sabato 29 gennaio 2011

La passione delle pazienze - Madeleine Delbrel -

La passione, la nostra passione, sì, noi l'attendiamo.
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi:
noi non aspettiamo altro che ne scocchi l'ora.
Come un ceppo nel fuoco,
così noi sappiamo di dover essere consumati.
Come un filo di lana tagliato dalle forbici,
così dobbiamo essere separati.
Come un giovane animale che viene sgozzato,
così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l'attendiamo.
Noi l'attendiamo, ed essa non viene.

Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione,
che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,
di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l'autobus che passa affollato,
il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl'invitati che nostro marito porta in casa
e quell'amico che, proprio lui, non viene;
è  il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa il più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostro pazienze,
in ranghi serrati o in fila indiana,
e dimenticano sempre di dirci
che sono il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo,
aspettando – per dare la nostra vita –
un'occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che
come ci sono rami che si distruggono col fuoco,
così ci son tavole che i passi lentamente logorano
e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che
se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici,
ci son fili di maglia che giorno per giorno
si consumano sul dorso di quelli che l'indossano.
Ogni riscatto è un martirio,
ma non ogni martirio è sanguinoso:
ce ne sono di sgranati da un capo all'altro della vita.

E' la passione delle pazienze.

(Madeleine Delbrel)
Tratto da Madeleine Delbrêl, Il piccolo monaco, P.Gribaudi editore, Torino, 1990

Imbocco canale di Corinto - 2010 -
Mare, terra, cielo si fondono in un unico colore

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venerdì 28 gennaio 2011

Spirito Santo, dono del Cristo morente - don Tonino Bello -

Spirito Santo, dono del Cristo morente,
fa' che la Chiesa dimostri di averti ereditato davvero.
Trattienila ai piedi di tutte le croci.
Quelle dei singoli e quelle dei popoli.
Ispirale parole e silenzi, perché sappia dare significato al dolore degli uomini.
Così che ogni povero comprenda che non è vano il suo pianto,
e ripeta con il salmo: "le mie lacrime, Signore, nell'otre tuo raccogli".
Rendila protagonista infaticabile di deposizione dal patibolo,
perché i corpi schiodati dei sofferenti trovino pace sulle sue ginocchia di madre.
In quei momenti poni sulle sue labbra canzoni di speranza.
E donale di non arrossire mai della Croce,
ma di guardare ad essa come all'antenna della sua nave,
le cui vele tu gonfi di brezza e spingi con fiducia lontano.

(don Tonino Bello)


Isola di Santorini, Mar Egeo, Grecia
Chiesa ortodossa a nord dell'isola di Santorini nella città di Oia, (si legge Ia). Da questa posizione si ammirano i più bei tramonti sul Mar Egeo. Santorini è un'isola vulcanica costituita da un ampio cratere sventrato da terremoti ed eruzioni avvenute in età preistorica;L'interno del cratere è invaso dal mare. Al centro del cratere si possono fare bagni caldi perchè è ancora attiva la "caldara" del vulcano.


Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 27 gennaio 2011

Un paio di scarpette rosse - Joyce Lussu -

C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco".
C'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l' eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C'è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

(Joyce Lussu)
http://www.bellasardegna.it/Storia/BellaSardegna.it_%20biografia_Joyce_Lussu.htm


Joyce Salvadori Lussu nasce a Firenze l’8 maggio 1912 da una famiglia di antifascisti. E’ stata scrittrice, traduttrice e partigiana italiana. Medaglia d’argento al valor militare. Joyce muore a Roma il 4 novembre 1998, all’età di 86 anni, ribelle come aveva vissuto, con una sigaretta postale tra le mani al posto del rosario.




"La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. 
Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. 
Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita..."

- Mario Rigoni Stern - 






Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio del mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.


- Primo Levi - 



Buona giornata a tutti. :-)

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mercoledì 26 gennaio 2011

Sei la mia schiavitù, sei la mia libertà - Nazim Hikmet -

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.




(Nazim Hikmet- 1949)

http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/09/nazim-hikmet-biografia.html

L'amore alle fonti della vita - Giovanni Segantini - 1896
Galleria d'Arte Moderna di Milano


“Prendila sul serio 
ma sul serio a tal punto 
che a settant’anni 
pianterai un olivo 
non perché resti ai tuoi figli 
ma perché non crederai alla morte 
e la vita peserà di più sulla bilancia”.

- Nazim Hikmet -




martedì 25 gennaio 2011

E se Dio … non ci ascolta? - Ignacio Larrañaga

...e se dopo che abbiamo pregato, supplicato,
ci sembra di non aver ricevuto nessuna risposta...
dobbiamo ricordare che i tempi di Dio,
non sono i nostri tempi...
e allora impariamo e cerchiamo di mettere in pratica queste parole:

"Se non vi è nulla da fare,
perché le cose sono per se stesse insolubili,
o le situazioni non dipendono da noi,
è arrivata l'ora di far tacere la mente,
chinare il capo, affidare le cose impossibili
nelle mani di Dio Padre,
e abbandonarsi,
come fanno i bambini..."


lunedì 24 gennaio 2011

« Perché piangete?... Dorme » - San Bonaventura

«Arrivato Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme. Quelli si misero a deriderlo» (Mt 9,23).
Con queste parole Gesù ci insegna a non temere la morte, perché la morte non è più la morte: non è niente di più che un sonno. E siccome stava per morire anche lui, nel risuscitare gli altri prepara i suoi discepoli a fidarsi di lui e a non allarmarsi per la sua stessa morte. Infatti fin dalla venuta di Cristo, la morte non è nient'altro che  un sonno.
Tuttavia, essi lo deridevano; ma egli non si è indignato per questo rifiuto di fidarsi del miracolo che stava per operare; non ha rimproverato questi sorrisi, affinché questi stessi sorrisi, con i flauti e gli altri preparativi, rendessero lampante la morte della fanciulla.

Vedendo dunque i musicisti e la folla, Gesù li fece uscire; compì il miracolo in presenza dei genitori... come se la svegliasse dal suo sonno...
È evidente che adesso la morte non è più nient'altro che un sonno; è questa una verità, oggi più luminosa del sole. – Ma, dici, Cristo non ha risuscitato mio figlio! – Questo è vero, ma lo risusciterà, con molta più gloria.

Questa fanciulla infatti, che egli ha resa alla vita, è morta di nuovo, mentre tuo figlio, quando egli lo risusciterà, rimarrà immortale.
Perciò, nessuno pianga, nessuno gema, nessuno critichi l'opera di Cristo. Egli infatti ha vinto la morte. Perché spargere lacrime inutili?
La morte è diventata un sonno: perché gemere e piangere?
(San Bonaventura)
 (1221-1274),francescano, dottore della Chiesa
Fonte : Meditazioni sulla vita di Cristo ; Opera omnia, t. 12, p. 530s

Funerali di San Bonaventura - Francisco Zurbaràn
 anno 1629 - Louvre, Parigi 



domenica 23 gennaio 2011

Aiutami a dire di sì - Padre Michel Quoist -

Ho paura di dire di sì, o Signore. Dove mi condurrai?
Ho paura di avventurarmi, ho paura di firmare in bianco,
ho paura del sì che reclama altri sì.
Eppure non sono in pace.
Mi insegui, o Signore, sei in agguato da ogni parte.
Cerco il rumore perché temo di sentirTi, ma Ti infiltri in un silenzio.
Fuggo dalla via perché Ti ho intravisto, ma mi attendi quando giungo in fondo alla strada.
Dove mi potrei nascondere?
Ovunque T’incontro: non è dunque possibile sfuggirti!
 
… Ma ho paura di dire di sì, o Signore

Ho paura di darTi la mano, Tu la tieni nella Tua.
Ho paura di incontrare il tuo sguardo, Tu sei un seduttore.
Ho paura della tua esigenza, Tu sei un Dio geloso.
Sono braccato, ma mi nascondo.
Sono prigioniero, ma mi dibatto, e combatto sentendomi vinto.
Perché Tu sei il più forte, o Signore, Tu possiedi il Mondo e me lo sottrai.
Quando tendo le mani per cogliere persone e cose, esse svaniscono ai miei occhi.
Non è una cosa allegra, Signore, non posso prendere nulla per me.
Avvizzisce tra le mie dita il fiore che raccolgo, muore sulle mie labbra il sorriso che abbozzo,
mi lascia ansante ed inquieto il valzer che ballo.
Tutto mi sembra vuoto, tutto mi sembra vano, hai creato il deserto intorno a me.
E ho fame, e ho sete.
Non mi potrebbe saziare il Mondo intero.
 
Eppure Ti amavo, o Signore; che Ti ho dunque fatto?
Per Te lavoravo, per Te mi spendevo.
O gran Dio terribile, che vuoi dunque ancora?
 
Piccolo, voglio di più per te e per il Mondo.
Prima conducevi la tua azione, ma io non so che farmene.
Mi invitavi ad approvarla, m’invitavi a sostenerla, volevi interessarmi al tuo lavoro.
Ma vedi, piccolo, invertivi le parti.
Ti ho seguito con gli occhi, ho veduto la tua buona volontà, ora Io voglio di più per te.
Non farai più la tua azione, ma la volontà del tuo Padre celeste.
Dì: “sì”, piccino.
Ho bisogno del tuo sì, così come ho avuto bisogno del sì di Maria per venire sulla terra, 
perché Io debbo essere nel tuo lavoro,
Io debbo essere nella tua famiglia,
Io debbo essere nel tuo quartiere, e non devi esserci tu.
Il Mio sguardo penetra e non il tuo,
la Mia parola trasporta e non la tua,
la Mia vita trasforma e non  la tua.
Dammi tutto, abbandonami tutto.
Ho bisogno del tuo sì per sposarti e scendere sulla terra.
Ho bisogno del tuo sì per continuare a salvare il Mondo!

O Signore, ho paura della Tua esigenza, ma chi Ti può resistere?
Affinché venga il Tuo regno e non il mio,
affinché sia fatta la tua volontà e non la mia, aiutami a dire di SÌ.


sabato 22 gennaio 2011

Maniera in cui scoprii i due tipi di morte - Cecilia Vicuña

Da piccola avevo dei conigli e mi piacevano tanto
che non mi staccavo da loro durante tutto il giorno.
Li guardavo senza sosta ma non mi venne mai in mente
che erano animali che mangiavano e fu cosi
che morirono. Io non riuscivo a capire perché
era successo dato che loro «sapevano» che
io li amavo, per me esisteva solo un tipo
di morte ed era quella di dolore o tristezza.
Poi, uno zio mi chiese che cosa davo da
mangiare ai conigli e io lo trovai molto strano.
Gli dissi che non gli davo niente, chiesero ai
grandi e tutti risposero che essendo
miei gli animaletti si supponeva che li
alimentassi io.
Gran commozione per la morte dei conigli.
Tutti considerarono che ero scema e snaturata.
A me non importò, ma pensai
che da allora in poi avrei dato da mangiare a
tutte le cose che mi piacevano perché voleva
dire che c’erano due tipi di morte:
quella di fame e quella di dolore.

Cecilia Vicuña (Cile, 1948)

Fonte: Giovani poeti Sudamericani
a cura di Hugo García Robles e Umberto Bonetti, Einaudi, 1972

Cecilia Vicuna, classe 1948, Santiago del Cile

venerdì 21 gennaio 2011

C'erano una volta due donne - Madre Teresa di Calcutta -

"C’erano una volta due donne che non si erano mai conosciute.
Una, forse, non la ricordi.
L’altra la chiami mamma.
Due donne diverse,
create per plasmare la tua vita.
Una è diventata la tua stella guida,
l’altra è diventata il tuo sole.
La prima ti ha dato la vita,
la seconda ti ha insegnato a viverla.
La prima ti ha creato il bisogno di amare,
la seconda era lì per soddisfarlo.
Una ti ha dato la nazionalità,
l’altra ti ha dato un nome.
Una ti ha dato il seme della crescita,
l’altra ti ha dato uno scopo.
Una ti ha provocato emozioni,
l’altra ha calmato le tue paure.
Una ha visto il tuo primo sorriso,
l’altra ha asciugato le tue lacrime.
Una ti ha dato in adozione:
era tutto quello che poteva fare.
L’altra pregava per un bambino
e il Signore l’ha condotta a te.
E ora tu mi chiedi tra le lacrime la perenne domanda di tutti i tempi:
eredità o ambiente, da chi sono stato plasmato?
Da nessuno dei due, amore mio, da nessuno dei due,
solo da due diversi amori".

(Madre Teresa di Calcutta)

Francesca, la prima poppata

Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 20 gennaio 2011

Vieni, Spirito Santo - Beata Elena Guerra

O Spirito Santo, contemplarti vuol
dire immergere il nostro sguardo
nell'invisibile, nella profondità del mistero di Dio.
Tu non hai un volto umano come il Cristo del Vangelo,
nelle sembianze del Padre; ma rinunciando a raffigurarti in qualche modo, noi vogliamo aderire a Te con tutte le nostre forze.
O Spirito di Dio, tu non hai volto perché sei il fuoco dell'amore,

poiché unisci il volto del Padre e del Figlio,
per formarne uno solo in una fusione sublime.
O Spirito Santo, Tu che sei il soffio che emana dal
Padre e dal Figlio porta il giusto respiro alla nostra
vita, la luce al nostro intelletto, il vero slancio al
nostro cuore in modo da poter amare i nostri fratelli.

(Beata Elena Guerra)
23 giugno 1835 – 1 aprile 1914



Beata Elena Guerra (Lucca 23 giugno 1835 – Lucca 11 aprile 1914)
Fondatrice della congregazione delle Suore Oblate dello Spirito Santo.
E’ stata beatificata nel 1959 da papa Giovanni XXIII


mercoledì 19 gennaio 2011

Preghiera del Papa – Papa Giovanni XXIII :)

“Questa è la preghiera che io recito d’abitudine durante la Messa ma che tutti voi, se lo desiderate, potete adottare. E il mio augurio è che dia a voi gli stessi benefici che sempre ha procurato, da quando la recito, a me”.

Padre celeste. Padre di misericordia, accogli la preghiera del tuo servo:

1)  in soddisfazione e remissione di tutti i miei peccati;

2)  a salute e forza della mia anima, della mia casa e di quelli ai quali mi legano le obbligazioni del mio servizio;

3)  in soddisfazione e remissione dei peccati dei governanti, dei prelati, delle anime consacrate e di tutti, affinché ti degni di concedere a tutti la grazia dello Spirito Santo;

4)  per tutti i peccatori del mondo, perché tu li converta e li riconduca sulla strada della salvezza;

5)  a conforto dei tribolati, affinché tu dia ad essi il sostegno e la vera pazienza;

6)  a refrigerio e liberazione delle anime del purgatorio, principalmente di quelle che hanno diritto alla mia preghiera;

e infine a illuminazione di tutte le genti che non hanno ricevuto la luce del Vangelo e dei nostri fratelli separati, perché tutti conoscano e amino Te, Padre Onnipotente, che col Figlio e lo Spirito Santo sei benedetto nei secoli dei secoli. Così sia.




(Papa Giovanni XXIII)

Papa Giovanni XXIII (Sotto il Monte 25 novembre 1881-Città del Vaticano 3 giugno 1963). Fu eletto papa il 28 ottobre 1958, in meno di cinque anni di pontificato riuscì ad avviare il rinnovato impulso evangelizzatore della Chiesa Universale. E’ ricordato con l’appellativo di “Papa buono”. Indisse il Consiglio Vaticano II e riuscì a programmarlo e ad organizzarlo in pochi mesi, Il 4 ottobre 1962, ad una settimana dall’inizio del Consiglio si recò in pellegrinaggio a Loreto ed Assisi, per affidare le sorti del Concilio alla Madonna e a San Francesco. E’ stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000.
http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/08/prestaci-i-tuoi-occhi.html

http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/08/solo-per-oggi.html

http://leggoerifletto.blogspot.com/2010/11/discorso-alla-luna-papa-giovanni-xxiii.html


Buona giornata a tutti. :-)


martedì 18 gennaio 2011

Se ogni giorno.. – Pablo Neruda -

Se saprai starmi vicino, e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l’un l’altro senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo,
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia…
Allora sarà amore e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
(Pablo Neruda)
 (12 luglio 1904 – 23 settembre 1973)
Premio Nobel per la letteratura nel 1971








Pablo Neruda (Parral (Cile) 12 luglio 1904 – Santiago 23 settembre 1973)

Viene considerato una delle più importanti figure della letteratura latino americana contemporanea.
Premio Nobel per la letteratura nel 1971
Premio Stalin per la Pace nel 1953
Laurea Honoris causa dall’Università di Oxford nel 1965


Buona giornata a tutti. :-)

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lunedì 17 gennaio 2011

Beati gli operatori di pace - madre Anna Maria Cànopi -

L’uomo mite, pacifico, è forte, ma la sua forza è quella dell’amore. Il nostro tempo ha bisogno di uomini, di donne che siano presenza di pace, trasparenza del volto e del cuore di Cristo in mezzo ai fratelli. L’uomo sente il bisogno di riconciliarsi con Dio e di instaurare rapporti di amicizia con i suoi simili. Di fronte ai continui fallimenti nel ricercare una pace stabile e duratura, si va approfondendo in lui la certezza che la pace vera può essere solo dono di Dio. Il Signore ha annunziato pace “per chi ritorna a lui con tutto il cuore. La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra.
Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal.85, 9-11). Tale incontro avverrà nel Dio incarnato, in Gesù, che riporterà l’uomo alla sua piena verità riversando su di lui la divina misericordia e gli darà pace giustificandolo, prendendo su di sé il suo peccato e inchiodandolo alla croce. Dopo di lui non si può più amare la verità e rifiutare la misericordia, cercare la pace e calpestare la giustizia. Con lui la pace non è più soltanto un saluto, un augurio, una speranza, ma un dono, il dono di una Presenza che è Pace. Cristo stesso è la Pace donata all’umanità; egli infatti ha firmato con il suo sangue la nuova ed eterna Alleanza tra Dio e gli uomini.
Dopo la Resurrezione, apparendo ai discepoli radunati nel Cenacolo, Gesù li saluta donando la pace, donandosi come pace: «Shalòm! Pace a voi!». Questa pace è un anticipo della beatitudine finale, perché la costruzione della città di Dio inizia fin d’ora. Per cooperare alla costruzione della “città della pace”, occorrono cristiani disposti a essere sempre e ovunque messaggeri di pace, uomini evangelici.
In diversi modi tutti siamo mandati gli uni agli altri quali portatori di pace. Compiremo bene la nostra missione se vivremo autenticamente il Vangelo. La causa della pace richiede, infatti, annunciatori disarmati interiormente, quindi poveri, umili, affamati della vera giustizia, fedeli discepoli di Cristo, misericordiosi, puri di cuore, per diffondere intorno a sé benevolenza e serenità. Vivendo tutte le beatitudini, saremo non soltanto portatori di qualcosa, ma diventeremo noi stessi, come Gesù, un sacramento di pace, un dono che crea comunione.
La pace è donata, ma dev’essere anche accolta; lo scambio avviene soltanto se un altro cuore disarmato si apre a riceverla.
Gratuità, carità, sacrificio di sé garantiscono la diffusione della pace. Gesù vuole che siamo pieni della grazia della pace. È un servizio di carità.
In questa vita, ora l’uno ora l’altro conosciamo tutti momenti di maggior fatica e facile cedimento: l’importante è sostenersi, perché alla caduta di uno non segua la caduta di altri, ma piuttosto un più grande stimolo di carità. S. Paolo (Ef 6,13-18) ci istruisce circa il modo di affrontare quotidianamente la lotta al peccato per vivere quali figli della pace.
Alla radice c’è l’umiltà che non ci fa presumere di poterla affrontare da soli, ma ci fa attingere forza dal Signore mediante la preghiera continua, l’ascolto e la pratica della Parola di Dio e l’obbedienza di fede.
“Prendete l’armatura di Dio… State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il Vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito…”.
“O Cristo, Re di giustizia e di pace, rivestici di te: il tuo amore sia la nostra legge, la tua pace sia la nostra gioia, e saremo per tutti i nostri fratelli tribolati sulle vie del mondo, un segno rassicurante della tua presenza; saremo un monte delle Beatitudini dal quale Tu ogni giorno continui a offrire a tutti gli uomini la tua salvezza e la tua pace. Amen”.

(Madre Anna Maria Canopi)