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domenica 28 dicembre 2014

Vestiti per i poveri . don Bruno Ferrero -

Il parroco di una delle sterminate periferie di Pa­rigi, incaricò un giorno la scrittrice Madeleine Del­brel, sua buona parrocchiana, di portare un pacco di vestiti ad una poverissima famiglia di non credenti.
Madeleine prese il pacchetto e si recò all'indiriz­zo che le aveva dato il parroco. Salì i cinque piani del freddo casermone di cemento e consegnò il 
pac­co alla donna dall'aria sciupata con un bambino ac­canto, che era venuta ad aprire la porta. La donna ringraziò e Madeleine riprese le scale. Era appena giunta a pianterreno che si sentì richiamare.
Era la donna del quinto piano che urlava: «Vieni a riprenderti il tuo pacchetto! Sono degli stracci schi­fosi! Siamo poveri, ma non viviamo di rifiuti!».
Madeleine risalì. Vide che la donna aveva ragio­ne: il pacco conteneva biancheria sporca. C'era sta­to qualche errore. Si scusò e ridiscese, addolorata. Non sapeva che cosa fare.
Passò davanti ad un negozio di fiori e vide un cesto di magnifiche rose rosse. Le comperò, ritornò sui suoi passi, incontrò il bambino della donna e gli diede i fiori, dicendogli: «Portali alla tua mamma».
Quel bambino fu il primo battezzato del quartiere.

*****
Un vecchietto ateo, non credente, andò da un noto sacerdote. Sperava di essere aiutato a risolvere i suoi problemi di fede. 
Non riusciva a convincersi che Gesù di Nazaret fosse veramente risorto. Cercava dei se­gni di questa affermata risurrezione... Quando entrò nella casa canonica, abitazione del sacerdote, c'era già qualcuno nello studio a collo­quio. Il prete intravide il vecchietto in piedi in corri­doio, e subito, sorridente, andò a porgergli una sedia.


Quando l'altro si congedò, il sacerdote fece en­trare l'anziano signore. Conosciuto il problema, gli parlò a lungo e dopo un fitto dialogo, l'anziano da ateo divenne credente, desiderando di ritornare alla parola di Dio, ai sacramenti e alla fiducia nella Madonna. 
Il sacerdote soddisfatto ma anche un po' meravi­gliato gli chiese: «Mi dica, del lungo colloquio qual è stato l'argomento che l'ha convinta che Cristo è veramente risorto e che Dio esiste?». 
«Il gesto con il quale mi ha porto la sedia perché non mi stancassi di aspettare», rispose il vecchietto.

- don Bruno Ferrero -
da: "C'è qualcuno lassù", ed. Elledici




"Dio è eterno, è nato da una donna e rimane con noi ogni giorno.
In questa fiducia viviamo, in questa fiducia troviamo la strada della nostra vita."

- San Cirillo di Alessandria -



"Da Betlemme è la luce
che illumina il mondo,
il Pane che sostenta
la vita degli uomini".

(San Luigi Guanella)




"Amo il presepe, 
questa gaudiosa rivincita del cuore
sulla specularità del pensiero.
Perché, se sui crinali scoscesi della rivelazione
la teologia si inerpica temerariamente,
il presepe, quello popolare dell'800,
non è da meno.
Anzi, la scavalca in arditezza:
col bilico dei Suoi ponti,
col paradosso delle Sue montagne,
con l'anacronismo delle Sue Città,
con la trasognata semplicità dei Suoi personaggi.
Per questo amo il presepe.
Ma lo amo, soprattutto, perché mi suggerisce
un'arditezza ancora più grande:
che Lui, il Signore,
è disposto a ricollocare la Sua culla,
ancora oggi,
tra le pietraie della mia anima inquieta".

- don Tonino Bello -







Buona giornata a tutti e tutte :-) 

www.leggoerifletto.it










sabato 27 dicembre 2014

La gobba del cammello - Rudyard Kipling -

Narrerò ora, come spuntò la gobba al Cammello.
All’inizio del mondo, quando tutto era ancora nuovo, e gli Animali avevano appena incominciato a lavorare per l’Uomo, viveva, in mezzo al Deserto Ululante, un Cammello, che era proprio un gran fannullone, tanto che mangiava rametti e pruni, tamarischi e altre erbe, che poteva trovare nel deserto senza scomodarsi troppo; e quando Qualcuno gli rivolgeva la parola, rispondeva: – Bah! – solo: – Bah! – e nient’altro.
Perciò, un lunedì mattina, il Cavallo andò da lui, con la sella sulla schiena e il morso in bocca, e disse:
- Cammello, ehi, Cammello, vieni fuori a trottare come tutti noi.
- Bah! – fece il Cammello; e il Cavallo se ne andò e lo riferì all’Uomo.
Poi andò da lui il Cane, con un pezzo di legno in bocca; e disse: – Cammello, ehi, Cammello, vieni a stanare la selvaggina come tutti noi.
- Bah! – fece il Cammello; e il Cane se ne andò e lo riferì all’Uomo.
Poi andò da lui il Bue, con il giogo sul collo, e disse: – Cammello, ehi, Cammello, vieni ad arare come tutti noi.
- Bah! – fece il Cammello, e il Bue se ne andò e lo riferì all’Uomo.
Sul finire del giorno l’Uomo chiamò a raccolta il Cavallo, il Cane e il Bue e tenne loro questo discorsetto:
- O miei Tre, sono molto spiacente per voi (con il mondo ancora tutto nuovo); quel Fannullone nel deserto non vuol proprio lavorare, mentre ormai dovrebbe già essere qui come voi; per cui sono costretto lasciarlo solo, e voi dovrete lavorare il doppio per supplirlo.
Ciò irritò molto i Tre (con il mondo ancora tutto nuovo); ed essi si riunirono al confine del Deserto a congiurare; e venne anche il Cammello, più indolente che mai, ruminando erba, e rise loro in faccia. Poi fece: – Bah! – e se ne andò.
Allora arrivò il Genio che ha in custodia Tutti i Deserti, avvolto in una nube di polvere (i Geni viaggiano sempre in questo modo, perché è Magia), e si fermò a parlare coi Tre.
- Genio di Tutti i Deserti, – disse il Cavallo, – è giusto che qualcuno se ne stia in ozio con il mondo tutto nuovo?
- No di certo, – rispose il Genio.
- Ebbene, – soggiunse il Cavallo, – c’è un animale in mezzo al tuo Deserto Ululante, con lungo collo e lunghe gambe che non ha fatto ancora niente da lunedì mattina. Non vuole trottare.
- Ohibò! – esclamò il Genio; – per tutto l’oro dell’Arabia, ma questo è il mio Cammello! e che scusa trova?
- Dice: “Bah!” – disse il Cane; – e non vuole andare a stanare la selvaggina.
- Dice qualcos’altro?
- Solo: “Bah!” e non vuole arare, – disse il Bue.
- Benissimo, – fece il Genio; – se avete la pazienza di aspettare un minuto lo farò sgobbare io.
Il Genio si avvolse nel suo mantello di polvere, andò nel deserto, e trovò il Cammello più indolente che mai, che rimirava la sua immagine riflessa in una pozza d’acqua.
- Mio lungo e indolente amico, – disse il Genio, – ho sentito sul tuo conto cose che ti fanno poco onore. È vero che non vuoi lavorare?
- Bah! – rispose il Cammello.
Il Genio si sedette, col mento fra le mani, e si accinse ad escogitare qualche grande incantesimo, mentre il Cammello continuava a rimirare la sua immagine riflessa nell’acqua.
- Tu hai costretto i Tre a lavorare il doppio da lunedì mattina, e tutto per colpa della tua insopportabile pigrizia – disse il Genio, e continuò a pensare incantesimi col mento fra le mani.
- Bah! – fece il Cammello.
- Non lo ripeterei più se fossi in te, – disse il Genio; – potresti dirlo una volta di troppo. Fannullone, voglio che tu lavori.
E il Cammello ripeté ancora: – Bah! – ma non aveva ancora finito di dirlo, che vide il suo dorso, del quale era così orgoglioso, gonfiarsi e gonfiarsi finché si formò su di esso una grande, immensa, traballante gob-bah.
- Vedi cosa ti è successo? – disse il Genio; – questa gobba te la sei voluta proprio tu, con la tua pigrizia. Oggi è giovedì, e tu non hai fatto ancora nulla, mentre il lavoro ha avuto inizio lunedì. Ora devi andare a lavorare.
- Come è possibile, – protestò il Cammello, – con questa gobba sulla schiena?
- Anzi, è fatta apposta, – replicò il Genio, – perché hai perso quei tre giorni. Ora potrai lavorare per tre giorni senza mangiare, perché puoi vivere a spese della tua gobbah; e non ti venga in mente di dire che non ho fatto niente per te. Esci dal deserto, vai a raggiungere i Tre, e comportati bene. E sgobba!
E il Cammello andò a raggiungere i Tre, e sgobbò, nonostante la gobbah. E da quel giorno in poi il Cammello ebbe sempre la gobbah (noi, ora, la chiamiamo gobba per non offenderlo); ma non è ancora riuscito a recuperare i tre giorni che ha perso all’inizio del mondo, e non ha ancora imparato a comportarsi come si deve.



- Rudyard Kipling -




Ci sono momenti nella vita che si deve tacere e lasciare che il silenzio parli al cuore, perché ci sono sentimenti che nessuna lingua può esprimere e ci sono emozioni che non si possono tradurre in parole.





...Karl Marx, cito a senso le sue parole, disse una volta: non sei autonomo fintanto che devi te stesso al favore di un altro; e fintanto che non sei autonomo, non sei libero, bensì dipendente. Davvero convincente! Ma se guardiamo meglio, vediamo che tali parole significano che l'amore è mancanza di libertà, perché l'amore include il fatto che io ho bisogno dell'altro e del suo favore. 

Quest'idea della libertà concepisce l'amore come schiavitù e ha come presupposto la distruzione dell'amore. Sotto questo aspetto essa è un attacco alla verità dell'uomo, che vive di amore. Ed è un attacco a Dio, di cui l'uomo è immagine appunto perché ha bisogno di amore. Neppure Dio, infatti, ha voluto essere indipendente dall'amore: il Figlio esiste solo in virtù del Padre, lo Spirito solo in virtù dei due e il Padre solo in rapporto a essi: solo in questa dipendenza dell'uno dagli altri, come unitrino, Egli è Dio. E non può essere diversamente, se Dio è amore...

- Joseph Ratzinger - 
da "La benedizione del Natale" -




Abbiamo un Dio innamorato di noi, che ci accarezza teneramente e ci canta la ninna nanna proprio come fa un papà con il suo bambino. Non solo: lui ci cerca per primo, ci aspetta e ci insegna a essere «piccoli», perché l'amore è più nel dare che nel ricevere ed è più nelle opere che nelle parole.


Papa Francesco, Meditazione mattutina, 27 giugno 2014




Buona giornata a tutti. :-)








venerdì 26 dicembre 2014

Il lupo che divenne uomo - Piero Gribaudi -

C'era una volta, in un bosco, un lupo molto feroce. 
Si nutriva di polli e di conigli e attaccava le greggi e gli armenti del villaggio. Anche i bambini non uscivano più a giocare. 
Il lupo era diventato il terrore di tutti. Si presero provvedimenti: gli animali dovevano vivere dentro recinti e trappole di ogni tipo vennero appostate nei dintorni. 
Il lupo cominciò a sentirsi braccato e vagava per il bosco, sempre più affamato.
Una sera, inaspettatamente, una stupenda luce illuminò il cielo e durò per tutta la notte. Ad un certo momento diversi gruppi di pastori cominciarono ad arrivare da ogni dove. Andavano tutti verso la medesima direzione. Che cosa stava succedendo?
Il lupo decise di seguirli, tenendosi a debita distanza. Li vide entrare in una grotta. Non si capiva che cosa vi trovassero. Quando uscirono, sembravano trasfigurati e anche una giovane donna comparve in mezzo a loro. 
Era un'occasione propizia. Il lupo furtivamente si intrufolò nella grotta.
Su una minuscola stuoia, un bambino molto piccolo stava disteso e giocava con un filo d'erba tra le dita. Il lupo si illuminò. Ecco il cibo sognato da tanto tempo. La mamma era ancora fuori con gli ospiti e non si sarebbe accorta. Avvicinò il muso al bambino. Sarebbe stata questione di un attimo. Ma successe qualcosa d'inaspettato. Il bambino non si spaventò, non pianse. Lo guardò, anzi, negli occhi, gli sorrise e allungando la manina accarezzò quel muso sporco di polvere. E gli disse: "Ti voglio bene".
Nessuno glielo aveva mai detto. La sua pelliccia di lupo si sfilacciò come una vecchia camicia. Dentro comparve un giovane uomo.

Chinato verso il bambino, trasformato, continuava a gridargli "Grazie! Grazie! Grazie!". Poi corse via. Che cos'altro poteva fare questo ex-lupo se non correre in ogni angolo della terra e raccontare a tutti ciò che quel bambino aveva fatto di lui?

- Piero Gribaudi - 
da: Fiabe della Notte Santa




Fratelli carissimi, il Signore nostro Gesù Cristo, creatore eterno di tutte le cose, oggi nascendo da una madre si è fatto nostro salvatore. E’ nato per noi oggi liberamente nel tempo per introdurci nell’eternità del Padre. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio. Perché l’uomo mangiasse il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo… L’uomo ha peccato ed è divenuto reo: Dio è nato come uomo perché fosse liberato il reo. L’uomo cadde, ma Dio discese. Cadde l’uomo miseramente, discese Dio misericordiosamente; cadde l’uomo per la superbia, discese Dio con la grazia. 


Sant' Agostino (Discorso 13) 



...Non aveva bisogno di noi.

E anche Gesù non doveva che starsene ben tranquillo, nel ciel, prima di questa parte centrale, assiale, cardiaca della creazione, prima dell’Incarnazione, prima della redenzione.
È venuto, perché il mondo è venuto.
Diversamente, contrariamente, era tanto semplice, e presto fatto.
Era fatto in anticipo, non doveva che non creare il mondo, non rimaneva che non creare l’uomo.
Non c’era più alcuna storia, non c’era più alcun fastidio.
Tutto il mondo restava a casa sua.
Quanto bisogna che io sia grande, amico mio, per aver spostato tanto mondo, disturbato tanto mondo, e così gran mondo.
Un Dio, amico mio, Dio si è disturbato, Dio si è sacrificato per me.
Ecco il Cristianesimo.

- Charles Péguy -
Clio, dialogue de l’histoire et de l’âme charnelle


È nato! Alleluia! 

È nato il sovrano bambino,
è nato! Alleluia, alleluia!
La notte che già fu sì buia
risplende di un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaie
suonate! Squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma come nei libri hanno detto
da quattromill’anni i profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Da quattromill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato, è nato il Signore!
È nato nel nostro paese.
Risplende d’un astro divino
la notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino,
è nato! Alleluia, alleluia!

- Guido Gozzano -






Buona giornata a tutti. :-)







giovedì 25 dicembre 2014

A Gesù bambino - Umberto Saba -

La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!
Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.

- Umberto Saba -



"Il segno di Dio è la semplicità,
il segno di Dio è il bambino,
il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi.
E' questo il suo modo di regnare.
Egli non viene con potenza e grandiosità esterne.
Egli viene come bambino, inerme e bisognoso del nostro aiuto.
Non vuole sopraffarci con la forza
e ci toglie la paura della sua grandezza.
Egli chiede il nostro amore: perciò si fa bambino.
Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderlo, 
accoglierlo, amarlo."

- Papa Benedetto XVI - 




In questo cammino verso il Natale ci aiutano alcuni atteggiamenti: 
“la perseveranza nella preghiera, pregare di più; l’operosità nella carità fraterna, avvicinarci un po’ di più a quelli che hanno bisogno; e la gioia nella lode del Signore”. Dunque: “la preghiera, la carità e la lode”, con il cuore aperto “perché il Signore ci incontri”.

Papa Francesco, 2 dicembre 2013



I wish you a happy Christmas!

"Glory to God in the highest, 
and on earth peace among those with whom he is pleased" 

(Luke 2:14)



Ho sempre pensato - e forse è un azzardo - che il mistero dell'Incarnazione sia più grande di quello della Resurrezione.
Perché un Dio che si fa bambino,... e poi ragazzo,... e poi uomo, quando muore non può che risorgere.

da: Il mistero dell'incarnazione - di Edith Stein




Oggi Cristo è nato,
è apparso il Salvatore;
oggi sulla terra cantano gli angeli,
si allietano gli arcangeli;
oggi esultano i giusti, acclamando:
Gloria a Dio nell'alto dei cieli, alleluia.






Cari amici  ed amiche questo è il mio augurio:
vi auguro un Natale pieno di cose che contano,
che possano arrivare fino al vostro cuore 
e abbracciare la vostra anima.
Seguite sempre la stella della speranza e dell'amore!
Un abbraccio a tutti quanti.
- Stefania -















mercoledì 24 dicembre 2014

La preghiera dell'asino di Betlemme -

Signore,
credo d'averti già molestato troppo chiedendoti di liberarmi da questa stupida vita d'asino di un piccolo paese ai margini della Palestina.
Quante volte mi è venuto il desiderio di diventare feroce o velenoso come tante altre bestie, giusto per obbligare gli uomini ad essere più accorti nei miei confronti, ma non te ne sei curato.
Con testarda tenacia ho nutrito il desiderio di libertà, ma non mi è stato possibile fuggire da questo carico, sempre meno sopportabile; non mi è stato possibile fuggire dal peso che gli altri hanno caricato sulle mie spalle, senza chiedermi nulla, né consenso né permesso, incuranti delle mie ginocchia traballanti.
Ti ho supplicato di allontanare almeno la verga del mio aguzzino, che batteva la mia schiena ad ogni tentativo di alzare la testa.
Non sapevo neanche com'è il sole di cui sentivo il calore sulle spalle!
Sconosciuta era per me la bellezza della luna e delle stelle che di notte rischiarano le vie.
Comunque grazie! Per quella notte di grazia.
Doveva essere gravosa e buia come tutte le altre, invece ha cambiato il contenuto dei miei pensieri, il corso della mia vita.
L'uomo e la donna che hai mandato nella mia stalla, non sono venuti né con la forza né con il bastone, non fremevano né minacciavano.
Sono entrati piano, umilmente e modestamente.
E allora nell'attimo più buio della notte, ho visto il Sole in persona.
Quella luce e quel calore verso i quali ho anelato tutta la vita.
A notte fonda, attorno al Bambino adagiato sulla greppia è risuonato un canto:
"Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!".
In un istante ho sentito di non valere meno degli angeli.
Davanti a me e davanti a loro si trovava lo stesso mistero.
Non da meno era la mia meraviglia di fronte al miracolo avvenuto!
Proprio quando mi sono inginocchiato davanti a questo Mistero, hai reso salde le mie ginocchia vacillanti, con la forza che lui emanava hai dato fermezza alle mie membra.
Grazie Signore,
perché mi hai liberato a modo tuo e non come io ti ho chiesto.
Non mi hai dato una vita lunga, però me l'hai riempita di senso.
Non hai maledetto le tenebre che mi avvolgevano, però mi hai mostrato la luce.
Quando non ho potuto né saputo alzare la testa, tu ti sei chinato davanti a me per mostrarti.
Non hai tolto la croce dalle mie spalle, mi hai insegnato come portarla.
Sono diventato orgoglioso di me imparando che è virtuoso portare i pesi degli altri.
Mi hai aperto la porta della conoscenza quando mi hai persuaso che il tuo giogo è dolce, il carico leggero.
Ora lo sai perché ho accettato con gioia l'ulteriore peso, perché mi sono offerto per il viaggio in Egitto, nonostante gli sforzi e i pericoli.
Grazie,
perché hai scelto me e la mia misera specie per servire la Sacra Famiglia.
Una sola cosa mi ha messo in imbarazzo: quando mi hanno cambiato il nome,
ma ora so che il mio nome era proprio quello, e sono fiero di essere chiamato Cristoforo, portatore di Cristo.






Il Natale è fermarsi a contemplare quel Bambino, il Mistero di Dio che si fa uomo nell’umiltà e nella povertà, ma è soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, che è Cristo Signore, per vivere della sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni. Celebrare il Natale è quindi manifestare la gioia, la novità, la luce che questa Nascita ha portato in tutta la nostra esistenza, per essere anche noi portatori della gioia, della vera novità, della luce di Dio agli altri. 

(papa Benedetto XVI)




Nella notte di Natale, la Madre che doveva partorire non trovò per sé un tetto. Non trovò le condizioni, in cui si attua normalmente quel grande divino ed insieme umano Mistero del dare alla luce un uomo.
Permettete che mi serva della logica della fede e della logica di un conseguente umanesimo. Questo fatto di cui parlo è un grande grido, è una permanente sfida ai singoli e a tutti, particolarmente forse nella nostra epoca, in cui alla madre in attesa viene spesso richiesta una grande prova di coerenza morale. Infatti, ciò che viene eufemisticamente definito come «interruzione di gravidanza» (aborto) non può essere valutato con altre categorie autenticamente umane, che non siano quelle della legge morale cioè della coscienza. Molto potrebbero a tale proposito dire, se non le confidenze fatte nei confessionali, certamente quelle nei consultori per la maternità responsabile. 

(Parole sull’uomo, Incipit, Papa Giovanni Paolo I)






"Il Natale è una verità:
la verità di Dio che sorprendentemente ci ama
ed è venuto a farsi uno di noi.
Dio ormai non ci lascia più;
non siamo più soli: i compagni, gli amici, i parenti
ci possono abbandonare.
Ma il Dio che ha tanto amato il mondo
da dare il suo unico Figlio,
unito personalmente per sempre alla nostra natura
di creature fragili e dolenti,
non ci abbandonerà mai alle nostre tristezze,
alla nostra inquietudine,
al nostro peccato.
Non è una fiaba, è una notizia,
cioè l'informazione su un fatto avvenuto;
non è un bel sogno,
è una realtà ancora più bella
di ciò che desidereremmo sognare.
Nessun uomo ormai può sfuggire al suo Creatore,
che lo insegue,
lo vuol raggiungere e legare a sè.
Non possiamo sfuggirgli,
perché il suo amore corre più veloce di noi."

(Giacomo Biffi, teologo e cardinale emerito)



Buona giornata a tutti e Santa Notte....  :-)


martedì 23 dicembre 2014

Credere al Natale - don Bruno Ferrero -

C'era una volta un uomo che non credeva nel Natale.
Era una persona fedele e generosa con la sua famiglia e corretta nel rapporto con gli altri, però non credeva che Dio si fosse fatto uomo come, secondo quanto afferma la Chiesa, è successo a Natale.
Era troppo sincero per far vedere una fede che non aveva , disse una volta alla moglie che era credente :
"Mi dispiace molto, però non riesco a capire che Dio si sia fatto uomo; non ha senso per me."
Una notte di Natale, sua moglie e i figli andarono in chiesa per la messa di mezzanotte. Lui non volle accompagnarli e disse :
"Se venissi con voi mi sentirei un ipocrita. Preferisco restare a casa. Vi starò ad aspettare."
Poco dopo la famiglia uscì mentre iniziò a nevicare.
Si avvicinò alla finestra e vide come il vento soffiava sempre più forte e pensò:
"Se è Natale , meglio che sia bianco "
Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere un giornale. Poco dopo venne interrotto da un rumore seguito da un altro e subito da altri. Pensò che qualcuno stesse tirando delle palle di neve sulla finestra della sala da pranzo.
Uscì per andare a vedere e vide alcuni passerotti feriti, buttati sulla neve. La tormenta li aveva colti di sorpresa e, per la disperazione di trovare un rifugio, avevano cercato inutilmente di attraversare i vetri della finestra e disse :
" Non posso permettere che queste povere creature muoiano di freddo... però come posso aiutarle ? "
Pensò che la stalla dove si trovava il cavallo dei figli sarebbe stato un buon rifugio, velocemente si mise la giacca, gli stivali di gomma e camminò sulla neve fino ad arrivare nella stalla, spalancò le porte e accese la luce. Però i passerotti non entrarono , pensò :
" Forse il cibo li attirerà,"
Tornò a casa per prendere delle briciole di pane e le disseminò sulla neve facendo un piccolo cammino fino alla stalla.
Si angustió nel vedere che gli uccelli ignoravano le bricciole e continuavano a muovere le ali disperatamente sulla neve. Cercò di spingerle in stalla camminando intorno a loro e agitando le braccia. Si dispersero nelle diverse parti meno che verso il caldo e illuminato rifugio e pensò :
" Mi vedono come un estraneo che fa paura , non mi viene in mente nulla perché possano fidarsi di me... Se solo potessi trasformarmi in uccello per pochi minuti, forse riuscirei a salvarli "

In quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare. L'uomo restò immobile, in silenzio, ascoltando il suono gioioso che annunciava il Natale. Allora si inginocchiò sulla neve e disse :

" Ora si, capisco, ora vedo perché hai dovuto fare tutto questo!"

- don Bruno Ferrero - 




Al termine di una vita passata nella santità, come al termine di una vita di delitti, la modalità per entrare in paradiso è una sola: Signore, abbi pietà di me, perché sono un peccatore.

- Arturo Paoli - 




Se tutti per una volta guardassero fuori dalla finestra desiderando quel regalo tanto sperato, che non sia il solito materiale, ma qualcosa di spirituale, potremmo tutti insieme allungare quel sorriso di cinque minuti in qualcosa di infinito, un regalo che potrebbe durare secoli… proprio come un quadro!

(Ejay Ivan Lac)


La stella - Klaus Hemmerle

La stella non si è ingannata,
quando ha chiamato chi era più lontano,
perché si incamminasse verso il Dio a lui vicino.

La stella non si è ingannata,
indicando la via del deserto,
la più umile, la più dura.

La stella non si è ingannata,
fermandosi sopra le case di gente umile:
è nato là il grande futuro.

Il tuo cuore non si è ingannato,
mettendosi in cammino,
in cerca dell'ignoto.

Il tuo cuore non si è ingannato,
non cedendo
alla vana impazienza.

Il tuo cuore non si è ingannato,
inginocchiandosi
dinanzi al Bambino.

- Klaus Hemmerle -





Buona giornata a tutti :-)







lunedì 22 dicembre 2014

Martin, il calzolaio che aspettava Gesù - Comunità missionaria Villaregia -

Martin, avvicinandosi il Natale desiderava preparare qualcosa per Gesù. 
Gli preparò un paio di scarpe, una torta, e mise da parte dei risparmi che potevano servire a Gesù per i suoi poveri.
Quando era tutto pronto si mise ad aspettarlo. Improvvisamente qualcuno fuori gridò: "Al ladro, al ladro...". Una donna afferrava un bambino che le aveva rubato una mela. Martin, si addolorò e pensò: "Adesso, se arriva la polizia o lo prende, come passerà il Natale?". Prese i risparmi che aveva messo da parte per Gesù e li diede alla donna, pregandola di lasciar andare il bambino.
Nuovamente incominciò ad aspettare Gesù e per la finestra si accorse di un paio di piedi che camminavano scalzi sulla neve. "Chi sarà?", si domandò. 
E uscì a cercare il proprietario di quei piedi. Era un giovane: "Vieni, entra in casa mia, riscaldati un poco", gli disse. Afferrò le scarpe che aveva fatto per Gesù e gliele diede. Si disse felice: "Per Gesù mi rimane ancora la torta". 
Già il sole tramontava e vide un anziano che camminava curvo sulla strada. "Povero vecchietto, forse non avrà mangiato niente tutto il giorno". 
Lo invitò ad entrare nella sua casa, non gli restava che la torta, pazienza, pensò tra sè, offrendo la torta al povero, accoglierò Gesù un'altra volta. 
Dopo che anche l'anziano se ne andò, il povero Martin, si sentiva felice e nello stesso tempo triste, aveva preparato tutto per Gesù, ma lui non era arrivato: pazienza!
Durante la notte fece un sogno: nel sogno gli si presentò Gesù e gli disse: "Martin, mi stavi aspettando?".
"Sì, ti ho atteso tutto il giorno..."
"Ma io sono venuto a visitarti per ben tre volte. Grazie dei tuoi regali!"
E Martin vide che Gesù aveva nelle sue mani i risparmi e la torta, ai suoi piedi le scarpe. Si svegliò felice: Gesù era venuto a visitarlo.

- Comunità missionaria Villaregia -



"E Maria diede alla luce il suo figliuolo e lo fasciò e lo pose a giacere in una greppia".
La stalla fu la prima chiesa e la greppia il primo tabernacolo, dopo il seno purissimo di Maria. Ogni cosa può diventare un ostensorio del suo amore. Anzi, le più umili, le più spregiate ne rispettano meglio il mistero, lasciandone trasparire e conservandone il divino incanto.

don Primo Mazzolari
da: Il Vangelo del reduce, 1945




(...)Il cristianesimo è l’inquietudine più grande, la più intensa. Esso inquieta l’esistenza comune nel suo fondamento. Dove deve nascere un cristiano, vi deve essere un’inquietudine: ove un cristiano è nato, c’è dell’inquietudine. 
San Paolo parla del gemito di ogni creatura. Dunque, io sono uno che sta male, non perché credo, ma nella mia stessa qualità di credente, poiché, credendo, non aderisco all’evidenza, ma al mistero. 
Anche se San Tommaso afferma che l’atto di fede si differenzia da tutti gli altri atti del pensiero per questa specie di “cogitazione”, che fa che lo spirito non sia in riposo nella fede. L’avventura cristiana continua in chi crede. 
Non c’è bisogno di rinunciare ad entrare in porto perché la ricerca continui. 
La Fede non è un approdo, ma un sicuro orientamento di Grazia verso l’approdo. 
La traversata continua e travagliosamente. 
Chi non ha la grazia di credere è tentato dall’incertezza e dal timore del niente, di nessuno. Chi ha la grazia di credere è travagliato dalla luce stessa che gli fu comunicata.(...)

- don Primo Mazzolari -

Da: L’inquietudine del cristiano





Vieni Signore Gesù

Quando il nostro cuore si svuota della speranza
e si riempie di scoraggiamento.
Quando il nostro cuore si svuota dell'amore
e si riempie di rancore.
Quando il nostro cuore si svuota della luce
e si riempie di incertezze sulle scelte da fare.
Quando il nostro cuore è stanco
e affaticato per il peso della croce che portiamo.
Quando il nostro cuore si svuota della Grazia
e si riempie del peccato.
Quando il nostro cuore non ti riconosce
e non ti vede nella vita quotidiana,
e si riempie di sfiducia.
Vieni Signore Gesù e riempi il nostro cuore di te!




Buona giornata a tutti. :-)