84. La sua aspirazione più alta, il suo
desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e
sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con
tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli
esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore
e non perdeva mai di vista le sue opere.
Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne.
Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».
Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne.
Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».
Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
85. E giunge il giorno della letizia, il tempo
dell’esultanza!
Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia.
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia.
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e
dolce agli uomini e agli animali!
La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero.
La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi.
I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
86. Francesco si è rivestito dei paramenti
diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella
voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi
parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la
piccola città di Betlemme. La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero.
La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi.
I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora.
E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione.
Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo.
Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
Tommaso da Celano racconta Greccio
Il testo integrale della Vita prima di Tommaso da Celano, sul presepio di Greccio, al cap. XXX.
«Francesco ci appare veramente il Serafico,
cioè l’anima angelicata, che nella sua inenarrabile intensità mistica può
condensare e rappresentare l’innumerevole anima cattolica del suo tempo,
anelante alla rinunzia ma per arricchire con migliori tesori, al recesso, ma
per uscirne, temprata, alla riconquista cristiana del mondo aberrante.
Ecco la multiforme figura dell’Assisate: lui nudo davanti al padre avaro; lui cinto di rozza tonaca della stoffa incolore tessuta per i poveri, con una trama bianca e una nera; lui trafitto sul Golgota aretino dalle stimmate di Cristo; lui predicante la pace ai cittadini inferociti; lui che impone il disarmo personale ai suoi terziari, per cominciare da loro il disarmo morale della guerra endemica, lui che, acceso apostolo, va in Oriente in pieno Islam, e dice al Soldano le verità cristiane, gettando le basi di quella missione plurisecolare d’Oriente che ha per centro e monumento glorioso la Custodia di Terra Santa.»
Ecco la multiforme figura dell’Assisate: lui nudo davanti al padre avaro; lui cinto di rozza tonaca della stoffa incolore tessuta per i poveri, con una trama bianca e una nera; lui trafitto sul Golgota aretino dalle stimmate di Cristo; lui predicante la pace ai cittadini inferociti; lui che impone il disarmo personale ai suoi terziari, per cominciare da loro il disarmo morale della guerra endemica, lui che, acceso apostolo, va in Oriente in pieno Islam, e dice al Soldano le verità cristiane, gettando le basi di quella missione plurisecolare d’Oriente che ha per centro e monumento glorioso la Custodia di Terra Santa.»
- Monsignor Umberto Benigni -
da "Storia
sociale della Chiesa" vol. 5
Buona giornata a tutti. :-)
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