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domenica 18 ottobre 2015

Un telefono azzurro per la Messa (carrellata dei più frequenti abusi liturgici) - Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

Ci vorrebbe un telefono azzurro anche per la liturgia. Anzi, soprattutto per la liturgia. Un telefono al quale i cattolici normali possano rivolgersi con fiducia e denunciare gli abusi. "Pronto, Telefono Azzurro per la Santa Messa? Volevo segnalarvi che nella parrocchia XY il prete Taldeitali fa tenere l'omelia alla suora laica che assomiglia a Rosy Bindi". E, dall'altra parte del cavo, solerti operatori impegnati a stilare un cahier de doléance da girare, in forma ufficiale, alla Chiesa Cattolica apostolica di Roma. E poi ci vorrebbe l'altrettanto solerte intervento di Roma. 
Il primo sintomo dell'epidemia di abuso liturgico sta nella rottura definitiva dell'unità della Messa. Chiesa che vai, liturgia che trovi. Il periodo estivo, con le sue escursioni per spiagge, valli, monti, colline e vecchi borghi, è stato l'occasione tragica per riscontrare l'esistenza di una molteplicità di riti, che nessuno è umanamente in grado di catalogare. Per tentare una classificazione di questo scempio da decenni tollerato, quando non incoraggiato, dalle gerarchie, bisogna individuare alcune macro-categorie di orrori.



Le Chiese ridotte a luoghi profani 
II primo abuso, il più diffuso, è consistito e consiste nella inesorabile riduzione delle chiese a luoghi profani. Luoghi nei quali si entra e si esce come da un centro commerciale, senza genuflessione e senza saluto al Santissimo Sacramento, che del resto in moltissime chiese è relegato in posizioni misteriose ed introvabili, quando non addirittura fatto accomodare in locali attigui al tempio. I protagonisti di questa secolarizzazione delle chiese sono gli architetti e chi li ha incaricati, che hanno realizzato mostruosi edifici, i quali nulla hanno di sacro e spiccano anzi per la loro oggettiva bruttezza. 
La conseguenza di questa autentica profanazione è che le chiese sono diventate luoghi importanti solo quando vi si riunisce l'assemblea e inizia quella che menti teologiche raffinate definiscono "l'azione liturgica". Fino a un secondo prima della Messa, la folla discorre amabilmente, si guarda in giro per vedere chi ci sia, controlla già impaziente l'orologio. Gli inginocchiatoi, per una preghiera di preparazione alla Messa, restano desolatamente vuoti, sempre che ancora siano presenti. Del resto, non è raro che lo stesso sacerdote giunga trafelato in sacrestia all'ultimo minuto, indossando in fretta e furia casule di nylon su camicioni dotati di praticissime cerniere lampo. 
Finita la Messa, in chiesa si scatena la bagarre, come all'uscita da San Siro a fine partita: la gente per lo più si da a una fuga precipitosa, altri si salutano calorosamente e ad alta voce si raccontano le ultime novità. Insomma, si "da corpo a una comunità viva". 
Il ringraziamento nel raccoglimento e nel silenzio? Roba preconciliare. 
Nel tabernacolo, Nostro Signore presente nel Santissimo Sacramento, del tutto ignorato, assiste solo e silenzioso alla volgarizzazione della sua casa. 
Nella quale non mancheranno, ovviamente, applausi ai funerali, discorsi dal pulpito di sindaci atei per commemorare il defunto, concerti e conferenze, senza nemmeno preoccuparsi di lasciare vuoto il tabernacolo.



Il sacerdote che celebra a braccio 
È sempre più frequente che il prete scelga di tradurre con le sue parole alcuni pezzi della Messa o anche di sottoporli a una specie di spiegazione alla Piero Angela di "SuperQuark": "Ecco, adesso recitiamo questa preghiera, dalla quale si capisce che Gesù ci ama". Dal che si intuisce come nemmeno l'abolizione della temutissima Messa in latino sia stata sufficiente a spiegare ed a far capire tutto al volgo cattolico. Ci vuole la spiegazione del Mistero, il cartello da museo di scienze naturali per svelare ciò che Dio stesso ha voluto fosse velato ai nostri sensi, come recita la splendida preghiera di Tommaso d'Aquino.



L'andirivieni per le Letture  & le "quote rosa"
Una delle pietre miliari consiste nel protagonismo dei laici. I quali devono conquistare più metri possibili sull'altare, proprio come i giocatori di rugby devono guadagnare campo per avvicinarsi alla meta. 
Il reclutamento di tali laici da liturgia subisce sorti altalenanti: si va dalle parrocchie (poche) nelle quali cattolici adulti sgomitano per avere un ruolo e così "animare la Messa", a parrocchie (quasi tutte) in cui i laici vivono con fastidio o persino terrore il reclutamento frettoloso che precede la Messa (o che avviene a Messa già iniziata). Alcuni agenti del parroco vagano alla ricerca di chi "farà la prima" (lettura) o di chi porterà all'altare le offerte. 
Avendo cura di garantire che il 50% dei lettori siano donne, in omaggio al genio femminile. Che viene parimenti esaltato anche dal numero di chierichette dalle lunghe chiome fluenti che occupano l'altare, a tutto detrimento dei declinanti e ormai rari chierichetti di sesso maschile.



Il Vangelo letto dal popolo e le Messe parzialmente scremate
La logica di occupazione dell'altare da parte dei laici spinge anche a far leggere il Vangelo a laici, suore e catechisti. 
Affidando loro pure il compito di commentare. In alcune chiese si sperimenta da anni una sorta di rito parallelo: l'assemblea in chiesa, i bambini del catechismo in un locale diverso, con letture adattate alle loro povere menti e predica del catechista; cui poi segue ricongiungimento dei due gruppi al momento della consacrazione.



L'Omelia vuota e inascoltabile 

Non si tratta propriamente di abuso liturgico, ma di abuso della pazienza dei fedeli. Sarebbe auspicabile una moratoria dalle prediche di almeno un anno, per verificare se alla fine il silenzio non possa risultare più sano delle ormai trite e ritrite dosi di cattiva teologia tardo novecentesca, cui è drammaticamente aggrappata gran parte del clero attuale.



È la Preghiera dei fedeli o la scaletta del TG?
È uno dei momenti più tragici della Messa domenicale, nel quale spesso i fedeli assistono attoniti al trionfo del politicamente corretto, navigano nel banal grande di un'agenda delle intenzioni che è dettata dal Tg1 della sera, subiscono un diluvio di parole che abbracciano così tante intenzioni da essere riassumibili in un'unica, brevissima preghiera:"Signore, ascolta tutte le preghiere di ciascuno di noi, Amen".



La Consacrazione, questa sconosciuta 
Quello che è, appunto, il Sacrificio e dunque il cuore della Messa scorre via spesso come un breve, rapidissimo momento qualsiasi del rito. Anzi, sotto il profilo quantitativo e perfino rituale, la lettura della "Parola" la predica, perfino la preghiera dei fedeli e l'offertorio, sovrastano in modo impressionante la fase della consacrazione. 

Potremmo dire che la assorbono, a causa di sacerdoti che la celebrano con la lena di un velocista, riducono l'elevazione a un istante infinitesimale, scelgono da sempre la preghiera di consacrazione più rapida e mai quella più simile alla Messa antica; e non si inginocchiano, limitandosi a un deferente inchino orientaleggiante.




Comunione o tavola calda?

La profanazione cui è sottoposto Nostro Signore nelle Sacre Specie è la parte più dolorosa degli abusi liturgici. A cominciare dalla diffusione pressoché plebiscitaria della comunione sulla mano, che venne introdotta dai vescovi italiani come eccezione, sotto forma di indulto, di concessione particolare. 
E che oggi è invece il modo ufficiale di ricevere il Santissimo. 
Con una serie di modalità e di strani contorcimenti dei fedeli che pigliano quanto volevano e poi se ne tornano al posto. 
E' indiscutibile che, con queste modalità, la dispersione delle Sacre Specie e la conseguente profanazione del Corpo e del Sangue di Nostro Signore è certa. Come pure aumentano a dismisura i rischi di asportazione della Comunione. Circostanze, che renderebbero necessario abbandonare subito la distribuzione sulle mani.



Il famigerato "Alleluia delle lampadine"

Tra tutte le orrende e non di rado eretichieggianti composizioni, che allietano la cosiddetta assemblea, questo è l'inno nazionale di tutti gli scempi musicali, che si sono sprigionati dopo l'abbandono del gregoriano. 
Questo canto-ballo rappresenta in modo emblematico la trasformazione della Messa da sacrificio a banchetto allegrone, nel quale tragicamente, come dicono le parole del testo, "la festa siamo noi". E non più Gesù Cristo.

- Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro -  
Fonte: Radici Cristiane, Ottobre 2013 (n.88)

(le foto sono state prese dal web)




Buona giornata a tutti. :-)






mercoledì 16 settembre 2015

Amati, chiamati ad amare - + Card. Carlo Maria Martini

La verità di noi stessi è che siamo fatti per amare e abbiamo bisogno di essere amati.
La verità di Dio è che Dio è amore, un amore misterioso ed esigente, ma insieme tenerissimo e misterioso.
Questo amore con cui Dio ci avvolge è la chiave della nostra vita,
il segreto di ogni nostro agire.
Noi siamo chiamati ad agire per amore,
a spendere volentieri la nostra vita per i nostri fratelli e sorelle, e lasciare esplodere la nostra creatività e ad esercitare la nostra intelligenza nel servizio degli altri.

- Card. Carlo Maria Martini - 



 Oggi, il discernimento è importantissimo per tanti motivi, essendo l'unico modo che permetta di orientarsi in una società complessa, l'unico modo per non perdersi d'animo di fronte alle grandi visuali oscure - secolarizzazione, immoralità dilagante, che rischiano di non farci mai decollare.  

- Card. Carlo Maria Martini -
da: “Quale prete per la Chiesa di oggi”, ed. In Dialogo                                               




Siamo chiamati a contrastare il criterio che giudica la bontà di un sistema solo dalla produttività economica e non invece, e anzitutto, dalla qualità di vita che esso sa diffondere. 

- Card. Carlo Maria Martini - 
Da: “Affrontare la tempesta con serenità e con forza”




Dalla Croce Gesù propone in positivo un altro tipo di umanità: è l'umanità di chi vive la beatitudine dei miti e degli operatoti di pace, di chi accetta di portare la croce quotidiana dietro al suo Signore.

- Card. Carlo Maria Martini -

Preghiera per l'Europa

Padre dell'umanità, Signore della storia, 
guarda questo continente europeo 
al quale tu hai inviato tanti filosofi, 
legislatori e saggi, 
precursori della fede nel tuo Figlio morto e risorto.
Guarda questi popoli 
evangelizzati da Pietro e Paolo, 
dai profeti, dai monaci, dai santi; 
guarda queste regioni bagnate dal sangue dei martiri 
e toccate dalla voce dei Riformatori.
Guarda i popoli uniti da tanti legami 
ma anche divisi, nel tempo, 
dall'odio e dalla guerra. 
Donaci di lavorare per una Europa dello Spirito 
fondata non soltanto sugli accordi economici, 
ma anche sui valori umani ed eterni.
Una Europa capace di riconciliazioni etniche ed ecumeniche, 
pronta ad accogliere lo straniero, 
rispettosa di ogni dignità. 
Donaci di assumere con fiducia 
il nostro dovere di suscitare 
e promuovere un' intesa tra i popoli 
che assicuri per tutti i continenti, 
la giustizia e il pane, la libertà e la pace.

- Card. Carlo Maria Martini -


Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 27 luglio 2015

La vita la devo a voi - San Giovanni Bosco -

All’epoca di don Bosco diventar vecchi non era cosa facile. 
La fame, gli stenti, la povertà, le malattie e le epidemie, le guerre e gli incidenti sul lavoro rendevano cosa molto ardua il superare la soglia dei 70 anni. E la famiglia Bosco non faceva certo eccezione a questa dura realtà. 
Francesco Bosco, padre di Giovanni, muore nel 1817, a soli 33 anni. Antonio, primo figlio di Francesco, si spegne nel 1849, a soli 41 anni. L’altro fratello, Giuseppe, muore nel 1862, a 49 anni. 
Don Bosco invece no: nonostante una vita di incredibili stenti e di continue fatiche che lo rende come un abito logoro, apre gli occhi all’eternità alla bella età di quasi 73 anni, il 31 gennaio 1888. Prodigio dei medici? Certamente no, visto che don Bosco mai si risparmiò fatiche e privazioni per i suoi birichini. Forse piuttosto grazia dei giovani, miracolo di Dio. Luglio 1846. Dopo tre anni di continue peregrinazioni, il nascente oratorio, come i cavoli trapiantati costretto a migrare di luogo in luogo, ha finalmente trovato stabile dimora in Valdocco.
La casa non è grande, le difficoltà economiche sono immense, il lavoro è enorme, ma l’oratorio ha finalmente una casa, si può guardare con speranza al futuro. Accade però l’imprevedibile: don Bosco, appena 31enne, nel pieno delle sue forze, sfinito dal lavoro e dai sacrifici, cade gravemente malato: in pochi giorni è giudicato in punto di morte, la medicina alza bandiera bianca, non vi è nulla da fare. Don Bosco stesso è preparato: “mi rincresceva di abbandonare i miei giovanetti, ma ero contento che terminavo i miei giorni dopo aver dato una forma stabile all’oratorio”. 
Ma i giovani non si arrendono!!! 
La notizia della malattia di don Bosco si diffonde come un fulmine tra le officine ed i cantieri di Torino, in cui lavorano i suoi piccoli amici. Da decine e decine di cuori si innalza a Dio una preghiera continua, semplice, accorata: i giovani, rubando al sonno le ore per la preghiera e spesso digiunando a pane ed acqua nonostante i pesanti lavori cui sono sottoposti, implorano Dio di salvare la vita del loro padre. E Dio li ascoltò.
Quella notte di sabato doveva essere l’ultima della vita di don Bosco, la sentenza dei medici era stata perentoria. Don Bosco racconta: “a tarda notte mi sentii tendenza a dormire. Presi sonno, mi svegliai fuori di pericolo”. Da questo miracolo nasce la promessa: “Io sono persuaso che Dio concesse la mia vita alle vostre preghiere, e perciò la gratitudine vuole che io la spenda tutta a vostro vantaggio, spirituale e temporale. Così prometto di fare, finchè il Signore mi lascerà su questa terra”. 
Ma chi sono questi giganti della preghiera? Sono muratori e scalpellini, lustrascarpe e selciatori, spazzacamini e stuccatori, alcuni torinesi, molti provenienti dalle valli del Piemonte e della Lombardia, in poche parole ragazzi che non avevano più nulla e non erano più di nessuno. Sono questi ragazzi abbandonati, poveri e spesso orfani, invisibili per la società, pericolosi per le autorità, vite trasparenti e insignificanti, a strappare a Dio la Grazia della guarigione di don Bosco.

Concedendo alle loro lacrime la vita del povero don Bosco, Dio scrive in modo indelebile la grandezza di questi cuori, invisibili al mondo, ma infinitamente preziosi e straordinariamente potenti ai Suoi occhi. 
Questa fu la prima preghiera vocazionale. 
Come allora i giovani salvarono don Bosco, così oggi sono i giovani a poter bussare al cuore di Dio per ottenere il dono di nuovi padri che li accompagnino. Qui vive il segreto di ogni vocazione: non vita donata, ma prima di tutto vita ricevuta da Dio, per essere restituita, ridonata a Dio, per la salvezza dei fratelli.



Tenete a memoria, che la solita parola che usa il demonio quando vuole spingerci al male è: Oh! è niente! 

- San Giovanni Bosco - 



Nel 1853 due protestanti tentarono dissuadere Don Bosco dalla pubblicazione delle Letture Cattoliche e minacciarono persino di ucciderlo. 
E Don Bosco: «Ben vedo che le signorie loro non conoscono i preti cattolici, perchè altrimenti non si abbasserebbero a queste minacce. Sappiano dunque che il Sacerdote della Chiesa Cattolica, finchè è in vita lavora volentieri per Dio, e, se mai nel compiere il suo dovere dovesse soccombere, riguarderebbe la morte come la più grande delle fortune, la massima gloria. 
Cessino dunque dalle loro minacce, ché io me ne rido!». 
E li licenziò.
 




Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 15 giugno 2015

Rimanete saldi - Santo Curato d'Ars

E' nella lotta che proviamo a Dio il nostro amore, e nell'accettazione dei dolori che ci manda.
C'era una volta una grande santa (credo che sia santa Teresa) che si lamentava con Nostro Signore dopo la tentazione, e gli diceva: «Dove dunque sei stato, Gesù mio amatissimo, dove sei stato durante questa terribile tempesta? ». Nostro Signore le rispose: «Ero al centro del tuo cuore, e gioivo nel vederti lottare ».
Se siete tentati di superbia, offrite la tentazione per ottenere l'umiltà; (se siete tentati) da pensieri disonesti (offrite la tentazione) per ottenere la purezza; se è contro il vostro prossimo, (per ottenere) la carità. 
Offrite anche. la tentazione per chiedere la conversione dei' peccatori: ciò indispettisce il demonio e lo mette in fuga, poiché la tentazione si rivolge contro di lui.
Come il buon soldato non ha paura del combattimento, così il buon cristiano non deve aver paura della tentazione. Tutti i soldati sono bravi in caserma: è sul campo di battaglia che si fa la differenza tra i coraggiosi e i codardi.
Ecco come egli (il demonio) si comporta di solito con i peccatori che ritornano a Dio. Li lascia gustare le dolcezze dei primi momenti della loro conversione, perché sa bene che non ci guadagnerebbe niente: sono troppo fervorosi. 
Aspetta qualche mese finché il loro ardore sia passato; poi comincia col far trascurare loro la preghiera, i sacramenti, li attacca con diverse tentazioni. Poi, vengono le grandi lotte: è allora soprattutto che bisogna chiedere la grazia di non lasciarsi abbattere.
Tre cose sono assolutamente necessarie contro la tentazione: la preghiera per illuminarci, i sacramenti per fortificarci e la vigilanza per preservarci.
Il demonio viene soltanto quando perdiamo la presenza di Dio, perché sa bene che altrimenti non ci guadagnerebbe niente.
Non bisogna ascoltare il demonio che cerca sempre,dopo che ci ha fatto fare il male, di gettarci nella disperazione.
Le prove mostrano chiaramente quanto un'opera sia gradita a Dio.
Si dice qualche volta: «Dio castiga coloro che ama ». 
Non è vero. Le prove, per coloro che Dio ama, non sono castighi, sono grazie.
Le condanne del mondo sono benedizioni di Dio.
Soltanto le croci ci daranno sicurezza nel giorno del giudizio. 
Quando verrà quel giorno, come saremo felici dei nostri dolori, fieri delle nostre umiliazioni e ricchi dei nostri sacrifici.
Oh, quanto è sapiente e vero cristiano colui che sa sopportare gli inconvenienti della sua posizione con calma e rassegnazione! E' questa la via della santità e della felicità, e il nostro titolo di gloria nei cieli, perché quaggiù, tutti gli uomini dal sovrano al pastore, dalla gloria del comando all'abnegazione della dipendenza che è tanto gloriosa dinanzi a Dio, tutti gli uomini soffrono in mille modi differenti, i ricchi come i poveri, i sapienti come gli ignoranti, i sani come gli ammalati, in una parola, tutti.


- Santo Curato d'Ars -




Per molti credenti adulti, confessarsi davanti al sacerdote è uno sforzo insostenibile – che induce sovente a scansare il Sacramento – o una pena tale che al dunque trasforma un momento di verità in un esercizio di finzione. 
San Paolo, nella Lettera ai Romani commentata da Papa Francesco, fa esattamente il contrario: ammette pubblicamente davanti alla comunità che nella “sua carne non abita il bene”..



"La vocazione non è frutto di un progetto umano o di un'abile strategia organizzativa. Nella sua realtà più profonda, è un dono di Dio, un'iniziativa misteriosa e ineffabile del Signore, che entra nella vita di una persona seducendola con la bellezza del suo amore, e suscitando di conseguenza un donarsi totale e definitivo a questo amore divino."

- Papa Benedetto XVI -
dal messaggio del 21 gennaio 2011



La confessione dei peccati fatta con umiltà è ciò che la Chiesa chiede a tutti noi, come ricorda l’invito di S. Giacomo: “Confessate tra voi i peccati”.
Ma non per fare pubblicità, ma per dare gloria a Dio e riconoscere che è Lui che mi salva. Ecco perché, per confessarsi si va dal fratello, il fratello prete: è per comportarsi come Paolo. Soprattutto,con la stessa concretezza.
Alcuni dicono: ‘Ah, io mi confesso con Dio’. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? 
Dio è là lontano, io dico le cose e non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi. Paolo confessa la sua debolezza ai fratelli faccia a faccia.
Altri: ‘No, io vado a confessarmi’ ma si confessano di cose tanto eteree, tanto nell’aria, che non hanno nessuna concretezza. 
E quello è lo stesso che non farlo. Confessare i nostri peccati non è andare ad una seduta di psichiatria, neppure andare in una sala di tortura: è dire al Signore ‘Signore sono peccatore’, ma dirlo tramite il fratello, perché questo dire sia anche concreto. ‘E sono peccatore per questo, per questo e per questo’.
Concretezza, onestà e anche una sincera capacità di vergognarsi dei propri sbagli: Come i bambini.
I piccoli hanno quella saggezza: quando un bambino viene a confessarsi, mai dice una cosa generale. ‘Ma, padre ho fatto questo e ho fatto questo a mia zia, all’altro ho detto questa parola’ e dicono la parola. Ma sono concreti, eh? Hanno quella semplicità della verità. ...
. Ma c’è una cosa bella: quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia. E’ una grazia: ‘Io mi vergogno’. Pensiamo a Pietro quando, dopo il miracolo di Gesù nel lago: ‘Ma, Signore, allontanati da me, io sono peccatore’. Si vergognava del suo peccato davanti alla santità di Gesù Cristo”.

- papa Francesco,  25 ottobre 2013 -




Buona giornata a tutti. :-)






martedì 2 giugno 2015

Trahison des Clercs - Don Tonino Bello


Cari intellettuali,
se do a questa lettera un titolo esotico, la ragione è duplice.
Anzitutto, perchè i poveri (voglio dire gli abituali lettori di questo foglio), vedendo in cima una misteriosa frase francese, passeranno oltre, non leggeranno il "pezzo", e voi potrete così salvarvi la faccia, almeno davanti a loro.
In secondo luogo, perchè, scegliendo una frase volutamente ambigua, pago in anticipo l'insolenza di incriminarvi di tradimento col prezzo di far fraintendere, a più d'uno, che "clercs" significhi chierici come uomini di Chiesa, e non chierici come uomini di cultura. 

Un modo forse ingenuo per farmi perdonare il mio "j'accuse" contro di voi, visto che, almeno sul piano lessicale, accenno a una certa spartizione di responsabilità in fatto di tradimento.
Spartizione, che poi è anche giusta. Non sono tanto digiuno di storia, passata e recente, da ignorare i tradimenti consumati dalla Chiesa contro di voi, i suoi sospetti sul vostro modo di inseguire la verità, la sue paure sulla vostra autonomia intellettuale, le sue preoccupazioni sul vostro modo di intendere la libertà, la sua durezza nel recepire non solo i vostri metodi di ricerca ma anche la lettura da voi data delle realtà terrestri. A un certo punto vi "ha mollati" (verbo volgarissimo corrispondente al latino "tràdere"), e ora sconta pesantemente la pena di un recupero che diventa sempre più difficile.
Io, però, voglio oggi parlarvi del vostro tradimento. E non di quello da voi messo in atto come ritorsione nei confronti della Chiesa, ma di quello ben più grave da voi operato nei confronti della città.
Ci state lasciando soli.
Vi siete ritirati nelle vostre torri d'avorio, non si sa bene se a meditare vendetta, o a ruminare sterili supplementi di analisi, o a contemplare dalle vostre aride specole i fasti di una dietrologia senza speranza.
Siete latitanti dall'agorà. E' più facile trovarvi nelle gallerie che nei luoghi dove si esprime l'impeto partecipativo che costruisce il futuro. 

State disertando la strada. 
Per scarnificare la storia di ieri, state abbandonando la cronaca di oggi che, senza di voi, è destinata a diventare solo cronaca nera.
Sul vostro labbro si coglie uno sconcertante abuso di ironia, che mentre esprime lucidità di memoria, appanna la lucidità dei progetti. 

Manca nel vostro linguaggio quel sarcasmo appassionato che è indice di solidarietà con la storia degli uomini. Vi siete staccati dal popolo, così che, per la vostra diserzione, stanno cedendo nell'organismo dei poveri anche quelle difese immunologiche che li hanno preservati finora dalle più tragiche epidemie morali.
Vittime del privatismo, il male oscuro del secolo che voi per vocazione avreste dovuto debellare, avete abbandonato i laboratori della sintesi dove la poesia si mescola col giornale, il sogno con la realtà, la tensione assiologica con le fredde esigenze della tecnica, gli spartiti musicali della vita con gli arrangiamenti banali dei rumori quotidiani.
E intanto la città muore. Col vostro nulla osta. 

La città benestante, consapevole dei suoi mezzi ma cieca nei suoi fini, corre verso un degrado di felicità mai conosciuto finora; mentre la città diseredata vive in simbiosi con la disperazione più nera e langue per asfissia da futuro.
Cari amici, non sto prendendo in prestito nulla dalla letteratura apocalittica corrente, nè mi va di fare del moralismo di maniera. Anzi se c'è qualcosa che mi ripugna come Vescovo è quello di essere considerato funzionario del buon costume.
Ma non posso chiudere gli occhi di fronte alle situazioni pesantissime di miseria, di disoccupazione, di violenza, di ingiustizia, di violazione dei diritti umani, di affossamento dei valori, di degenerazione della qualità della vita e di cento altri fenomeni patologici, di fronte ai quali viene chiamata in causa la vostra correità di intellettuali che, pur essendo vestali della luce e sentinelle della città, scorgete la barbarie andare in metastasi nel tessuto della nostra convivenza e continuate a star zitti.
Ci state lasciando soli a tamponare emorragie e a fasciare piaghe sulle trincee. E anche quando sembrate gratificarci col dire che stiamo combattendo battaglie d'avanguardia, sotto sotto ci pare di leggere nei vostri giudizi il compatimento per chi si sta solo estenuando in scaramucce di retrovia.
Cari amici, perdonatemi lo sfogo.
Se un chierico come me, più propenso per antiche deformazioni ad attaccare vizi privati e a blandire pubbliche virtù, stavolta ha sentito il bisogno di aggredire i vizi pubblici di chierici come voi, è perchè sa di poter fare affidamento sulle vostre tantissime virtù private. 

Tra queste mi pare che ancora ci sia la speranza.
E allora, da essa guidati per mano, intraprendiamo insieme la strada dell'esodo. Che è la strada della misericordia.
Divenuti pellegrini, usciremo sulla Gerusalemme-Gerico. Forse insieme riscatteremo la freddezza del sacerdote, chierico del sacro, e l'apatia del levita, chierico del sapere.
Insieme, fatti prossimo, ridaremo la mezza vita all'uomo mezzo morto boccheggiante sulla strada.
E le stelle non staranno più a guardare, come nei romanzi di Cronin.

Vi voglio bene.

don Tonino, vescovo
Tratto da: ”Il Volto del Sud”



"Libera i credenti, o Signore, dal pensare che basti un gesto di carità a sanare tante sofferenze".

- don Tonino Bello - 




"Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. C'è già una mano forata che schioda dal legno la tua".

- don Tonino Bello - 




"Il pellegrinaggio più lungo non è quello verso Santiago de Campostela, ma quello che va dall'uscio di casa nostra verso quello di fronte".

- don Tonino Bello - 





Buona giornata a tutti. :-)











martedì 19 maggio 2015

Omelia di Mons. Fiordelli, Prato, 1958

"Se qualcuno pensasse che dopo questo doloroso avvenimento il vostro Vescovo si metterà a tacere, costui fortemente si illude (il popolo è scoppiato in un applauso ma il Vescovo ha vivamente pregato di non applaudire in chiesa).
Il giorno in cui il mio Vescovo mi consacrò, depose sulle mie spalle un grande libro del Vangelo e mi disse: "Prendi il Vangelo di Cristo ed annunzialo al popolo che ti è stato affidato. Non chiamerai luce le tenebre, né tenebre la luce, non chiamerai male il bene né bene il male".
[...] Non chiamerò mai bene il marxismo ateo, oppressore e disumano: lo chiamerò sempre male. Non chiamerò mai bene questa dilagante immoralità, che adesca la nostra amata gioventù e gli stessi adulti. 
Non chiamerò luce [...] quell'infelice orientamento anticattolico laicista, rovina dell'Italia nostra, il cui respiro è odio, il cui metodo è intriso di calunnie, la cui triste missione è una sola: demolire, demolire ogni valore cristiano nelle coscienze e nella società italiana, per aprire all'irrompere delle forze brute del materialismo. 
[...]
Difenderò i miei figli dal male [...]: difenderò con tutte le mie forze la famiglia cristiana. 
La famiglia cristiana, quanto la stimo e la amo! 
Quante volte ho supplicato nelle mie Messe e nelle mie preghiere che Gesù facesse nascere nella mia Diocesi tante belle famiglie cristiane, tanti babbi buoni, tante mamme sante, una gioventù lieta e pura, serena e credente! 
Se ho preso misure doverosamente forti, l'ho fatto proprio per la difesa di quel sacro tesoro che è la famiglia cristiana, per difendere la fede e l'innocenza dei vostri bambini che io immensamente amo".

Omelia di Mons. Fiordelli, Prato, 1958

Nel Marzo del '58, Mons. Fiordelli fu condannato dal Tribunale per diffamazione, in quanto aveva definito pubblici peccatori e concubini i coniugi Bellandi. Il mondo laicista esultò, il Santo Padre Pio XII per protesta sospese le solenni celebrazioni previste per il 12 Marzo alla presenza dell'intero corpo diplomatico.



L’inquisizione spagnola in 400 anni ha ucciso molte meno persone di quelle uccise dal Terrore giacobino in un solo anno. 
Eppure non mi sembra che si consideri la Rivoluzione francese come simbolo di oscurantismo. 

- Vittorio Messori -  



"Cara figlia, voglio insegnarti a ricevere la mia Benedizione con fervore. 
Cerca di capire che qualcosa di grande ha luogo quando ricevi la benedizione di un mio sacerdote. 
La benedizione è uno straripamento della mia Divina Santità "Quando il sacerdote benedice, Io benedico" .
Mi addolora che la benedizione della Chiesa sia tanto poco apprezzata e raramente ricevuta.
Per mezzo di essa ti è data la forza e il desiderio di cercare il bene, di sfuggire il male, di godere della protezione dei miei figli contro i poteri delle tenebre. 
È un grande privilegio quando ti è concesso di ricevere la benedizione, non puoi capire quanta misericordia ti giunge per suo mezzo. 
Perciò mai ricevere la benedizione in modo piatto o distratto, ma con tutta la tua attenzione completa!!! 
Tu sei povera prima di ricevere la benedizione, sei ricca dopo averla ricevuta.

Figlia mia, proteggi chi dà la benedizione! Stima altamente le cose benedette, così piacerai a Me, tuo Dio. 

Ecco cosa disse Gesù a Teresa Neuman
· 


Preghiera di offerta della S. Messa 

Eterno Padre vi offro il sacrificio che il vostro diletto Figlio Gesù vi offrì sulla Croce e che tra breve si rinnoverà su quest’altare.
Ve lo offro a nome di tutte le creature, con le Sante Messe che si sono celebrate e si celebreranno in tutto il mondo,
per adorarVi e renderVi l’onore che meritate,
per ringraziarVi dei vostri innumerevoli benefici,
per riparare le offese fatte a Voi con i peccati che si commettono
e per supplicarVi per me, per la Chiesa, per il mondo intero
e in modo particolare per la salvezza dei morenti
e in suffragio delle Anime sante del Purgatorio

e  ………………....

(aggiungere un intenzione desiderata)




Buona giornata a tutti. :-)