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sabato 23 dicembre 2023

L'albergatore di Betlemme – don Davide Caldirola

Mi avete messo dalla parte di cattivi. Da secoli spio la mia statuina nei vostri presepi. La vedo sulla porta dell'osteria, la faccia truce, lo sguardo severo, il dito alzato in segno di rifiuto; oppure dietro le porte dell'albergo, china sui profitti della giornata, incurante della coppia di galilei che bussa per domandare un giaciglio. Forse non avete l'idea di cosa significhi gestire una locanda in un borgo come Betlemme....
E allora ho detto no. Non per cattiveria, non perché Maria e Giuseppe (si chiamano così, vero?) erano dei poveracci che non potevano pagare. Semplicemente perché non ce la facevo più. Cosa ne sapete voi, che mi avete messo tra i cattivi? Magari - oltre a tutto questo - avevo anch'io una vecchia madre malata, o una moglie bisbetica con cui bisticciare, o un figlio scappato di casa, o un dolore sordo nel cuore, una ferita nelle viscere, un rimorso, un fallimento, un rimpianto. Da secoli vedo che fate come me, del resto. Come me chiudete le porte a Dio, incatenati dai vostri dispiaceri, schiantati dalla stanchezza della vita, torchiati da pesi che non riuscite a portare, da paure che vi tolgono la speranza e il respiro. E Dio arriva, e bussa alla soglia. Ma non ce la fate più, e la vostra casa rimane chiusa.

Eppure - i vostri vangeli non lo raccontano - eppure non è finita così. Quella notte, quella stessa notte, mi sono destato di soprassalto. Un rumore, un tuono, un canto: non chiedetemi cos'è stato. Ho aperto gli occhi di colpo, e ho rivisto come in un sogno Maria e Giuseppe che camminavano verso la stalla che avevo loro indicato. 
Ho raccolto un paio di coperte, un po' di formaggio, del pane avanzato. 
Mi sono messo il fagotto sulle spalle e sono uscito dall'albergo di nascosto, come un ladro. La capanna era poco distante, avvolta da una luce strana; qualcuno si allontanava nel buio, verso le colline dei pascoli. Sono entrato quasi di soppiatto e mi sono fermato in un angolo, nascosto dietro una trave di legno. Ho lasciato le quattro cose che mi ero portato appresso, e sono caduto in ginocchio. Non so quanto tempo sono rimasto, incantato, a fissare il Bambino. Quel tanto che basta per capire che io gli avevo detto di no, ma lui mi diceva di sì. Che per lui non c'era posto nel mio albergo, ma per me c'era posto nella sua vita, nel suo cuore, tutte le volte che avrei voluto.

E vorrei dirvi che poco m'importa se nei vostri presepi e nelle vostre recite sarò sempre l'oste cattivo: perché lui non mi vede così, perché - ne sono sicuro - mi aspetta di nuovo, come quella notte, ogni notte, ogni giorno, in ogni istante. Siete, siamo ancora in tempo. Non importa se gli abbiamo detto no. 
Non importa se l'affanno, la stanchezza, la tristezza della vita ci ha fatto, un giorno, chiudere le porte a Dio. C'è tempo. La sua casa rimane aperta, non ci manderà indietro. E forse cadremo, finalmente, in ginocchio davanti a lui, nel pentimento e nel perdono, in un sorriso di tenerezza o nella consolazione del pianto".

Buon Natale!

- don Davide Caldirola - 
Osteria nel presepe napoletano

Natale, ma chi se l'aspettava la sorpresa?

Ma chi se l'aspettava questo Dio?
Un'autentica sorpresa!
Che Bambino! Non dà per nulla l'idea di essere un Dio,
e non fa nulla per dare una parvenza di essere l'Onnipotente,
né ci tiene a dimostrare di essere l'Onnisciente
che ha programmato e preparato tutto a puntino.
Tutto invece maledettamente difficile, fastidioso, seccante.
Ora cadono i nostri alibi le nostre scuse per non accettarti,
cadono i nostri dubbi a tuo riguardo.
Ti pensavamo lontano, distante, indifferente a noi,
e ci accorgiamo invece che conosci i nostri guai,
le nostre amarezze, il nostro inferno.
Ora possiamo dirti l'Emmanuele, il Dio-con-noi,
il Vicino, il Presente, colui che ha deciso di stare qui,
in questo nostro sporco difficile mondo di Erodi,
di cittadini allarmati e preoccupati, messi in difesa,
senza alcuna gioia di saperti finalmente qui.
Natale,
una serie di pugni allo stomaco
per portare in giro alcuni scampoli di speranza.

 Giuseppe Impastato S.I.



Buona giornata a tutti :-)


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mercoledì 21 dicembre 2022

L'albergatore di Betlemme - don Davide Caldirola

Mi avete messo dalla parte di cattivi. Da secoli spio la mia statuina nei vostri presepi. La vedo sulla porta dell'osteria, la faccia truce, lo sguardo severo, il dito alzato in segno di rifiuto; oppure dietro le porte dell'albergo, china sui profitti della giornata, incurante della coppia di galilei che bussa per domandare un giaciglio. 
Forse non avete l'idea di cosa significhi gestire una locanda in un borgo come Betlemme. Pochi guadagni, lavoro di bassa lega, rogne a grappoli. 
Clientela non selezionata, e ladri e farabutti pronti a portarti via i magri ricavi appena giri le spalle. È vero: in quel periodo gli affari andavano bene. Merito della follia di Cesare Augusto, e del suo ordine assurdo di bandire un censimento. Ma più degli introiti, ad essere sinceri, crescevano le preoccupazioni. La mia locanda era invasa da persone di ogni tipo: viaggiatori sconosciuti, gente comune che veniva a farsi registrare, facce da galera pronte a tagliare la gola per due denari, vagabondi di passaggio, avventori con pochi soldi e tante richieste. E quella notte io, l'albergatore di Betlemme, semplicemente non ce la facevo più. 
Tutti a pretendere un posto, a gridare ordini, a tirarmi per i capelli, a lamentarsi per la minestra insipida o il vino annacquato; tutti pronti a darmi addosso perché il servizio era lento, il letto sporco, il cibo cattivo. Gli uomini bestemmiavano, i bambini gridavano, le donne si accapigliavano. 
Altro che notte di stelle e di amore, come cantate nelle vostre canzoni. Era una bolgia, un inferno. C'erano persone sdraiate sul tavolo della cucina, bestie ed esseri umani buttati l'uno sull'altro, animali e ragazzi coricati insieme. 
Non mi restava nemmeno il mio letto, ceduto per quattro spiccioli all'ultimo avventore, e dormivo in piedi, come un somaro.
E allora ho detto no. Non per cattiveria, non perché Maria e Giuseppe (si chiamano così, vero?) erano dei poveracci che non potevano pagare. Semplicemente perché non ce la facevo più. 
Cosa ne sapete voi, che mi avete messo tra i cattivi? Magari - oltre a tutto questo - avevo anch'io una vecchia madre malata, o una moglie bisbetica con cui bisticciare, o un figlio scappato di casa, o un dolore sordo nel cuore, una ferita nelle viscere, un rimorso, un fallimento, un rimpianto. 
Da secoli vedo che fate come me, del resto. Come me chiudete le porte a Dio, incatenati dai vostri dispiaceri, schiantati dalla stanchezza della vita, torchiati da pesi che non riuscite a portare, da paure che vi tolgono la speranza e il respiro. E Dio arriva, e bussa alla soglia. 
Ma non ce la fate più, e la vostra casa rimane chiusa.
Eppure - i vostri vangeli non lo raccontano - eppure non è finita così. 
Quella notte, quella stessa notte, mi sono destato di soprassalto. Un rumore, un tuono, un canto: non chiedetemi cos'è stato. Ho aperto gli occhi di colpo, e ho rivisto come in un sogno Maria e Giuseppe che camminavano verso la stalla che avevo loro indicato. Ho raccolto un paio di coperte, un po' di formaggio, del pane avanzato. Mi sono messo il fagotto sulle spalle e sono uscito dall'albergo di nascosto, come un ladro. La capanna era poco distante, avvolta da una luce strana; qualcuno si allontanava nel buio, verso le colline dei pascoli. Sono entrato quasi di soppiatto e mi sono fermato in un angolo, nascosto dietro una trave di legno. Ho lasciato le quattro cose che mi ero portato appresso, e sono caduto in ginocchio. Non so quanto tempo sono rimasto, incantato, a fissare il Bambino. Quel tanto che basta per capire che io gli avevo detto di no, ma lui mi diceva di sì. Che per lui non c'era posto nel mio albergo, ma per me c'era posto nella sua vita, nel suo cuore, tutte le volte che avrei voluto.
E vorrei dirvi che poco m'importa se nei vostri presepi e nelle vostre recite sarò sempre l'oste cattivo: perché lui non mi vede così, perché - ne sono sicuro - mi aspetta di nuovo, come quella notte, ogni notte, ogni giorno, in ogni istante. Siete, siamo ancora in tempo. 
Non importa se gli abbiamo detto no. 
Non importa se l'affanno, la stanchezza, la tristezza della vita ci ha fatto, un giorno, chiudere le porte a Dio. 
C'è tempo. La sua casa rimane aperta, non ci manderà indietro. 
E forse cadremo, finalmente, in ginocchio davanti a lui, nel pentimento e nel perdono, in un sorriso di tenerezza o nella consolazione del pianto.
Buon Natale!

- don Davide Caldirola -


Dal Magistero di Giovanni Paolo II

“E’ nato nel tempo. Dio è entrato nella storia. 
L’incomparabile oggi eterno di Dio 
si è fatto presenza 
nelle quotidiane vicende dell’uomo... 

Non è una reggia 
quella in cui nasce il Redentore, 
destinato ad instaurare 
il Regno eterno ed universale...

Il Verbo vagisce in una mangiatoia. 

Si chiama Gesù, che significa Dio salva... 

O Bambino di Betlemme, 
Ti adoriamo con Maria, 
tua Madre sempre Vergine. 

Ti riconosciamo come nostro unico Dio,
fragile Bambino che stai inerme nel presepe. 

A Te la gloria e la lode nei secoli, 
                                              divin Salvatore del mondo!”.


Dal Magistero di Benedetto XVI:

“La regalità di Cristo 
rimase del tutto nascosta fino ai suoi trent’anni, 
                             trascorsi in un’esistenza ordinaria a Nazareth”.


Buona giornata a tutti :-)


martedì 20 dicembre 2022

La leggenda del bue e dell'asinello

Mentre Giuseppe e Maria erano in viaggio verso Betlemme, un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti ad aiutare la Santa Famiglia nella stalla. Per primo, naturalmente, si presentò il leone. “Solo un re è degno di servire il Re del mondo”, ruggì “io mi piazzerò all’entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi al Bambino!”.

“Sei troppo violento” disse l’angelo.

Subito dopo si avvicinò la volpe. Con aria furba e innocente, insinuò: “Io sono l’animale più adatto. Per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato. Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo!” “Sei troppo disonesta”, disse l’angelo.

Tronfio e splendente arrivò il pavone. Sciorinò la sua magnifica ruota color dell’iride: “Io trasformerò quella povera stalla in una reggia più bella dei palazzo di Salomone!”.

“Sei troppo vanitoso” disse l’angelo.

Passarono, uno dopo l’altro, tanti animali ciascuno magnificando il suo dono. Invano. L’angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene. Vide però che l’asino e il bue continuavano a lavorare, con la testa bassa, nel campo di un contadino, nei pressi della grotta. L’angelo li chiamò: “E voi non avete niente da offrire?”.

“Niente”, rispose l’asino e afflosciò mestamente le lunghe orecchie, “noi non abbiamo imparato niente oltre all’umiltà e alla pazienza. Tutto il resto significa solo un supplemento di bastonate!”.

Ma il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse: “Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code”. L’angelo finalmente sorrise: “Voi siete quelli giusti!”

Grossi o piccoli, i superbi sono sempre stupidi.

Dio accende ancora fuochi nella notte del mondo per chiamare gli uomini a riconoscere in Gesù il “segno” della sua presenza salvatrice e liberatrice e allargare il “noi” dei credenti in Cristo all’intera umanità

papa Benedetto XVI - dal "Messaggio del Natale 2009" -


 Natale: insondabile mistero dell’amore

Il Natale è il giorno della liberazione dell’uomo: il miracolo della carità divina, da cui è derivata la libertà umana. Dove il padrone è Mammona (o un despota che lo rappresenti), la libertà è in pericolo e va condannata. Dove il padrone è Dio, la libertà è il valore primo, per il quale l’uomo sta come figlio di Dio. «Così non sei più schiavo, ma figlio» (Gal. 4, 72). Ben fa il popolo a solennizzare questa festa che fu e resta popolare. Difatti ricorda la nascita di Colui, che venne a liberare la massa per rifarla popolo di Dio.

Igino Giordani, «Città Nuova» n. 23-24, dicembre 1967, pp.12-13


Buona giornata a tutti :-)

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mercoledì 15 dicembre 2021

E Giuseppe raccontò - Franco Signoracci

Ricordo bene quella notte, quando l'angelo entrò nel mio sogno.
Era l'ora più buia, quando il giorno trascorso è già dimenticato e l'alba nuova è ancora lontana. Io dormivo profondamente e nei miei sogni c'erano tante storie: immagini strane si mischiavano e si inseguivano tra di loro, come spesso accade. Poi, ad un tratto, anche nei miei sogni ci fu silenzio e buio, e apparve un puntino luminoso che diventava sempre più grande, come la lampada di una barca quando si avvicina di notte alla riva.
Capii subito che quello non era un sogno come gli altri: quella luce era un angelo!
E l'angelo parlò.
E mi raccontò di Maria, del bambino, delle difficoltà che avremmo incontrato: "Non temere", mi disse, "starò sempre con voi!".
Mi svegliai di colpo: non ero spaventato, ma quella apparizione mi aveva turbato. Sentivo caldo nel chiuso della mia stanza; dovevo uscire a prendere aria, a pensare un poco a quelle parole. Infilai i sandali e andai a sedermi su di un sasso, poco lontano dalla casa, in una posizione elevata.
Sotto di me c'era tutto il paese addormentato. Sopra di me il cielo stellato e la luna, che tramontava all'orizzonte.
Pensavo di essere solo, poi mi accorsi che non lontano da me c'era un gregge di pecore, custodito da due pastori: i due uomini vegliavano accanto alle braci di un fuoco quasi spento. Poi, tra le case del paese, si aprirono alcune porte e vidi uomini uscire in silenzio: erano i pescatori, che partivano a notte fonda per andare al lago di Tiberiade. Vidi anche un altro uomo uscire dal villaggio, conduceva due asini che avevano anfore legate ai fianchi: andava a prendere l'acqua. Infine, mentre il cielo a oriente si faceva più chiaro, vidi uscire i primi contadini. "Ecco", pensai tra me, "per tutta questa gente, per tutti noi verrà il bambino!" E sentii una grande pace nel cuore.


- Franco Signoracci -
Da: “La notte più bella”






Dal Natale nasce una famiglia. È la festa di oggi: la famiglia di Gesù, santa perché Sua. Non si diventa familiari di Dio per diritto; non è un’eredità; non è mai un possesso. È la famiglia di coloro che lo hanno accolto nella fede, che da lui ricevono il potere di diventare figli di Dio.
È una famiglia larga, di uomini e donne veri, di fratelli più piccoli di Gesù, di peccatori perdonati, di uomini qualsiasi chiamati a seguirlo. È quella discendenza enorme che compone il cielo stellato promesso ad Abramo.
La liturgia ci presenta la Santa Famiglia di Nazareth. Cosa vuole insegnarci? Che il bambino Gesù ne è il centro, il cuore, il motivo dell’amore. Come dire che senza Gesù, e senza averlo preso con sé, non ci sarebbe stata quella famiglia, si sarebbe rotta al suo nascere.
Prendiamo Gesù con noi e saremo salvi. Prendiamo Gesù con noi e sapremo vivere assieme, in famiglia e con gli altri. Accogliamo la parola dell’Angelo, il Vangelo, e sapremo percorrere le vie della vita, sapremo evitare i pericoli, e comunque trovare il nostro Egitto, il nostro rifugio, anche se ci costa.


- Papa Benedetto XVI -



“Mentre ci prepariamo al Natale,
è importante che rientriamo in noi stessi 
e facciamo una verifica sincera
sulla nostra vita. 
Lasciamoci illuminare da un raggio 
della luce che proviene da Betlemme, 
la luce di Colui che è ‘il più Grande’ 
e si è fatto piccolo,
‘il più Forte’ e si è fatto debole”.

- Dal Magistero di papa Benedetto XVI -




Voglio soffermare la vostra attenzione su un particolare che si riferisce alle feste di Natale, cioè tutte quelle giornate nelle quali si prepara la tavola per mangiare insieme ad amici e parenti.
Non affannatevi a presentare cibi inconsueti, speciali e straordinari....
Non esagerate cercando la perfezione e la originalità delle tovaglie, dei segnaposti, dei decori, dei colori che caratterizzeranno la tavola della festa.
Dico "non affannatevi" e non "esagerate".
Preparate la tavola attenendovi alle regole della semplicità ed alle norme dell'ospitalità.
Sapete?
Anche questo piccolo gesto, semplice, sobrio ed essenziale fatto nello spirito della familiarità, può diventare Vangelo.
Perché tutto dipende dallo spirito giusto che ignori la febbre della riuscita, la ricerca del consenso, il bisogno della riconoscenza che cerca il ricambio.
La bella tavola apparecchiata sparirà un giorno dalla memoria, mentre resterà impressa per sempre nella mente la sincera, spontanea e schietta accoglienza fatta con il cuore. 

-  Massimo Arrighi -
Diacono della Diocesi di Lecce




Buona giornata a tutti. :-)

martedì 14 dicembre 2021

La preghiera - don Bruno Ferrero

Andrea aveva un solo grande desiderio: una bicicletta. 
Una bicicletta gialla super-accessoriata che aveva visto in una vetrina della città. Non se la poteva più togliere dalla mente. 
Vedeva la bicicletta gialla nei sogni, nel caffelatte, nella figura di Carlo Magno che c’era sul libro di scuola. Ma la mamma di Andrea aveva tante cose da pagare ancora e le spese aumentavano ogni giorno. 
Non poteva certo comprare una bicicletta costosa come quella sognata da Andrea.
Andrea conosceva le difficoltà della mamma e così decise di chiedere la bicicletta direttamente a Dio. Per Natale. 
Tutte le sere Andrea cominciò ad aggiungere una frase alle sue preghiere: “Ricordati di farmi avere la bicicletta gialla per Natale. Amen
Ogni sera la mamma sentiva Andrea pregare per ottenere la bicicletta gialla e ogni sera scuoteva tristemente la testa. 
La mamma sapeva che Natale sarebbe stato un giorno ben doloroso per Andrea. Non ci sarebbe stata la bicicletta e il bambino ne sarebbe stato mortalmente deluso. 
Venne il giorno di Natale e naturalmente Andrea non ricevette nessuna bicicletta. 
Alla sera, il bambino si inginocchiò come al solito accanto al lettino per dire le preghiere. “Andrea”, gli disse dolcemente la mamma, “penso che sarai scontento, perché non hai ricevuto la bicicletta per Natale. Spero che tu non sia arrabbiato con Dio, perché non ha risposto alle tue preghiere”. 
Andrea guardò la mamma. “Oh no, mamma. lo non sono arrabbiato con Dio. Ha risposto alle mie preghiere. Dio ha detto: “No!”.

don Bruno Ferrero
da: "Cerchi dell'acqua" ed. Elledicì 1994


La preghiera 

La catechista interroga i suoi bambini sulla preghiera.
"Vediamo: tu reciti le preghiere alla sera?".
"Certo".
"E anche al mattino?".
"No!".
"Perché?".
"Di giorno non ho mica paura".

Spesso è solo la paura che ci fa pregare. Che umiliazione per noi e soprattutto per Dio! La preghiera è la semplicità dell'amore che parla.
Preghiera che fa sorgere il sole, preghiera che batte sul muro, qualunque sia il codice, preghiera che sa che dall'altra parte qualcuno ascolta.

don Bruno Ferrero
da: "Il segreto dei pesci rossi", ed. Elledicì



È scontato il fatto che la preghiera fa parte della vita e che rappresenta il punto più alto dell'esistenza. La preghiera è come il mare per il pesce: è la preghiera il mio mare. Preghiera come valore che fonda la mia stessa umanità; preghiera quale perla fra tutte le parole. No, nessuno può vivere senza pregare, neppure l'ateo, perché tutti hanno bisogno l'uno dell'altro. [...] È vero, la preghiera è il momento decisivo dell'esistenza.

Padre David Maria Turoldo
  



Buona giornata a tutti. :-)


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domenica 10 gennaio 2021

La preghiera - don Bruno Ferrero

Andrea aveva un solo grande desiderio: una bicicletta. 
Una bicicletta gialla super-accessoriata che aveva visto in una vetrina della città. Non se la poteva più togliere dalla mente. 
Vedeva la bicicletta gialla nei sogni, nel caffelatte, nella figura di Carlo Magno che c’era sul libro di scuola. Ma la mamma di Andrea aveva tante cose da pagare ancora e le spese aumentavano ogni giorno. 
Non poteva certo comprare una bicicletta costosa come quella sognata da Andrea.
Andrea conosceva le difficoltà della mamma e così decise di chiedere la bicicletta direttamente a Dio. Per Natale. 
Tutte le sere Andrea cominciò ad aggiungere una frase alle sue preghiere: “Ricordati di farmi avere la bicicletta gialla per Natale. Amen
Ogni sera la mamma sentiva Andrea pregare per ottenere la bicicletta gialla e ogni sera scuoteva tristemente la testa. 
La mamma sapeva che Natale sarebbe stato un giorno ben doloroso per Andrea. Non ci sarebbe stata la bicicletta e il bambino ne sarebbe stato mortalmente deluso. 
Venne il giorno di Natale e naturalmente Andrea non ricevette nessuna bicicletta. 
Alla sera, il bambino si inginocchiò come al solito accanto al lettino per dire le preghiere. “Andrea”, gli disse dolcemente la mamma, “penso che sarai scontento, perché non hai ricevuto la bicicletta per Natale. Spero che tu non sia arrabbiato con Dio, perché non ha risposto alle tue preghiere”. 
Andrea guardò la mamma. “Oh no, mamma. lo non sono arrabbiato con Dio. Ha risposto alle mie preghiere. Dio ha detto: “No!”.

don Bruno Ferrero
da: "Cerchi dell'acqua" ed. Elledicì 1994


La preghiera 

La catechista interroga i suoi bambini sulla preghiera.
"Vediamo: tu reciti le preghiere alla sera?".
"Certo".
"E anche al mattino?".
"No!".
"Perché?".
"Di giorno non ho mica paura".

Spesso è solo la paura che ci fa pregare. Che umiliazione per noi e soprattutto per Dio! La preghiera è la semplicità dell'amore che parla.
Preghiera che fa sorgere il sole, preghiera che batte sul muro, qualunque sia il codice, preghiera che sa che dall'altra parte qualcuno ascolta.

don Bruno Ferrero
da: "Il segreto dei pesci rossi", ed. Elledicì



È scontato il fatto che la preghiera fa parte della vita e che rappresenta il punto più alto dell'esistenza. La preghiera è come il mare per il pesce: è la preghiera il mio mare. Preghiera come valore che fonda la mia stessa umanità; preghiera quale perla fra tutte le parole. No, nessuno può vivere senza pregare, neppure l'ateo, perché tutti hanno bisogno l'uno dell'altro. [...] È vero, la preghiera è il momento decisivo dell'esistenza.

Padre David Maria Turoldo
  


giovedì 17 dicembre 2020

Il passero di Natale – don Bruno Ferrero

La notte in cui Dio inviò l'arcangelo Gabriele a Maria, un passero si trovava per caso lì, sul davanzale di una finestra.
Impaurito dall'apparizione, stava per fuggire. Ma non appena udì l'arcangelo annunciare a Maria che essa avrebbe dato presto alla luce il figlio di Dio, il suo piccolo cuore cominciò a battere forte per l'emozione. E rimase fermo come un sasso fin quando l'arcangelo non fu volato via.
«Ho davvero capito bene? Da Maria nascerà proprio il figlio di Dio?», si chiese l'uccellino. Provava una grande felicità. «Sono stato fortunato a sentire tutto», pensò. «Devo andare subito a riferire il meraviglioso annuncio agli uomini affinché si preparino ad accogliere e a festeggiare il bambino».
Così partì in volo sul villaggio di Nazaret e si diresse al mercato.
Lì vi erano donne che vendevano grano, farina e pane. «Ho uno straordinario segreto da rivelarvi!», cinguettò il passero saltellando sulle zampette, impaziente di raccontare.
Ma una di loro gli gridò arrabbiata: «Voi passeri fate sempre i furbi per rubarmi il grano! Vattene via di qui, impertinente!». E lo minacciò con una scopa, senza ascoltare ciò che le voleva dire.
«Si sta preparando qualcosa di grandioso!»
Il passero volò allora fino alla piazza. Riuniti sotto un albero, i saggi del villaggio stavano discutendo animatamente.
«Loro sì, mi ascolteranno di certo», pensò, per farsi coraggio. «Si sta preparando qualcosa di grandioso per le creature della terra!», cinguettò, posandosi su un ramo proprio sopra di loro.
I saggi alzarono per un attimo lo sguardo verso di lui, poi ripresero i loro discorsi. Neanche si accorsero che l'uccellino, per nulla intimorito da un gatto, continuava a saltare di ramo in ramo tentando disperatamente di attirare la loro attenzione.
Scuotendo la testolina per la delusione, il passero proseguì fino alla capitale e puntò diritto verso il palazzo del Re. «Come osi oltrepassare le mura della reggia?», gridò una guardia.
«Vengo per darvi una notizia importante», cinguettò il passero. «Sta per nascere il Figlio di Dio, il Signore dei cieli e della terra!».
«Se non taci immediatamente ti chiuderò in una gabbia!», tuonò il capitano. «È il nostro Re il signore di tutto e di tutti!».
Ma il passero riuscì a sfuggire alle guardie. Entrò per una finestra nel palazzo, e si diresse verso la sala del trono. «Cacciate via quell'uccello maleducato!» urlò il Re furente, senza ascoltare un bel niente di quel che il passero cercava di dirgli.
Guardie e servitori inseguirono il passero. Per fortuna, proprio nell'ultima stanza, il passero trovò una feritoia aperta, e in un baleno riguadagnò la libertà.
«I bambini mi daranno retta!»
«Salvo! Finalmente sono salvo!», esclamò l'uccellino librandosi alto nel cielo. Da lassù scorse, vicino a un villaggio, dei bambini che giocavano allegri in mezzo alla neve.
«I bambini sì, loro mi daranno retta!», pensò, avvicinandosi velocemente.
Infatti, si era appena posato sulla neve, che tutti i bambini si erano già raccolti in cerchio attorno a lui. «Com'è carino questo passerotto!», dissero. «Che cosa sarà venuto a fare? Forse vuole giocare con noi». «Oh no! Sono qui per svelarvi un bellissimo segreto!», cinguettò l'uccellino, piegando un po' di lato la testolina. «Nascerà tra poco sulla terra, proprio qui tra noi, un altro bambino, il figlio di Dio!». «Ascoltate quanti cip cip... cip cip...», notò un bambino. «Sembra proprio che voglia dirci qualcosa ..». «Io dico che ha fame!», esclamò una bambina, e gli diede delle briciole di torta.
Ma il passero non pensava davvero al cibo. Era lì per qualcosa di ben più importante. Per richiamare meglio la loro attenzione, batté eccitato le ali e ripeté da capo tutto, cinguettando nel modo più chiaro possibile.
«Come vorremmo capirti!», disse un bambino all'uccellino, accarezzandolo. Il passero fu certo che i bambini, purtroppo, non potevano comprenderlo.
«Gli adulti fanno i sordi...»
Al passero dispiaceva molto di non poter comunicare a nessuno il grande segreto. «Quale sfortuna che gli uomini non sappiano ciò che sta per accadere!», pensava. «Gli adulti fanno i sordi e mi cacciano via, e i bambini, tanto gentili, non riescono a capirmi...». «Se non posso raccontare nulla agli uomini, non vi sarà nessuno ad accogliere Giuseppe e Maria al loro arrivo a Betlemme», si preoccupava l'uccellino. «E nessuno, proprio nessuno sarà davanti alla stalla nella notte santa per far compagnia al figlio di Dio! Debbo fare a ogni costo qualcosa!», decise.
Allora chiamò gli altri passeri e raccontò loro ciò che aveva udito nella casetta di Maria. I passeri si rallegrarono subito quanto lui.
«Se gli uomini non vogliono capire quale bambino sta per nascere, noi lo faremo sapere almeno agli altri uccelli», decisero. In men che non si dica, volarono in ogni direzione e diffusero ovunque la notizia. Allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, proprio tutti seppero del grande evento. Nel mondo degli uccelli cominciò a regnare l'impazienza.
Ovunque fervevano preparativi. Tutti provavano i loro più bei canti attendendo la nascita del figlio di Dio. Quando Gesù nacque e fu deposto nella greppia, i primi a vederlo furono l'asinello che aveva portato Giuseppe e Maria a Betlemme, il bue che abitava nella stalla, e stormi di allodole, fringuelli, cinciallegre, pettirossi, usignoli e merli venuti da ogni parte. Dal tetto della stalla i passeri vegliavano su Gesù bambino, mentre gli altri uccelli cantavano gioiosamente tutt' attorno.
Poi arrivarono i primi pastori, che avevano finalmente udito l'annuncio dagli angeli discesi dal cielo. Davanti a Gesù, si meravigliarono di trovare tutti quegli uccelli in festa. Si guardarono l'un l'altro. «Cantiamo anche noi», dissero, e fecero un coro solo con allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, suonando pure dolcemente i loro flauti e le zampogne.
Quando gli altri uomini li udirono di lontano e capirono che era nato il figlio di Dio, pure loro si rallegrarono e cominciarono a cantare. Così in ogni luogo della terra fu festa per il sacro evento.
Potete immaginare la felicità del nostro passero! Per merito suo, Gesù, nascendo, aveva trovato tante e tante creature e tanti canti di felicità attorno a sé. E ancor oggi, nella notte santa, davanti al Presepio o all'albero di Natale, bambini e grandi riempiono di canti le loro case.

- Don Bruno Ferrero -
Da: “Storie di Natale”, ed. Elledicì




...Il nostro secolo ci costringe a imparare di nuovo la verità dell'Avvento: la verità cioè che è sempre stato tempo di Avvento e che tempo di avvento continua sempre a essere. La verità che tutta l'umanità è un'unica umanità davanti al volto di Dio. Che tutta l'umanità giace nelle tenebre, ma anche che tutta l'umanità è illuminata dalla luce di Dio. Ma se è vero che è sempre stato tempo di Avvento e che tempo di Avvento continua sempre a essere, ciò significa anche che per nessun periodo della storia Dio sarebbe per così dire solo passato, un passato che sta già alle nostre spalle e in cui tutto è già stato fatto. Bensì per tutti noi Dio è l'origine da cui veniamo e, nello stesso tempo, sempre anche il futuro verso cui andiamo. E ciò significa inoltre che tutti quanti possiamo trovare Dio soltanto andandogli incontro come a colui che viene, come a colui che attende e vuole che ci mettiamo in cammino. Non possiamo trovare Dio se non in questo esodo, in questo uscire dalla comodità del nostro presente per entrare nel nascondimento della luminosità veniente di Dio...

Joseph Ratzinger  - da "Tempo d'Avvento" -





Il tempo di Avvento ci infonde speranza, una speranza che non delude. 
Il Signore non delude mai.

Papa Francesco @Pontifex_it 
(Giovedì 4 Dicembre 2014)





 

Buona giornata a tutti. :-)

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mercoledì 16 dicembre 2020

Leggenda di Natale a Cresburg

 Cresburg è l'unico paese del mondo cristiano in cui le campane suonano la gloria della nascita del Redentore cinque minuti dopo la mezzanotte.

Viveva a Cresburg una vecchina di oltre cent'anni: si chiamava Gret.
Una sera, era la sera del ventiquattro dicembre, nella piccola casa entrò improvvisamente la Morte: era passata dalla porta chiusa, silenziosamente.
Gret, che stava sferruzzando lestamente, alzò gli occhi su lei:
- E' ora? - chiese ansiosa.
- E' ora - rispose la Morte.
- Aspetta ancora un poco, te ne prego - supplicò la vecchina - Devo finire questa maglia di lana.
- Quanto tempo occorre?
Gret diede un rapido sguardo al lavoro, fece un breve conto e rispose: - Due ore. Due ore mi bastano.
- E' troppo.
- Ma io devo assolutamente finire la maglia. Tutti gli anni ne faccio una per il Bambino che nasce. E se non riesco a finirla, il Bambino avrà freddo. Non senti che gelo?
- Due ore di ritardo nell'ubbidire alle leggi di Dio - rispose gravemente la Morte - significano duecento anni di pene da scontarsi prima di raggiungere la pace divina.
La vecchina ebbe un moto di sgomento.
Ma poi scosse il capo: - Non importa - rispose - Il Bambino, senza maglia, soffrirebbe. Duecento anni? Pazienza.
E continuò a sferruzzare veloce, mentre la Morte, in un angolo, attendeva.
Mancavano pochi minuti alla mezzanotte, allorché Gret alzò il capo: Sono pronta, disse alla Morte.
Uscirono insieme e s'incamminarono vicine sotto il cielo coperto di stelle.
Troc, troc, faceva la falce, picchiando sulle scapole nude della Morte.
Sulla grande strada alberata dovettero fermarsi.
Circondato da un alone di luce bianchissima, avanzava il Bambino che si recava a Betlemme.
La vecchina si inginocchiò, e, quando Egli le fu vicino, gli porse umilmente la maglia.
Gesù si fermò, guardò la Morte che attendeva, poco discosto e chiese: - Dove andate?
- A scontar duecento anni di pene per raggiungere la felicità eterna - rispose la vecchina.
Il Bambino la fece alzare e si rivolse alla Morte: - Vattene - le disse - L'accompagno io.
La prese per mano e ritornò indietro sulla via percorsa, fino in Paradiso.
Poi riprese il cammino per andare a Betlemme: quando vi giunse era la mezzanotte e cinque minuti.

Di cosa ha bisogno il Dio Bambino?
Di nulla, se non del calore dell'amore di chi si mette in gioco per lui, come lui si è messo in gioco per salvare i suoi fratelli!


"In un momento storico 
nel quale il regno del mondo 
si sfascia dalle fondamenta,
è di suprema importanza 
volgere gli occhi al vero, unico ed eterno Re,
nel quale soltanto
è riposta la speranza del mondo". 

(Servo di Dio don Dolindo Ruotolo)




"Colui che ha una grande ricchezza in se stesso è come una stanza pronta per la festa di Natale, luminosa, calda e gaia in mezzo alla neve e al ghiaccio della notte di dicembre..."

- Arthur Schopenhauer - 



La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. 
Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

- Gilbert Keith Chesterton -




 

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