Visualizzazione post con etichetta San Bonaventura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta San Bonaventura. Mostra tutti i post

sabato 4 ottobre 2025

Francesco, mediante le sacre Stimmate, prese l’immagine del Crocifisso - san Bonaventura

 Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall’alto.
Un mattino, verso la festa dell’Esaltazione della santa Croce; raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all’uomo di Dio. Apparve allora non solo alato ma anche crocifisso.
A questa vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c’erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell’incàvo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall’altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.
Dopo che l’uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. 
Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l’immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.

Dalla «Legenda minor» di san Bonaventura 
(Quaracchi, 1941, 202-204)



 Domine Iesu Christe, qui, frigescénte mundo, ad inflammándum corda Nostra tui amoris igne, in carne beatíssimi Francisci passionis tuae sacra Stigmata renovásti: concedere Propitius; ut eius et Meritis précibus crucem iugiter ferámus, et fructus dignos poeniténtiæ faciámus.




Quintodecimo Kalendas Octobris. Luna tricesima. In monte Aluerniae, in Etruria, commemoratio Impressionis sacrorum Stigmatum, quibus sanctus Franciscus Assisiensis, Ordinis Minorum institutor, in suis manibus, pedibus et latere, mirabili Dei gratia, impressus fuit.


"Temete e onorate, lodate e benedite, 
ringraziate il Signore, 
Dio onnipotente nella Trinità e nell'Unità, 
Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di tutte le cose."



Correva l’anno 1224. S. Francesco d’Assisi, due anni prima di morire, voleva trascorrere nel silenzio e nella solitudine quaranta giorni di digiuno in onore dell'arcangelo S. Michele. Era, del resto, abitudine del Santo d’Assisi ritirarsi, come Gesù, in luoghi solitari e romitori per attendere alla meditazione ed all’unione intima con il Signore nella preghiera. Sapeva, infatti, che ogni apostolato era sterile se non sostenuto da una crescita spirituale della propria vita interiore. Molti luoghi dell’Umbria, della Toscana e del Lazio vantano di aver ospitato il Poverello d’Assisi in questi suoi frequenti ritiri. 
La Verna era uno di questi e certamente era quello che il Santo prediligeva. Già all’epoca di Francesco era un monte selvaggio – un “crudo sasso” come direbbe Dante Alighieri – che s’innalza verso il cielo nella valle del Casentino. La sommità del monte è tagliata per buona parte da una roccia a strapiombo, tanto da farla assomigliare ad una fortezza inaccessibile. La leggenda vuole che la fenditura profonda visibile, con enormi blocchi sospesi, si sia generata a seguito del terremoto che succedette alla morte di Gesù sul Golgota. 



Ave, Signora, santa regina, santa Madre di Dio,
Maria,
che sei vergine fatta Chiesa
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata
insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.

Ave, suo palazzo.
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa.
Ave, suo vestimento,
ave, sua ancella,
ave, sua Madre.

E saluto voi tutte, sante virtù,
che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo
venite infuse nei cuori dei fedeli,
perché da infedeli
fedeli a Dio li rendiate.

- San Francesco d’Assisi - 



Buona giornata a tutti :-)


seguimi sulla mia pagina YouTube






venerdì 4 ottobre 2024

Ai Vespri del 3 Ottobre 1226 moriva San Francesco d'Assisi

 Sera del 3 ottobre 1226: san Francesco va incontro a "sorella morte".
Ecco di seguito il racconto dell'antico cronista di come avvenne il beato transito del Serafico Padre.
Dal palazzo del Vescovo di Assisi, dove allora dimorava, chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola; voleva rendere a Dio lo Spirito della vita, là dove aveva ricevuto lo Spirito della grazia. A metà strada, all’ospedale di San Salvatore, si fece voltare sulla barella con la faccia verso Assisi e sollevandosi un poco, benedisse la sua città. Giunto alla Porziuncola si fece deporre sulla terra nuda, nascondendo con la mano sinistra la piaga sul costato e di lì spogliato dalle vesti di sacco, alzò come sempre il volto al cielo, tutto intento con lo Spirito a quella gloria, disse ai fratelli: "io ho fatto il mio dovere, Cristo vi insegni a fare il vostro". 
Voleva essere conforme in tutto a Cristo Crocifisso che, povero e sofferente, era rimasto appeso nudo sulla croce. E verace imitatore di Cristo suo Dio in tutto, amò fino alla fine tutti i fratelli e figli, che aveva amato fin dal principio. Fece radunare tutti i fratelli presenti nel luogo e li esortò con affetto di padre all’amore di Dio. Parlò a lungo della pazienza, dell’osservanza di Madonna povertà, raccomandando più di altra regola il Santo Vangelo. Tutti i fratelli gli stavano intorno; egli stese sopra di loro le mani intrecciando le braccia a forma di croce, un gesto che egli tanto amava, e li benedisse presenti e futuri, nella potenza e nel nome del Crocifisso. 
Si fece poi portare del pane, lo benedisse, lo spezzò ed a ciascuno nè diede un pezzo da mangiare. Volle anche gli portassero il libro dei Vangeli e chiese gli leggessero quel brano di Giovanni che inizia: "Prima della festa di Pasqua". Lo fece in memoria di quell’ultima e santissima cena che il Signore aveva celebrato con i suoi discepoli e per dimostrare ai fratelli la sua tenerezza d’amore. 
Passò in inni di lode i giorni successivi, invitando i compagni prediletti a lodare con lui il Cristo. Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio e con certi versi poetici, già altra volta composti, le esortava al Divino Amore. E perfino la morte, a tutti terribile ed odiosa esortava alla lode. Le correva dietro incontro, invitandola: "Ben venga mia sorella morte!" Diceva ai fratelli:" Quando mi vedrete sul punto di spirare, deponetemi sulla terra nuda come l’altro ieri e morto che sia, lasciatemi giacere così, per il tempo che ci vuole a percorrere comodamente un miglio di strada. E come gli fù possibile proruppe in quel salmo: "con la mia voce al Signore grido aiuto, con la mia voce supplico il Signore". Lo disse fino al versetto finale: "Strappa dal carcere la mia vita, perchè io renda grazia al Tuo nome. I giusti mi fanno corona quando mi concederai la tua grazia". Giunse infine la sua ora ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio. Le allodole, che sono amiche della luce ed han paura del buio della sera, pure essendo già imminente la notte, vennero a grandi stormi sopra il tetto del luogo e roteando a lungo con insolito giubilo, resero testimonianza alla gloria del Santo che tante volte le aveva invitate a lodare Dio. Era il 3 Ottobre 1226,di Sabato. A laude di Cristo. Amen.

Bernardo da Quintavalle primo compagno


Quando, infine, si furono compiuti in lui tutti i misteri, quell'anima santissima, sciolta dal corpo, fu sommersa nell'abisso della chiarità divina e l'uomo beato s'addormentò nel Signore.
Uno dei suoi frati e discepoli vide quell'anima beata, in forma di stella fulgentissima, sollevarsi su una candida nuvoletta al di sopra di molte acque e penetrare diritta in cielo: nitidissima, per il candore della santità eccelsa e ricolma di celeste sapienza e di grazia, per le quali il Santo meritò di entrare nel luogo della luce e della pace, dove con Cristo riposa senza fine.
Era, allora, ministro dei frati della Terra di Lavoro frate Agostino, uomo davvero di grande santità. Costui, che si trovava ormai in fin di vita e aveva perso ormai da tempo la parola, improvvisamente fu sentito dagli astanti esclamare: "Aspettami, Padre, aspettami. Ecco sto già venendo con te!".

I frati gli chiesero, stupiti, con chi stesse parlando con tanta vivacità. Egli rispose: "Non vedete il nostro padre Francesco, che sta andando in cielo?"; e immediatamente la sua anima santa, migrando dal corpo, seguì il padre santissimo.
Il vescovo d'Assisi, in quella circostanza, si trovava in pellegrinaggio al santuario di San Michele sul Monte Gargano. Il beato Francesco gli apparve la notte stessa del suo transito e gli disse: "Ecco, io lascio il mondo e vado in cielo".

Al mattino, il vescovo, alzatosi, narrò ai compagni quanto aveva visto e, ritornato ad Assisi, indagò accuratamente e poté costatare con sicurezza che il beato padre era migrato da questo mondo nel momento stesso in cui egli lo aveva saputo per visione.




La devozione di San Francesco per gli angeli è descrit­ta da san Bonaventura in questi termini:
"Con insepa­rabile vincolo d 'amore era unito agli angeli, a questi spiriti che ardono d'un fuoco meraviglioso e, con esso, pene frano in Dio e infiammano le anime degli eletti. Per devozione verso di loro, a cominciare dalla festa dell 'Assunzione della Vergine santissima, digiunava per quaranta giorni, dedicandosi continuamente alla preghiera. Era particolarmente devoto a san Michele arcangelo".

San Francesco d’Assisi  (1182-1226)


«Io penso, Signore, che tu ne abbia abbastanza della gente che parla di servirti con un piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi voglia d'altro, hai inventato san Francesco e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che anche noi inventiamo qualcosa per gente allegra che danza la propria vita con te». Sono parole di una straordinaria donna francese, Madeleine Delbrêl (1904-1964), dotata di un alto carisma mistico, ma impegnata concretamente nel quartiere parigino di Ivry, uno dei più miseri e degradati.

Non solo per lei ma per tutti, credenti e agnostici, persone colte e gente semplice, Francesco d'Assisi costituisce una sorta di icona. Il capostipite simbolico di questi ammiratori è naturalmente Dante, che del santo ha disegnato un memorabile ritratto poetico mettendolo in bocca al domenicano Tommaso d'Aquino nel canto XI del Paradiso. Ai nostri giorni il fatto che per la prima volta un Papa abbia assunto il nome di Francesco e che sia stato pellegrino nella sua città ha prodotto anche un ritorno di interesse alla figura di «colui che fece tutto da innamorato», come ha definito san Francesco lo scrittore inglese Chesterton.


Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia Grazia; chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare; chiudete gli occhi e non pensate al momento presente; stornate il pensiero dal futuro come da una tentazione. Riposate in Me credendo alla mia bontà e vi giuro, per il mio Amore che, dicendomi con queste disposizioni: "PENSACI TU", Io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco.




Buona giornata a tutti :-)



mercoledì 8 dicembre 2021

Il sì di Maria, il suo "eccomi", è il sì a quell'Amore - 8 dicembre 2021

"Quando venne la pienezza del tempo (Gal 4,4), come il 6° giorno l'uomo fu formato dalla terra con la potenza e la sapienza della divina mano, all'inizio della sesta età del mondo, l'arcangelo Gabriele fu inviato alla Vergine ed ella diede il suo consenso. 
Lo Spirito Santo discese su di lei, infuocandone l'anima come fuoco divino e santificandone la carne con la più perfetta purezza, e su di lei "stese la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1,36) affinché ella potesse sostenere tale ardore. Così per opera dell'Altissimo si formò immediatamente un corpo, un'anima creata e nello stesso tempo i due furono uniti alla divinità nella persona del Figlio, affinché questi fosse Dio e Uomo, restando salve le proprietà di ognuna delle due nature.
Oh! Se tu potessi anche solo un poco capire quale fu e di quale intensità l'incendio che si accese allora in cielo, il ristoro procurato e la consolazione accordata! 
A quale dignità fu elevata la Vergine Maria! 
Quale fu la nobiltà concessa al genere umano e quale la condiscendenza della Maestà divina! 
Se tu potessi sentire i canti di giubilo della Vergine, salire la montagna con la Madonna, contemplare i soavi abbracci della Sterile con la Vergine, e il modo di cui si riempie di senso il dovere di salutarsi, modo in cui l'umile servo riconosce il suo Signore; l'araldo il suo Giudice; la voce, il Verbo! 
Sono sicuro che allora non potresti non cantare con soavi accenti insieme alla Beata Vergine il sacro cantico: "L'anima mia magnifica il Signore..." (Lc 1,46). Sono sicuro che con gioia e trasporto ti uniresti al bambino Profeta per adorare l'ammirabile concezione verginale".


- San Bonaventura -
 (1221-1274)
L'albero di Vita, n. 3



Mediante la concezione di Maria veniva posta come la base, il fondamento della città che ospita il sommo Bene; si preparava la dimora della luce eterna, il tempio in cui avrebbe abitato corporalmente lo spirito incorporeo e incontenibile, che crea tutti gli esseri e dà loro la vita. 
La Sapienza di Dio, che si stende da un confine all'altro con forza, tutto riempie, tutto regge: chi non vorrà ammettere che questa Sapienza abbia pervaso di un nuovo ineffabile gaudio il cielo, la terra e tutto ciò che contengono, quando fu concepita Maria, la Vergine, Madre degnissima del Figlio divino? E che una gioia le abbia illuminato l'universo a causa della totale restaurazione che un'ispirazione divina e segreta faceva prevedere? Questa concezione segnò il primo albore della vita di colei che avrebbe accolto in sé il sommo Bene: come potremmo dire che Ella abbia contratto la macchia d'origine inestimabile derivata dal primo peccato?
Tutto quello che Dio ha mai potuto volere per qualcuno altro da sé di onorevole, è certissimo che l'ha voluto per te, o beata fra tutte le donne. 
Ha voluto far di te sua Madre, lui il Creatore, il Padrone e il Sovrano di ogni creatura, lui l'Autore e il Signore di tutti gli esseri non solo intelligenti, ma anche di quelli che superano ogni intelligenza. 
Ti ha reso sua Madre; ne segue che ti ha costituita sovrana e imperatrice di tutto l'universo. Eccoti, dunque, o Maria, la regina dei cieli, della terra e del mare, di tutti gli elementi e di quanto essi contengono; perché tu fossi tutto ciò, Iddio ti formava mediante l'operazione dello Spirito Santo, nel seno di tua madre, fin dal primo istante della tua concezione. 
Questa è la verità, o nostra Signora, verità che ci colma di allegrezza.
Dolcissima Maria, a cui è riservata una grandezza senza pari, tu che sei destinata a diventare la Madre del sommo Bene, la regina nobile e prudente, dopo tuo Figlio, di tutti gli esseri passati, presenti e futuri, ascolta la nostra domanda: 
"Hai potuto fin dall'origine essere tale che possiamo collocarti a un livello superiore a ogni altra creatura su cui, come sappiamo con certezza, tu eserciti il tuo impero? L'Apostolo della pura verità colui che tuo Figlio, dal cielo dove ora dimora, ha soprannominato strumento eletto, afferma che tutti gli uomini hanno peccato in Adamo. Verità certa, che non è lecito negare, come io affermo con forza. 
Considerando, però, l'eminenza della grazia divina in te, o Maria, io noto che in modo inestimabile tu sei posta non tra le creature ma al di sopra di ogni essere creato, tranne il tuo Figlio. 
Così concludo che quando fosti concepita, non rimanesti vincolata dalla medesima legge che lega la natura di tutti gli altri esseri umani. 
No, tu fosti completamente libera dalla schiavitù di qualsiasi peccato grazie a una virtù specialissima, a un'operazione che rimane impenetrabile all'intelletto umano. Solo il peccato teneva lontani gli uomini dalla pace di Dio. Per distruggere il peccato e ricondurre cosi il genere umano alla pace divina, il Figlio di Dio volle farsi uomo, in modo però che in lui non ci fosse nessuna connivenza con quanto separava l'uomo da Dio. 
E perché questo si realizzasse, era giusto che la madre da cui sarebbe nato il Figlio dell'uomo fosse pura da ogni peccato. Altrimenti, la carne non avrebbe potuto unirsi così intimamente a quella purezza suprema e l'uomo essere assunto in una così grande unità con Dio, da permettere che tutto ciò che è proprio di Dio fosse senza distinzione anche dell'uomo, e tutto ciò che è proprio dell'uomo fosse anche di Dio. 
O Maria, chi può fissare lo sguardo, chi può cogliere la tua eccellenza? 
E per giungere a tanta sublimità, tu sorgevi purissima nel seno di tua madre. Se non fossi stata concepita in questo modo è certo che non avresti potuto pervenire fino alla sublime altezza di Madre di Dio.

- Eadmero di Canterbury -
Dal Trattato "La concezione di Maria santissima":
(Tractatus de Conceptione Sanctaæ Mariæ. PL 159, 303-307)


C'è una parola nel vangelo di oggi che attira particolarmente la mia attenzione: kecharitomene, piena di grazia. 
Guardare Maria, Immacolata, piena di Grazia, la "tutta Bella" non significa guardare all'impeccabile Maria, colei che non sbaglia mai, la "sempre perfetta". 
Kecharitomene è, in un certo senso, il nome proprio di Maria, l'eternamente piena di Grazia, Colei che è amata da sempre e per sempre. 
Kecharitomene ci ricorda che al principio e fondamento della storia, e di ogni storia, c'è l'Amore eterno del Padre, nel Figlio. 
E noi, forse, non siamo eternamente amati? Che differenza c'è tra noi e Maria? Lei quell'Amore l'ha riconosciuto, l'ha scelto, l'ha accolto. 
Quell'amore in Lei si è fatto carne. 
Il sì di Maria, il suo "eccomi", è il sì a quell'Amore, vertiginoso sì, ma salvifico. 
Se c'è una cosa che questa festa mi ricorda, che ci ricorda, non è essere buoni, belli e bravi come Maria, ma disponibili ad accogliere quell'Amore, capaci di farci grembo ospitale per quell'amore che è Vita.


- Luca Gigliotti, Ft -




Memorare, piissima Virgo Maria,
a saeculo non esse auditum
quemquam ad tua currentem praesidia,
tua implorantem auxilia,
tua petentem suffragia
esse derelictum.
Ego, tali animatus confidentia,
ad te, Virgo virginum Mater, curro;
ad te venio, coram te gemens,
peccator, assisto.
Noli, Mater Verbi,
verba mea despicere,
sed audi propitia et exaudi.
Amen



Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti alla mia pagina YouTube:

https://www.youtube.com/c/leggoerifletto



lunedì 2 febbraio 2015

Francesco, mediante le sacre Stimmate, prese l’immagine del Crocifisso - san Bonaventura -

Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall’alto.
Un mattino, verso la festa dell’Esaltazione della santa Croce; raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all’uomo di Dio. Apparve allora non solo alato ma anche crocifisso.
A questa vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c’erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell’incàvo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall’altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.
Dopo che l’uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. 
Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l’immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.

Dalla «Legenda minor» di san Bonaventura 
(Quaracchi, 1941, 202-204)



 Domine Iesu Christe, qui, frigescénte mundo, ad inflammándum corda Nostra tui amoris igne, in carne beatíssimi Francisci passionis tuae sacra Stigmata renovásti: concedere Propitius; ut eius et Meritis précibus crucem iugiter ferámus, et fructus dignos poeniténtiæ faciámus.




Quintodecimo Kalendas Octobris. Luna tricesima. In monte Aluerniae, in Etruria, commemoratio Impressionis sacrorum Stigmatum, quibus sanctus Franciscus Assisiensis, Ordinis Minorum institutor, in suis manibus, pedibus et latere, mirabili Dei gratia, impressus fuit.


"Temete e onorate, lodate e benedite, 
ringraziate il Signore, 
Dio onnipotente nella Trinità e nell'Unità, 
Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di tutte le cose."



Correva l’anno 1224. S. Francesco d’Assisi, due anni prima di morire, voleva trascorrere nel silenzio e nella solitudine quaranta giorni di digiuno in onore dell'arcangelo S. Michele. Era, del resto, abitudine del Santo d’Assisi ritirarsi, come Gesù, in luoghi solitari e romitori per attendere alla meditazione ed all’unione intima con il Signore nella preghiera. Sapeva, infatti, che ogni apostolato era sterile se non sostenuto da una crescita spirituale della propria vita interiore. Molti luoghi dell’Umbria, della Toscana e del Lazio vantano di aver ospitato il Poverello d’Assisi in questi suoi frequenti ritiri. 
La Verna era uno di questi e certamente era quello che il Santo prediligeva. Già all’epoca di Francesco era un monte selvaggio – un “crudo sasso” come direbbe Dante Alighieri – che s’innalza verso il cielo nella valle del Casentino. La sommità del monte è tagliata per buona parte da una roccia a strapiombo, tanto da farla assomigliare ad una fortezza inaccessibile. La leggenda vuole che la fenditura profonda visibile, con enormi blocchi sospesi, si sia generata a seguito del terremoto che succedette alla morte di Gesù sul Golgota. 



Ave, Signora, santa regina, santa Madre di Dio,
Maria,
che sei vergine fatta Chiesa
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata
insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.

Ave, suo palazzo.
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa.
Ave, suo vestimento,
ave, sua ancella,
ave, sua Madre.

E saluto voi tutte, sante virtù,
che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo
venite infuse nei cuori dei fedeli,
perché da infedeli
fedeli a Dio li rendiate.

- San Francesco d’Assisi - 




Buona giornata a tutti :-)







sabato 4 ottobre 2014

Ai Vespri del 3 Ottobre 1226 moriva San Francesco d'Assisi -

Sera del 3 ottobre 1226: san Francesco va incontro a "sorella morte".
Ecco di seguito il racconto dell'antico cronista di come avvenne il beato transito del Serafico Padre.
Dal palazzo del Vescovo di Assisi, dove allora dimorava, chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola; voleva rendere a Dio lo Spirito della vita, là dove aveva ricevuto lo Spirito della grazia. A metà strada, all’ospedale di San Salvatore,  si fece voltare sulla barella con la faccia verso Assisi e sollevandosi un poco, benedisse la sua città. Giunto alla Porziuncola si fece deporre sulla terra nuda, nascondendo con la mano sinistra la piaga sul costato e di lì spogliato dalle vesti di sacco, alzò come sempre il volto al cielo, tutto intento con lo Spirito a quella gloria, disse ai fratelli: "io ho fatto il mio dovere, Cristo vi insegni a fare il vostro". Voleva essere conforme in tutto a Cristo Crocifisso che, povero e sofferente, era rimasto appeso nudo sulla croce. E verace imitatore di Cristo suo Dio in tutto, amò fino alla fine tutti i fratelli e figli, che aveva amato fin dal principio. Fece radunare tutti i fratelli presenti nel luogo e li esortò con affetto di padre all’amore di Dio. Parlò a lungo della pazienza, dell’osservanza di Madonna povertà, raccomandando più di altra regola il Santo Vangelo. Tutti i fratelli gli stavano intorno; egli stese sopra di loro le mani intrecciando le braccia a forma di croce, un gesto che egli tanto amava, e li benedisse presenti e futuri, nella potenza e nel nome del Crocifisso. Si fece poi portare del pane, lo benedisse, lo spezzò ed a ciascuno nè diede un pezzo da mangiare. Volle anche gli portassero il libro dei Vangeli e chiese gli leggessero quel brano di Giovanni che inizia: "Prima della festa di Pasqua". Lo fece in memoria di quell’ultima e santissima cena che il Signore aveva celebrato con i suoi discepoli e per dimostrare ai fratelli la sua tenerezza d’amore. Passò in inni di lode i giorni successivi, invitando i compagni prediletti a lodare con lui il Cristo. Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio e con certi versi poetici, già altra volta composti, le esortava al Divino Amore. E perfino la morte, a tutti terribile ed odiosa esortava alla lode. Le correva dietro incontro, invitandola: "Ben venga mia sorella morte!" Diceva ai fratelli:" Quando mi vedrete sul punto di spirare, deponetemi sulla terra nuda come l’altro ieri e morto che sia, lasciatemi giacere così, per il tempo che ci vuole a percorrere comodamente un miglio di strada. E come gli fù possibile proruppe in quel salmo: "con la mia voce al Signore grido aiuto, con la mia voce supplico il Signore". Lo disse fino al versetto finale: "Strappa dal carcere la mia vita, perchè io renda grazia al Tuo nome. I giusti mi fanno corona quando mi concederai la tua grazia". Giunse infine la sua ora ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio. Le allodole, che sono amiche della luce ed han paura del buio della sera, pure essendo già imminente la notte, vennero a grandi stormi sopra il tetto del luogo e roteando a lungo con insolito giubilo, resero testimonianza alla gloria del Santo che tante volte le aveva invitate a lodare Dio. Era il 3 Ottobre 1226,di Sabato. A laude di Cristo. Amen.

Bernardo da Quintavalle primo compagno


Quando, infine, si furono compiuti in lui tutti i misteri, quell'anima santissima, sciolta dal corpo, fu sommersa nell'abisso della chiarità divina e l'uomo beato s'addormentò nel Signore.
Uno dei suoi frati e discepoli vide quell'anima beata, in forma di stella fulgentissima, sollevarsi su una candida nuvoletta al di sopra di molte acque e penetrare diritta in cielo: nitidissima, per il candore della santità eccelsa e ricolma di celeste sapienza e di grazia, per le quali il Santo meritò di entrare nel luogo della luce e della pace, dove con Cristo riposa senza fine.
Era, allora, ministro dei frati della Terra di Lavoro frate Agostino, uomo davvero di grande santità. Costui, che si trovava ormai in fin di vita e aveva perso ormai da tempo la parola, improvvisamente fu sentito dagli astanti esclamare: "Aspettami, Padre, aspettami. Ecco sto già venendo con te!".

I frati gli chiesero, stupiti, con chi stesse parlando con tanta vivacità. Egli rispose: "Non vedete il nostro padre Francesco, che sta andando in cielo?"; e immediatamente la sua anima santa, migrando dal corpo, seguì il padre santissimo.
Il vescovo d'Assisi, in quella circostanza, si trovava in pellegrinaggio al santuario di San Michele sul Monte Gargano. Il beato Francesco gli apparve la notte stessa del suo transito e gli disse: "Ecco, io lascio il mondo e vado in cielo".

Al mattino, il vescovo, alzatosi, narrò ai compagni quanto aveva visto e, ritornato ad Assisi, indagò accuratamente e poté costatare con sicurezza che il beato padre era migrato da questo mondo nel momento stesso in cui egli lo aveva saputo per visione.




La devozione di San Francesco per gli angeli è descrit­ta da san Bonaventura in questi termini:
"Con insepa­rabile vincolo d 'amore era unito agli angeli, a questi spiriti che ardono d'un fuoco meraviglioso e, con esso, pene frano in Dio e infiammano le anime degli eletti. Per devozione verso di loro, a cominciare dalla festa dell 'Assunzione della Vergine santissima, digiunava per quaranta giorni, dedicandosi continuamente alla preghiera. Era particolarmente devoto a san Michele arcangelo".

San Francesco d’Assisi  (1182-1226)


«Io penso, Signore, che tu ne abbia abbastanza della gente che parla di servirti con un piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi voglia d'altro, hai inventato san Francesco e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che anche noi inventiamo qualcosa per gente allegra che danza la propria vita con te». Sono parole di una straordinaria donna francese, Madeleine Delbrêl (1904-1964), dotata di un alto carisma mistico, ma impegnata concretamente nel quartiere parigino di Ivry, uno dei più miseri e degradati.

Non solo per lei ma per tutti, credenti e agnostici, persone colte e gente semplice, Francesco d'Assisi costituisce una sorta di icona. Il capostipite simbolico di questi ammiratori è naturalmente Dante, che del santo ha disegnato un memorabile ritratto poetico mettendolo in bocca al domenicano Tommaso d'Aquino nel canto XI del Paradiso. Ai nostri giorni il fatto che per la prima volta un Papa abbia assunto il nome di Francesco e che sia stato pellegrino nella sua città ha prodotto anche un ritorno di interesse alla figura di «colui che fece tutto da innamorato», come ha definito san Francesco lo scrittore inglese Chesterton.


Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia Grazia; chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare; chiudete gli occhi e non pensate al momento presente; stornate il pensiero dal futuro come da una tentazione. Riposate in Me credendo alla mia bontà e vi giuro, per il mio Amore che, dicendomi con queste disposizioni: "PENSACI TU", Io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco.




Buona giornata a tutti :-)