes, 22).
La Chiesa ripete senza stancarsi questo messaggio di speranza, ribadito dal Concilio Vaticano II che si è concluso proprio quarant’anni or sono. 


Messaggio Urbi et Orbi di sua Santità Benedetto XVI, Natale 2005




Con i pastori entriamo nella capanna di Betlemme sotto lo sguardo amorevole di Maria, silenziosa testimone della nascita prodigiosa. Ci aiuti Lei a vivere un buon Natale; ci insegni a custodire nel cuore il mistero di Dio, che per noi si è fatto uomo; ci guidi a testimoniare nel mondo la sua verità, il suo amore, la sua pace. 
- papa Benedetto XVI - 
Messaggio Urbi et Orbi - Natale 2005


Buona giornata a tutti. :-)