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venerdì 17 aprile 2015

La forza del peccato - Padre Alberto Maggi -

E’ stata la religione a inventare il senso del peccato attribuendolo anche ad aspetti comuni dell’esistenza umana.
L’uomo senza la Legge religiosa non saprebbe mai che certi comportamenti sono peccato. Basta leggere le regole relative al puro e all’impuro contenute nei capitoli 11-16 del Libro del Levitico per rendersene conto. 
Per quale misterioso motivo il Creatore proibisce di mangiare la lepre (Lv 11,6), tra l’altro definita nel Libro del Levitico un animale che rumina, e permette di mangiare “ogni specie di cavallette” (Lv 11,22)? E perché si possono mangiare i grilli ma non il maiale (Lv 11,7.22)?
Certe regole alimentari-religiose oggi possono far sorridere, ma basta riandare a un cattolicesimo non molto lontano per constatare che era considerato un peccato mortale mangiare carne il venerdì, ed era peccato tutto quel che atteneva non solo alla sfera sessuale ma anche semplicemente a quella genitale, perché il comandamento divino “Non commettere adulterio” veniva presentato nel catechismo con “Non commettere atti impuri”.
Non si cerca di minimizzare il senso del peccato, ma di riportarlo nel suo giusto significato perché, altrimenti, quando tutto è peccato, nulla è più peccato.
Nei vangeli il peccato non è la trasgressione di una Legge religiosa ma il male che concretamente si fa agli altri e di conseguenza a se stessi, come bene è stato formulato dal Concilio Vaticano II dove si afferma che il peccato è “una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza” (GS 1,13).
Il peccato non offende Dio ma l’uomo impedendogli di crescere: “Forse offendono me, dice il Signore? Non offendono forse se stessi per la propria vergogna?” (Ger 7,19).
La religione attraverso la Legge crea il peccato rivendicando poi solo a se stessa la potestà di perdonarlo, e basa tutto il suo prestigio e il suo potere sul concetto di peccato.
Quel che rende forte la religione è il senso del peccato, e, come scrive Paolo ai Corinti, “la forza del peccato è la Legge” (1 Cor 15,56).
Per mantenere il suo potere l’istituzione religiosa rende la Legge impossibile da osservare in modo che il credente si trovi sempre in condizione di peccato, come denuncia il profeta Osea in un brano dove il Signore rimprovera i sacerdoti affermando che “essi si nutrono dei peccati del mio popolo; e sono avidi della sua iniquità” (Os 4,8).
Il Signore accusa i sacerdoti di condurre volontariamente il popolo nel peccato per poi poterci guadagnare. I custodi della volontà di Dio si trasformano in seduttori del popolo di Dio.
Per comprendere questa denuncia occorre sapere che nel culto giudaico i peccati venivano perdonati attraverso offerte di sacrifici di animali e generi alimentari che servivano al nutrimento e al sostentamento del clero.
Più la gente peccava e più il clero ingrassava, e per mantenere costante il flusso delle offerte occorreva rendere la Legge impossibile da osservare, falsificando così la volontà stessa di Dio, come denuncia Geremia nella sua reprimenda contro gli scribi: “Voi come potete dire: Noi siamo saggi e la Legge del Signore è con noi! A menzogna l’ha ridotta la penna menzognera degli scribi” (Ger 8,8).
L’impossibilità di osservare la Legge, manipolata secondo gli interessi degli scribi e l’avidità del clero, è bene espressa da Pietro nello scontro di Gerusalemme con i credenti di tendenza farisaica: “Perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro” (At 15,10).

Padre Alberto Maggi
http://www.studibiblici.it/


In questa giostra d'amore, le cadute non devono avvilirci, ancorché fossero gravi, purché ci rivolgiamo a Dio nel Sacramento della Penitenza con dolore sincero e proposito retto. 

Il cristiano non è un collezionista fanatico di certificati di servizio senza macchia. Gesù Nostro Signore, che tanto si commuove dinanzi all'innocenza e alla fedeltà di Giovanni, si intenerisce allo stesso modo, dopo la caduta di Pietro, per il suo pentimento. 
Gesù, che comprende la nostra fragilità, ci attrae a sé guidandoci come per un piano inclinato ove si sale a poco a poco, giorno per giorno, perché desidera che il nostro sforzo sia perseverante. 
Ci cerca come cercò i discepoli di Emmaus, andando loro incontro; come cercò Tommaso per mostrargli e fargli toccare con le sue stesse mani le piaghe aperte sul suo corpo. 
Proprio perché conosce la nostra fragilità Gesù attende sempre che torniamo a Lui.

- San Josemaria Escrivá -




... La cultura cristiana è una cultura definita e pervasa dall'amore per il prossimo e dalla misericordia, e proprio per questo anche dal senso della giustizia sociale ... 
L'autentica cultura europea non è una cultura soltanto della "mente" o della "ragione", ma una cultura del "cuore": una cultura che si lascia compenetrare e riscaldare dallo Spirito Santo, e perciò una cultura di misericordia...

- Joseph  Ratzinger  - 

da: " Christlicher Glaube und Europa"





Dal Sacramento della Riconciliazione, dobbiamo ricavare due vantaggi:
1) ci confessiamo per venire risanati;
2) ci confessiamo per essere educati perché, alla pari d'un bambino, la nostra anima ha bisogno di continua educazione.
Gesù mio, per esperienza so che l'anima non va lontana con le proprie forze, s'affatica molto e non conclude. 

Abbiamo bisogno della confessione, perché commettiamo continuamente degli errori, avendo noi una mente che non sa discernere ciò che giova. 
Una cosa però ho anche capito, cioè che devo pregare molto per il confessore affinché lo illumini lo spirito di Dio. 
Quando mi confesso senza prima aver pregato per lui, egli mi capisce poco.

- Dal Diario di Suor Faustina -



Concedimi di lodarti, o Vergine santissima!

“Concedimi di lodarti, o Vergine santissima,
con il mio impegno e sacrificio personale.
Concedimi di vivere, lavorare, soffrire,
consumarmi e morire per Te, solamente per Te.
Concedimi di condurre a Te il mondo intero.
Concedimi di contribuire
ad una sempre maggiore esaltazione di Te,
alla più grande esaltazione possibile di Te.
Concedimi di renderti una tale gloria
che nessuno mai Ti ha tributato finora.
Concedi ad altri di superarmi nello zelo
per la tua esaltazione,
e a me di superare loro,
così che in una nobile emulazione la tua gloria
si accresca sempre più profondamente,
sempre più rapidamente, sempre più intensamente,
come desidera Colui che Ti ha innalzata
in modo così ineffabile al di sopra di tutti gli esseri”.


- San Massimiliano M. Kolbe - 







Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 26 marzo 2015

Maria Maddalena in Gesù, figlio dell’uomo - Kahlil Gibran

Fu nel mese di giugno che lo vidi per la prima volta.
Camminava nel campo di grano quando passai con le ancelle, ed era solo.
Il ritmo del suo passo era diverso da quello di ogni altro uomo, e non somigliava, il suo incedere, a nulla che avessi mai visto.
Non è in quel modo che gli uomini misurano con i passi la terra. E ancora oggi non saprei dire se avanzasse rapido o lento.
Le ancelle lo additarono e presero a bisbigliare timidamente tra loro.
Fermai un istante i miei passi, e sollevai la mano in segno di saluto. Ma lui non si voltò, lui non mi rivolse lo sguardo. Lo odiai. Respinta in me stessa, così mi sentii, e fredda come se intorno a me infuriasse una tempesta di neve. Ero scossa da brividi.
Quella notte lo vidi in sogno; mi dissero, dopo, che gridavo nel sonno e mi agitavo senza pace nel letto.
Era il mese d’agosto quando lo rividi. Stava seduto all’ombra del cipresso, là nel giardino. Immobile quasi fosse scolpito nella pietra, come le statue di Antiochia e delle altre città del Settentrione.
Il mio schiavo, l’egizio, venne da me e disse: "Quell’uomo è venuto di nuovo. E’ là, nel tuo giardino".
Guardai, e fremette l’anima mia, perché lui era bello.
Il suo corpo era saldo e le sue membra sembravano amarsi.
Indossai allora abiti di Damasco e lasciai la casa per andare da lui.
Fu la mia solitudine, o la sua fragranza, che mi vinse? 

Fu una fame dei miei occhi anelanti bellezza? 
O fu la sua bellezza a cercare la luce dei miei occhi?
Ancor oggi, non saprei dirlo.
Mossi verso di lui con i miei abiti profumati, e calzavo sandali dorati, i sandali che m’aveva donato il comandante romano, questi sandali che vedi. 

E quando l’ebbi di fronte gli dissi: "Buongiorno a te".
E lui disse: "Buongiorno a te, Miriam".
E mi guardò, e i suoi occhi notturni mi videro come nessun uomo mi aveva mai vista. D’improvviso fui come nuda, e ne ebbi vergogna.
Eppure mi aveva solo detto: "Buongiorno a te".
Gli dissi allora: "Non vuoi entrare nella mia casa?".
E disse lui: "Non sono già nella tua casa?".
Allora non capii cosa intendesse: oggi lo so.
E io dissi: "Non vuoi dividere il pane e il vino con me?".
E lui disse: "Sì, Miriam, ma non ora".
Non ora, non ora, disse lui. E la voce del mare era nelle sue parole, e la voce del vento e degli alberi. E quando le pronunciò, la vita parlò alla morte.
Perché, amico mio, io ero morta, sappilo. Ero una donna che aveva divorziato dall’anima. Vivevo separata da quest’essere che ora vedi. 

Appartenevo a tutti gli uomini, e a nessuno.
Prostituta, mi chiamavano, e donna posseduta da sette demoni. 
Ero maledetta, ed ero invidiata.
Ma quando i suoi occhi d’aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono, e io divenni Miriam, solo Miriam, una donna ormai perduta alla terra che aveva conosciuto, e che si era ritrovata in un mondo diverso.
E ancora e nuovamente gli dissi: "Vieni nella mia casa e dividi pane e vino con me".
E lui: "Perché mi inviti a essere tuo ospite?".
E io: "Ti prego vieni nella mia casa". 

Tutto quello che in me era zolla, tutto quello che in me era cielo, lo chiamava a gran voce.
Lui allora mi guardò, e il meriggio dei suoi occhi era su di me, e disse: "Tu hai molti amanti, ma io solo ti amo. Gli altri, quando ti sono vicini, amano se stessi: io amo te in te stessa. Altri uomini vedono in te una bellezza che appassirà prima ancora dei loro anni. Ma io vedo in te una bellezza che non appassirà mai, e nell’autunno dei tuoi giorni questa bellezza non avrà paura di specchiarsi, e non conoscerà oltraggio. Solo io amo in te l’invisibile".
Poi disse a voce bassa: "Va’ ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada".
E io gridai a lui e gli dissi: "Maestro, vieni nella mia casa. Ho per te incenso da bruciare, e una bacinella d’argento per i tuoi piedi. Tu sei un estraneo, ma non sei un estraneo. Ti supplico, vieni nella mia casa".
Allora si alzò e mi guardò proprio come immagino che le stagioni dall’alto guardino verso il campo: sorrise. E ancora disse: "Tutti gli uomini ti amano per loro stessi. E’ per te che io ti amo".
Poi se ne andò.
Nessun altro uomo camminò mai come lui camminava. Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava verso oriente? O una tempesta, che avrebbe squassato sin dalle fondamenta tutte le cose?
Non lo sapevo, allora, ma quel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me il drago, e divenni una donna, io divenni Miriam, Miriam di Mijdel.

- Kahlil Gibran - 
da: Maria Maddalena in Gesù, figlio dell’uomo


L'uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità.

- sant'Agostino -




C’è una trasformazione del cosmo e del mondo. Penso ad esempio all’Eucarestia. Noi cattolici diciamo che c’è una transustanziazione, che la materia diventa Cristo. Lutero parla invece di coesistenza: la materia rimane tale e coesiste con Cristo. Noi cattolici crediamo che la grazia è una vera trasformazione dell’uomo e una trasformazione iniziale del mondo e non è... soltanto una copertura aggiunta che non entra realmente nel vivo della realtà umana.  

- Papa Benedetto XVI - 


“Il limite tra il prima di Cristo e il dopo Cristo non è un confine tracciato dalla storia o sulla carta geografica, ma è un segno interiore che attraversa il nostro cuore. Finché viviamo nell’egoismo, siamo ancora oggi coloro che vivono prima di Cristo. “

Papa Benedetto XVI –
venerdì 3 gennaio 2014, festa del Santissimo Nome di Gesù





Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 27 febbraio 2015

È cosa molto grande sapersi nulla davanti a Dio, perché è proprio così – San Josemaría Escrivá de Balaguer

Lascia che ti ricordi, tra gli altri, alcuni sintomi evidenti di mancanza di umiltà:
- pensare che ciò che fai o dici è fatto o detto meglio di quanto dicano o facciano gli altri;
- volerla avere sempre vinta;
- discutere senza ragione o, quando ce l'hai, insistere caparbiamente e in malo modo;
- dare il tuo parere senza esserne richiesto, e senza che la carità lo esiga;
- disprezzare il punto di vista degli altri;
- non ritenere tutti i tuoi doni e le tue qualità come ricevuti in prestito;
- non riconoscere di essere indegno di qualunque onore e stima, persino della terra che calpesti e delle cose che possiedi;
- citarti come esempio nelle conversazioni;
- parlar male di te, perché si formino un buon giudizio su di te o ti contraddicano;
- scusarti quando ti si riprende;
- occultare al Direttore qualche mancanza umiliante, perché non perda il buon concetto che ha di te;
- ascoltare con compiacenza le lodi, o rallegrarti perché hanno parlato bene di te;
- dolerti che altri siano più stimati di te;
- rifiutarti di svolgere compiti inferiori;
- cercare o desiderare di distinguerti;
- insinuare nelle conversazioni parole di autoelogio o che lascino intendere la - tua onestà, il tuo ingegno o la tua abilità, il tuo prestigio professionale...; 

- San Josemaria Escrivà de Balaguer -
(Solco, 260)



“Dio non ti strappa dal tuo ambiente, non ti allontana dal mondo, né dal tuo stato, né dalle tue nobili ambizioni umane, né dal tuo lavoro professionale... però, lì, ti vuole santo!”. 

- San Josemaria Escrivà de Balaguer -



vergognarti perché manchi di certi beni... 

- San Josemaria Escrivà de Balaguer -
(Solco, 263)



“La santità che il Signore esige da te si ottiene compiendo con amore di Dio il lavoro, i doveri di ogni giorno, che quasi sempre sono un tessuto di cose piccole”. 

- San Josemaria Escrivà de Balaguer -




Per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. 
No! Non è questo la santità! 
La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. 
Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. 
Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. 
Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli. "Ma, padre, io lavoro in una fabbrica; io lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…" – "Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te". 
Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. 
Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù. E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell'amore di Dio e della sua presenza accanto a noi. 
Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. 
E' proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli.


Papa Francesco, 20 novembre 2014







Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 20 ottobre 2014

A Messa perché è bello!!! - don Nardo Masetti -


Per secoli e secoli abbiamo insistito sul fatto che "perdere la Messa alla domenica è peccato mortale". Naturalmente lo scopo era quello di far sì che i fedeli vi partecipassero in massa. Risultato statistico di presenze visibili: circa il 15%. Se avessimo insistito maggiormente sopra un diverso aspetto, avremmo potuto ottenere una percentuale almeno del 16%? Secondo me sì.
La gente ha sempre pagato le tasse mal volentieri e purtroppo molti, quando lo possono fare impunemente, non le pagano. 
Il presentare la Messa esclusivamente come una tassa settimanale da pagare al buon Dio, non credo che funzioni: le statistiche dicono che ci sono molti evasori.
Oggi in particolare c'è il culto del bello. La televisione e i mass media in genere ci portano in casa persone giovani, belle, ben vestite, prodotti di bellezza... 
Solo noi cristiani praticanti dobbiamo trangugiare cose indigeste, pur di arrivare un giorno in paradiso? Ma il nostro non è il Dio della bellezza (guardare il microcosmo e il macrocosmo)? Perché allora non mettiamo spesso in risalto l'aspetto estetico della fede cristiana, ed in particolare la bellezza della Celebrazione Eucaristica?
Noi andiamo a Messa, perché è bello trovarci in udienza ufficiale e personale allo stesso tempo davanti al nostro Dio. E' bello sentirci perdonati da Lui; è bello ascoltare la sua voce, che ci incoraggia, che ci indica la strada giusta fra le tante equivoche che ci sono proposte. E' bello trovarci assieme a tutta la Chiesa terrena e celeste, come anticipo di quell'unione beatificante ed eterna che ci attende. E' bello prendere con noi nel cammino difficile della settimana, quel meraviglioso Dio che ci ama al punto da lasciarsi mangiare da noi...

Se provassimo ad insistere per secoli e secoli... forse la percentuale dei fedeli alla Messa domenicale potrebbe anche raggiungere il...%.

- don Nardo Masetti -





Spera tutto da Gesù: tu non hai nulla, tu non vali nulla, tu non puoi nulla. Sarà Lui ad agire se ti abbandoni in Lui.


- San Josemaría Escrivá -




“Non ti arrendere dinanzi ai pensieri ostinati, capaci di smemorizzare le migliori convinzioni. La preghiera e la fede in Cristo Gesù ti aiuteranno a tener salde le convinzioni buone e a resistere al vento impetuoso della smemorizzazione”.

- Servi della Sofferenza - 




Il mestiere di Dio è perdonare 

I cattolici sono soliti andare dal prete a confessare i loro peccati e ricevere da lui l'assoluzione in segno di perdono da parte di Dio. C'è però spesso il rischio che i penitenti si servano di tutto ciò come di una garanzia, un certificato che li protegga dal castigo divino e pongano così maggiore fiducia nell' assoluzione del sacerdote che non nella misericordia di Dio. 
È proprio quello che fu tentato di fare in punto di morte il Perugino, un pittore italiano del Rinascimento, il quale decise di non confessarsi finché non fosse stato sicuro che non era la paura a spingerlo a farlo. Per lui sarebbe stato un sacrilegio e un'offesa a Dio. Un giorno la moglie, che era all'oscuro di questo suo atteggiamento interiore, gli domandò se non avesse timore di morire senza essersi confessato. Il Perugino replicò: "Mia cara, ecco come io vedo la cosa: il mio mestiere è dipingere e sono stato un ottimo pittore. Quello di Dio è perdonare e se lui sa fare il suo lavoro come io ho saputo fare il mio, non vedo perché dovrei avere paura".

- Padre Amthony de Mello -
Tratto da “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’oriente” Ed. Paoline 1988




La paura di Dio -  

La prima lettera di San Giovanni dice “dove c’è il timore non c’è l’amore”; Gesù non ci ha insegnato a temere Dio, questa è la religione, la religione deve mettere paura, perché la religione ha un lato incredibilmente debole: sa che non è capace di convincere la profondità dell’uomo, sa che i suoi argomenti sono insensati, sono irrazionali, allora la religione li può soltanto imporre con la paura della conseguenza tremenda che c’è a chi sgarra, quindi la religione sapendo la debolezza dei suoi argomenti, li impone con il terrore, deve terrorizzare le persone.
È veramente drammatico vedere quante persone hanno vissuto la loro esistenza nel terrore di Dio!
Ricordate, almeno quelli di una volta, il giudizio di Dio! 

Quando dicevano che alla resurrezione dei morti sulla fronte avremmo scritto tutto quello che avevamo fatto; tutti quanti a resuscitare e c’era così questo giudizio di Dio che scriveva le azioni buone, quelle cattive, e poi faceva il conto e quindi spediva …   
Ricordate l’immagine dell’inferno? Cos’era? 
Pensate che contraddizione: un Dio che veniva presentato come colui che chiede a noi, uomini, limitati, deboli, fragili di perdonare sempre, che se la legava al dito per un semplice peccato! 
Non per dieci anni, cento, un milione, un miliardo... no per tutta l’eternità! 
E questo era terrorismo. Ci sono persone che non si sono realizzate nella loro esistenza per il terrore di fare uno sbaglio agli occhi di Dio.(..)

- Alberto Maggi -
frate e biblista
http://www.studibiblici.it/








Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it









giovedì 30 gennaio 2014

Rimetti a noi i nostri debiti – don Tonino Lasconi -

Tu ci perdoni sempre. 
Tu ci dai sempre
la possibilità di essere nuovi
e di ricominciare da capo.
Allora anche noi
dobbiamo perdonare
gli amici che ci lasciano,
a quelli che parlano male di noi,
a quelli che non mantengono
gli impegni presi insieme.
Tu ci perdoni sempre.
Allora nessuno deve mai
«chiudere» con un fratello.
Mai disperare che il bene
la spunti sui difetti.
Allora mai dobbiamo aspettare
che incomincino gli altri.
Tu ci perdoni sempre.
Allora nessuno di noi
deve mai stancarsi
di ricominciare,
di ridare fiducia,
di risalire la china
delle delusioni.
Tu ci perdoni sempre
e non ti stanchi mai di noi.

(Don Tonino Lasconi)

Fonte: Amico Dio


"..la malvagità e l'ignoranza degli uomini non è capace di frenare il piano divino della salvezza, la redenzione. Il male non può fare tanto. 
Un'altra meraviglia di Dio ce la ricorda il secondo Salmo che abbiamo appena recitato: la “rupe” si trasforma “in un lago, la roccia in sorgenti d’ acqua” (Sal 113,8).

Quello che potrebbe essere pietra di inciampo e di scandalo, col trionfo di Gesù sulla morte si trasforma in pietra angolare: “Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi” (Sal 117,23).
Non ci sono motivi, dunque, per arrendersi alla prepotenza del male. E chiediamo al Signore Risorto che manifesti la sua forza nelle nostre debolezze e mancanze."

Papa Benedetto XVI (Basilica-Cattedrale di León, dedicata a Nostra Signora della Luce)



Chi crede in Dio-Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte, e giungere alla grande festa della vita.


Benedetto XVI - Angelus 6 Novembre 2011



Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. 
Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. 
Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. 
Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: 
«Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37).

Papa Francesco, da "Evangelii Gaudium"



Preghiera per la sera

In te,
santo Signore,
noi cerchiamo
il riposo
dall'umana fatica,
al termine del giorno.
Se i nostri occhi
si chiudono,
veglia in te
il nostro cuore;
la tua mano
protegga coloro
che in te sperano.
Difendi,
o Salvatore,
dalle insidie del male
i figli che hai redenti
col tuo sangue prezioso.
Amen


Buona giornata a tutti. :-)








martedì 3 dicembre 2013

Chi è più soggetto alla tentazione - San Giovanni Maria Vianney (curato d'Ars) -

"Chi sono dunque coloro che subiscono di più la tentazione? 
Sono senza dubbio gli ubriachi, i mormoratori o gli spudorati che si gettano alla cieca nelle lordure, o l’avaro, che pensa solo ad arricchirsi in ogni modo, direte voi. No, non sono affatto costoro; al contrario, il demonio li disprezza, o meglio, li protegge perché possano fare il male per il maggior tempo possibile, dal momento che più a lungo essi vivranno, più i loro cattivi esempi trascineranno le anime all’inferno. 
Infatti, se il demonio avesse incalzato troppo fortemente questo vecchio impudico, egli, per i suoi vizi, avrebbe accorciato i suoi giorni di quindici o vent’anni e quindi avrebbe avuto meno tempo per indurre a peccare questa vergine, della quale ha violato il fiore della verginità; o questa giovane che ha gettato nel più infame pantano dei peccati contro la purezza. 
Non avrebbe avuto il tempo di iniziare al male quel giovane, che forse vi resterà avviluppato fino alla morte. 
Se il demonio avesse indotto quel ladro a rubare in modo sfrenato, già da tempo sarebbe incorso nel patibolo, e non avrebbe avuto l’opportunità di trascinare qualche altro nel suo vizio. 
Se il demonio avesse sollecitato quest’ubriaco a riempirsi di vino fino all’orlo, già da tempo sarebbe morto nella crapula; invece, prolungando i suoi giorni, riuscirà a trascinare molti altri col suo cattivo esempio. 
Se il demonio avesse tolto la vita a questo musicista o a questo maestro di ballo o a questo cabarettista, quanta gente in loro assenza avrebbe scampato il pericolo, mentre se quelli restano in vita, si dannerà per loro. Sant’Agostino ci insegna che il demonio non tormenta troppo queste persone, ma, al contrario, li disprezza e sputa loro addosso. 
Ma, mi dirai, chi sono dunque quelli che il demonio preferisce tentare? Ascolta attentamente, amico mio. 
Sono proprio coloro che si mostrano più pronti, con l’aiuto di Dio, a sacrificare ogni cosa per la salvezza della loro povera anima; che sanno rinunciare a tutto ciò che, sulla terra, gli altri ricercano con ansia e con ardore. E non è solo un demonio che li tenta, ma sono milioni quelli che gli piombano addosso, per farli cadere nei loro lacci. Eccovi un esempio. 
La storia racconta che San Francesco d’Assisi era riunito un giorno con tutti i suoi religiosi, in un grande campo dove erano state costruite delle piccole capanne di giunchi. San Francesco, vedendo che facevano penitenze così straordinarie, ordinò che gli fossero portati tutti gli strumenti di penitenza, e li ammassò come si fa con la paglia. C’era lì un giovane a cui il buon Dio aveva fatto la grazia di vedere il suo angelo custode. Egli vedeva, da una parte, questi buoni religiosi che non potevano saziarsi mai di fare penitenza, e dall’altra, il suo buon angelo custode, gli fece vedere una assemblea di diciottomila demoni, che tenevano consiglio per trovare il modo di travolgere questi religiosi con la tentazione. 
Ci fu un demonio che disse: “Voi non capite niente; questi religiosi sono troppo umili, (ah! bella virtù!), troppo distaccati da se stessi, troppo attaccati a Dio. Essi hanno un superiore che li guida così bene, che è impossibile poterli vincere. Aspettiamo che il superiore muoia, e allora tenteremo di introdurre in mezzo a loro, dei giovani che non hanno una vera vocazione, e che li spingeranno a rilassarsi, e in tal modo saranno nostri”. Qualche tempo dopo, entrando in città, vide un demonio tutto solo, seduto alla porta della città, per tentare tutti quelli che vi abitavano. 
Il santo giovane chiese al suo angelo custode, perché, per tentare quei religiosi occorrevano tante migliaia di demoni, mentre per una intera città ce n’era solo uno e anche seduto oziosamente. 
Il suo buon angelo gli rispose che la gente del mondo non ha affatto bisogno di tentazioni, perché ci pensa da sola a trascinarsi verso il male, mentre i religiosi si comportano bene, nonostante tutte le trappole e le battaglie che il demonio procura loro."

(S. Giovanni M. Vianney)



Gli spiriti cattivi si manifestano in tutt’altro modo che gli Angeli: irradiano una luce torbida, come un riflesso, sono pigri, stanchi, sognanti, malinconici, arrabbiati, selvaggi, rigidi e passivi, oppure leggermente mobili e passionali. Ho notato che questi spiriti sprigionano gli stessi colori che avvolgono gli uomini durante le sensazioni dolorose, provenienti da situazioni di sofferenze estreme e travagli dell’anima. Sono gli stessi colori che avvolgono i martiri durante la trasfigurazione della gloria del martirio. Gli spiriti cattivi hanno visi affilati, violenti e penetranti, si insinuano nell’animo umano come fanno gli insetti quando sono attratti da determinati odori, sulle piante o sui corpi. Questi spiriti penetrano dunque negli animi risvegliando negli esseri ogni genere di passione e pensieri materiali. Il loro scopo è di separare l’uomo dall’influsso divino gettandolo nelle tenebre spirituali.

Beata Anna Caterina Emmerick - 




«L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come san Pietro, pentirsi, come san Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: «Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo».

Beato Charles de Foucauld, religioso francese




“L’anima si trascina nel peccato come uno straccio trascinato nel fango. Nel peccato la nostra anima è rognosa, marcia. Fa pena. Noi commettiamo i peccati come si beve un bicchiere d’acqua, senza timori, né rimorsi, affondiamo in questo fango, vi marciamo come talpe, per mesi, per anni!
Una persona che è nel peccato è sempre triste. Anche se all’esterno ostenta allegria e felicità. E’ tutta una finzione, una sceneggiata. Non c’è niente che la possa appagare in profondità. Questi poveri peccatori saranno dunque sempre infelici, in questo mondo e nell’altro”.

- Santo Curato d'Ars -



«Dio sempre ci perdona! Non si stanca di perdonare! Noi dobbiamo non stancarci di andare a chiedere perdono. ‘Ma, padre, a me dà vergogna andare a dire i miei peccati…’. Ma, guarda, le nostre mamme, le nostre donne dicevano che è meglio diventare una volta rosso e non mille volte giallo! E tu diventi rosso un volta, ti perdona i peccati e avanti. Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i vescovi: tutti siamo peccatori. Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché il Papa anche è un peccatore! E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono. A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio…. Sì, come dicevo prima, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono a nome della Chiesa».

- Papa Francesco all'Udienza Generale del 20 novembre 2013 -