Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa.
Non riuscendo a sfilargli la tunica, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo. Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono.
La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato...
Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sul sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello. Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.
I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce. Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro. Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio. I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sul petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue. I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo...
I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi.. legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento...
Gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo. Gesù è crocifisso.
Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente.
La croce fu fissata nella buca con cinque cunei attorno al suo piede, uno a destra, uno a sinistra, uno davanti e due dietro. Il legno della morte oscillò e poi s'innalzò fra gli insulti dei carnefici, dei farisei e della marmaglia. Fu un momento molto drammatico.
Verso il Crocifisso non si levarono solo insulti e improperi, ma anche le voci sofferenti dei suoi devoti. Le sante voci dell'Addolorata, delle pie donne e di tutti coloro che avevano il cuore puro salutarono con tristi lamenti l'elevazione del Verbo incarnato.
Durante la crocifissione di Gesù, e la successiva erezione della croce, le pie donne avevano lanciato grida di orrore e di sgomento:
«Perché mai la terra non inghiotte questi miserabili? Perché il fuoco del cielo non scende a consumarli!».
A queste parole i nemici di Gesù avevano risposto con tremende offese.
I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori.
Sfinito dalle sofferenze, Gesù chinò il capo sul petto e rimase come morto per circa sette minuti.
Subentrò un profondo silenzio, in cui tutti sembrarono rapiti da un sentimento sconosciuto fino allora.
Il suono delle trombe del tempio era svanito nell'aria e tutti i presenti erano sfiniti di rabbia o di dolore.
I puri di cuore tesero in alto le loro mani, verso lo Sposo delle loro anime.
Perfino l'inferno restò annichilito dalla pesante scossa della croce: per alcuni minuti cessò di ispirare bestemmie e oltraggi ai suoi seguaci.
Vidi le anime dei defunti sospirare di gioia perché quel la croce piantata nella terra apriva le porte della loro sospirata redenzione.
Di fronte ad essa molti cuori pentiti compresero le parole di Giovanni Battista: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo».
I piedi di Gesù si trovavano a un'altezza tale che i suoi amici potevano venerarli. Il suo volto era girato verso nord ovest.
«Venivano condotti anche due malfattori, per essere giustiziati insieme con Gesù» (Luca 23,32).
Durante la crocifissione del Signore i due ladroni erano rimasti sul lato orientale del Calvario sorvegliati dalle guardie. Entrambi erano stati condannati per l'assassinio di una giovane donna ebrea e dei suoi figli.
Il cosiddetto ladrone di sinistra, il più anziano, era stato il corruttore e il maestro di quello che poi si sarebbe convertito.
I due sono chiamati Dismas e Gesma; il primo è il buon ladrone.
Avevano fatto parte di quella banda di assassini sotto il cui tetto aveva pernottato la santa famiglia durante la fuga in Egitto. Dismas era il ragazzo lebbroso sanato nell'acqua dov'era stato bagnato il bambino Gesù.
La guarigione miracolosa fu il frutto della carità e dell'amore che sua madre aveva usato verso la Vergine.
Dio aveva reso possibile, per mezzo dell'intercessione della Vergine, la salvezza fisica di quell'anima sciagurata, la cui salvezza spirituale sarebbe avvenuta sulla croce con la promessa di Cristo.
Dismas non aveva una natura cattiva, si era pervertito col tempo; non poteva ricordarsi di Gesù, ma la mite pazienza del Signore l'aveva commosso profondamente. In attesa della propria crocifissione egli così discuteva col suo compagno:
«Questa gente si comporta in modo orribile contro il Galileo, forse egli ha commesso qualche delitto più grave del nostro, ma ha una pazienza enorme e un potere grandissimo sopra tutti gli uomini».
Rispose Gesma:
«Ma che potere avrebbe mai costui sugli altri? Se fosse davvero potente, come dice, potrebbe liberarsi e aiutare noi».
Così parlavano tra loro, quando vennero gli sgherri e dissero:
«Ora tocca a voi!».
Slegarono i ladroni e li portarono vicino ciascuno alla propria croce, in tutta fretta, poiché il cielo si era oscurato e si preannunciava un forte temporale. Sulle croci erano state montate le assi trasversali. Dopo averli spogliati delle misere tuniche, diedero loro a bere aceto e mirra e li costrinsero a salire sulle scale a pioli tempestandoli di calci e di pugni. Furono legati sulle croci con solide corde fatte di corteccia d'albero. Li legarono così stretti che le giunture e le ossa delle mani e dei piedi scricchiolarono e i loro muscoli sanguinarono.
Tra le atroci sofferenze, il buon ladrone disse ai carnefici:
«Se ci aveste maltrattati come quel povero Galileo, non avreste più avuto bisogno di legarci qui sopra».
In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo,sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri.
Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore.
Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza.
Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore.
Per questo la Verità dice rettamente: "Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo".
Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine.
Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore.
Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine.
Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore.
- San Gregorio Magno -