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lunedì 16 gennaio 2023

Il Nibbio ed il serpente - Esopo

 Un giovane serpentello se ne andava tranquillo strisciando fra una pietra e l'altra, godendosi i caldi raggi del primo sole primaverile. 
L'aria era tiepida e carica di un buon profumo di fiori e ogni animale si sentiva rasserenato da quel clima dolce. 
Il piccolo serpente si muoveva piano nel prato quando all'improvviso una spaventosa ombra si proiettò sul suo cammino. 
L'animale preoccupato alzò il testino per guardare da dove provenisse la macchia scura e solo allora scopri che un terribile nibbio stava puntando dritto dritto su di lui!
Il poverino non ebbe nemmeno il tempo di scappare perché in un lampo il volatile gli piombò addosso afferrandolo con il becco. 
Il serpente fu, così, sollevato in cielo da quel rapace che, senza avere pietà per le sue grida volò via il più velocemente possibile.
"Lasciami andare!" Implorava lo sfortunato animaletto "Non ti ho fatto niente!" Ma il nibbio non l'ascoltò neppure.
A quel punto il serpentello si rivoltò su se stesso e con un'abile mossa diede un morso al suo nemico. 
Finalmente il volatile colpito dal veleno della sua preda fu costretto ad aprire il becco liberando il serpente che cadde a terra senza farsi male.
Il nibbio invece, con la vista annebbiata e senza più forze a causa del morso velenoso, precipitò sul terreno a peso morto riportando parecchie ferite.
Quando il volatile era ancora stordito, il serpentello gli si avvicinò e gli disse:
"Ben ti sta! Io non volevo farti del male ma tu mi ci hai costretto e adesso ne paghi le conseguenze!"
Trascorsero due giorni interi prima che il nibbio potesse riprendere a volare ma, a partire da quella volta egli si tenne sempre ad una certa distanza da tutti i serpenti!

MORALE: Chi si dimostra prepotente e malvagio prima o poi paga di persona per le sue cattiverie.





“La vera misura di un uomo si vede da come tratta qualcuno da cui non può ricevere assolutamente nulla in cambio.”

- Samuel Johnson - 


Farò un regalo, un complimento, un fiore, una preghiera a chiunque incontri, ovunque vada. 
Oggi regalerò qualcosa a tutte le persone con le quali entrerò in contatto e avvierò così il processo che fa fluire la gioia, la ricchezza e l'abbondanza nella mia vita e in quella altrui.
Oggi accoglierò con gratitudine tutti i doni che la vita mi offre. 
Accoglierò i doni della natura: il sole, il cinguettio degli uccelli o le piogge primaverili, o la prima neve dell'inverno. 
Inoltre sarò disponibile a ricevere anche i doni degli altri, che siano oggetti, complimenti, preghiere.


Buona giornata a tutti. :-)


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giovedì 28 febbraio 2019

Solitudine e comunità - Dietrich Bonhoeffer

“A te, o Dio, nel raccoglimento sale la lode in Sion” (Salmo 65,2)
Molti cercano la comunione per paura della solitudine. Siccome non sanno più rimanere soli, sono spinti in mezzo agli uomini. 
Anche cristiani, che non riescono a risolvere i loro problemi, sperano di trovare aiuto dalla comunione con altri. Di solito, poi, sono delusi e rimproverano alla comunità ciò che è colpa loro. 
La comunità cristiana non è una casa di cura per lo spirito; chi, per sfuggire a se stesso, entra nella comunità, ne abusa per chiacchiere e distrazione, per quanto spirituale possa sembrare il carattere di queste chiacchiere e di questa distrazione. 
In realtà egli non cerca affatto comunione, ma l’ebbrezza che possa fargli dimenticare per un momento la sua solitudine, e proprio così crea la solitudine mortale dell’uomo.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da: La vita comune



Chi non sa rimanere solo tema la comunità.
Infatti egli arrecherà solo danno a sé e alla comunità. Solo ti sei trovato di fronte a Dio quando ti ha chiamato, solo ha dovuto seguire la sua chiamata, solo hai dovuto prendere su di te la tua croce, lottare e pregare solo, e solo morrai e renderai conto a Dio. 
Non puoi sfuggire a te stesso; infatti è Dio che ti ha scelto. 
Se non vuoi restare solo, respingi la vocazione rivolta a te da Cristo e non partecipare alla comunione degli eletti.
Ma vale pure il contrario.

Chi non sa vivere nella comunità si guardi dal restare solo.
Tu sei stato chiamato alla comunità, la vocazione non è stata rivolta a te solo; nella comunità degli eletti porti la tua croce, lotti e preghi con loro. 
Non sei solo nemmeno nella morte, e al giudizio universale sarai solamente un membro della grande comunità di Gesù Cristo. Se sdegni la comunione con i fratelli rifiuti la chiamata di Gesù Cristo e la tua solitudine non può che portarti male.
Ambedue le cose vanno insieme. 
Solo nella comunità impariamo a vivere come si deve, e solo essendo soli impariamo a inserirci bene nella comunità. Una cosa non precede l’altra: ambedue incominciano insieme, cioè con la chiamata di Gesù Cristo. Ognuna delle due presa a sé ci mette di fronte a profondi abissi e gravi pericoli. 
Chi desidera comunione senza solitudine, precipita nella vanità delle parole e dei sentimenti; che cerca la solitudine senza la comunità, perisce nell’abisso della vanità, dell’infatuazione di se stesso, della disperazione.

Chi non sa restare solo tema la comunità. 
Chi non è inserito nella comunità tema la solitudine.
La giornata comune del gruppo comunitario è accompagnata dalla giornata solitaria di ogni membro. 
Deve essere così. La giornata in comune senza la giornata solitaria è improduttiva tanto per la comunità quanto per il singolo membro.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da: La vita comune




Il senso dell’apertura richiesta a ogni comunità, pur nella sua peculiarità di storia, composizione e finalità, si rende più nitido se si considerano le sue funzioni principali nella vita umana. 
La prima funzione da ricordare è relativa al percorso di individuazione del singolo. 
Nel trovare se stesso, l’essere umano ha bisogno di sperimentare l’appartenenza a una comunità di vita e ravvisa in essa – per adesione naturale, per contrasto o distacco, per nuova scelta – lo specchio della sua identità. Da qui trae il sistema di regole, di ruoli, di significati necessario al suo orientamento quotidiano e all’apertura verso il futuro. In tal modo la comunità ... media tra l’individualità in via di elaborazione e l’universalità della società, ma può fare questo in modo adeguato solo se, anziché produrre nei singoli un adattamento spersonalizzante, ne promuove l’originalità personale. 
Si pone allora la questione del limite della comunità, nel senso del suo confine interno, ossia del rispetto dell’intimità, dell’originalità e della libertà della persona. E del suo diritto alla solitudine, che certo non va intesa come isolamento coattivo, il quale è sempre sofferenza e negazione per chi vi è imprigionato. 
L’identità personale si forgia nell’imparare a trovare di volta in volta il punto può armonico della tensione tra prossimità e distanza, appartenenza e separazione, comunità e solitudine, libertà di somigliare e libertà di differire rispetto a chi, di volta in volta, rappresenta un riferimento autorevole.
Lungo questo confine mobile ogni persona è chiamata a incarnare il dono originale ricevuto elaborandolo creativamente e ricomunicandolo liberamente ad altri ... Nell’accogliere la solitudine intima, che tende come un arco la nostra libertà, giungiamo a noi stessi e abbiamo la facoltà grazie a cui il nostro essere diviene interamente bene per gli altri. 
Per questo la solitudine non è il contrario della comunità; semmai entrambe hanno i loro contrari nell’isolamento, nell’egocentrismo narcisistico, nel vivere senza ricerca, nella violenza. Pertanto, se una comunità nega alla persona il suo diritto alla solitudine, commette uno stupro spirituale, desertifica una fonte fondamentale di senso, di identità, di libertà, di amore.

- Roberto Mancini -
da:  L’uomo e la comunità, Qiqajon, Bose 2004, pp. 127-128 -131


"In questo momento il mio animo si allarga per abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo. Sono veramente commosso e vedo la Chiesa viva e penso che dobbiamo dire grazie anche perchè il tempo oggi è bello."

- Papa Benedetto XVI -
27 febbraio 2013






Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 24 ottobre 2018

A tutti quelli che nella vita si sono persi un’occasione importante - Roberto Pellico

A quelli che si siedono nell’ultima fila per non essere osservati.
A chi quando gli fai un sorriso in ascensore abbassa lo sguardo e arrossisce.
A chi rimane digiuno ai buffet.
A quelli che non dicono niente quando qualcuno taglia la coda e passa avanti.
A quelli che si scusano anche quando non dovrebbero.
A chi è educato anche a costo di sembrare scemo.
A chi ha un’intelligenza arguta e sa riconoscere quando è il momento di non arrivare primo.
A tutti quelli che nella vita si sono persi un’occasione importante, perché un prepotente gliel’ha portata via.
A chi ha la risposta giusta e non alza la mano.
A quelli che ancora credono alla lealtà, a costo di essere sconfitti.
E niente.
Io vi vedo.
E siete proprio belli.


- Roberto Pellico - 




In una comunità ci sono anche delle "antipatie".

Ci sono sempre delle persone con le quali m'intendo, che mi bloccano, che mi contraddicono e soffocano lo slancio della mia vita e della mia li­bertà.
La loro presenza sembra minacciarmi, e provoca in me del­la aggressività, o una forma di regressione servile.
In loro presen­za sono incapace di esprimermi e di vivere.
Altri fanno nascere in me dei sentimenti d'invidia e di gelosia: sono tutto quello che io vorrei essere, e la loro presenza mi ricorda che io non lo sono.
La loro radiosità e intelligenza mi rimanda alla mia indigenza.
Altri mi chiedono troppo. Non posso rispondere alla loro incessante ri­chiesta affettiva. Sono obbligato a respingerli.

Queste persone so­no mie "nemiche"; mi mettono in pericolo; e anche se non oso ammetterlo, le odio. Certo, quest'odio è solo psicologico, non è ancora morale, cioè voluto. Ma lo stesso avrei preferito che queste persone non esistessero!

E naturale che in una comunità ci siano queste vicinanze di sensibilità come questi blocchi fra sensibilità diverse. Queste co­se vengono dall'immaturità della vita affettiva e da una quantità di elementi della nostra prima infanzia sui quali non abbiamo nessun controllo. Non si tratta di negarli.

Se ci lasciamo guidare dalle nostre emozioni, si costituiranno certo dei clan all'interno della comunità. Allora non ci sarà più una comunità, ma dei gruppi di persone più o meno chiusi su se stessi e bloccati nei confronti degli altri. Quando si entra in certe comunità, si sentono subito queste tensioni e queste guerre sot­terranee. 
Le persone non si guardano in faccia. Quando s'incro­ciano nei corridoi, sono come navi nella notte.

Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei suoi membri ha deciso coscientemente di spezzare queste barriere e di uscire dal bozzo­lo delle "amicizie" per tendere la mano al "nemico".
Ma è un lungo cammino.
Una comunità non si fa in un giorno.
In realtà, non è mai fatta!
Sta sempre progredendo verso un amore più grande, oppure regredendo.

- Jean Vanier -


Buona giornata a tutti. :)











venerdì 5 ottobre 2018

Le persone hanno diritto ad avere un mucchio di tenebre dentro di sé, il diritto ad essere diversi - Jean Vanier

Una delle più grandi difficoltà della vita comunitaria è che si obbligano a volte le persone a essere diverse da quello che sono; si appiccica su di loro un ideale al quale devono conformarsi.  
Se non arrivano a identificarsi all’immagine che si fa di loro,  temono di non essere amati o almeno di dare una delusione.
Se ci arrivano, credono di essere perfetti. 
Ora, in una comunità, non si tratta di avere delle persone perfette.
Una comunità è fatta di persone legate le une alle altre, ognuna fatta di quel miscuglio di bene e di male, di tenebre e di luce, di amore e di odio. 
E la comunità non è che la terra in cui ognuno può crescere senza paura verso la liberazione delle forme d’amore che sono nascoste in lui. 
Ma non ci può essere crescita che si riconosce che c’è possibilità di progresso, e dunque che c’è ancora in noi una quantità di cose da purificare, tenebre da trasformare in luce, paure da trasformare in fiducia.

Spesso, nella vita comunitaria, ci si aspetta troppo  dalle persone, e s’impedisce loro di riconoscersi e di accettarsi così come sono.
Le si giudica molto presto, o le si classifica in categorie. 
Esse sono allora obbligare a nascondersi dietro una certa maschera. Ma loro hanno il diritto di essere brutte, e di avere un mucchio di tenebre dentro di sé, e angoli ancora induriti nel loro cuore in cui si nasconde la gelosia e perfino l’odio!
Queste gelosie, queste insicurezze sono naturali; non sono “malattie vergognose”. Esse appartengono alla nostra natura ferita. 
E’ la nostra realtà. 
Bisogna impararle ad accettarle, a vivere con esse senza drammi, e a poco a poco, sapendosi  perdonati, a camminare  verso la liberazione.

Io vedo nelle comunità certe persone vivere una specie di colpevolezza inconscia; hanno l’impressione di non essere quello che dovrebbero essere. Hanno bisogno di essere confermate e incoraggiate alla fiducia. 
Hanno bisogno di sentire che possono condividere anche la loro debolezza senza essere respinte.

- Jean Vanier -
Fonte: La comunità luogo del perdono e della festa



"Sotto un punto di vista generale, per un cattolico tutto è e deve essere cristiano: la vita individuale, la famiglia, l'attività economica, la concezione filosofica, la creazione artistica, l'arte politica, sì da non esservi nessun angolo del proprio essere che non sia impregnato di cristianesimo.
Pertanto, la specifica denominazione di cristiano messa a democratico o afferma una concezione di vita del cristiano o non ha significato. 
Peggio, quel democristiano può degenerare in demicristiano, in quanto una politica sporca infetta la fede e la pratica cristiana del soggetto infedele al suo ideale di vita" 

- Don Luigi Sturzo -



Perdonatevi scambievolmente in modo tale da dimenticare il torto ricevuto.
Il ricordo, infatti, della malizia dell’offesa è complemento di furore, è riserva di peccato, odio della giustizia, freccia arrugginita, veleno dell’anima, dispersione delle virtù, verme della mente, distrazione della preghiera, lacerazione delle suppliche rivolte a Dio, alienazione della carità, chiodo fisso nell’anima, iniquità sempre desta, rimorso continuo, morte quotidiana. Siffatto vizio è su tutti gli altri tenebroso e detestabile.
Allontanate, dunque, l’ira spegnete il ricordo del torto ricevuto poiché se il padre vive genera il figlio; chi invece ha carità rigetta ogni vendetta: in una parola, chi fomenta inimicizie aumenta a se stesso un inutile affanno.

- San Francesco di Paola -



Buona giornata a tutti. :)






martedì 18 settembre 2018

Le tensioni e i conflitti all'interno della comunità - Jean Vanier

Le tensioni sono momenti necessari nella crescita e nell’ approfondimento  di una comunità. 
Esse risultano dai conflitti personali,  conflitti nati dal rifiuto della crescita e dell'evoluzione personale e comunitaria, conflitti fra gli egoismi delle diverse persone, dovuti alla diminuzione della gratuità nell'insieme della comunità, dovuti ai diversi temperamenti e alle difficoltà psicologiche  di ognuno. Queste tensioni sono naturali.

Ognuna di queste tensioni mette l'intera comunità e ogni suo membro davanti alla propria povertà, alle proprie incapacità,  stanchezze, aggressività e atteggiamenti depressivi. 
Questo può  diventare un tempo importante,  quello di una presa di coscienza del fatto che il tesoro della comunità è in pericolo. Quando tutto va bene, quando la comunità crede di vivere un successo, i suoi membri rischiano di lasciarsi andare nelle loro energie d’amore.  
Sono meno attenti gli uni agli altri.
Le tensioni li obbligano a tornare alla realtà della loro povertà, e a prendere delle adeguate  misure di preghiera, di dialogo, di pazienza e di sforzo per  superare la crisi e ritrovare l'unità perduta.

Esse fanno capire che la comunità è più di una realtà umana,  che ha bisogno dello spirito di Dio per vivere e approfondirsi.
Esse segnano anche, molto spesso delle tappe necessarie verso un'unità più grande, rivelando delle fratture che obbligano a  una rieducazione,  a una riorganizzazione,  a una maggiore  umiltà.
L'esplosione a volte brutale non fa altro che rivelare una reale tensione che era latente. 
Solo quando esplode la tensione  è possibile cercare di curarne la causa fino alle radici.

Non c'è nulla che pregiudichi la vita comunitaria come mascherare le tensioni, fare come se non esistessero, nasconderle  dietro segni di cortesia e fuggire la realtà e il dialogo.
Una tensione o un turbamento possono essere il segno della venuta prossima di una nuova grazia di Dio.
Annunciano un passaggio di Dio nella comunità.


- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della festa"di Jean Vanier, Ed.JakaBook, 1991




Dietro a grandi macchine potenti, dietro ai lustrini e ai tacchi vertiginosi, scorgo spesso un ego mozzafiato e una autostima piccola piccola, come la cruna di un ago.
Gli animali mi ricordano, che chi abbaia più forte, è il più piccolo, è chi ha
più paura.
Ed oggi giri nelle strade del centro, trovi ricchezza tra gli abiti sgualciti e povertà dietro a grandi macchine griffate ed i lustrini.
Se sei grande dentro, non ti serve urlarlo fuori. 

Puoi nasconderti quasi non visto tra le cose e le persone, compiere gesti eroici, grandi imprese. Sì, non visto, in silenzio, dietro falso nome. Come gli angeli e i benefattori.

- Stephen Littleword -




Dobbiamo di nuovo renderci conto che nessun uomo è chiuso in se stesso, che nessuno può vivere solo di sé e per sé. 
Riceviamo la nostra vita dall'esterno, dall'altro, da chi non è noi stessi eppure ci appartiene, e la riceviamo non solo al momento della nascita, ma ogni giorno. 
L'uomo ha la propria identità non solo in se stesso, ma anche fuori di sé: vive in coloro che ama, in coloro di cui vive e per cui esiste. 
L'uomo è relazione e ha la propria vita e se stesso solo nel modo della relazione...

- card. Joseph Ratzinger - 
dal libro "Creazione e peccato" 


Buona giornata a tutti. :)





sabato 11 agosto 2018

Un gruppo di 50 persone stava frequentando un seminario...

Un gruppo di 50 persone stava frequentando un seminario. 
Improvvisamente l’oratore si fermò e decise di fare un’attività di gruppo. Iniziò a dare un palloncino a ciascuno dei 50 seminaristi. Ad ognuno fu chiesto di scrivere con un pennarello il proprio nome su di esso. Poi tutti i palloncini furono raccolti e messi in un’altra stanza.
Una volta riempita la stanza di palloncini, l’oratore chiese ai 50 seminaristi di rientrare dentro e trovare il palloncino col proprio nome entro 5 minuti. 
La scena fu questa: tutti erano freneticamente alla ricerca del palloncino col proprio nome, ognuno si scontrava con l’altro, spinte, gomitate….nella stanza regnava il caos totale!
Allo scadere dei 5 minuti nessuno riuscì a trovare il proprio palloncino.
Vista la prova fallimentare ad ognuno di loro fu chiesto di raccogliere un palloncino qualsiasi e darlo alla persona che aveva scritto il nome su di esso. In pochissimi minuti tutti avevano in mano il proprio palloncino!
A questo punto l’oratore disse: Questo è esattamente ciò che sta accadendo nella nostra vita. Tutti siamo alla ricerca frenetica della felicità…giriamo come delle trottole, ma non riusciamo a trovarla.
La nostra felicità sta nella felicità delle altre persone. Rendete loro felici e avrete la vostra felicità.
E’ questo lo scopo della vita umana.




Come si aggioga il carro, e un cavallo solo non può avanzare più dell'altro, poiché altrimenti il carro si rompe, così l'obbedienza ha bisogno di avere l'umiltà aggiogata insieme a lei 

- San Doroteo di Gaza -



Nelle persone va cercato ciò che c’è. Inutile arrabbiarsi per una carenza di una persona: le persone vanno valorizzate per quello che hanno. 
Non vanno costrette a diventare quello che uno ha bisogno che siano. 
E così è la vita, così la realtà. 

- don Fabio Rosini -



Buona giornata a tutti. :-)








venerdì 20 luglio 2018

Tanti fiori in uno stesso campo: così è l'umanità

Ci sono tanti fiori in uno stesso campo; tanti uccelli in uno stesso bosco, tanti profumi che salgono dalla terra; tanti ronzii strani, mormorii confusi; voci rauche o sonore, tante forze, colori, linee.
E tuttavia questo si confonde, si armonizza e si completa nel tutto che si chiama "natura".
Accade lo stesso per l'umanità.
Ogni uomo deve essere quello che è, fedele a se stesso, forte nella sua opinione, nel suo pensiero, nella sua azione; ma deve ammettere attorno a se tutti gli uomini che non pensano come lui, che non agiscono come lui, che perseguono un altro scopo, e che adorano un altro Dio.
E la bontà sarà la forza che permetterà agli uomini di vivere in pace gli uni accanto agli altri, senza nuocersi, rispettosi e benevoli.
La bontà fresca e spontanea sarà la forza che al di sopra del dovere e della virtù austera condurrà gli uomini all'indulgenza reciproca, alla buona volontà, alla cortesia, all'obbedienza, alla giustizia.
E tu sarai indulgente verso gli altri, perché sarai severo verso te stesso.
E chiederai poco agli altri, perché esigerai molto da te stesso.
E sarai cortese, non per abitudine, freddamente, ma perché ti addolorerebbe non esserlo.
E sarai obbediente e giusto, non per timore o per dovere, ma perché qualcosa si sarà schiuso in te; qualcosa che trema, freme e si ribella davanti alla sofferenza e alla tristezza; qualcosa che canta ed esulta davanti alla gioia e alla felicità.
E sarà la bontà, niente altro che la bontà.
Una bontà fresca e ridente che diverrà la forza della tua vita.

- dal Libro di Lezard -




Unirsi
Essere venti invece di uno.
Avere quaranta mani invece di due.
Venti cervelli invece di uno solo, per riflettere e pensare.
Unirsi.
Mettersi insieme per compiere lo stesso lavoro;
diffondere una stessa idea; conseguire una stessa meta,
vivere una stessa vita.

- dal Libro di Lezard -





A un discepolo che si lamentava continuamente degli altri, il maestro disse: "Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. 
E' più facile proteggersi i piedi con delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra!"

- Padre Anthony de Mello - 
Un minuto di saggezza



Buona giornata a tutti. :-)