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domenica 6 marzo 2016

Preghiera della terza età e altre preghiere - C. Riovài

Padre santo,
m’accorgo che la mia vita avanza e corre veloce.
Se guardo la strada percorsa,
temo che non sia stata perfetta come tu l’avresti voluta.
Di questo perdonami, Signore.
Ma soprattutto ti ringrazio
Per tutto ciò che in essa vi è stato di bene.
Questi ultimi anni o giorni che mi concedi,
siano l’estremo atto fecondo della mia vita.
Donami la serenità e la pace dell’anima.
Riempi del tuo amore misericordioso le ore della mia solitudine,
benedici coloro che amo e quanti mi fanno del bene.
Aiutami a perdonare con sincera carità.
Accetta l’offerta della mia debolezza, delle mie sofferenze,
e anche delle gioie che tu vorrai spargere sul mio cammino.
Tutto trasforma e santifica a lode del tuo nome
e a santificazione del tuo Regno.
O Maria, madre del mio Dio,
degnati di proiettare sull’ultimo tratto della mia esistenza
un riflesso della tua santità.
Offri questa mia vita a Dio Padre
e  ricevimi tra le tue braccia materne nell’ora della morte. Amen.

- C. Riovài -


Da: L’autunno è la mia primavera, I tesori della terza età - ed. Studio Domenicano



Nell'età avanzata 

O Signore, sento che la mia vita s'incammina verso il tramonto. 
Se guardo il mio passato, due sentimenti m'invadono l'animo: il pentimento e il ringraziamento. 
Signore, ti domando perdono di tutto il male che ho fatto e mi affido al tuo amore misericordioso. 
Ti ringrazio per tutti i doni di cui mi hai colmato durante la vita. 
Ti prego, conservami vivo e aperto ai problemi del mondo, capace di accettare le nuove generazioni e di rendermi ancora utile. 
Concedimi di trascorrere questi ultimi giorni nella serenità, nella pace e in buona salute. 
Ma se l'infermità dovesse colpirmi, dammi la forza di accettarla con amore. 
Ti prego per coloro che mi vogliono bene e che non mi lasciano solo. 
Sii vicino a tutti gli anziani che sono abbandonati. 
Signore, mia speranza, io vengo incontro a te.



Benedetti quelli che mi guardano con simpatia.
Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco.
Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità.
Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti.
Benedetti quelli che si intessano della mia lontana giovinezza.
Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi già tante volte ripetuti.
Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto.
Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo.
Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine.
Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza.
Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita.
Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio.
Quando entrerò nella vita eterna mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù Cristo.


























Buona giornata a tutti.:-)



giovedì 18 febbraio 2016

Ho debolezze eleganti, e cicatrici charmantes - Alessandro Baricco

Sono una donna felice,
come lo dovrebbe essere
qualunque donna
al riverbero di questa età luminosa.
Ho debolezze eleganti,
e cicatrici charmantes.
Non ho più illusioni sulla nobiltà
delle persone,
e per questo sò apprezzare
la loro inestimabile arte
di convivere con le proprie
imperfezioni.
Sono clemente,
alla fine,
con me stessa e con gli altri.
Così sono pronta ad invecchiare,
ripromettendomi di farlo
negli eccessi e nelle sciocchezze.
Se l'età adulta
ti ha dato quello che volevi,
la vecchiaia
dev'essere una sorta
di seconda infanzia
in cui torni a giocare,
e non c'è più nessuno
che ti può dire di smettere.

- Alessandro Baricco - 
da: "Questa storia"


Donna seduta all’aperto  (1879)
Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) - Museo d'Orsay - Parigi

In onore di questo nostro paziente, splendido morire

Tu lo sai qual è la vera tragedia? Che la forza invecchia nella complessità. 
E la leggerezza nella pazzia. 
La forza costruisce e costruisce e, alla fine non c’è più spiraglio, non trovi più una porta aperta. Niente. 
E la leggerezza sempre svapora, diventa una cosa inutile. Come un volo senza uccelli. 
Beethoven, che era la forza, diventò incomprensibile. 
E Rossini, che era la leggerezza, impazzì. Piccolo riassunto della lezione, Martha. Nella Nona sinfonia c’è intelligenza, genio, libertà. Ma c’è così poca bellezza. Proprio perché non gli riusciva più di… doveva farsi strada tra tutta quella complessità. 
I gesti dei vecchi, sempre così complicati. Difficili. 
Ritrovare per un attimo un po’ di bellezza. Ci riuscì forse ancora un paio di volte ancora, prima di morire. Ma non nella Nona. Tempo dopo. Musica piccola. Niente a che vedere con cori oppure … Musica piccola. 
Io ogni tanto me lo immagino sai, lì, nel deserto ghiacciato della sua vecchiaia, d’improvviso ritrovare i passi lievi della bellezza per riuscire a sfiorarla, stringerla con un unico preciso gesto. 
Un miracolo. Tutti ci meriteremmo un miracolo così. 
Ce lo dovrebbero concedere nell’ultimo istante, in cambio del morire. 
In onore di questo nostro paziente, splendido morire.

- tratto da Lezione Ventuno di Alessandro Baricco - 



Perché ciò che si salverà non sarà mai quel che abbiamo tenuto al riparo dai tempi, ma ciò che abbiamo lasciato mutare, perché ridiventasse se stesso in un tempo nuovo.

- Alessandro Baricco - 
da: "I barbari", ed. Feltrinelli



Sapete, è geniale questa cosa che i giorni finiscono.
È un sistema geniale.
I giorni e poi le notti.
E di nuovo i giorni.
Sembra scontato, ma c’è del genio.
E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo:
i tramonti.

- Alessandro Baricco - 
































Di tutte le cose importanti e urgenti che dobbiamo fare oggi ce n'è una che non può proprio aspettare: vivere! E sorridere ... insieme al caffè .

Buona giornata a tutti. :-)




domenica 7 febbraio 2016

da: "Conversazioni notturne a Gerusalemme" . cardinale Carlo Maria Martini

Chiamo amore quell’esperienza intensa, indimenticabile e inconfondibile che si può fare soltanto nell'incontro con un'altra persona.
Non c'è quindi amore con una cosa astratta, con una virtù. Non c'è amore solitario. L'amore suppone sempre un altro e si attua in un incontro concreto. Per questo l'amore ha bisogno di appuntamenti, di scambi, di gesti, di parole, di doni che, se sono parziali, sono tuttavia simbolo del dono pieno di una persona ad un'altra.
Amore è dunque incontrare un'altra persona scambiandosi dei doni, è esperienza in cui si dà qualcosa di sé e c'è più amore quanto più si dà qualcosa di sé.
L'amore è un incontro in cui l'altro ci appare importante, in un certo senso più importante di me: così importante che, al limite, io vorrei che lui fosse anche con perdita di me. Uno scopre di essere innamorato quando si accorge che l'altro gli è divenuto, in qualche modo, più importante di se stesso. Per questo l'amore realizza qualcosa che potremmo chiamare un'estasi, un uscire da sé, dal proprio tornaconto: una sorta di estasi in cui io mi sento tanto più vero e tanto più autentico, tanto più genuinamente io quanto più mi dono, mi spendo e non mi appartengo più in esclusiva.
Ritengo che una scelta sbagliata sia preferibile a non scegliere affatto. 
Per paura delle decisioni ci si può lasciare sfuggire la vita. 
Chi ha deciso qualcosa in modo troppo avventato o incauto sarà aiutato da Dio a correggersi. Non mi spaventano tanto le defezioni dalla Chiesa o il fatto che qualcuno abbandoni un incarico ecclesiastico. 
Mi angustiano, invece, le persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. 
Vorrei individui pensanti. Questo è l’importante. Soltanto allora si porrà la questione se siano credenti o non credenti.

- cardinale Carlo Maria Martini -
da: "Conversazioni notturne a Gerusalemme”, Mondadori, pag. 64



Il profeta (Gioele) rammenta agli anziani che devono trasmettere i sogni e non le delusioni della loro vita. Sono felice di poter sognare ora, qui a Gerusalemme, come Giacobbe che vedeva gli angeli salire e scendere sulla scala celeste. Oggi vedo molte persone provenienti da tutto il mondo e di diverse religioni. Fra loro sono gli angeli che possiamo incontrare qui in terra.

- cardinale Carlo Maria Martini -
da: "Conversazioni notturne a Gerusalemme”, Mondadori





Mia madre era molto religiosa, ma senza bigotteria. 
Mio padre lo era meno, ma era un uomo integerrimo e con un forte senso del dovere. 
È ai miei genitori che devo le mie radici religiose e il rispetto per chi la pensa in modo diverso. 
Ma anche nell’incontro con altri credi ho conosciuto molti aspetti positivi e soprattutto molte brave persone. 
Cercare Dio con sincerità e pronti a dargli noi stessi è per me molto più importante di un’esteriore professione di appartenenza religiosa.

- cardinale Carlo Maria Martini -
da: "Conversazioni notturne a Gerusalemme”, Mondadori, pag. 79





Signore, Tu sei la mia luce: 
senza di te cammino nelle tenebre
senza di Te non posso neppure fare un passo, 
senza di te non so dove vado,
sono un cieco che guida un altro cieco.
Se Tu mi apri gli occhi, Signore, io vedrò la tua luce,
i miei piedi cammineranno nella via della vita. .
Signore, se Tu illuminerai, io potrò illuminare.
Tu fai di noi la luce del mondo.


- +Card. Carlo Maria Martini -





Buona giornata a tutti. :-)






sabato 17 ottobre 2015

Niente arriva più inaspettato della vecchiaia - Card. Giacomo Biffi -

È la prima volta che mi capita di prendere la parola in una circostanza come questa, e trovo qualche difficoltà. Forse la cosa più semplice è che tenti di esprimere con semplicità i sentimenti che oggi sono più vivi nel mio animo. 
Penso di poter contare sulla comprensione dei miei ascoltatori e sull’atteggiamento misericordioso di quanti hanno voluto amichevolmente essermi accanto per questa celebrazione, tanto più che siamo nella casa della Madonna di San Luca, dove la nostra madre carissima ci mette tutti a nostro agio come sempre.

Il primo sentimento che avverto è la sorpresa. Mi pare sia stato Trotzkj a dire che niente arriva più inaspettato della vecchiaia. È proprio vero: anche da giovani si sa che al mondo ci sono i vecchi; ma a quell’età si guarda ai vecchi come a una popolazione lontana e inconfrontabile, press’a poco come quando si pensa agli eschimesi o ai watussi. Nessuno si rende davvero conto che si diventerà come loro e si entrerà nel loro numero.
Naturalmente a poco a poco ci si persuade; e allora subentra un secondo stato d’animo, tutto signoreggiato dai ricordi. Non avendo più davanti a noi un avvenire prevedibile da colmare mentalmente con le nostre attese e i nostri progetti, si è sospinti a guardare indietro, a ripercorrere il tempo andato, e si comincia ad abbandonarsi alle rievocazioni.
Passano e ripassano davanti alla nostra memoria tutti gli anni che si sono succeduti. E qui si fa un’altra scoperta: la catena degli avvenimenti, dai quali siamo stati condizionati e plasmati, appare ai nostri occhi determinata quasi interamente dalla casualità.
Troppe combinazioni, troppe esperienze fatte, troppi incontri che hanno colmato la mia vicenda mi si rivelano oggi in tutta la loro occasionalità. 
Se fossi nato altrove, o anche solo in un altro angolo della mia città; se mi fossi imbattuto in frequentazioni differenti; se avessi avuto altri insegnamenti e altri esempi di vita; se fossi stato coinvolto in altri accadimenti, è indubbio che non avrei pensato, giudicato, agito come poi mi è avvenuto di agire, di giudicare, di pensare; e adesso sarei diverso da quello che sono. 
È un pensiero che per un momento m’inquieta. Ma solo per un momento, perché è sùbito vinto e superato dalla verità di un Dio che - se esiste, come esiste - non può che essere il Signore dell’universo, della storia e dei cuori, cui niente sfugge di mano: tutto obbedisce al suo disegno di salvezza e di amore.
Alla luce di questa persuasione ogni pagina di qualsivoglia biografia riceve un’altra lettura, anche della mia (come è ovvio). 
Tutto ciò che sulle prime mi era sembrato contingente e fortuito mi si manifesta perciò come frutto di un progetto mirato: un progetto eccedente ogni mia immaginazione e del tutto gratuito, liberamente formulato da colui che è l’Eterno.

Il caso, come si vede, non esiste. Ma allora (mi domando) come mai il Signore consente che gli occhi dell’uomo, quando non sono superiormente illuminati, lo vedano così dominante e quasi onnipresente nella creazione di Dio? 
C’è, credo, una risposta plausibile: la casualità è soltanto il travestimento assunto da un Dio che vuol passeggiare in incognito per le strade del mondo; un Dio che si studia di non abbagliarci con la sua onnipotenza e col suo splendore.

Quando si arriva qui, ogni pensiero e ogni esame lasciano il posto alla contemplazione stupita dell’incredibile e arcana benevolenza del “Padre della luce”, dal quale “discende ogni buon regalo e ogni dono perfetto” (cfr. Gc 1,17). 
Ogni sentimento è allora naturalmente trasceso e più radicalmente inverato in quello onnicomprensivo ed esauriente della riconoscenza.
Questa di stasera è per me davvero una “eucaristia”, nel significato più intenso del termine, che tocca e fa vibrare il mio essere in tutte le sue fibre. Oggi, “grazie” diventa per me la parola che riassume tutte le altre; la parola cui (se è compresa bene) non c’è più niente da aggiungere. E sono lieto di poterla pronunciare ed elevare al cielo in questo santuario, così caro al nostro popolo bolognese che qui da secoli viene ad aprire il suo cuore, a chiedere, a implorare e alla fine a ringraziare, appunto.
Certo il mio canto di gratitudine e di lode è difettoso e inadeguato. 
Ma siete venuti in molti ad aiutare il mio povero “grazie”. 
Il Signore vi benedica: voi, miei fratelli nell’episcopato che anche in quest’ora non mi avete lasciato solo, voi presbiteri che per tanti anni avete generosamente collaborato con me, voi carissimi diaconi, voi tutti che oggi m’incoraggiate con la vostra presenza e il vostro affetto. 
Il Signore vi benedica tutti e vi ricompensi come sa fare lui.

Possiamo raccogliere un ultimo conforto dai versetti del quarto vangelo che abbiamo ascoltato. 
Gesù morente sulla croce dice prima: “Ecco il tuo figlio”, e poi: “Ecco la tua madre” (cfr. Gv 19,26-27). E la cosa mi ha sempre colpito. Prima di preoccuparsi di affidare Maria (che resta sola) a Giovanni, si preoccupa di affidare Giovanni (che non resta solo) a Maria. Il suo primo pensiero non è per la madre sua, è per l’apostolo; e non tanto per la persona di Giovanni, che ha già una madre; una madre che è anzi lì anche lei tra le donne che sono sotto la croce (cfr. Mt 27,56), quanto per l’umanità che egli rappresenta e più specificamente per tutti coloro che, come lui, saranno nei secoli rivestiti del carisma apostolico. 
Il Figlio di Dio, Redentore e Signore di tutti, ce lo ha garantito: il sacerdozio ministeriale è posto sotto la singolare protezione materna della Regina del cielo e della terra. Per questo a noi non possono mancare mai, fino all’ultimo giorno, la serenità e la speranza.
A questo proposito devo dire che, arrivato a questa età, ho imparato a dire meglio, con più senso, l’ultima parte dell’Ave Maria (superando la mia anteriore superficialità e spensieratezza):

“Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen”.

 Omelia del Card. Giacomo Biffi per gli ottant'anni 
(Basilica di San Luca - 13 giugno 2008)





13 giugno 1928, Milano - 11 giugno 2015 Bologna

«A una data età nessuno di noi è quello a cui madre natura lo destinava; ci si ritrova con un carattere curvo come la pianta che avrebbe voluto seguire la direzione che segnalava la radice, ma che deviò per farsi strada attraverso pietre che le chiudevano il passaggio».

- Italo Svevo- 
da: “La coscienza di Zeno”


«Più invecchio anch’io, più mi accorgo che l’infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono, ma sono i due stati più profondi in cui ci è dato vivere. 
In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita. […] 
Gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nel ballo mascherato oppure ne è già uscito. 
E tutto l’intervallo sembra un vano tumulto, un’agitazione a vuoto, un inutile caos per il quale ci si chiede perché si è dovuto passare».

– Marguerite Yourcenar –
da: “Archivi del Nord”



 Ch'io non faccia di professione il vecchio, 
o Signore ch'io non sia uno scarto di vesperali memorie.
 Conservatore sì ma capace di imparare ancora; 
autoritario un po' ma teso ad avere più amore che potere; 
abitudinario per necessità 
ma che il mio orologio non segni sempre la stessa ora; 
impotente ma non imbecille; 
pensionato ma non disoccupato: 
che il futuro non sembri un lontano passato.  

- Dario Rezza - 
 da: "Riflessi d'autunno" Ed. Palumbi



Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 9 ottobre 2015

I due boscaioli – don Bruno Ferrero -

Due boscaioli lavoravano nella stessa foresta ad abbattere alberi. I tronchi erano imponenti, solidi e tenaci. I due boscaioli usavano le loro asce con identica bravura, ma con una diversa tecnica: il primo colpiva il suo albero con incredibile costanza, un colpo dietro l'altro, senza fermarsi se non per riprendere fiato rari secondi.
Il secondo boscaiolo faceva una discreta sosta ogni ora di lavoro.
Al tramonto, il primo boscaiolo era a metà del suo albero. Aveva sudato sangue e lacrime e non avrebbe resistito cinque minuti di più.
Il secondo era incredibilmente al termine del suo tronco. Avevano cominciato insieme e i due alberi erano uguali!
Il primo boscaiolo non credeva ai suoi occhi. "Non ci capisco niente! Come hai fatto ad andare così veloce se ti fermavi tutte le ore?".
L'altro sorrise: "Hai visto che mi fermavo ogni ora. Ma quello che non hai visto è che approfittavo della sosta per affilare la mia ascia".

Il tuo spirito è come l'ascia. Non lasciarlo arrugginire. Ogni giorno affilalo un po:
1. Fermati dieci minuti e ascolta un po' di musica.
2. Cammina ogni volta che puoi.
3. Abbraccia ogni giorno le persone che ami e dì loro: "Ti voglio bene".
4. Festeggia compleanni, anniversari, onomastici e tutto quello che ti viene in mente.
5. Sii gentile con tutti. Anche con quelli di casa tua.
6. Sorridi.
7. Prega.
8. Aiuta qualcuno che ha bisogno di te.
9. Coccolati.
10. Guarda il cielo e punta in alto.

- don Bruno Ferrero - 
da: “Il segreto dei pesci rossi”


Quando il comportamento di qualcuno ti causa dolore, potresti nutrire risentimento nei suoi confronti. Tuttavia non fai altro che ferire te stesso, poiché il risentimento abbassa l’energia, l’entusiasmo e l’efficienza. 
Ogni parola o gesto scortese che quell’individuo ha avuto per te è un riflesso della sua persona; il suo comportamento non è un’affermazione sul tuo vero Io. 
Quando le persone agiscono in modo scortese, allontanano la luce e l’amore dalla loro vita e attraggono esperienze che tendono ad alimentare la loro insoddisfazione. Più le persone sembrano sgradevoli, più hanno bisogno di amore, che cura l’infelicità e instilla il calore nei loro cuori. 
Questo non significa che devi stare in compagnia di coloro che sembrano comportarsi in modo scortese nei tuoi confronti. Puoi inviare da lontano pensieri d’affetto e raggiungere comunque il tuo obiettivo. 
Quando invii amore verso qualcuno per il quale provi risentimento, la “guarigione” avviene su tre livelli: 
1) ti libera dal dolore e dal tormento della rabbia. 
2) spezza gli schemi indesiderati, poiché tu attrai ciò che pensi. 
3) aiuta a guarire l’altra persona. Quindi, perdona. Il beneficio che ne trarrai supererà qualsiasi piacere derivante dal covare risentimento. Perdona e sii libero!

- Doreen Virtue - 
da: La guida degli angeli





"Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. 
O un giardino piantato col nostro sudore. 
Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. 
Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti poi la nostra impronta. 
La differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. 
Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita."


- Ray Bradbury - 
da: "Fahrenheit 451" (1953), traduzione di Giorgio Monicelli, Arnoldo Mondadori Editore, 1966.



“Una delle lezioni più importanti della vita è quella di imparare l’indipendenza:  comprendere la libertà, che significa emancipazione dall’attaccamento, dai risultati, dalle opinioni e dalle aspettative.”

- Brian Weiss -



Buona giornata a tutti. :-)



venerdì 2 ottobre 2015

Preghiera per i nonni - Don Arturo Bellini

O Dio, Padre di bontà e di tenerezza,
ti prego per i nonni:
mi vogliono bene,
si prendono cura di me,
vegliano sui miei passi,
con amore e pazienza,
e hanno tempo per me.


Grazie, Signore, per i nonni.
che mi hai messo accanto.
Proteggili sempre.
Dona loro salute e vita.
Riempi il loro cuore di gioia.
Ascolta le loro preghiere.
Accompagnali con la tua benedizione.


Signore, fa’ che insieme a papà e mamma
i nonni mi aiutino a parlare con Te
e a “sentire” quanto tu sei buono e amabile.

- Don Arturo Bellini - 




Quando il tuo nipotino, che ti ha visto da lontano, ti corre incontro pieno di luce dentro agli occhi, in quel momento, in quel preciso istante, non è una semplice dolce creatura che ti sta venendo incontro, ma è il Creato intero, Dio compreso.

- Carlo Sorrentino - 


Cari nonni, cari anziani, mettiamoci nella scia di questi vecchi straordinari! Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera: prendiamo gusto a cercare parole nostre, riappropriamoci di quelle che ci insegna la Parola di Dio. 
E’ un grande dono per la Chiesa, la preghiera dei nonni e degli anziani! (…) Una grande iniezione di saggezza anche per l’intera società umana: soprattutto per quella che è troppo indaffarata, troppo presa, troppo distratta. Qualcuno deve pur cantare, anche per loro, i segni di Dio! 
Guardiamo a Benedetto XVI, che ha scelto di passare nella preghiera e nell’ascolto di Dio l’ultimo tratto della sua vita! (…) 
Un grande credente del secolo scorso, di tradizione ortodossa, Olivier Clément, diceva: “Una civiltà dove non si prega più è una civiltà dove la vecchiaia non ha più senso. E questo è terrificante, noi abbiamo bisogno prima di tutto di anziani che pregano, perché la vecchiaia ci è data per questo”. (…)


- papa Francesco - 


Padre onnipotente e buono,
il compito
che come nonni
ci affidi
è un ministero di gioia!
E’ la tua Speranza
che si fa visibile!
Aiutaci ad imitare Te,
che non abbandoni nessuno
di quanti in Te confidano,
ma li sostieni con amore fedele
Fa’ che trasmettiamo ai nostri nipoti
con le carezze, l’attenzione, l’ascolto,
la bellezza
del tuo dono più grande:
la vita !

Amen




Buona giornata a tutti. :-)