sabato 26 novembre 2016

I tre figli - don Bruno Ferrero

Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato!


Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16)
- don Bruno Ferrero- 
Fonte :  Solo il vento lo sa di Bruno Ferrero


“Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?”. 

Quando a un bambino gli viene affidato un pesce rosso o un piccolo vasetto con un semino piantato dentro, non è per offrirgli un nuovo giocattolo ma per insegnargli la fedeltà che dà la vita alle cose. 
Se si dimenticasse di dare dal mangiare al pesce rosso o di mettere l’acqua alla piantina si accorgerebbe che in poco tempo avrebbe un pesce morto e una pianta secca. 
Diffidate quindi da quei genitori che regalano pesci rossi ai figli e poi se ne fanno carico loro per i successivi anni di vita, semplicemente perché il figlio così inizialmente entusiasta del nuovo acquisto, dopo un po’ si è annoiato. Senza quella pazienza che ci rimette davanti alle nostre responsabilità a partire dal pesce rosso, accadrà che da grandi faremo uguale nelle relazioni, con il lavoro, con le persone che diciamo di amare e perché no anche con i nostri figli che li accogliamo con l’entusiasmo dei pesci rossi nuovi per poi viverceli semplicemente come un peso. 
Con la stessa ottica pensate al paradiso: chi ci darà una cosa così bella se non siamo stati capaci di aver avuto cura di una cosa mediamente bella che ci è capitata nella vita? Non è punizione, ma conseguenza.

- don Luigi Maria Epicoco - 



Raccontami dove hai trovato la forza, Giacomo

......Raccontami come si lotta per essere felici quando tutto il mondo resiste e la corrente è contraria, perchè anche noi possiamo trovare la tua chiarezza e la tua forza. Insegnaci il segreto di un cielo stellato trecentosessantacinque giorni all'anno, di una vita che si aggrappa al futuro. 
Se un seme non "spera" nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perchè richiede consapevolezza di sè, apertura e tanti fallimenti. 
Sperare non è il vizio dell'ottimista ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco. 
Insegnaci, Giacomo, l'arte di sperare.


- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori



...Che cosa serve, Giacomo, per abitare questa sconfitta senza rifugiarsi in un mondo infantile e al riparo dalla vita? 
Si può proseguire senza rinunciare all'altezza, all'infinito? Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevamo immaginato? 
Come non scivolare , dopo l'incanto giovanile, nel disincanto adulto?

- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori




venerdì 25 novembre 2016

Ancora mi solleverò - Maya Angelou - 25 Novembre - Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Mi potresti scrivere nella storia
con le tue bugie amare, rigirate.
Mi potresti calpestare nel fango
ma io, come polvere, ancora mi alzerò.
La mia insolenza ti turba?
Perché sei irto di tristezza?
perché cammino come avessi pozzi di petrolio
che pulsano nel mio salotto.
Come le lune e i soli
con la certezza delle onde
come le speranze che si rialzano,
io ancora mi alzerò.
Volevi vedermi distrutta?
Capo chino e occhi bassi?
Spalle pendenti come lacrime,
appesantite dai miei pianti sentimentali?
La mia superbia ti offende?
non te la prendere troppo,
perché io rido come avessi miniere d'oro
scavate nel mio giardino.
Puoi spararmi con le tue parole,
puoi tagliarmi coi tuoi occhi,
puoi uccidermi col tuo odio
ma io ancora, come aria, mi alzerò.
La mia sensualità ti dispiace?
ti sorprende forse che io balli
come fossi coperta di diamanti
all'inizio dei miei fianchi?
Fuori dalle capanne dell'imbarazzo della storia
io mi alzo.
Sopra il passato che si radica nel dolore
io mi alzo.
Sono un oceano nero, che salta ed è largo.
Crescendo e aumentando, io mi reco nella marea.
Tralasciando notti di terrore e paura
io mi alzo.
Ritrovandomi in un'alba meravigliosamente chiara
io mi alzo.
Portando doni che mi furono lasciati dagli antenati,
io sono sogno e speranza degli schiavi.
Io mi alzo.
Mi alzo,
mi alzo.

- Maya Angelou - 
“Ancora mi alzo"


"Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subìto,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo:
in piedi Signori,
davanti a una Donna!"

- William Shakespeare - 


Ho giurato di non stare mai in silenzio, in qualunque luogo e in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze e umiliazioni. Dobbiamo sempre schierarci.
La neutralità favorisce l’oppressore, mai la vittima.
Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato.

- Èlie Wiesel -



La violenza sulle donne è antica come il mondo, ma oggi avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri.

- Helga Schneider - 



E malgrado tutta la violenza sulle donne e sugli indifesi, io sono certa che una buona educazione fatta in famiglia e a scuola ai fanciulli e giovani, salverebbe dalla violenza tante vite.

- Maria Savasta - 


Il 25 novembre si celebra la Giornata contro la Violenza sulle Donne. 
Istituita dall'Onu nel 1999, intende sensibilizzare l'opinione pubblica su argomenti purtroppo sempre attuali come quelli della violenza di genere e del femminicidio. 



Buona giornata a tutti. :-)















giovedì 24 novembre 2016

da: "Le risposte di papa Francesco alle domande dei bambini"

Santità,
mio nonno non è cattolico, ma non è disposto a fare del male. Lui andrà lo stesso in paradiso quando morirà? Insomma, se qualcuno non fa mai le penitenze, quanto grande deve essere il suo peccato per andare giù all'inferno? 
Che Dio la benedica.


(Yifan, Cina, 13 anni)

Caro Yifan,
Gesù ci ama tantissimo e vuole che tutti andiamo in cielo. La volontà di Dio è che tutti si salvino. Gesù fino all'ultimo momento accompagna la nostra vita perchè stiamo sempre con Lui. Le apparenze possono ingannare, certo. 
C'è chi immagina che se uno non va a messa la domenica andrà certamente all'inferno. E invece Gesù è accanto a noi fino all'ultimo momento della nostra vita per salvarci. 
Una volta una signora andò da un prete santo, che si chiamava Giovanni Maria Vianney, parroco di Ars in Francia. 
Si mise a piangere perchè suo marito si era suicidato buttandosi da un ponte. Era disperata perchè immaginava che il marito fosse certamente all'inferno. E padre Giovanni Maria Vianney, che era un santo, invece le disse. guarda che tra il ponte e il fiume c'è la misericordia di Dio.

- Jorge Maria Bergoglio -

da: " L'amore prima del mondo. Caro papa vorrei chiederti... Le risposte di papa Francesco alle domande dei bambini"



Giulia: «Santità, tutti ci dicono che è importante andare a Messa alla domenica. Noi ci andremmo volentieri ma spesso i nostri genitori non ci accompagnano perché alla domenica dormono, il papà e la mamma di un mio amico lavorano in un negozio e noi spesso andiamo fuori città per trovare i nonni. Puoi dire a loro una parola perché capiscano che è importante andare a Messa insieme, ogni domenica?»

Riterrei di sì, naturalmente, con grande amore, con grande rispetto per i genitori che, certamente, hanno tante cose da fare. Ma tuttavia, con il rispetto e l’amore di una figlia, si può dire: cara mamma, caro papà, sarebbe così importante per noi tutti, anche per te incontrarci con Gesù. Questo ci arricchisce, porta un elemento importante alla nostra vita. Insieme troviamo un po' di tempo, possiamo trovare una possibilità. Forse anche dove abita la nonna si troverà la possibilità. In una parola direi, con grande amore e rispetto per i genitori, direi loro: "Capite che questo non è solo importante per me, non lo dicono solo i catechisti, è importante per tutti noi; e sarà una luce della domenica per tutta la nostra famiglia".

- Papa Benedetto XVI - 
Incontro di Catechesi e di Preghiera del Santo Padre Benedetto XVI con i bambini della Prima Comunione. Sabato 15 ottobre 2005


Caro papa Francesco,
se tu potessi fare un miracolo, che cosa sarebbe?

Con affetto William

Caro William,
io guarirei i bambini. Non sono ancora riuscito a capire perchè i bambini soffrano. Per me è un mistero. Non so darti una spiegazione. Mi interrogo su questo. Prego su questa domanda: perchè i bambini soffrono? E' il mio cuore che si pone la domanda. Gesù ha pianto e piangendo ha capito i nostri drammi. Io cerco di capire. Se potessi fare un miracolo, guarirei tutti i bambini. Il tuo disegno mi fa riflettere: c'è una grande croce scura e dietro ci sono un arcobaleno e il sole che splende. Mi piace questo. La mia risposta al dolore dei bambini è il silenzio oppure una parola che nasce dalle mie lacrime. Non ho paura di piangere. Non devi averla neanche tu.

- Jorge Maria Bergoglio -

da: " L'amore prima del mondo. Caro papa vorrei chiederti... Le risposte di papa Francesco alle domande dei bambini"


Adriano: «Santo Padre, ci hanno detto che oggi faremo l'Adorazione Eucaristica? Che cosa è? Come si fa? Ce lo puoi spiegare? Grazie»

Allora, che cos'è l'adorazione, come si fa, lo vedremo subito, perché tutto è ben preparato: faremo delle preghiere, dei canti, la genuflessione e siamo così davanti a Gesù. Ma, naturalmente, la tua domanda esige una risposta più profonda: non solo come fare, ma che cosa è l'adorazione. Io direi: adorazione è riconoscere che Gesù è mio Signore, che Gesù mi mostra la via da prendere, mi fa capire che vivo bene soltanto se conosco la strada indicata da Lui, solo se seguo la via che Lui mi mostra. Quindi, adorare è dire: «Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te». Potrei anche dire che l'adorazione nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nel quale gli dico: «Io sono tuo e ti prego sii anche tu sempre con me».

- Papa Benedetto XVI - 
Incontro di Catechesi e di Preghiera del Santo Padre Benedetto XVI con i bambini della Prima Comunione. Sabato 15 ottobre 2005


Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 23 novembre 2016

Vergine visse e vergine morì - Kahlil Gibran

I suoi contingenti erano ormai sopraffatti dal numero dei nemici ed il generale non ebbe altra scelta che ordinare: “Affinchè si risparmino vite e munizioni, dobbiamo ordinatamente ritirarci presso una città sconosciuta al nemico, ove poter mettere a punto una nuova strategia.
Marceremo attraverso il deserto poichè è meglio seguire questo tragitto che cadere nelle mani del nemico. Incontreremo monasteri e conventi che occuperemo al solo fine di procurarci cibo e provvigioni”.
Le truppe non ebbero niente da obiettare dal momento che non vedevano alternativa ad una situazione così critica.
Marciarono per giorni nel deserto, patendo fatica, caldo, fame, sete. Un giorno videro una costruzione imponente che sembrava un’antica fortezza. Il portone pareva quello di una città fortificata. Alla vista di ciò i loro cuori si rinfrancarono. Pensavano fosse un convento dove poter riposare e trovare cibo.
Quando aprirono il portone, per un pò, nessuno venne loro incontro. 

Poi sulla porta apparve una donna vestita completamente di nero, il viso era la sola parte visibile del suo corpo.
Ella spiegò all’ ufficiale di comando che quello era un convento di suore e come tale andava rispettato, nessun danno doveva essere arrecato alle religiose. Il generale promise loro protezione totale e chiese cibo per le sue truppe. Gli uomini furono serviti nell’ampio giardino del convento.
Il comandante era un uomo sui quarant’anni, pavido e dagli istinti irrefrenabili. L’ansia l’aveva reso inquieto, desiderava una donna che gli desse conforto e decise di costringere una delle suore. Così l’infida lussuria lo portava a profanare quel sacro luogo dove le suore si erano raccolte in comunione di Dio per innalzare a Lui eterne preghiere lontano da questo mondo falso e corrotto.
Dopo aver rassicurato la Madre Superiora, il vile comandante si arrampicò su una scala fino a raggiungere la stanza occupata da una suora che aveva visto dalla finestra. Gli anni di incessante preghiera e di solitaria abnegazione non avevano cancellato tutti i segni di femminea bellezza dal suo volto innocente. Aveva lasciato il mondo dominato dal peccato per poter trovar rifugio quì, luogo dove poter adorare Iddio lontana dalle distrazioni terrene.
Entrando nella stanza il criminale sguainò la spada e minacciò di ucciderla se avesse gridato aiuto.
Lei sorrise e rimase in silenzio comportandosi come se volesse assecondare il desiderio di lui. Poi lo guardò e disse: “Siedi e riposa, hai l’aria molto stanca” . Le si sedette vicino, sicuro della sua preda. 

E lei continuò: “Ho ammirazione per voi uomini di guerra che non temete di gettarvi in seno alla morte” .
Al che quello stupido codardo rispose: “Sono le circostanze che ci obbligano ad andare alla guerra. Se la gente non mi bollasse come vile, fuggirei lontano prima di acconsentire a guidare un maledetto esercito”.
Lei gli sorrise e disse: “Ma non sai che in questo santo luogo abbiamo un unguento che spalmato sul corpo protegge dal colpo della spada più tagliente?”.
“Straordinario! Dov’è questo unguento? Sicuramente potrò utilizzarlo.”
“Ebbene, te ne darò un pò.”
Nato ad un tempo in cui ancora si credeva a certe superstizioni, il generale non dubitò della suora. Ella aprì un vaso e gli mostrò un bianco balsamo. Al vederlo lui fu improvvisamente assalito dal dubbio. 

Lei ne prese un po’ e se lo spalmò sul collo dicendo: “Se non mi credi, ti darò una prova. Prendi la spada e colpiscimi al collo con tutta la tua forza”.
Egli esitava, ma lei continuava a incitarlo perchè la colpisse forte, e alla fine colpì.
Stette quasi per perdere i sensi alla vista della testa che rotolava via dal corpo della suora che si accasciò immoto sul pavimento. Allora capì lo stratagemma di cui si era servita per salvarsi dalla profanazione.
La monaca era morta… ed il comandante vedeva solo due cose di fronte a sè: il cadavere di una vergine ed un vaso d’unguento. 

Cominciò a fissare lo sguardo sull’unguento e poi sul corpo decapitato, dal corpo all’unguento. Allora perse la ragione, spalancò la porta e corse fuori agitando davanti a se la spada insanguinata, gridando alle sue truppe: “Presto, presto, fuggiamo da questo posto!”.
Non smise di correre finchè non fu raggiunto da alcuni dei suoi uomini che lo trovarono in lacrime come un bambino istupidito.
Gridava: “L’ho uccisa! L’ho uccisa!”.

- Khalil Gibran -
Da: “Gibran, tutte le poesie e i racconti”, New Compton Editori





Diceva un foglio bianco come la neve: "Sono stato creato puro, e voglio rimanere così per sempre. Preferirei essere bruciato e finire in cenere che essere preda delle tenebre e venir toccato da ciò che è impuro". 
Una boccetta di inchiostro sentì ciò che il foglio diceva, e rise nel suo cuore scuro, ma non osò mai avvicinarsi. 
Sentirono le matite multicolori, ma anch'esse non gli si accostarono mai. 
E il foglio bianco come la neve rimase puro e casto per sempre - puro e casto - ma vuoto.

- Kahlil Gibran - 




Un giorno Bellezza e Bruttezza si incontrarono sulla riva del mare. E dissero l'una all'altra, "Facciamo il bagno nel mare". Si svestirono e nuotarono nell'acqua. E dopo un poco Bruttezza tornò indietro sulla riva e si vestì di bellezza e camminò per la sua strada. Anche bellezza venne fuori dal mare e non trovò le sue vesti e lei era troppo timida per rimanere nuda, perciò indossò le vesti di bruttezza. E bellezza andò per la sua strada. E ancora oggi uomini e donne scambiano l'una per l'altra. Eppure c'è qualcuno che ha visto il viso di Bellezza e la riconoscono nonostante i suoi abiti. E c'è qualcuno che riconosce il viso di Bruttezza e l'abito non la nasconde dai loro occhi.

- Kahlil Gibran - 
da "Il vagabondo"



Buona giornata a tutti. :-)




martedì 22 novembre 2016

Il Padre nostro - card. Carlo Maria Martini

Nel vangelo secondo Luca, gli apostoli chiedono a Gesù: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni Battista ha insegnato ai suoi discepoli» 
(Luca 11, 1).
Osserviamo anzitutto che la domanda degli apostoli non nasce all’inizio del loro incontro con Gesù, bensì più tardi, quando si accorgono, quando vedono che Gesù prega, si ritira a pregare.
Analogamente, la nostra domanda sulla preghiera nasce quando vediamo altri pregare intensamente, quando nella preghiera comune ci accorgiamo che intorno a noi c’è una qualità di preghiera che ci affascina e vorremmo fare nostra.

Gesù rispose ai discepoli "Quando pregate dite così":

Padre nostro che sei nei cieli, 
sia santificato il tuo nome; 
venga il tuo regno; 
sia fatta la tua volontà, 
come in cielo così in terra. 
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, 
e rimetti a noi i nostri debiti 
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, 
e non ci indurre in tentazione, 
ma liberaci dal male» (Matteo 6, 9-13).

Preghiera semplicissima, che abbiamo imparato a recitare fin da bambini, eppure ricchissima. In essa c’è la scoperta della parola “Padre”, Dio Padre come nuovo orizzonte della vita. E, dalla scoperta della paternità di Dio, ci porta a comprendere che il “Padre nostro” riassume il progetto di Dio su di noi.
Il testo è diviso chiaramente in due parti. 
Le parole sono elementari – nome, Regno, sia santificato, volontà, pane, peccati, tentazioni – e nello stesso tempo non sono completamente spiegabili e vanno quindi vissute come mistero. 
Per esempio, che cosa significa pane quotidiano? 
Il  termine greco, che traduciamo con “quotidiano”, fa discutere da secoli gli esegeti: c’è chi traduce l’aggettivo con “oggi”, chi con “domani”. Forse il senso più ovvio è, appunto, “quotidiano”, ma non ne abbiamo la certezza filologica. Così pure è strana l’espressione: “sia santificato il tuo nome”. 
E, ancora, “non ci indurre in tentazione”, che può essere male interpretata, quasi che sia Dio a indurci in tentazione. 
Di fatto, il “Padre nostro” contiene delle affermazioni allusive a tutta la realtà del regno di Dio; recita delle parole che danno una sintesi dell’ insegnamento di Gesù e, per comprenderle a fondo, dovremmo rileggere buona parte del vangelo. 
A noi, però, preme capire che cosa ha voluto insegnarci Gesù, quali sono i contenuti che Gesù vuole da ogni nostra preghiera. 
Dire “Padre” non significa fare uno sforzo di immaginazione o avere una certa idea di Dio, bensì entrare nel modo di pregare di Gesù che sempre si rivolge a Dio chiamandolo “Padre”. 
Vuol dire che l’invocazione “Padre” è l’atmosfera della preghiera, l’orizzonte nel quale la preghiera si compie. 
Tale orizzonte, che è suo, Gesù ce lo mette nel cuore, ce lo dona, ce lo comunica. Dire “Padre”, ci rende disponibili, fiduciosi, abbandonati, sicuri di essere ascoltati, ci fa superare paure e incertezze. 
Con “venga il tuo Regno” esprimiamo l’augurio, l’ansia per la manifestazione di quella realtà che indichiamo con il nome “Regno” e che può essere espressa in mille altri modi: giustizia, fraternità, trionfo della vita, sconfitta della morte, situazione dove non ci saranno né lacrime né lutti, capacità di conoscerci e di amarci fino in fondo, pienezza del Corpo di Cristo realizzata nella Chiesa, unità vera tra tutti gli uomini e tutti i popoli.
Con questa espressione noi anticipiamo e attendiamo il progetto di Dio nella storia. 
Il tuo Regno, non il regno di Dio che io mi immagino, ma quello che il Padre prepara, mi dona, mi mette nelle mani, mi fa realizzare giorno dopo giorno. 
Il progetto di Dio ha delle caratteristiche di pienezza, assolutezza, purità, chiarezza, luminosità, che possono essere soltanto sue. 
Noi le intuiamo quando cerchiamo di realizzarle, perché il Regno si concretizza nella figura del nostro progetto umano, nella nostra figura di Chiesa, di rapporti fraterni vissuti nella pienezza evangelica, nella nostra figura di costruzione del mondo nuovo. 
Ma è il tuo, o Padre! Noi lo accettiamo da te e tu ce lo riveli sempre più grande, sempre più elevato delle nostre richieste umane.
Nella dinamica tra il regno quale progetto che noi costruiamo quotidianamente, e il Regno che Dio ci dà e che è più grande del nostro progetto, la preghiera ci rende attivi. 
Ci fa disponibili, pronti all’ eventuale conflitto che si potrebbe determinare tra il regno come lo vediamo noi e il Regno come Dio ce lo dona nella sua infinita e misteriosa sapienza. E il conflitto che si è realizzato, per esempio, nella preghiera di Gesù al Getsémani: «Padre, non la mia volontà, ma la tua si compia», venga non il mio regno, ma il tuo. Quindi, l’espressione “venga il tuo Regno” ci forma allo spirito battesimale : con essa entriamo nella realtà vissuta del nostro Battesimo.
Ci domandiamo: ma che cosa occorre perché venga il Regno, perché il progetto di Dio si realizzi? che cosa occorre perché tale realizzazione sia efficace e possibile? A ciò risponde la seconda parte della preghiera.
 Se avessimo composto noi il “Padre nostro” avremmo certamente scritto una lunga lista di condizioni esterne e interne. Gesù, invece, ne menziona tre. Perché il Regno si realizzi, abbiamo bisogno di perseverare nell’oggi attraverso il pane quotidiano. 
Abbiamo bisogno di molta misericordia e di perdono reciproco, mediante la capacità di accoglierci e il perdono che Dio dà alle nostre continue cadute e incapacità nella realizzazione del Regno. 
Abbiamo bisogno del sostegno di Dio per non cedere alla tentazione quando viene la prova e il Regno sembra oscurarsi intorno a noi. Nella prima parte del “Padre nostro” eravamo descritti come desiderosi anticipatori del Regno: “Venga, sia santificato, sia fatta la sua volontà”; nella seconda parte siamo descritti come poveri pellegrini del Regno .
Possiamo paragonare questi momenti della preghiera con i sentimenti che abbiamo nel cuore. Abbiamo nel cuore, come parola fondamentale rivolta a Dio, l’appellativo di Padre e lo ripetiamo con fiducia, con abbandono, con tenerezza.
Recitando il “Padre nostro” potremmo sostare a lungo su questa semplicissima parola: Padre, come faceva santa Teresa di Gesù Bambino.
Abbiamo nel cuore, come desiderio fondamentale, la pienezza del progetto di Dio a cui la nostra vita è chiamata a dedicarsi, attraverso il Battesimo e la presenza in tutte le realtà di questo mondo, in ogni forma di servizio ai fratelli, alla Chiesa, alla società.
Abbiamo nel cuore un umile sentire di noi che ci fa domandare nella preghiera cose essenziali e adatte alla nostra debolezza.
Uniamoci a tutti i fratelli e le sorelle che, insieme con noi, soffrono particolarmente debolezza e povertà sulla via del Regno. Penso a coloro che sono vittime di violenza, a coloro che hanno una vita anche familiare faticosa, quasi al limite dell’intollerabile, ai numerosi malati. Al bisogno che tanta gente ha del pane quotidiano della speranza, di quel respiro di forza che permette di vivere la giornata accogliendola.
Ci sono poi coloro che mancano della prospettiva del Regno, che non credono a un progetto di Dio nella loro vita e perciò non hanno un futuro, non sanno dove dirigersi, non hanno niente che li attragga o che li spinga a impegnarsi per un domani migliore.
Impariamo a pregare per tutti, preghiamo con tutti, soprattutto con chi incontriamo ogni giorno e che vorremmo fare entrare nel nostro desiderio e, attraverso l’invocazione del Padre, renderli partecipi di questa stupenda preghiera e del senso della paternità di Dio che Gesù ci dona di vivere.
La preghiera del “Padre nostro”, così come abbiamo cercato di comprenderla, ci ha mostrato come dev’essere ogni nostra preghiera.

– Rivolgerci con Gesù, nella grazia dello Spirito, al Padre, offrendogli ciò che siamo, tutta la nostra vita: è ciò che accade nell’Eucaristia in ogni celebrazione liturgica della Chiesa.
– Avere presente il mirabile disegno di salvezza di Dio, disegno nel quale si inserisce la nostra storia personale e che si è rivelato pienamente nel mistero pasquale di Gesù crocifisso e risorto. In tale disegno, la preghiera ha lo scopo, e lo ripeto, di condurci verso la carità operosa, perché Dio è mistero di Amore, di Carità.
– Credere che Dio esaudirà le nostre preghiere se fatte nel nome di Gesù, conformandoci, immedesimandoci nella sua condizione di Figlio e se hanno come richieste, come contenuti, i desideri del Regno, il desiderio di compiere la volontà del Padre, di lasciarci guidare dallo Spirito Santo.

- card. Carlo Maria Martini - 
Tratto da : Ritrovare se stessi – “Un percorso Quaresimale”


Le divisioni tra i cristiani, mentre feriscono la Chiesa, feriscono Cristo, e noi divisi provochiamo una ferita a Cristo: la Chiesa infatti è il corpo di cui Cristo è capo. 
Sappiamo bene quanto stesse a cuore a Gesù che i suoi discepoli rimanessero uniti nel suo amore. Basta pensare alle sue parole riportate nel capitolo diciassettesimo del Vangelo di Giovanni, la preghiera rivolta al Padre nell'imminenza della passione: «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi» 
(Gv 17,11).

- Papa Francesco -
Udienza Generale, 8 ottobre 2014




Padre nostro invisibile che sei nei cieli
sia santificato in noi il tuo Nome
perché tu ci hai santificato
attraverso il tuo Spirito Santo.
Venga su di noi il tuo regno,
regno promesso agli amanti del tuo Amore.
La tua forza e le tue benevolenze
riposino sui tuoi servi
qui nel mistero e là nella tua misericordia.
Dalla tua tavola inesauribile
dona il cibo alla nostra indigenza
e accordaci la remissione delle colpe
perché tu conosci la nostra debolezza.
Noi ti preghiamo:
salva coloro che hai plasmato
e liberali dal maligno che cerca chi divorare.
A te appartengono il regno
e la potenza e la gloria, o Signore:
non privare della tua bontà i tuoi santi.

dal Breviario Caldeo



Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 21 novembre 2016

Maniera - Erri De Luca

Accosto la fronte alla tua, si toccano,
dico: “È una frontiera”.
Fronte a fronte: frontiera,
mio scherzo desolato, ci sorridi.
Col naso ci riprovo, tocco il naso,
per una tenerezza da canile:
“E questa è una nasiera”, dico
per risentire casomai
un secondo sorriso, che non c’è.
Poi tu metti la mano sulla mia
e io resto indietro di un respiro.
“E questa è una maniera”, mi dici.
“Di lasciarsi?”, ti chiedo. “Sì, così”.

- Erri De Luca - 
da: "L'ospite incallito" Einaudi Editore




C’è il verbo snaturare, ci dev’essere pure innaturare,
con cui sostituisco il verbo innamorare
perché succede questo: che risento il corpo,
mi commuove una musica, 

passa corrente sotto i polpastrelli,
un odore mi pizzica una lacrima, sudo, arrossisco,
in fondo all’osso sacro scodinzola 

una coda che s’è persa.
Mi sono innaturato: è più leale.
M’innaturo di te quando t’abbraccio.

- Erri De Luca -



Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. 
Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto su un gradino mentre gli altri ballano (p. 25-26)

- Erri De Luca -
Da: “Tu, mio”, editore Feltrinelli


Buona giornata a tutti. :-)






domenica 20 novembre 2016

Il matrimonio - Kahlil Gibran

Allora nuovamente parlò Almitra, e domandò:

Che cos'è il Matrimonio, o Maestro?
Ed egli rispose dicendo:
Voi siete nati insieme
e insieme starete per sempre.
Insieme, quando le bianche ali della morte
disperderanno i vostri giorni.
Insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Vi sia spazio nella vostra unità,
e tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l'un con l'altra,
ma non fatene una prigione d'amore:
Piuttosto vi sia tra le rive delle vostre anime
un moto di mare.
Riempitevi a vicenda le coppe,
ma non bevete da una coppa sola.
Datevi cibo a vicenda,
ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e siate giocondi,
ma ognuno di voi sia solo,
come sole sono le corde del liuto,
sebbene vibrino di una musica uguale.
Datevi il cuore,
ma l'uno non sia rifugio all'altro.
Poiché soltanto la mano della Vita
può contenere i vostri cuori.
Ergetevi insieme, ma non troppo vicini:
poiché il tempio ha colonne distanti,
e la quercia e il cipresso
non crescono l'una all'ombra dell'altro.

- Kahlil Gibran - 
da: "Il Profeta"


Un segreto d'amore

Mentre sfogliava i suoi «dossier» matrimoniali, il diavolo notò con dispetto che c'era ancora una coppia, sulla terra, che filava d'amore e d'accordo. 
Decise di fare un'ispezione. 
Si trattava in realtà di una coppia comune: eppure sprigionava tanto amore che attorno ad essa pareva ci fosse un'eterna primavera. Il diavolo volle conoscere il segreto di quell'amore.
- Nessun segreto - gli spiegarono i due. - Viviamo il nostro amore come una gara: quando uno dei due sbaglia, è l'altro che se ne assume la colpa; quando uno dei due fa bene, è l'altro che ne ha le lodi; quando uno dei due soffre, è l'altro che ne ha consolazione; quando uno dei due gioisce, è l'altro che ne ricava piacere. Insomma, facciamo sempre a chi arriva per primo.
Al diavolo tutto ciò parve scemo. E se ne andò senza far loro del male. 
Ed è così che possono ancora esistere delle coppie felici sulla terra

- Dino Semplici -



Il matrimonio non è solo una crociera, ma anche una croce. 
A volte, quando tutto sembra naufragare, solo se ti aggrappi alla croce puoi galleggiare. Solo se impari a gestire le difficoltà e non a fuggirne puoi arrivare alla riva.
A lungo andare si verifica un paradosso: le coppie più felici sono quelle che hanno colto i frutti dei periodi infelici. 
La felicità, soprattutto in due, è un investimento a lungo termine. 
È una gioia coltivata, più grande di quella intuita al primo incontro.
Saggezza è riconoscere con Rilke che «tutto è gestazione; solo più tardi, nascita». 
In termini simili scrive Rabindranath Tagore: «Dormii e sognai che la vita era gioia. Mi destai e vidi che la vita era dovere. Lavorai, e il dovere era gioia»

- Robert Cheaib -
da "Il gioco dell' amore" pp. 82-83, Tau Editrice


Buona giornata a tutti. :-)