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domenica 29 dicembre 2024

Per ultima venne la morte - Piero Gribaudi

La morte non voleva credere alle proprie orecchie quando le fu comunicato che il suo dominio universale stava per finire. 
Pur riconoscendosi la più inamabile di tutte le creature, un po' di riguardo l'avrebbe gradito da parte dell'Arcangelo messaggero. 
Non era mica l'ultima delle ancelle di Dio, anzi. Il suo ruolo nei piani del Creatore era fondamentale.
"E continuerà ad esserlo", le aveva garantito il messo celeste, "per tutte le creature viventi, tranne che per l'uomo".
"Perché?" gli aveva domandato la Morte, "diventerà immortale?".

"Non fare troppe domande... tu non capiresti".

Era stato a questo punto che la Morte si era gravemente offesa. 
Che oltre a fare un lavoraccio infame, la si giudicasse imbecille, non lo poteva tollerare! 
Di essere perdente non le importava affatto, tanto il suo lavoro le era ingrato, ma come sarebbe avvenuta la metamorfosi?
Le bastò uno sguardo circolare sulla superficie terrestre per individuare il punto. 
Forse nessuno, davanti alla grotta di Betlemme, provò maggior sbalordimento della Morte. 
Eppure, ora che lo aveva davanti, il progetto le appariva chiaro e di un'incredibile semplicità: quel batuffolo di carne, per il solo fatto di essere vita, era già sua preda. 
La Morte desiderò a quel punto che il Creatore avesse scelto un'altra strada, per non essere chiamata in causa. Ma fu allora che, dal sonno profondo in cui era immerso, il Bimbo le sorrise. 
E la Morte si sentì vinta e capì come sarebbe stata vinta: da un amore talmente intenso che proprio attraverso di lei sarebbe passato, per dimostrare all'universo la propria potenza e la propria vastità.

- Piero Gribaudi -
da: "Fiabe della Notte Santa"



...Maria si mette in cammino in fretta dopo l'Annunciazione per andare a far visita alla sua parente Elisabetta; i pastori si affrettano a raggiungere la mangiatoia; Pietro e Giovanni corrono dal Risorto. 
Questa fretta però non ha niente a che vedere con la frenesia di chi è assillato da scadenze pressanti. 
E' il suo contrario. Significa che la fretta ingiustificata non ha più ragione di essere quando si presentano davanti a noi le cose che sono davvero grandi e importanti. 
E' la gioia che mette le ali ai piedi dell'uomo. Sant'Ambrogio dice che la grazia dello Spirito Santo non conosce pesi che la possano trattenere. 
Ciò significa che le cose che appesantiscono il cuore e il passo nel nostro camminare verso Dio finiscono per staccarsi da noi. Significa che se ne vanno da noi i dubbi, la saccenteria e la falsa erudizione che rendono così difficoltoso il nostro cammino verso di lui. Significa che impariamo a camminare sulle ali della gioia. 
Questa fretta non nasce dalla precipitazione, bensì dalla scomparsa della precipitazione, nasce dalla leggerezza del cuore. Chesterton ha detto molto argutamente che gli angeli possono volare perché non si prendono troppo sul serio...

card. Joseph Ratzinger - dalla "Omelia per il Natale 1980" -



"Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre,
anche quando la persona che ci ha amato non c'è più.
È una cosa che ci resta dentro, nella pelle."

- Joanne Kathleen Rowling -



Il cuore dell'uomo vive 
finché ha qualcosa,
qualcuno da amare. 

Così come il fuoco arde,
finché ha qualcosa da bruciare.






Buona giornata a tutti. :-)

www.leggoerifletto.it


mercoledì 25 dicembre 2024

... Casa: quanto la ami a Natale! - Alda Merini

... Casa: quanto la ami a Natale!

Ricordo quando, sempre bambina, persi la mia, abbattuta anche quella: allora c’erano le bombe, ci rifugiammo chi nelle risaie e chi nei paesi limitrofi, dove tutti eravamo un po’ degli stranieri. Nei granai la sera recitavamo il rosario su dei pagliericci di fortuna, poi di giorno si andava nelle cascine in cerca di pane, in breve… si mendicava dai contadini abbienti. Oggi, invece, che abbiamo una casa non abbiamo più quella cortesia e quell’amore dei contadini. Io dormivo con una vecchia che ogni notte pregava la morte che la venisse a prendere, e avevo paura.

Ma come bambina ho dovuto accontentarmi.

Adesso che sono un’anziana poetessa… continuo ad accontentarmi.

Ma ripenso con nostalgia a quei Natali solenni, quando la mamma faceva enormi presepi, metteva le figurine dei pastori e i laghetti di specchio.

Ci facevano trovare il carbone, alle volte, ma eravamo contenti lo stesso: poi, dietro il carbone, c’erano sempre tre caramelle. Però era arrivato Gesù, era questo che importava, vedere che sulla paglia del presepe qualcuno aveva deposto il bambino. E si pregava, si pregava insieme davanti a quella statuina, ignorando che il piede lieve della mamma era andato lì di notte per deporlo…

Allora ignoravamo tutto della vita, anche il mistero della nascita, un evento che per noi cadeva dal cielo.

La Madonna non appariva sorpresa, neanche San Giuseppe, e noi piccoli eravamo in un regno di favola bello che abbiamo perduto. Ci dimenticavamo dei doni e stavamo piuttosto a guardare quel bambino appena nato domandandoci se aveva freddo, ma la mamma ci diceva che aveva l’amore della Madre…

Ecco, forse anche in tarda età chi mi scalda ancora nelle notti di solitudine è “l’amore della mamma, che io amavo tanto e che credevo che, come Maria, non sarebbe mai morta.

Sì, si può morire d’amore per un uomo, ma quello che mi fece impazzire, forse, fu quella porta chiusa di mia madre dolcissima, che io credevo eterna, come tutti i figli.

E mi sono resa conto, a un tratto, che non avevo mai ascoltato i suoi lamenti tanto ero giovane.

Ma quanto si paga la giovinezza! Anch’io, come le mie figlie, quando andavo a casa sua le portavo via gli oggetti più preziosi perché… nella mia casa sarebbero stati bene, e una madre si fa sempre derubare.

A lungo andare morì, senza chiedere mai niente, ma era così felice della nostra gioia che forse non morì veramente mai. L’abbiamo derubata, ma soprattutto – e sembra un eufemismo – avremmo voluto (che Dio mi perdoni) portarle via quegli occhi, così verdi, così dolci, così innamorati di noi. Sono passati decenni da quei Natali e ancora cerco l’odore dei mandarini o del bollito, che si mangiava solo quel giorno. Erano i nostri doni.

Oggi invece si tende a saltare il Natale, si va direttamente all’arrivo dei Magi, ai doni, la nascita quasi non esiste più, forse perché le nostre donne non sanno essere madri.

E i bambini, tra televisione e futili regali, sono i più grandi emarginati del nostro tempo: abbiamo rubato loro l’infanzia e la religiosità della vita.

Mi si chiede cosa vorrei trovare questa notte sotto il presepe: la mia Barbara, la mia Flavia, le mie figlie che mi furono tolte quando una maestra, assistente sociale, trovando che la casa non era ordinata me le portò via.

Sono sempre stata una disordinata perenne, ma avevo quattro bambine felici alle quali suonavo le “nenie” di Natale.

Andando in solaio ho trovato le mie vecchie famose poesie tutte imbrattate delle loro figurine: giocavano con le mie grandi poesie!

Io non ho pianto su queste, ma su quelle figurine sì.

Loro non sapevano cosa vuol dire genio, conoscevano solo due parole: mamma e bambino. Il mio presepe privato".

- Alda Merini - 

Pubblicato su "Avvenire" il 21/12/2006 


La vita è fatta di attese. 
Attese che si fermano addosso e a volte non sappiamo se aspettare ancora oppure andare via. 
Attese che forse non arriveranno mai, ma noi non abbiamo il coraggio di lasciare andare. 
Attese che ci lasciano da soli al freddo di quella nostalgia, portandosi via la nostra allegria, lasciandoci dentro un rimpianto amaro di come sarebbe stato bello se veramente fossero arrivate. 
Le nostre attese ci stanno aspettando, oggi sono loro ad aspettare noi, domani saremo noi quella solitudine. 
Non lasciamoci distrarre da cose futili, accendiamo all’amore i nostri cuori ed andiamo a prendere chi con tanta pazienza oggi ci aspetta ancora. 
Buon Natale ai nostri cari anziani, svuotiamo gli ospizi, gli ospedali, le case di cure e portiamo a casa chi con tanto amore ha fatto della sua vita l’unica nostra compagnia. 
A Natale ci sono lussi che non costano niente.

- Antonio Cuomo - 

Questo Natale ce lo ricorderemo e daremo il giusto peso a ciò che conta davvero. E capiremo tutti, nessuno escluso, quanto abbiamo sbagliato a dare troppe cose per scontate, senza distinguere tra superfluo e necessario, tra presenza ed assenza. Perché il regalo più bello, a Natale, è quello dove a tavola ci si siede tutti insieme.

- Mary Rosa Amico - 


La bellissima atmosfera
di Natale,
viene da lontano,
accarezza profumati fiori
e conquista molti cuori…

L'augurio è per un sereno Natale, a voi tutti, carissimi amici ed amiche, che mi seguite da così tanti anni .... 
tanti tanti auguri !!

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -

martedì 24 dicembre 2024

da: Appunti per una sera della Vigilia "normale", nonostante la prigionia - Giovannino Guareschi

 Non mi manca niente. Di una sola cosa ti prego: che la sera della vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fai schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il presepe vicino alla finestra, come l'anno scorso. Signora, io ho bisogno che tu faccia questo.

Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato: lo so, ti riesce difficile figurarti il mio pensiero che varca il reticolato. Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati se io stesso, ogni notte, esca dal recinto. Figurati un Giovannino leggero come un sogno e trasparente come il vento delle serenissime e gelide notti invernali. Io, ogni notte, approfitto del sonno degli altri e mi affido all'aria e trasvolo rapido gli sconfinati silenzi di terre straniere e città sconosciute. Tutto è buio e triste sotto di me, e io affannosamente vado cercando luce e serenità. Rivedo la Madonnina del Duomo, ma le strade e le piazze non sono più quelle di un tempo, e stento a ritrovare il nostro quarto piano. Signora, non dire che sono il solito temerario se entro in casa dal tetto: anzi, loda la mia prudenza se non mi avventuro lungo le macerie della scala. E poi il tetto è scoperchiato e si fa più presto. Riconosco lo scheletro delle nostre stanze e ricerco i nostri ricordi nascosti sotto i rottami dei muri crollati. Tutto è buio, freddo e triste anche qui, e soltanto se la luna mi assiste riesco a scoprire sui brandelli delle tappezzerie che ancora pendono alle pareti, i riquadri chiari e la topografia dei nostri mobili. Per le strade deserte, cammina soltanto la paura vestita di luna. [...]

Signora, io cerco un po' di luce, un po' di tiepida serenità, e invece non trovo che buio e freddo, e non posso ravvisare nel buio il volto di mio figlio, e sui laghi e sulle spiagge tutto è spento e abbandonato, tutto è silenzio, e io rinavigo verso il recinto e torno al mio pagliericcio portando il gelo nelle ossa del numero 6865. Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?

Giovannino Guareschi, da Diario Clandestino 1943-1945

(Appunti per una sera della Vigilia "normale", nonostante la prigionia)


"Lloyd, come si può festeggiare il Natale mentre fuori accadono cose terribili?"
"Cercando di pensare a quello che di buono accade dentro di noi, sir"
"Dici che possa bastare il cuore a salvare questa festa?"
"Dico che nessun Natale è sprecato se dona la forza e la voglia di cambiare, sir"
"Che sia un Natale di rinascita per tutti, Lloyd"
"Che lo sia davvero... sir"

Simone Tempia ~ Vita con Lloyd

foto dal web

Il miracolo del 25 dicembre 1914: La tregua di Natale 

«Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo... Notai un ufficiale tedesco, una specie di tenente credo, ed essendo io un po' collezionista gli dissi che avevo perso la testa per alcuni dei suoi bottoni [della divisa]... Presi la mia tronchesina e, con pochi abili colpi, tagliai un paio dei suoi bottoni e me li misi in tasca. Poi gli diedi due dei miei bottoni in cambio... Da ultimo vidi uno dei miei mitraglieri, che nella vita civile era una sorta di barbiere amatoriale, intento a tagliare i capelli innaturalmente lunghi di un docile "Boche", che rimase pazientemente inginocchiato a terra mentre la macchinetta si insinuava dietro il suo collo»

«È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle».

1914, il primo Natale della Grande Guerra, gli eserciti inglese e tedesco si preparano a passare la notte di Natale in trincea. Ma un soldato si mette a cantare Stille Nacht e tutti lo seguono. Spontaneamente i soldati decidono una tregua. Fu un’iniziativa presa dal basso, dai soldati in trincea, che il 25 dicembre uscirono spontaneamente allo scoperto in alcune zone del fronte occidentale per andare a salutare e a fare gli auguri ai «nemici» senza che ci fosse, da parte dei comandi, alcun via libera. Anzi, proprio il contrario. Quando la notizia si diffuse grazie alle lettere dei soldati alle famiglie, i vertici militari di entrambi i contendenti si affrettarono a proibire altre iniziative simili: il generale Horace Smith Dorrien, comandante del secondo corpo d’armata della Bef, la forza di spedizione britannica in Francia, arrivò a minacciare la corte marziale per chi si fosse reso colpevole di fraternizzazione. Il «miracolo» del Natale 1914, di due avversari che dimenticano l’odio per unirsi in un abbraccio fraterno, rimase un fatto quasi isolato (ci sono poi stati altri episodi di «vivi e lascia vivere» ma mai più così eclatanti) e ben presto trascolorò nel mito, tanto più quando il sentimento popolare degli europei nei confronti della Grande Guerra cambiò di segno: non più glorioso fatto d’arme ma massacro insensato, che aveva spazzato via una generazione. La tregua di Natale venne quindi vista come la dimostrazione che gli uomini sono fondamentalmente buoni e che erano stati spinti alla guerra da governi stupidi e irresponsabili, tanto che appena liberi di farlo avevano scelto la pace e la fratellanza.

 

Tedeschi e inglesi fotografati insieme durante la «tregua di Natale» del 1914 
                                                  dal web Getty image

Buona Vigilia di Natale a tutti :-)
Coraggio domani nascerà il Salvatore








lunedì 23 dicembre 2024

Buon Natale dal Cardinale Carlo Maria Martini

 Oggi il Natale ha quasi perduto il suo senso originario. 
Lo «celebrano» anche uomini di altre religioni. 
Perfino parecchi non credenti vivono in questo giorno una qualche forma di liturgia profana. Non v’è alcuno che rifiuti per Natale qualche dono o almeno una buona cena. 
Per questo non parlo volentieri del Natale. Da quando ho conosciuto un po’ meglio la Sacra Scrittura, è la Pasqua che mi attrae e mi pone dinnanzi a un preciso programma di vita. 
Benché il Natale sia una splendida manifestazione della gloria di Dio in Cristo e del suo amore per noi, i discorsi che si fanno a partire dal Natale sanno spesso di buonismo e di speranza a buon mercato. 
Essi sono un segno di poca lealtà con se stessi e con gli altri. Infatti diciamo delle cose che non sono vere e a cui nessuno crede. 
Ci auguriamo a vicenda lunga vita, felicità, successo, ci facciamo doni che vogliono dire l’affetto che ci portiamo, ma per lo più sappiamo che non è così. 
La prima lettera espone bene questo stato di cose. 
Il Natale fa emergere le storture della politica, la gravissima crisi  economica che stiamo attraversando, le violenze quotidiane fisiche e psicologiche. 
E si potrebbero aggiungere tante altre cose ancora. Molti uomini e donne attendono in questo giorno qualcosa, un evento o magari una persona che li tiri su, che restituisca loro l’ottimismo ingenuo che hanno irrevocabilmente perduto; qualcosa di nuovo e di grande, che potrebbe farli tornare indietro. 
Ma questa speranza è fallace, perché si basa solo sulle nostre forze e dimentica lo Spirito di Dio, il solo capace di aiutarci in maniera efficace. 
Dopo i giorni delle feste tutto ritorna più o meno come prima. 
È come un dirsi reciprocamente «ce la faremo», pur sapendo tutti che non è vero. 
Per vivere bene il Natale e ricavarne quel conforto che è giusto attendersi
da questa festa, è necessario sforzarsi di capire ciò che viene detto nei Vangeli. In essi, soprattutto nel Vangelo secondo Luca, emerge un progetto di uomo che vive il dono di Dio nella meraviglia, nella gratitudine e nel distacco. 
Questo uomo nuovo può essere o un semplice come i pastori o uno studioso
come i Magi. Tutti sono chiamati a partecipare all’esperienza dei pastori a cui fu detto: «Vi annunzio una grande gioia» (Lc 2,10). 
Chi partecipa di questa gioia, si difenderà da quel pericolo che è il Natale del consumismo, che ci impone di non sfigurare davanti ad amici e parenti con costosi regali. 
Pur avendo la coscienza che molte famiglie fanno fatica a far quadrare il bilancio del mese, si continua a spendere denaro pubblico e privato nella maniera più folle. 
Si tratta di una gioia semplice, intima, che può convivere anche con momenti di sofferenza e di strazio. 
Il bambino Gesù è l’immagine di questa fiducia e abbandono alla Provvidenza. Qui va ricordata la parola di Gesù: «chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). 
Se noi riusciamo ad affidarci alla Provvidenza di Dio, accettiamo ogni cosa con fiducia, perché fa parte del disegno del Padre. 
Il Natale guarda alla Pasqua e il presepio contiene allusioni alla morte e risurrezione di Gesù. Esse erano presenti nella riflessione dei Padri. 
Così, ad esempio, il tema del legno della croce veniva ricordato dalla culla di legno in cui giace Gesù. Le pecore offerte dai pastori ricordano l’agnello immolato.
Anche la Madre che si curva sul Figlio ci richiama alla pietà di Maria che tiene tra le braccia il Figlio morto. 
La liturgia ambrosiana si esprime così:
«L’Altissimo viene tra i piccoli, si china sui poveri e salva». Dunque, il senso del Natale ci riporta al centro della nostra redenzione e ci procura una
gioia che non avrà mai fine. Un simile atteggiamento positivo può convivere anche con grandi dolori e penosi distacchi. So bene che questi sentimenti di
dolore sono i segni di grandi ferite, che si riaprono soprattutto in questi giorni. Quando si vede a tavola un posto vuoto, riemerge il mistero del Crocefisso con le sue piaghe. 
Ci sarebbe ancora da trattare di come il presepio può essere contemplato anche da non credenti e da atei. Io penso che questo fascino derivi dall’atmosfera profondamente umana che in esso si respira. 
Una umanità che sa guardare anche al lato invisibile della realtà e si compendia nella preghiera «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama» . Buon Natale a tutti!

- Cardinale Carlo Maria Martini - 
da: “Corriere della Sera” del 23 dicembre 2010




Abbiamo bisogno di tempi, di silenzio, di calma, di preghiera, perché soltanto così possiamo affrontare le responsabilità che ci vengono date. Per questo vi ricorderete cosa ho detto in molte occasioni: lavorare meno e lavorare meglio e riposarsi un po' di più.  

- card. Carlo Maria Martini - 



Il Natale è assolutamente inadatto al mondo moderno.
Presuppone la possibilità che le famiglie siano unite,
o si riuniscano, e persino che gli uomini e le donne
che si sono scelti si parlino.
Il Natale continua a ergersi dritto, integro e spiazzante.
Il Natale giudica il mondo moderno, perciò vogliono che se ne vada.
  
- Gilbert Keith Chesterton -


Buona giornata a tutti. :-)











domenica 22 dicembre 2024

Gesù, Figlio dell'Uomo - Kahlil Gibran

 Maestro, maestro dei cantici,
Maestro di parole mai dette,
sette volte sono nato, sette volte sono morto
dal tempo della tua visita fugace,
dall'istante fugace del nostro incontro.
Ed ecco, sono vivo ancora una volta,
a ricordare un giorno e una notte trascorsi sui monti,
quando ci alzava la tua marea.
Da allora molte terre ho attraversato, e molti mari,
e dovunque io fossi condotto, da sella o da vela,
c'era il tuo nome, come preghiera o disputa.
Benedetto o maledetto dagli uomini:
era maledizione la protesta contro una disfatta,
era benedizione l'inno del cacciatore
di ritorno dai monti
con le provviste per la compagna.
Sono ancora al nostro fianco i tuoi amici,
sostegno e conforto,
e i tuoi nemici ancora ci danno vigore e certezza.
E' ancora qui tua madre;
ho visto splendere il suo volto nel volto di tutte le madri;
dondolavano culle al tocco gentile della sua mano,
quella sua mano che piega lenzuola funebri con tenerezza.
E' ancora tra noi Maria Maddalena,
colei che accostò le labbra all'aceto prima che al vino dell'esistenza.
E Giuda, uomo di dolore, uomo di ambizioni meschine,
anche lui percorre la terra;
ed è ancora preda di se stesso quando la sua fame non trova altro,
e cerca il suo io, quello grande, distruggendo se stesso.
Ed ecco Giovanni, la cui giovane età amava la bellezza:
canta, canta e non l'ascoltano.
E Simon Pietro, l'impetuoso, che ti rinnegò al fine di vivere più a lungo per te,
anche lui siede accanto al fuoco, il tuo fuoco.
Potrebbe rinnegarti ancora, prima dell'alba di un nuovo giorno,
ma per te si farebbe crocifiggere, e si direbbe indegno di così grande onore.
E Caifa e Anna vivono ancora il loro giorno,
giudicando colpevoli e innocenti.
Dormono sui loro letti di piume
mentre viene percosso l'uomo che hanno appena giudicato.
Ed ecco la donna che fu sorpresa in adulterio,
si aggira ancora nelle nostre città,
affamata di pane da cuocere,
e abita sola in una casa vuota.
Ed è qui anche Ponzio Pilato:
ti è ancora di fronte in timore e reverenza,
ancora ti interroga,
ma non osa mettere in gioco se stesso o provocare un popolo straniero;
ecco che ancora si lava le mani.
E ancora Roma sorregge la brocca e Gerusalemme il bacile,
e tra loro mille migliaia di mani chiedono di tornare monde.

Maestro, maestro di poesia,
Maestro di parole pronunciate, Maestro di parole cantate,
hanno costruito templi per dare dimora al tuo nome,
e sopra ogni altura hanno innalzato la tua croce,
simbolo, segnale che guidi i loro passi indocili,
ma quella guida non conduce alla tua gioia.
E' un monte, la tua gioia, al di là della loro visione,
e a loro non può arrecare conforto.
Vogliono rendere onore a un uomo che non conoscono.
Quale consolazione in un uomo come loro, un uomo la cui
gentilezza è la loro gentilezza,
dio di un amore simile al loro,
dio di pietà che è nella loro pietà?
L'uomo, il vivente, il primo uomo che aprì gli occhi e fissò il sole,
e fissò il sole senza che le sue palpebre tremassero:
a quest'uomo, non intendono rendere onore.
Non lo conoscono, e rifiutano di divenire simili a lui.
Ignoti, nella processione degli ignoti: 
questo vogliono essere;
e amano soggiacere al dolore, il loro dolore,
e rifuggono dal conforto della gioia.
Non cerca la consolazione delle tue parole né la loro musica,
il cuore sofferente di questi uomini.
E' un'afflizione muta e senza forma;
le rende creature solitarie con cui nessuno s'intrattiene.
Attorniati da parenti e conoscenti,
vivono nel timore, solitari;
eppure, non amano la solitudine.
Vogliono piegarsi verso oriente quando soffia il vento da occidente.
Re, così ti chiamano.
E ambiscono a far parte della tua corte.
Ti dicono il Messia,
e anche loro vorrebbero essere unti con il sacro olio.
Sì, vorrebbero vivere della tua vita.

Maestro, maestro dei canti,
le tue lacrime erano simili alla pioggia che cade nel mese di maggio,
e ridevi come le onde spumeggianti del mare.
Quando parlasti, le tue parole furono il sussurro lontano delle labbra di quegli uomini,
al tempo in cui il fuoco non le aveva ancora fatte ardere.
Ridevi per il midollo delle loro ossa non ancora pronto a ridere,
e piangevi per i loro occhi asciutti.
La tua voce fu padre ai loro pensieri e al loro comprendere.
La tua voce fu madre alle loro parole e al loro respiro.
Sette volte sono nato e sette volte sono morto,
e ora nuovamente vivo, e ti guardo,
guerriero tra i guerrieri,
poeta dei poeti
re al di sopra dei re,
nudo fino alla cintura a fianco dei compagni di viaggio.
Ogni giorno il vescovo s'inchina
pronunciando il tuo nome.
E ogni giorno implorando i mendicanti:
Per amore di Gesù,
dateci un soldo per comprare del pane.
L'uno si reca in visita dall'altro,
ma in verità ognuno viene da te,
come l'alta marea nella primavera del nostro desiderio,
e come la bassa marea del nostro autunno.
Alto e basso, il tuo nome è sulle nostre labbra,
Maestro di infinita misericordia.

Maestro, Maestro delle nostre ore solitarie,
ovunque, tra culla e sepolcro, incontro i tuoi fratelli silenziosi:
uomini liberi dai ceppi,
figli della terra che ti fu madre e dello spazio.
Sono come gli uccelli del cielo
e come i gigli del campo.
Vivono la tua vita e pensano i tuoi pensieri,
e fanno eco al tuo canto,
ma hanno le mani vuote,
e non sono crocifissi nella grande crocifissione.
Ed è questo, il loro dolore.
Li crocifigge ogni giorno il mondo,
li crocifigge in mille modi, in mille piccoli modi.
I cieli non ne sono percossi
e la terra non soffre dolori di parto per i suoi morti.
Vengono crocifissi, e nessuno assiste alla loro agonia.
Volgono il viso verso sinistra e verso destra,
e non trovano nessuno che prometta l'ingresso in un regno.
Ma un'altra volta e un'altra volta ancora si farebbero crocifiggere
perché il tuo Dio fosse il loro Dio,
e Padre loro il Padre tuo.

Maestro, Maestro d’amore,
la principessa attende la tua venuta nella stanza colma di fragranze,
e la sposa nubile ti attende nella gabbia,
e per le strade della sua vergogna ti attende la prostituta in cerca di pane,
e nel chiostro la monaca, che non ha marito;
e la donna che non ha figli ti attende, alla finestra,
dove il ghiaccio disegna una foresta sui vetri:
lei ti ritrova in quelle simmetrie,
e si sente tua madre, e si consola.

Maestro, Maestro di poesia,
Maestro dei nostri desideri muti,
freme il cuore del mondo mentre pulsa il tuo cuore,
freme, ma non s'infiamma al tuo canto.
Siede tranquillo, il mondo in ascolto, e la tua voce lo delizia,
ma non lo fa balzare in piedi
a scalare le vette dei tuoi monti.
Agli uomini piace sognare i tuoi sogni, ma non destarsi alla tua alba,
e la tua alba è il loro sogno più grande.
Amano vedere con i tuoi occhi, gli uomini,
ma non trascinarsi al tuo trono.
Eppure molti sono stati posti sul trono in tuo nome,
e hanno ricevuto sul capo la mitra del tuo potere,
e, con l'oro della tua venuta,
hanno fatto corone per il loro capo e scettri per le loro mani.

Maestro, Maestro di luce,
i tuoi occhi sulle dita dei ciechi, che sfiorano cercando;
ma tu sei ancora disprezzato e irriso,
uomo troppo debole per essere Dio,
Dio troppo uomo per suscitare adorazione.
E i loro riti e i loro inni,
il rosario, il sacramento, tutto per il loro io prigioniero.
Tu sei il loro io lontano, il loro grido remoto, e la loro passione.
Ma tu, Maestro, Cuore celeste, cavaliere del sogno più bello, 
tu ancora percorri questo giorno;
né archi né lance fermeranno i tuoi passi.
Tu passi attraverso le nostre frecce,
sorridi volgendo lo sguardo su di noi,
e tu, il più giovane di tutti,
sei padre a noi tutti.
Poeta, Poeta dei cantici, Cuore grande,
possa il nostro Dio benedire il tuo nome,
e il grembo che ti ha custodito, e il seno che ti ha allattato.
E possa Dio concedere il perdono a ognuno di noi. 

- Kahlil Gibran - 


La natura divina del Figlio accettò di prendere su di sé la tua grossolanità carnale: divenne Dio l’uomo terreno, poiché si fu unito a Dio, che fu fatto un solo essere in quanto l’elemento migliore ebbe il sopravvento, affinché io potessi diventare Dio tanto quanto Dio divenne uomo. 

- san Gregorio Nazianzeno - 


Il sorriso di una maternità fresca è antidoto alla disperazione. 
Personale. Sociale. Anche economica. 
Giovani madri coraggiosamente incoscienti come tante loro nonne e bisnonne. Maria è madre. Regina di tutte le madri. Alleata della maternità. 
Maria madre di Gesù vero uomo. 
Le immagini della Madonna del ‘300-‘400 in cui Maria offre a Gesù Bambino un vero seno di carne hanno difeso la fede dall’odio per la storia. 
La carne umana di Maria antidoto a ogni spiritualismo di “madonne” senza volto e senza forma. 
Maria antidoto con il suo seno di vera donna al veleno di ecologismi animalisti che più o meno sottilmente amano tutta la natura tranne quella umana.

- Padre Maurizio Botta - 



Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 20 dicembre 2024

L'occhio del falegname - don Bruno Ferrero

C'era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l'assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola: "Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra".
Un altro intervenne: "Non possiamo tenere fra noi sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca".
"Fratel Martello - protestò un altro - ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E' urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!".
"E i Chiodi? SI può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano. E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d'essere sembra quella di graffiare il prossimo!".
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l'espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall'arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L'uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa che dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.

Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla.
Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. 
Per accogliere la Vita.

Dio ci guarda con l'occhio del falegname.

- don Bruno Ferrero -
da: “Cerchi nell'acqua”, Ed. Elledicì


La mangiatoia .....il bue e l’asino..... diventerebbe in certo qual modo l’arca dell’alleanza, in cui Dio, misteriosamente custodito, è in mezzo agli uomini, e davanti alla quale per «il bue e l’asino», per l’umanità composta di Giudei e gentili, è giunta l’ora della conoscenza di Dio.
Nella singolare connessione tra Isaia 1,3; Abacuc 3,2; Esodo 25,18-20 e la mangiatoia appaiono quindi i due animali come rappresentazione dell’umanità, di per sé priva di comprensione, che, davanti al Bambino, davanti all’umile comparsa di Dio nella stalla, arriva alla conoscenza e, nella povertà di tale nascita, riceve l’epifania che ora a tutti insegna a vedere.
L’iconografia cristiana già ben presto ha colto questo motivo. Nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all’asino.

- Papa Benedetto XVI - 
Da: “ L’infanzia di Gesù”,2012



Dal vostro Santo Natale, o Dio-Bambino, abbiamo appreso tre grandi lezioni. Abbiamo imparato che non c'è pace in Terra senza di Voi. Che l'autentico uomo di buona volontà non è colui che ama l'uomo per l'uomo, ma colui che lo ama per amor Vostro. E che la vostra Pace include la cessazione di tutte le lotte tranne la vostra incessante e gloriosa guerra contro il Demonio e i suoi alleati, il mondo e la carne.

- Plinio Correa de Oliveira - 

Buona giornata a tutti. :-)


martedì 17 dicembre 2024

Er Presepio – Trilussa

                                                 Ve ringrazio de core, brava gente,
pé ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa ? Si poi v’odiate,
si de st’amore non capite gnente…
Pé st’amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto,senza ascolto.
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore 
è cianfrusaja che nun cià valore.

- Trilussa -


Nel tempo liturgico dell'Avvento ci prepariamo a rivivere il mistero della nascita del Redentore: evento così antico e pur sempre misteriosamente nuovo. E' antico perchè affonda le sue radici nell'eterno disegno di Dio. Sempre nuovo, perchè, sprigiona, di generazione in generazione, la sua inesauribile energia redentrice nell'attesa del ritorno di Cristo.

. San Giovanni Paolo II, papa -




 In fondo la scelta dell'angelo di annunciare ai pastori l'evento della nascita rivela quella tendenza che si ritrova ampiamente in tutto il Vangelo di Luca, dove i primi destinatari della buona notizia sono gli emarginati, gli ultimi, quelli che si trovano alla periferia religiosa e sociale. 

- Bruno Maggioni - 
da: “Meditazioni sul Vangelo di Luca”, Ed. Messaggero




Essi connettono la gloria di Dio «nel più alto dei cieli» con la pace degli uomini «sulla terra». La Chiesa ha ripreso queste parole e ne ha composto un intero inno. 
Nei particolari, però, la traduzione delle parole dell’angelo è controversa. 
Il testo latino a noi familiare veniva reso fino a poco tempo fa così: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà».
Questa traduzione viene respinta dagli esegeti moderni - non senza buone ragioni come unilateralmente moralizzante. 
La «gloria di Dio» non è una cosa che gli uomini possono produrre («Sia gloria a Dio»). La «gloria» di Dio c’è, Dio è glorioso, e questo è davvero un motivo di gioia: esiste la verità, esiste il bene, esiste la bellezza. 
Queste realtà ci sono - in Dio - in modo indistruttibile.
Più rilevante è la differenza nella traduzione della seconda parte delle parole dell’angelo. 
Ciò che fino a poco tempo fa veniva reso con «uomini di buona volontà» è espresso ora, nella traduzione della Conferenza Episcopale Tedesca, con «Menschen seiner Gnade» (uomini della sua grazia).
Nella traduzione della Conferenza Episcopale Italiana si parla di «uomini, che egli ama».
Allora, però, ci si interroga: quali sono gli uomini che Dio ama? Ce ne sono anche alcuni che Egli non ama? 
Non ama forse tutti come creature sue? Che cosa dice dunque l’aggiunta: «che Dio ama»? Ci si può rivolgere una simile domanda anche di fronte alla traduzione tedesca. 
Chi sono gli «uomini della sua grazia»? 
Esistono persone che non sono nella sua grazia? E se sì, per quale ragione?
La traduzione letterale del testo originale greco suona: pace agli «uomini del [suo] compiacimento».
Anche qui rimane naturalmente la domanda: quali uomini sono nel compiacimento di Dio? E perché? 
Ebbene, per la comprensione di questo problema troviamo un aiuto nel Nuovo Testamento. Nella narrazione del battesimo di Gesù, Luca ci racconta che, mentre Gesù stava in preghiera, il cielo si aprì e venne una voce dal cielo che diceva: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22). L’uomo del compiacimento è Gesù. Lo è, perché vive totalmente rivolto al Padre, vive guardando verso di Lui e in comunione di volontà con Lui.

- papa Benedetto XVI -




I regali più costosi e preziosi non si chiamano "phone " "gioielli" o "automobile".
Si chiamano " Tempo", "Amore"e "Vita".


Da qualche anno si ripete il solito stupido disegno di cancellare le nostre tradizioni natalizie, in particolare quello più caratteristico: il presepe. 
Non mancano presidi o insegnanti che con una grande dose provocatoria, impediscono ai propri studenti anche a quelli non cattolici, di poter giovarsi del messaggio universale di pace del Santo Natale. 
Per la verità a cancellare totalmente il Natale ci aveva pensato Erode, con il suo metodo radicale, ora ci provano in tanti modi i fautori del “multiculturalismo”, della “libertà”, della “democrazia”, alla fine la scusa è quella di non “offendere” lo “zero-virgola” di alunni islamici presenti nelle scuole. 

Buona giornata a tutti. :-)