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sabato 17 luglio 2021

La santa libertà dei Figli di Dio - Don Romano Guardini

Quando creasti l’uomo tu, o Signore, gli desti la libertà.
Quel che vive altrimenti è legato alle leggi della natura.
La pianta cresce come deve 
e l’animale segue la necessità del suo essere;
all’uomo invece hai dato il segreto dell’intimo principio.
Egli può agire da sé: così il suo fare gli appartiene 
e nel suo fare possiede se stesso.
In questa libertà doveva servirti, 
ma egli l’ha usata per ribellarsi contro di te.
Allora essa si è corrotta ed egli è diventato schiavo. 
Tu però non l’hai abbandonato a se stesso.
Hai mandato tuo Figlio nel mondo 
ed egli ha annunziato all’uomo una libertà nuova e più alta.
Egli chiama ciascuno di noi e gli porge la mano,
affinché creda in lui, 
gli obbedisca e vinca così la schiavitù.
Dammi il tuo Spirito affinché io intuisca 
la divina libertà in cui sta il Cristo
e senta il desiderio della «gloriosa libertà dei Figli di Dio», 
che egli solo è in potere di dare.
Io sono in questo mondo ed esso mi spinge e mi lega;
sono pieno delle forze della mia natura 
ed esse mi agitano e mi illudono.
Mi dia lo Spirito la persuasione 
che io sono chiamato all’eterna libertà in te.
Egli mi aiuti nelle esigenze 
e nei bisogni d’ogni ora a lottare per essa 
e a far posto alla sua santità.
E in ogni concatenazione di eventi, 
in ogni miseria e apparente inutilità
mi doni l’indomita speranza di quel giorno, 
nel quale cadranno tutti i lacci
ed io sarò partecipe della «santa libertà dei Figli di Dio». Amen.

- Don Romano Guardini - 



Un cannibale è ingenuo: prima mangia qualche missionario, poi, avendo provato che in fin dei conti non sono così buoni da mangiare come lo sono da sentire, si mette ad ascoltarne la predicazione.

Ma con uno scristianizzato è molto dura: crede di sapere già chi è Cristo e quindi non ti ascolta più.
È la peggiore ignoranza!
Non quella del primitivo che sa di ignorare e giunge già alla sapienza più feconda, che è quella dell'ascolto. 
Ma quella del mezzo-sapiente, che crede di sapere mentre non sa, e quindi ignora di ignorare.

- Fabrice Hadjaji -
Come parlare di Dio oggi?


«Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte le tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. 
Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. 
Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie: 
Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere. 
Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo voglio riprendere speranza. 
Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà. 
È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore.»

(dalla Lettera Apostolica "Evangelii Gaudium" di Papa Francesco, 2013)




"Tanto il credente quanto l’incredulo, ognuno a suo modo, condividono dubbio e fede, sempre che non cerchino di sfuggire a se stessi e alla verità della loro esistenza. 
Nessuno può sfuggire completamente al dubbio, ma nemmeno alla fede; per l’uno la fede si rende presente contro il dubbio, per l’altro attraverso il dubbio e sotto forma di dubbio."


- Joseph Ratzinger -
Introduzione al cristianesimo, 2005

























Buona giornata a tutti :-)

lunedì 1 febbraio 2021

La Terra Capricciosa - Maria Maddalena Covassi

Un giorno la Terra incrociò le braccia, chiamò il Sole e gli disse:
“Ne ho abbastanza di girarti intorno… sono stanca voglio fermarmi un po’ a riposare!”
“Sei impazzita per caso?!” – gli rispose il Sole lanciandole uno sguardo infuocato.
“Se ti fermi che cosa accadrà?!!”.
“Parli bene tu! Seduto sul tuo trono dorato. Ho deciso di fermarmi e lo farò!”.
Così dicendo, prese un lembo di prato, tirò la soffice coperta fin sotto il mento per coprirsi bene e si addormentò.
Gli animali furono i primi ad accorgersi che qualcosa non andava!!!
L’orso che aveva dormito saporitamente tutto l’inverno si stava preparando ad uscire dalla sua tana.
Mise fuori il suo grosso muso, annusò l’aria e disse:
“Fa ancora freddo ….brrrr, la primavera dovrebbe essere già qui! Pazienza mi rimetterò a dormire”.
La lucertola e la vipera, avevano passato l’estate distese sui sassi a prendere il sole.
Ora aspettavano che l’aria rinfrescasse per andare in letargo, ma faceva sempre così caldo, che rischiavano davvero di bruciarsi la pelle.
“Che cosa strana!”- dicevano gli uomini che vivevano sulla parte della Terra dove il Sole non tramontava mai.
“La notte non arriva, come faremo a dormire??”
E così continuavano a lavorare, anche se erano molto stanchi.
“Ma dov’è finito il Sole?”- si domandavano gli uomini che abitavano dall’altra parte della terra:
“Con questo buio non possiamo lavorare, che cosa daremo da mangiare ai nostri figli?”
Anche le piante se la passavano male: i fiori non facevano in tempo ad aprire la corolla e subito appassivano bruciati dal sole.
Senza luce, gli alberi lasciavano cadere le foglie e l’erba dei prati non cresceva.
Tutti gli abitanti della terra alzavano gli occhi al cielo.
C’era chi chiamava la luna e le stelle, altri invocavano il Sole.
Intanto, il Sole diventava sempre più rosso di rabbia, sembrava dovesse scoppiare da un momento all’altro:
“Così non si può andare avanti!!” – diceva – “la Terra si sta distruggendo e neanche se ne accorge, bisogna che trovi subito un rimedio!! Chiamerò gli altri pianeti e insieme troveremo una soluzione”.
E così fece: chiamò Giove, Marte, Venere, Saturno, Plutone, Nettuno ed altri ancora.
Tutti risposero alla chiamata del Re dell’universo, perché erano davvero preoccupati per la salute della loro sorella Terra e dei suoi abitanti.
Dopo essersi consultati presero una decisione.
Il pianeta Venere quello più vicino alla terra avrebbe ricevuto l’incarico di svegliarla.
Venere fu felice per questa scelta, che la faceva sentire importante agli occhi dei compagni.
Mise tutte le sue forze per riuscire in questa non facile impresa, si avvicinò il più possibile alla Terra e iniziò a gridare con tutto il fiato che aveva: “Svegliaaaati…….svegliaaaaati ……o moriraiiiii……”.
Ma la terra dormiva profondamente, e a niente valsero i richiami del pianeta.
“Possiamo aiutarvi noi!” – dissero i venti – “se ci alziamo tutti insieme, formiamo una tromba d’aria e con la sua punta le faremo il solletico finchè si sveglierà!”.
Detto questo si misero all’opera. Ma soffiando a destra e a sinistra riuscirono solo a strapparle un sorriso, mentre beatamente la terra continuava a dormire.
“Ci vogliono le maniere forti! Andiamo a svegliare i vulcani!” – dissero i pianeti.
I vulcani muovendosi la fecero tremare così tanto, che finalmente la terra aprì gli occhi, si guardò intorno e… vide che cosa aveva combinato:
“Sono stata proprio una sciocca”- disse rivolgendosi verso il sole e i suoi fratelli pianeti.
“Adesso ho capito!!” A ognuno di noi é affidato un compito e, se non lo svolgiamo, non facciamo del male solo a noi stessi, ma anche agli altri”.
Detto questo si mise in “moto” e…dopo un po’ tutto ritornò com’era prima.

(Maria Maddalena Covassi)


opera d’arte di Bjorn Richter

Quelli che non sentono questo Amore
trascinali come un fiume,
quelli che non bevono l’alba
come una tazza di acqua sorgiva
o non fanno provvista per il tramonto,
quelli che non vogliono cambiare
… lasciateli dormire.

Jalāl al-Dīn Rūmī

opera d’arte di Frits Thaulow


C’è un punto morto nella notte, dove fa più freddo
e il tempo più nero, dove il mondo ha dimenticato
la sera e l’alba non è ancora una promessa.
Un tempo in cui è troppo presto per alzarsi,
ma così tardi per andare a letto.

- Robin Hobb -


L'universo e la non conoscenza

Ci sono cose che noi umani non solo non conosciamo, ma, attraverso la non-conoscenza non siamo in grado di spiegare né tanto meno controllare. Una di queste è nella strana dicotomia riguardante l'Universo: per il 73 % ( circa 3/4 ) è formato di energia ( quella che chiamano "oscura" ), per il 23 % è formato di materia oscura e perl'esiguo 4% di materia ordinaria. Ebbene noi conosciamo a stento quel 4 % noto. Ma la dicotomia a cui mi riferivo è nel fatto che, pur essendo strutturato di una quantità enorme di energia, il nostro Universo ha un'energia (libera) prossima allo zero, cosa che lo fa raffreddare ed espandere. Questo fenomeno si è velocizzato in tempi recenti. E' nell'ignoranza di gran parte delle realtà in cui siamo immersi che l'uomo pontifica su Dio, il cui orizzonte è nell'universo intero. Se ci armassimo di sana modestia invece di mostrare una stupida sicumera, potremmo cominciare ad inchinarci di fronte a tutto questo ed a sentire l'immensità, invece di saturarla di becere ottusità.

- Patrizia Cinquestelle Pellegrino -






Buona giornata a tutti. :-)



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mercoledì 19 febbraio 2020

I lacci della schiavitù - Kahlil Gibran


Ho trovato la schiavitù cieca, che lega il presente degli uomini al passato dei loro genitori, e li spinge a sottomettersi alle loro tradizioni e ai loro costumi, collocando spiriti antichi entro corpi nuovi.
Ho trovato la schiavitù muta, che vincola la vita di un uomo a una moglie che aborre, e pone il corpo di una donna nel letto d’un marito odiato, uccidendo lo spirito in entrambe le vite.
Ho trovato la schiavitù sorda, che soffoca il cuore e l’anima, riducendo l’uomo a l’eco vuota di una voce, alla pietosa ombra del suo corpo.
Ho trovato la schiavitù zoppa, che sottopone la nuca dell’uomo al giogo del tiranno e sottomette corpi forti e menti deboli ai figli della Cupidigia perchè ne facciano strumenti del loro potere.
Ho trovato la schiavitù brutta, che discende con gli spiriti dei fanciulli del vasto firmamento fino alla casa della Miseria, dove il Bisogno vive accanto all’Ignoranza, e l’Umiliazione coabita con la Disperazione.

E i fanciulli crescono infelici, e vivono come criminali, e muoiono disprezzati come reietti di cui è negata l’esistenza.
Ho trovato la schiavitù sottile, che intitola alle cose nomi diversi dai propri, e chiama intelligenza la scaltrezza, sapere la vacuità, affetto la debolezza e codardia un deciso rifiuto.
Ho trovato la schiavitù contorta, che fa muovere la lingua dei deboli per la paura, inducendoli a parlare al di fuori dei loro sentimenti, talché fingono di meditare sulla loro condizione mentre non sono che sacchi vuoti, che perfino un fanciullo può ripiegare o appendere.
Ho trovato la schiavitù sottomessa, che induce un paese a osservare le leggi e i costumi di un altro paese, mentre la sottomissione aumenta di giorno in giorno.
Ho trovato la schiavitù perpetua, che incorona re i figli dei monarchi, senza alcuna considerazione per il merito.
Ho trovato la schiavitù nera, che pone il marchio indelebile dell’infamia e del disonore su figli innocenti dei criminali.
Meditando sulla schiavitù si scopre ch’essa possiede i poteri perversi della continuità e del contagio.
Quando fui stanco di seguire i secoli dissoluti, e stufo di contemplare processioni d’uomini di pietra, camminai solo nella Valle dell’Ombra della Vita, dove il passato si sente in colpa e tenta di nascondersi, e l’anima del futuro ripiegata su se stessa riposa troppo a lungo.
Là, sulla sponda del fiume del Sangue e delle Lacrime, che strisciava come una vipera velenosa e si torceva come i sogni d’un criminale, udii i sospiri atterriti dei fantasmi degli schiavi, e fissai smarrito il nulla.
Quando giunse la mezzanotte e gli spiriti emersero dai loro nascondigli, vidi uno spettro cadaverico e morente cadere in ginocchio e fissare la luna.
Mi avvicinai e gli chiesi:”Come ti chiami?”
“Mi chiamo Libertà”, rispose quella spettrale ombra cadaverica.
“Dove sono i tuoi figli?”, domandai.
E la Libertà, con le lacrime agli occhi, mormorò debolmente:”
Uno morì crocifisso, un altro morì pazzo, e il terzo non è ancora nato”.
Se ne andò zoppicando e continuando a parlare, ma gli occhi velati e i lamenti che mi salivano del cuore m’impedirono di vedere e udire.

- Khalil Gibran - 
da: Il cantico della felicità: Caleidoscopio sulla pace del cuore



Buona giornata a tutti. :-)






sabato 23 marzo 2019

Il giorno in cui mi sono amato davvero - Charlie Chaplin

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho capito che in ogni circostanza ero al posto giusto,nel momento giusto. 
E allora ho potuto rilassarmi.
Oggi so che si chiama Stima di sé.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho percepito che la mia ansia e sofferenza emozionale non erano altro che un segnale quando contrasto le mie convinzioni.
Oggi so che si chiama Autenticità.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho cessato di volere una vita diversa ed ho cominciato a vedere che tutto quello che mi succede contribuisce alla mia crescita.
Oggi so che si chiama Maturità.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho cominciato a vedere l’abuso nel forzare una situazione od una persona con l’unico scopo di ottenere ciò che voglio, sapendo benissimo che né la persona né io siamo pronte e che non è il momento.
Oggi so che si chiama Rispetto.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho cominciato a liberarmi da tutto ciò che non mi era salutare, persone, situazioni, tutto ciò che abbassava la mia energia.
All’inizio la mia ragione chiamava questo Egoismo.
Oggi so che si chiama Amor Proprio.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho smesso di temere il tempo libero ed ho smesso di elaborare tanti piani, ho abbandonato i grandi progetti per il futuro.
Oggi faccio ciò che è giusto, ciò che mi piace,quando mi piace e secondo il mio ritmo.
Oggi so che si chiama Semplicità.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho smesso di voler sempre avere ragione e mi sono reso conto di tutte le volte in cui mi sono sbagliato.
Oggi so che si chiama Umiltà.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho smesso di rivivere il passato e di preoccuparmi per il futuro.
Oggi vivo nel presente, lì dove la vita si svolge.
Oggi vivo una sola giornata alla volta e so che si chiama Pienezza.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho capito che la mente poteva ingannarmi e deludermi ma che se la metto a servizio del cuore diventa un’alleata preziosa.
Tutto questo è Saper vivere.


- Charlie Chaplin -

dal discorso celebrativo per il suo 70° compleanno




Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L'animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca. 

- Charlie Chaplin -  





Il segreto dell'esistenza umana non sta solo nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza sapere con certezza per che cosa vive, l'uomo non accetterà di vivere e si sopprimerà pur di non restare sulla Terra. 

- Fedor Dostpevskij -
 I fratelli Karamàzov




 Ho imparato ad essere felice là dove sono.
 Ho imparato che ogni momento 
di ogni singolo giorno racchiude tutta la gioia, 
tutta la pace,
tutti i fili di quella trama che chiamiamo vita.
Il significato è posto in ogni istante, 
non c'è un altro modo per trovarlo.
Percepiamo solo e soltanto ciò che permettiamo 
a noi stessi di percepire, tutti i giorni,
un istante dopo l'altro.


- Herman Hesse -


Buona giornata a tutti. :-)












giovedì 28 febbraio 2019

Solitudine e comunità - Dietrich Bonhoeffer

“A te, o Dio, nel raccoglimento sale la lode in Sion” (Salmo 65,2)
Molti cercano la comunione per paura della solitudine. Siccome non sanno più rimanere soli, sono spinti in mezzo agli uomini. 
Anche cristiani, che non riescono a risolvere i loro problemi, sperano di trovare aiuto dalla comunione con altri. Di solito, poi, sono delusi e rimproverano alla comunità ciò che è colpa loro. 
La comunità cristiana non è una casa di cura per lo spirito; chi, per sfuggire a se stesso, entra nella comunità, ne abusa per chiacchiere e distrazione, per quanto spirituale possa sembrare il carattere di queste chiacchiere e di questa distrazione. 
In realtà egli non cerca affatto comunione, ma l’ebbrezza che possa fargli dimenticare per un momento la sua solitudine, e proprio così crea la solitudine mortale dell’uomo.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da: La vita comune



Chi non sa rimanere solo tema la comunità.
Infatti egli arrecherà solo danno a sé e alla comunità. Solo ti sei trovato di fronte a Dio quando ti ha chiamato, solo ha dovuto seguire la sua chiamata, solo hai dovuto prendere su di te la tua croce, lottare e pregare solo, e solo morrai e renderai conto a Dio. 
Non puoi sfuggire a te stesso; infatti è Dio che ti ha scelto. 
Se non vuoi restare solo, respingi la vocazione rivolta a te da Cristo e non partecipare alla comunione degli eletti.
Ma vale pure il contrario.

Chi non sa vivere nella comunità si guardi dal restare solo.
Tu sei stato chiamato alla comunità, la vocazione non è stata rivolta a te solo; nella comunità degli eletti porti la tua croce, lotti e preghi con loro. 
Non sei solo nemmeno nella morte, e al giudizio universale sarai solamente un membro della grande comunità di Gesù Cristo. Se sdegni la comunione con i fratelli rifiuti la chiamata di Gesù Cristo e la tua solitudine non può che portarti male.
Ambedue le cose vanno insieme. 
Solo nella comunità impariamo a vivere come si deve, e solo essendo soli impariamo a inserirci bene nella comunità. Una cosa non precede l’altra: ambedue incominciano insieme, cioè con la chiamata di Gesù Cristo. Ognuna delle due presa a sé ci mette di fronte a profondi abissi e gravi pericoli. 
Chi desidera comunione senza solitudine, precipita nella vanità delle parole e dei sentimenti; che cerca la solitudine senza la comunità, perisce nell’abisso della vanità, dell’infatuazione di se stesso, della disperazione.

Chi non sa restare solo tema la comunità. 
Chi non è inserito nella comunità tema la solitudine.
La giornata comune del gruppo comunitario è accompagnata dalla giornata solitaria di ogni membro. 
Deve essere così. La giornata in comune senza la giornata solitaria è improduttiva tanto per la comunità quanto per il singolo membro.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da: La vita comune




Il senso dell’apertura richiesta a ogni comunità, pur nella sua peculiarità di storia, composizione e finalità, si rende più nitido se si considerano le sue funzioni principali nella vita umana. 
La prima funzione da ricordare è relativa al percorso di individuazione del singolo. 
Nel trovare se stesso, l’essere umano ha bisogno di sperimentare l’appartenenza a una comunità di vita e ravvisa in essa – per adesione naturale, per contrasto o distacco, per nuova scelta – lo specchio della sua identità. Da qui trae il sistema di regole, di ruoli, di significati necessario al suo orientamento quotidiano e all’apertura verso il futuro. In tal modo la comunità ... media tra l’individualità in via di elaborazione e l’universalità della società, ma può fare questo in modo adeguato solo se, anziché produrre nei singoli un adattamento spersonalizzante, ne promuove l’originalità personale. 
Si pone allora la questione del limite della comunità, nel senso del suo confine interno, ossia del rispetto dell’intimità, dell’originalità e della libertà della persona. E del suo diritto alla solitudine, che certo non va intesa come isolamento coattivo, il quale è sempre sofferenza e negazione per chi vi è imprigionato. 
L’identità personale si forgia nell’imparare a trovare di volta in volta il punto può armonico della tensione tra prossimità e distanza, appartenenza e separazione, comunità e solitudine, libertà di somigliare e libertà di differire rispetto a chi, di volta in volta, rappresenta un riferimento autorevole.
Lungo questo confine mobile ogni persona è chiamata a incarnare il dono originale ricevuto elaborandolo creativamente e ricomunicandolo liberamente ad altri ... Nell’accogliere la solitudine intima, che tende come un arco la nostra libertà, giungiamo a noi stessi e abbiamo la facoltà grazie a cui il nostro essere diviene interamente bene per gli altri. 
Per questo la solitudine non è il contrario della comunità; semmai entrambe hanno i loro contrari nell’isolamento, nell’egocentrismo narcisistico, nel vivere senza ricerca, nella violenza. Pertanto, se una comunità nega alla persona il suo diritto alla solitudine, commette uno stupro spirituale, desertifica una fonte fondamentale di senso, di identità, di libertà, di amore.

- Roberto Mancini -
da:  L’uomo e la comunità, Qiqajon, Bose 2004, pp. 127-128 -131


"In questo momento il mio animo si allarga per abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo. Sono veramente commosso e vedo la Chiesa viva e penso che dobbiamo dire grazie anche perchè il tempo oggi è bello."

- Papa Benedetto XVI -
27 febbraio 2013






Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 21 febbraio 2019

Un albero – don Bruno Ferrero

In un paese lontano si trovava un albero prodigioso.

Nessuno conosceva la sua età.

Alcuni dicevano che era più vecchio della terra.

Donne e uomini venivano a supplicarlo. Anche i lupi, nelle notti senza luna, ululavano verso di lui.

Ma nessuno osava mangiare i suoi frutti.
Eppure erano frutti magnifici, enormi, innumerevoli, che pendevano dalle due ramificazioni dell'albero.

Metà di questi frutti erano velenosi. Nessuno sapeva quale delle due metà. 

Dei due grandi rami, uno portava la vita, l'altro la morte.
Venne una grande carestia e la gente del paese soffriva la fame.

Solo l'albero rimaneva imperturbabile, carico di frutti splendidi.
Gli abitanti dei dintorni si avvicinavano indecisi e timorosi. Erano affamati e soffrivano, ma non volevano morire avvelenati.
Ma, un giorno, un uomo che stava per morire si fermò sotto il ramo di destra, raccolse un frutto e lo mangiò senza esitare. Rimase in piedi, tranquillo, con un respiro che si faceva sempre più gioioso.
Tutti di colpo si accalcarono verso il ramo di destra e cominciarono a mangiare quei frutti deliziosi e salutari.
Alla sera, gli abitanti dei posto si riunirono in consiglio. Il ramo di sinistra era non solo inutile, ma anche pericoloso. Decisero di reciderlo con decisione dal tronco. Il giorno dopo, tutti si svegliarono presto e si affrettarono a cercare il loro cibo.
Tutti i frutti del ramo di destra erano caduti in terra e imputridivano nella polvere. Gli uccelli che abitavano tra le foglie erano scomparsi.
L'albero era morto durante la notte.

I contadini allora dissero al padrone. "Signore, tu avevi fatto seminare dei buon grano nel tuo campo. Da dove viene l'erba cattiva?".
Egli rispose: "E' stato un nemico a far questo".
I contadini gli domandarono: "Vuoi che andiamo a strapparla via?".
Ma egli rispose: "No! Perché, così rischiate di strappare anche il grano insieme con l'erba cattiva. Lasciate che crescano insieme fino al giorno del raccolto. A quel momento io dirò ai mietitori: raccogliete prima l'erba cattiva e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece mettetelo nel mio granaio" (Matteo 13,2 7-30).

Male e bene sono misteriosamente mescolati e crescono insieme. Nessun essere umano può sottrarsi alla responsabilità fondamentale che sgorga dalla libertà che Dio gli ha donato: scegliere.

- don Bruno Ferrero -
Fonte: La Vita è Tutto Ciò che Abbiamo - Casa Editrice: ElleDiCi




Dobbiamo essere ben coscienti che il male non è una forza anonima che agisce nel mondo in modo impersonale o deterministico.
Il male, il demonio, passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà.
Cerca un alleato, l’uomo. Il male ha bisogno di lui per diffondersi.
È così che, avendo offeso il primo comandamento, l’amore di Dio, viene a pervertire il secondo, l’amore del prossimo.
Con lui, l’amore del prossimo sparisce a vantaggio della menzogna e dell’invidia, dell’odio e della morte. Ma è possibile non lasciarsi vincere dal male e vincere il male con il bene (cfr Rm 12, 21)

- papa Benedetto XVI - 
Libano 15 settembre 2012






Porta un albero verde nel tuo cuore e forse gli uccelli vi verranno a cantare….


(antico proverbio cinese)


Buona giornata a tutti. :-)