Quando troppi pensieri affollano il cuore e la mente,
pare che l’aridità prenda il sopravvento.
Afferràti da tanti impegni e obblighi ci sentiamo
prigionieri come mosche nella tela del ragno, ma più tentiamo di fuggire, di
liberarci… più ne rimaniamo invischiati.
Il lavoro, gli impegni burocratici quotidiani….corri a sbrigare una scadenza in banca…un versamento alla posta…una attesa dal medico…un guasto alla macchina….anche la spesa diventa una impresa…e ci mancava anche il ricaricare i telefonini….prendi i figli da scuola…portali in palestra…prepara da mangiare (e qui le donne sono messe a dura prova)…tieni a posto la casa….controlla il tuo conto in banca…confròntati con i figli…rispondi alle telefonate….tieni sotto controllo la tua salute….
Insomma….corri di qua e scappa di là, non abbiamo più tempo per fermarci e pensare a noi stessi, non abbiamo più tempo per fermarci e guardare in faccia le persone, dialogare, confrontarci, conoscere a fondo il cuore di chi ci sta accanto, anche di chi vive in casa con noi.
Diventiamo estranei l’uno con l’altro, salvo rifugiarci in quel mondo virtuale che è facebook che fa sembrare “amici” persone assolutamente sconosciute.
Ci assale l’ansia, diventiamo precipitosi, superficiali, incapaci di pensare coerentemente, schiavi delle nostre preoccupazioni, tutto ci appare complicato, senza soluzioni immediate.
Il nostro cuore è diventato così inquieto e nello steso tempo tanto arido che non riusciamo più a trovare in esso alcuna tenerezza.
E al nostro sguardo, così spesso impaziente, insofferente e diffidente, sfugge l’essenzialità della vita, il piacere del semplice scorrere quotidiano di quell’ esistenza fatta di piccoli gesti, di ingenui e semplici atti di amore.
Non ci accorgiamo più di tutta quella gente umile e silenziosa che attraversa le nostre giornate….gente che non va cercando il chiasso ed il consenso delle piazze, persone la cui logica intima dell'accogliere e del custodire si oppone alla logica della potenza, della scena pubblica da conquistare.
Sono tutte quelle persone “in penombra”, inosservate, che non appaiono ma danno senso alla vita….persone che non amano mostrarsi in alcun modo, che non cercano la fama e delle quali non si parla, ma senza le quali la nostra vita sarebbe ancor più ardua e difficile.
Il lavoro, gli impegni burocratici quotidiani….corri a sbrigare una scadenza in banca…un versamento alla posta…una attesa dal medico…un guasto alla macchina….anche la spesa diventa una impresa…e ci mancava anche il ricaricare i telefonini….prendi i figli da scuola…portali in palestra…prepara da mangiare (e qui le donne sono messe a dura prova)…tieni a posto la casa….controlla il tuo conto in banca…confròntati con i figli…rispondi alle telefonate….tieni sotto controllo la tua salute….
Insomma….corri di qua e scappa di là, non abbiamo più tempo per fermarci e pensare a noi stessi, non abbiamo più tempo per fermarci e guardare in faccia le persone, dialogare, confrontarci, conoscere a fondo il cuore di chi ci sta accanto, anche di chi vive in casa con noi.
Diventiamo estranei l’uno con l’altro, salvo rifugiarci in quel mondo virtuale che è facebook che fa sembrare “amici” persone assolutamente sconosciute.
Ci assale l’ansia, diventiamo precipitosi, superficiali, incapaci di pensare coerentemente, schiavi delle nostre preoccupazioni, tutto ci appare complicato, senza soluzioni immediate.
Il nostro cuore è diventato così inquieto e nello steso tempo tanto arido che non riusciamo più a trovare in esso alcuna tenerezza.
E al nostro sguardo, così spesso impaziente, insofferente e diffidente, sfugge l’essenzialità della vita, il piacere del semplice scorrere quotidiano di quell’ esistenza fatta di piccoli gesti, di ingenui e semplici atti di amore.
Non ci accorgiamo più di tutta quella gente umile e silenziosa che attraversa le nostre giornate….gente che non va cercando il chiasso ed il consenso delle piazze, persone la cui logica intima dell'accogliere e del custodire si oppone alla logica della potenza, della scena pubblica da conquistare.
Sono tutte quelle persone “in penombra”, inosservate, che non appaiono ma danno senso alla vita….persone che non amano mostrarsi in alcun modo, che non cercano la fama e delle quali non si parla, ma senza le quali la nostra vita sarebbe ancor più ardua e difficile.
Vi ricordate “La Domenica delle Palme”? La Domenica
che ricorda l’accoglienza festosa che gli abitanti di Gerusalemme riservano
all’ingresso trionfale di Gesù in città.
La scena cambierà velocemente e dall’accoglienza
osannante si passerà alle ingiurie, alle offese, alle dolorose ferite e alla
condanna a morte richiesta con urla piene di odio.
Ma mi piace fermare l’attenzione su quanto precede
l’ingresso festoso di Gesù in Gerusalemme.
Il Maestro manda i suoi discepoli a prendere l’asinello
sul quale Egli siederà.
Sono senza nome coloro i quali mettono a disposizione
l’asinello di cui si servirà Gesù (Mc.11,2)…
….sono senza nome e senza volto quelli che sulla strada
si fidano dei due discepoli che sciolgono l’animale (Mc.11,6)….
….sconosciuta è quella famiglia che sta dietro la porta
vicino alla quale è legato l’asinello(Mc.11,4)…
Sono, costoro, tutti coloro che rappresentano gli umili
servitori che vivono esperienze ordinarie, semplici, casa e lavoro, che non
fanno nulla di sublime, ma che semplicemente fanno quello che sono chiamati a
fare e che è giusto che facciano.
Con generosità, con il cuore in mano, senza mettersi in
mostra, senza attendere alcun contraccambio.
“Questa gente forse abita il mio palazzo, il mio
quartiere, la mia stessa casa. E’ il Regno che avanza sugli asinelli e non tra
i fumi degli incensi, non nelle grandi adunate di folla ma sulle spalle di
tanta santità invisibile .”
Sono le persone di cui il Signore ha bisogno, così come
si esprimono i due discepoli alla domanda a chi dovesse servire l’asinello :
“Il Signore ha bisogno!”
Il Signore ha bisogno del mio “poco”!
E con quel “poco” fa cose straordinarie.
Allora l’augurio che rivolgo a tutti voi ( e a me per
primo) è di non vivere la vita in modo precipitoso e superficiale.
Liberiamoci dall’ansia del troppo fare, dall’ansia di
sentirsi indispensabili perché così corriamo il rischio che ci sfuggano
moltitudini di sorgenti di senso e di felicità.
Cerchiamo di riempire di luce, di tenerezza, di
generosità le realtà che ci vengono incontro dal grigio quotidiano in modo che
la nostra vita possa esserne trasformata.
L’augurio di una commensalità quotidiana (che non è
necessariamente la tavola da pranzo ma “lo spezzare e consumare insieme il pane
della vita”) sempre gioiosa, nonostante tutto, con le persone che ci onorano
della loro amicizia e del loro affetto.
L’augurio di stupirci ogni giorno della bellezza degli
affetti, di stupirci quando qualcuno ci dice “caro” o “ti voglio bene”.
Concludo l’augurio con una bella preghiera di Pietro di
Celle
(teologo francese, 1115-1183)
- Vostro servo in Cristo, d. Massimo -
Ti ringrazio, Signore,
perché vieni sull’asinello e non sui cherubini,
vieni nell’umiltà non nella grandezza.
Vieni nelle fasce non nell’armatura di un guerriero,
vieni nella mangiatoia non nelle nubi del cielo,
fra le braccia di tua Madre
non sul trono della tua maestà.
Vieni sull’asina e non sui cherubini,
tu vieni verso di noi non contro di noi,
vieni per salvare non per giudicare,
per visitarci nella pace non per condannare nel furore.
Se vieni così, Signore Gesù,
invece di fuggirti noi correremo verso di te.
- Pietro di Celle -
Buona giornata a tutti. :-)