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venerdì 21 febbraio 2025

La storia della matita - Paolo Coelho

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: "Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me".

La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: "E' vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto".

Incuriosito il bimbo guardò la matita senza trovarvi alcunché di speciale.

"Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!".

"Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo.

Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi."Dio": ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la sua volontà.

Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E' un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.

Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere è un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.

Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.

Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione".

- Paulo Coelho -

da: Come il fiume che scorre di P.Coelho



Come si chiamava la donna delle pulizie 

Un mese alla facoltà di medicina, il professore ci diede un questionario.

Essendo un buon alunno risposi prontamente a tutte le domande fino a quando arrivai all'ultima che era: "Qual è il nome di battesimo della donna delle pulizie della scuola?".

Sinceramente mi pareva proprio uno scherzo. Avevo visto quella donna molte volte, era alta, capelli scuri, avrà avuto i suoi cinquant'anni, ma come avrei potuto sapere il suo nome di battesimo?

Consegnai il mio test lasciando questa risposta in bianco e, poco prima che finisse la lezione, un alunno domandò se l'ultima domanda del test avrebbe contato ai fini del voto.

"E' chiaro!", rispose il professore. "Nella vostra carriera voi incontrerete molte persone. Hanno tutte il loro grado d'importanza. Esse meritano la vostra attenzione, anche con un semplice sorriso o un semplice "ciao".

Non dimenticai mai questa lezione ed imparai che il nome di battesimo della nostra donna delle pulizie era Mariana.


Buona giornata a tutti :-)





mercoledì 19 febbraio 2025

La visita - don Bruno Ferrero

Un giorno, in una parrocchia, arrivò un messaggio direttamente dal Paradiso.
«Questa sera verrò a farvi visita. Gesù».
Il parroco si affrettò ad annunciarlo a tutti e la gente arrivò in massa per vederlo.
Tutti si aspettavano da Gesù una bella predica, ma egli si limitò a sorridere al momento delle presentazioni e disse: «Buonasera».
Erano tutti disposti a ospitarlo per la notte, soprattutto il parroco, ma egli rifiutò gentilmente l’invito e disse che avrebbe trascorso la notte in chiesa.
Cosa che tutti approvarono.
Egli se ne andò senza far rumore l’indomani mattina presto, prima che venissero aperte le porte della chiesa.
Quando tornarono, il parroco e gli altri scoprirono che la chiesa era stata oggetto di atti di vandalismo.
Dovunque sulle pareti era scarabocchiata una parola.
Sempre la stessa: attenzione.
Non un solo angolo era stato risparmiato: le porte, le finestre, le colonne, il pulpito, l’altare, persino la Bibbia che stava sul leggio.
Attenzione.
Incisa a grandi e piccole lettere, con i pennarelli, a penna, con lo spray e dipinta in tutti i colori possibili.
Dovunque l’occhio si posasse, si potevano scorgere le parole: «Attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione...».
Diceva: «Gerusalemme, se tu sapessi, almeno oggi, quel che occorre alla tua pace! Ma non riesci a vederlo!» (Luca 19,41-42).
Gesù piange sul nostro mondo.
Piange sulla Palestina, l’Indonesia, l’Iraq, l’Italia.
Piange sui nostri paesi dove regnano l’indifferenza, l’ingiustizia, la violenza.
Piange su tutti quelli che vanno in chiesa, ma pensano ad altro...
Quando fu vicino alla città, Gesù la guardò e si mise a piangere per lei.

- don Bruno Ferrero -


“ Mangiavano “
.
Quale sarà mai stata la colpa, l’errore di quelli che vissero al tempo di Noè o di Lot?
Forse il fatto che bevevano, che mangiavano? No!
Che si ammogliavano e si maritavano? No!
Il fatto che compravano e vendevano oppure che piantavano e costruivano? No!
Allora cos’è che viene rimproverato da Gesù a quelle generazioni?
Il fatto che erano così presi e assorbiti dalle cose che facevano, dai loro interessi, che non si accorsero di nulla.
Mangiare, bere, sposarsi, comprare, vendere, costruire… non sono in se stesse azioni malvagie, anzi sono le più normali e ordinarie occupazioni della vita.
Il problema è che erano così presi da tutte queste cose che nessuno si accorse di nulla.
Qualcuno avrà pur visto Noè costruire l’arca e gli avrà anche chiesto qualcosa. Eppure - dice la versione secondo San Matteo - nessuno si accorse di nulla.
È incredibile. Ma come mai?
Erano tutti presi dalla loro vita, dalle loro cose, che furono colti assolutamente impreparati, di sorpresa.
Questo è il primo dato importante: troppo presi da ciò che è effimero, tanto da non accorgersi di ciò che è essenziale.
Qual è il motivo che sta alla radice di questo essere “troppo presi” al punto da non accorgersi di nulla?
Il motivo radicale è il peccato, inteso anche come ‘peccati concreti’, particolari, ma ancor più come un essere tutti incentrati su sé stessi e non su Dio.
Ai tempi di Noè e di Lot, si viveva una vita senza Dio, come se Dio non esistesse. Da qui poi derivavano tutti i tipi di peccati.
Il Signore ci invita a recuperare il senso della nostra esistenza, ciò che è veramente importante.
Il mangiare, il bere, lo sposarsi, il comprare, il vendere, il costruire, il piantare sono tutte cose che passano.
Ciò che resta per sempre sono il modo e il senso, che ci hanno guidati in tutte queste cose.
Questo è essenziale!
Ecco perché di due persone che stanno facendo la medesima azione, si dice che una verrà presa e l’altra lasciata. Perché a fare la differenza non è tanto il ‘cosa’ si fa e nemmeno semplicemente il ‘come’ lo si fa, ma quello c’è dentro e dietro a quella azione che si compie o si omette di compiere.
“Dove o Signore?”. Dove ognuno si trova!
La nostra esistenza, infatti, si gioca lì ed è lì che il Signore è presente ogni istante: dove ciascuno si trova!

- Fratelli di San Francesco - Monteveglio


Buona giornata a tutti :-)







lunedì 17 febbraio 2025

IL vecchio e lo scorpione - don Lucio d'Abbraccio

 In un tranquillo pomeriggio, un saggio anziano camminava lungo un fiume quando, all’improvviso, vide qualcosa muoversi nell’acqua. Si chinò e notò che era uno scorpione, trascinato dalla corrente, che lottava per non affogare.

Mosso dalla compassione, l’anziano allungò la mano per salvarlo, ma non appena lo toccò, lo scorpione, in preda alla disperazione, lo punse con il suo pungiglione velenoso.

Il dolore fece sì che il saggio lo lasciasse cadere di nuovo in acqua. Ma invece di andarsene, cercò di salvarlo ancora una volta.

Un’altra puntura! Ancora più forte.

Un giovane, che stava osservando la scena dalla riva, non poté più trattenersi e gridò:

– “Maestro! Non capisce? Ogni volta che lo tocca, lui la punge! Lo lasci morire, se lo merita”!

L’anziano, con la mano tremante per il veleno, sorrise e rispose:
– “La natura dello scorpione è pungere. La mia è salvare”.

Il giovane aggrottò la fronte. Non capiva.

Allora, con fatica, l’anziano prese una grande foglia, la fece scivolare sotto lo scorpione e, senza ricevere un’altra puntura, lo portò sulla terraferma, salvandolo dalla morte.

Poi guardò il giovane e gli disse con calma:

– “Non permettere che la natura dello scorpione cambi la tua. Non lasciare che il veleno degli altri ti faccia rinunciare a fare il bene”.

Morale: non scoraggiamoci quando riceviamo male. Continuiamo a fare sempre il bene.

- don Lucio d' Abbraccio - 



Ernest Hemingway disse una volta:

Nei nostri momenti più bui, non abbiamo bisogno di soluzioni né di consigli. Ciò che desideriamo davvero è semplicemente una connessione umana: una presenza silenziosa, un tocco gentile. Questi piccoli gesti sono le ancore che ci tengono saldi quando la vita sembra troppo da sopportare.

Per favore, non cercare di aggiustarmi. Non portare il mio dolore sulle tue spalle né allontanare le mie ombre. Siediti accanto a me mentre affronto le mie tempeste interiori. Sii la mano salda a cui posso aggrapparmi mentre ritrovo la mia strada. Il mio dolore è mio da sopportare, le mie battaglie sono mie da combattere.

Ma la tua presenza mi ricorda che non sono solo in questo mondo vasto e a volte spaventoso. È un silenzioso promemoria del fatto che sono degno d’amore, anche quando mi sento a pezzi.

Quindi, in quelle ore oscure in cui mi perdo, sarai qui? Non come un salvatore, ma come un compagno. Tienimi la mano fino all’alba, aiutandomi a ricordare la mia forza. Il tuo sostegno silenzioso è il dono più prezioso che tu possa offrire. È un amore che mi aiuta a ricordare chi sono, anche quando lo dimentico.



Buona giornata a tutti :-)


www.leggoerifletto.it






sabato 8 febbraio 2025

Otto bugie che mi ha detto mia madre - don Lucio D'Abbraccio

 La mia storia inizia quando ero bambino. Sono nato in una famiglia povera, e spesso non avevamo abbastanza cibo per sfamare tutti. Durante i pasti, mia madre mi cedeva la sua porzione di riso. Trasferendolo nel mio piatto, mi diceva sempre: “Mangia tu, figlio mio. Io non ho fame”.

Quella fu la prima bugia di mia madre.

Mio padre portava il pesce a casa, e mia madre mi preparava la zuppa con quello che lui aveva pescato. Mentre io mangiavo, lei si sedeva accanto a me, sgranocchiando i resti sulle lische del pesce che avevo finito. Commosso, le offrivo l’altra porzione, ma lei rifiutava sempre, dicendo: “Mangia tu, figlio mio. A me il pesce non piace tanto”.
Quella fu la seconda bugia di mia madre.

Quando andavo alle medie, mia madre iniziò a fare un lavoro extra assemblando scatole di fiammiferi usate, per pagare i miei studi. Una notte mi svegliai e la vidi ancora lavorare, illuminata dalla luce di una candela. Le dissi: “Mamma, vai a dormire, è tardi, domani devi lavorare”. Lei mi sorrise e rispose: “Vai a dormire tu, caro. Io non sono stanca”.
Quella fu la terza bugia di mia madre.

Arrivò l’ultimo esame scolastico, e mia madre si prese una pausa dal lavoro per stare con me. Aspettò per ore sotto il sole mentre io terminavo la prova. Quando finii, mi accolse e mi versò del tè freddo dal suo thermos. Vedendola sudata, le offrii la mia tazza, ma lei la spinse indietro e mi disse: “Bevi tu, figlio mio. Io non ho sete”.
Quella fu la quarta bugia di mia madre.

Dopo la morte di mio padre, mia madre dovette occuparsi di tutto da sola. La vita diventò più difficile e soffrivamo quotidianamente. Nonostante tutto, un anziano gentile ci aiutava occasionalmente. I vicini suggerivano spesso a mia madre di risposarsi, ma lei rifiutava sempre, dicendo: “Non ho bisogno di un uomo”.
Quella fu la quinta bugia di mia madre.

Quando terminai gli studi e trovai lavoro, pensai che finalmente mia madre potesse andare in pensione. Ma lei non volle mai smettere: ogni mattina andava al mercato a vendere verdure per mantenersi. Lavoravo in un’altra città e le mandavo spesso dei soldi per aiutarla, ma lei non li accettava. A volte, addirittura, me li restituiva, dicendo: “Ne ho abbastanza per vivere”.
Quella fu la sesta bugia di mia madre.

Con la mia laurea, ottenni una borsa di studio per un master e trovai un buon lavoro. Decisi di portare mia madre a vivere con me in città, così avrebbe potuto finalmente riposarsi e godersi la vita. Ma lei non volle mai accettare, dicendo: “Non sono abituata a quel tipo di vita, figlio mio”.
Quella fu la settima bugia di mia madre.

Negli ultimi anni della sua vita, mia madre si ammalò gravemente e fu ricoverata in ospedale. Presi il primo aereo per stare con lei. Dopo l’operazione, era stesa sul letto, fragile e debole, segnata dal dolore della malattia. Nonostante tutto, cercava di sorridermi, ma si vedeva quanto le costasse fatica. Vederla così mi spezzava il cuore, e le lacrime mi scendevano sul viso senza che me ne accorgessi. Nonostante il suo dolore, trovò la forza di dirmi dolcemente: “Non piangere, figlio mio. Io non sento dolore”.
Quella fu l’ottava e ultima bugia di mia madre.

Dopo aver pronunciato la sua ultima bugia, la mia amata madre chiuse gli occhi per sempre, lasciando un silenzio che parlava più di qualsiasi parola.
Solo allora mi resi conto che i più grandi gesti d’amore spesso si nascondono dietro sacrifici silenziosi e quotidiani.

Morale: Dobbiamo imparare a riconoscere e apprezzare le lotte invisibili di chi ci ama, perché rivelano la profondità del loro affetto.

Don Lucio D'Abbraccio


“Riconciliatevi con i vostri Genitori, la vita è troppo breve per portare rancore, è troppo difficile per rinunciare al loro Amore imperfetto. 

Amateli e ringraziateli, le loro mani vi hanno condotto per strade sempre più lontani da loro. I loro cuori si struggevano per ogni caduta, ogni malanno e ogni qual volta dovevano lasciare la vostra mano per insegnarvi che prima o poi avreste dovuto imparare a vivere senza loro a fianco. 

Le loro mani hanno accarezzato i vostri capelli, le vostre guance e asciugato le vostre lacrime innumerevoli volte.


Abbiate rispetto per loro, hanno vissuto per voi e hanno sbagliato per amore. Hanno passato notti intere sul divano ad aspettare il vostro ritorno, ad ogni sirena dell’ambulanza il loro cuore si fermava pregando Dio che tornaste salvi. 

Amateli forte perché hanno patito per voi, hanno sbagliato e continuano a sbagliare perché vi amano troppo”.


Buona giornata a tutti :-)





lunedì 3 febbraio 2025

Umiltà - don Bruno Ferrero

 Quando morì il califfo, il trono rimase temporaneamente vuoto. 
Sfacciatamente, un povero mendicante ci si sedette sopra. 
Il gran visir ordinò alle guardie di acciuffare il pezzente macchiatosi di un tale sacrilegio, ma quest'ultimo rispose: 
"Ma io sono al di sopra del califfo!". 
"Come osi dire una cosa del genere!",  esclamò stupefatto il gran visir. 
"Al di sopra del califfo c'è solo il Profeta". 
"Infatti io sono al di sopra del Profeta", proseguì il mendicante imperturbabile. 
"Cosa? Come ti permetti, miserabile! 
Al di sopra del Profeta c'è solo Dio!», 
"lo sono anche al di sopra di Dio". 
"Miscredente!", urlò il gran visir sull'orlo di una crisi apoplettica. 
"Guardie! Sbudellate subito quel furfante. Al di sopra di Dio c'è niente!". 
"Infatti, io sono niente!". 

"Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime" (Matteo 11,29).




L'Avviso 

La strada che portava alla chiesa attraversava il paese. La vecchietta la percorreva ad occhi bassi biascicando qualche preghiera mentre di sottecchi guardava la gente, come tutti i giorni. «Giovinastri... Ubriaconi... Svergognata... Sporcizia... Fannullone... ».
Affrettava il passo per trovare la pace della preghiera. 

Quel giorno arrivò alla porta della chiesa e la trovò chiusa. 
Bussò. Niente da fare. Vide un biglietto attaccato con del nastro adesivo. 
Lo lesse. Diceva: «Io sono lì fuori».

- don Bruno Ferrero -



«Tu dici di amarmi e te ne resti lì seduto a braccia conserte? 
Mangi, bevi, ti metti comodo per leggere le parole che io ho dette, piangi ricordando che io sono stato crocifisso; poi, te ne vai a letto e ti addormenti... Non hai vergogna? È così che mi ami? 
Questo tu lo chiami amore? Su, alzati!». 
Mi alzai di scatto e gettandomi ai suoi piedi esclamai: «Perdono, Signore, perdono! Comanda e ubbidirò». 
«Prendi il tuo bastone – mi disse Cristo – e va’ a trovare gli uomini, non temere di parlar loro.Va’ a dir loro che ho fame, che busso alle porte, tendo la mano e grido: fate la carità, cristiani!» 

- N. Kazantzakis -


Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 27 dicembre 2024

Dov'è finita la cometa? - don Bruno Ferrero

Quando i Re Magi lasciarono Betlemme, salutarono cortesemente Giuseppe e Maria, baciarono il piccolo Gesù, fecero una carezza al bue e all'asino. 
Poi, con un sospiro, salirono sulle loro magnifiche cavalcature e ripartirono. «La nostra missione è compiuta!», disse Melchiorre, facendo tintinnare i finimenti del suo cammello. «Torniamo a casa!», esclamò Gaspare, tirando le briglie del suo cavallo bianco. 
«Guardate! La stella continua a guidarci», annunciò Baldassarre. La stella cometa dal cielo sembrò ammiccare e si avviò verso Oriente. La corte dei Magi si avviò serpeggiando attraverso il deserto di Giudea. 
La stella li guidava e i Magi procedevano tranquilli e sicuri. 
Era una stella così grande e luminosa che anche di giorno era perfettamente visibile. 
Così, in pochi giorni, i Magi giunsero in vista del Monte delle Vittorie, dove si erano trovati e dove le loro strade si dividevano. 
Ma proprio quella notte cercarono invano la stella in cielo. Era scomparsa. «La nostra stella non c'è più», si lamentò Melchiorre. «Non l'abbiamo nemmeno salutata». C'era una sfumatura di pianto nella sua voce. 
«Pazienza!», ribatte Gaspare, che aveva uno spirito pratico. «Adesso possiamo cavarcela da soli. 
Chiederemo indicazioni ai pastori e ai carovanieri di passaggio». 
Baldassarre scrutava il cielo ansiosamente; sperava di rivedere la sua stella. 
Il profondo e immenso cielo di velluto blu era un trionfo di stelle grandi e piccole, ma la cometa dalla inconfondibile luce dorata non c'era proprio più. «Dove sarà andata?», domandò, deluso. 
Nessuno rispose. 
In silenzio, ripresero al marcia verso Oriente. 
La silenziosa carovana si trovò presto ad un incrocio di piste. Qual era quella giusta? 
Videro un gregge sparso sul fianco della collina e cercarono il pastore. Era un giovane con gli occhi gentili nel volto coperto dalla barba nera. 
Il giovane pastore si avvicinò e senza esitare indicò ai Magi la pista da seguire, poi con semplicità offrì a tutti latte e formaggio. In quel momento, sulla sua fronte apparve una piccola inconfondibile luce dorata. 
I Magi ripartirono pensierosi. Dopo un po', incontrarono un villaggio. 
Sulla soglia di una piccola casa una donna cullava teneramente il suo bambino. Baldassarre vide sulla sua fronte, sotto il velo, una luce dorata e sorrise. Cominciava a capire. 
Più avanti, ai margini della strada, si imbatterono in un carovaniere che si affannava intorno ad uno dei suoi dromedari che era caduto e aveva disperso il carico all'intorno. 
Un passante si era fermato e lo aiutava a rimettere in piedi la povera bestia. Baldassarre vide chiaramente una piccola luce dorata brillare sulla fronte del compassionevole passante. 
«Adesso so dov'è finita la nostra stella!», esclamò Baldassarre in tono acceso. «È esplosa e i frammenti si sono posati ovunque c'è un cuore buono e generoso!». Melchiorre approvò: «La nostra stella continua a segnare la strada di Betlemme e a portare il messaggio del Santo Bambino: ciò che conta è l'amore». 
«I gesti concreti dell'amore e della bontà insieme formano la nuova stella cometa», concluse Gaspare. 
E sorrise perché sulla fronte dei suoi compagni d'avventura era comparsa una piccola ma inconfondibile luce dorata.

Ci sono uomini e donne che conservano in sé un frammento di stella cometa. Si chiamano cristiani.


Una giovane coppia entrò nel più bel negozio di giocattoli della città.
L’uomo e la donna guardarono a lungo i colorati giocattoli allineati sugli scaffali, appesi al soffitto, in lieto disordine sui banconi.
C’erano bambole che piangevano e ridevano, giochi elettronici, cucine in miniatura che cuocevano torte e pizze.
Non riuscivano a prendere una decisione.
Si avvicinò a loro una graziosa commessa.
“Vede,” spiegò la donna, “noi abbiamo una bambina molto piccola, ma siamo fuori casa tutto il giorno e spesso anche di sera.”
“È una bambina che sorride poco.” continuò l’uomo.
“Vorremmo comprarle qualcosa che la renda felice,” riprese la donna, “anche quando noi non ci siamo…
Qualcosa che le dia gioia anche quando è sola.”
“Mi dispiace,” sorrise gentilmente la commessa “ma noi non vendiamo genitori!”

- don Bruno Ferrero - 

da: Un pezzo di legno 


Buona giornata a tutti :-)








mercoledì 25 dicembre 2024

... Casa: quanto la ami a Natale! - Alda Merini

... Casa: quanto la ami a Natale!

Ricordo quando, sempre bambina, persi la mia, abbattuta anche quella: allora c’erano le bombe, ci rifugiammo chi nelle risaie e chi nei paesi limitrofi, dove tutti eravamo un po’ degli stranieri. Nei granai la sera recitavamo il rosario su dei pagliericci di fortuna, poi di giorno si andava nelle cascine in cerca di pane, in breve… si mendicava dai contadini abbienti. Oggi, invece, che abbiamo una casa non abbiamo più quella cortesia e quell’amore dei contadini. Io dormivo con una vecchia che ogni notte pregava la morte che la venisse a prendere, e avevo paura.

Ma come bambina ho dovuto accontentarmi.

Adesso che sono un’anziana poetessa… continuo ad accontentarmi.

Ma ripenso con nostalgia a quei Natali solenni, quando la mamma faceva enormi presepi, metteva le figurine dei pastori e i laghetti di specchio.

Ci facevano trovare il carbone, alle volte, ma eravamo contenti lo stesso: poi, dietro il carbone, c’erano sempre tre caramelle. Però era arrivato Gesù, era questo che importava, vedere che sulla paglia del presepe qualcuno aveva deposto il bambino. E si pregava, si pregava insieme davanti a quella statuina, ignorando che il piede lieve della mamma era andato lì di notte per deporlo…

Allora ignoravamo tutto della vita, anche il mistero della nascita, un evento che per noi cadeva dal cielo.

La Madonna non appariva sorpresa, neanche San Giuseppe, e noi piccoli eravamo in un regno di favola bello che abbiamo perduto. Ci dimenticavamo dei doni e stavamo piuttosto a guardare quel bambino appena nato domandandoci se aveva freddo, ma la mamma ci diceva che aveva l’amore della Madre…

Ecco, forse anche in tarda età chi mi scalda ancora nelle notti di solitudine è “l’amore della mamma, che io amavo tanto e che credevo che, come Maria, non sarebbe mai morta.

Sì, si può morire d’amore per un uomo, ma quello che mi fece impazzire, forse, fu quella porta chiusa di mia madre dolcissima, che io credevo eterna, come tutti i figli.

E mi sono resa conto, a un tratto, che non avevo mai ascoltato i suoi lamenti tanto ero giovane.

Ma quanto si paga la giovinezza! Anch’io, come le mie figlie, quando andavo a casa sua le portavo via gli oggetti più preziosi perché… nella mia casa sarebbero stati bene, e una madre si fa sempre derubare.

A lungo andare morì, senza chiedere mai niente, ma era così felice della nostra gioia che forse non morì veramente mai. L’abbiamo derubata, ma soprattutto – e sembra un eufemismo – avremmo voluto (che Dio mi perdoni) portarle via quegli occhi, così verdi, così dolci, così innamorati di noi. Sono passati decenni da quei Natali e ancora cerco l’odore dei mandarini o del bollito, che si mangiava solo quel giorno. Erano i nostri doni.

Oggi invece si tende a saltare il Natale, si va direttamente all’arrivo dei Magi, ai doni, la nascita quasi non esiste più, forse perché le nostre donne non sanno essere madri.

E i bambini, tra televisione e futili regali, sono i più grandi emarginati del nostro tempo: abbiamo rubato loro l’infanzia e la religiosità della vita.

Mi si chiede cosa vorrei trovare questa notte sotto il presepe: la mia Barbara, la mia Flavia, le mie figlie che mi furono tolte quando una maestra, assistente sociale, trovando che la casa non era ordinata me le portò via.

Sono sempre stata una disordinata perenne, ma avevo quattro bambine felici alle quali suonavo le “nenie” di Natale.

Andando in solaio ho trovato le mie vecchie famose poesie tutte imbrattate delle loro figurine: giocavano con le mie grandi poesie!

Io non ho pianto su queste, ma su quelle figurine sì.

Loro non sapevano cosa vuol dire genio, conoscevano solo due parole: mamma e bambino. Il mio presepe privato".

- Alda Merini - 

Pubblicato su "Avvenire" il 21/12/2006 


La vita è fatta di attese. 
Attese che si fermano addosso e a volte non sappiamo se aspettare ancora oppure andare via. 
Attese che forse non arriveranno mai, ma noi non abbiamo il coraggio di lasciare andare. 
Attese che ci lasciano da soli al freddo di quella nostalgia, portandosi via la nostra allegria, lasciandoci dentro un rimpianto amaro di come sarebbe stato bello se veramente fossero arrivate. 
Le nostre attese ci stanno aspettando, oggi sono loro ad aspettare noi, domani saremo noi quella solitudine. 
Non lasciamoci distrarre da cose futili, accendiamo all’amore i nostri cuori ed andiamo a prendere chi con tanta pazienza oggi ci aspetta ancora. 
Buon Natale ai nostri cari anziani, svuotiamo gli ospizi, gli ospedali, le case di cure e portiamo a casa chi con tanto amore ha fatto della sua vita l’unica nostra compagnia. 
A Natale ci sono lussi che non costano niente.

- Antonio Cuomo - 

Questo Natale ce lo ricorderemo e daremo il giusto peso a ciò che conta davvero. E capiremo tutti, nessuno escluso, quanto abbiamo sbagliato a dare troppe cose per scontate, senza distinguere tra superfluo e necessario, tra presenza ed assenza. Perché il regalo più bello, a Natale, è quello dove a tavola ci si siede tutti insieme.

- Mary Rosa Amico - 


La bellissima atmosfera
di Natale,
viene da lontano,
accarezza profumati fiori
e conquista molti cuori…

L'augurio è per un sereno Natale, a voi tutti, carissimi amici ed amiche, che mi seguite da così tanti anni .... 
tanti tanti auguri !!

Il Signore che tutto vede e tutto ama vi benedica e vi custodisca. 

- Stefania -

mercoledì 23 ottobre 2024

I due specchi - don Bruno Ferrero

Un giorno Satana scoprì un modo per divertirsi.

Inventò uno specchio diabolico che aveva una magica proprietà: faceva vedere meschino e raggrinzito tutto ciò che era bello e buono, mentre faceva vedere grande e dettagliato tutto ciò che era brutto e cattivo.
Satana se ne andava in giro dappertutto con il suo terribile specchio.

E tutti quelli che ci guardavano dentro rabbrividivano: ogni cosa appariva deformata e  mostruosa.
Il maligno si divertiva moltissimo con il suo specchio: più le cose erano ripugnanti più gli piacevano.
Un giorno, lo spettacolo che lo specchio gli offriva era così piacevole ai suoi occhi che scoppiò a ridere in modo scomposto: lo specchio gli sfuggì dalle mani e si frantumò in milioni di pezzi.
Un uragano potente e maligno fece volare i frammenti dello specchio in tutto il mondo.

Alcuni frammenti erano più piccoli di granelli di sabbia ed entrarono negli occhi di molte persone.
Queste persone cominciarono a vedere tutto alla rovescia: si accorgevano solo più di ciò che era cattivo e vedevano cattiveria dappertutto.
Altre schegge diventarono lenti per occhiali.

La gente che si metteva questi occhiali non riusciva più a vedere ciò che era giusto e a giudicare rettamente.
Non avete, per caso, già incontrato degli uomini così?
Qualche pezzo di specchio era così grosso, che venne usato come vetro da finestra.
I poveretti che guardavano attraverso quelle finestre vedevano solo vicini antipatici, che passavano il tempo a combinare cattiverie.
Quando Dio si accorse di quello che era successo si rattristò.
Decise di aiutarli.

Disse: «Manderò nel mondo mio Figlio. È Lui la mia immagine, il mio specchio. Rispecchia la mia bontà, la mia giustizia, il mio amore. Riflette l’uomo come io l’ho pensato e voluto».
Gesù venne come uno specchio per gli uomini.
Chi si specchiava in Lui, riscopriva la bontà e la bellezza e imparava a distinguerle dall’egoismo e dalla menzogna, dall’ingiustizia e dal disprezzo.

I malati ritrovavano il coraggio di vivere, i disperati riscoprivano la speranza.
Consolava gli afflitti e aiutava gli uomini a vincere la paura della morte.
Molti uomini amavano lo specchio di Dio e seguirono Gesù.

Si sentivano infiammati da Lui.
Altri invece ribollivano di rabbia: decisero di rompere lo specchio di Dio.
Gesù fu ucciso. Ma ben presto si levò un nuovo possente uragano: lo Spirito Santo.
Sollevò i milioni di frammenti dello specchio di Dio e li soffiò in tutto il mondo.

Chi riceve anche una piccolissima scintilla di questo specchio nei suoi occhi comincia a vedere il mondo e le persone come li vedeva Gesù: si riflettono negli occhi prima di tutto le cose belle e buone,
la giustizia e la generosità, la gioia e la speranza; le cattiverie e le ingiustizie invece appaiono modificabili e vincibili.

Lo ha assicurato Gesù: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro difensore che starà sempre con voi, lo Spirito della verità».

-        Don Bruno Ferrero -
Storia contenuta nel volume: 365 piccole storie per l’anima, casa ed. Elledicì


Buona giornata a tutti :-)