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martedì 21 maggio 2024

La danza della realtà - Alejandro Jodorowsky

Vorrei ritornare alla mia giovinezza e appollaiarmi di nuovo sul ramo di un albero insieme al mio amico poeta, e come quella volta indimenticabile vorrei dedurre dal molto che non sappiamo quel poco di prezioso che sappiamo:
Non so dove vado, ma so con chi vado.
Non so dove sono, ma so che sono in me.
Non so che cosa sia Dio, ma Dio sa che cosa sono.
Non so che cosa sia il mondo, ma so che è mio.
Non so quanto valgo, ma so non fare paragoni.
Non so che cosa sia l’amore, ma so che godo della sua presenza.
Non posso evitare i colpi, ma so come sopportarli.
Non posso negare la violenza, ma posso negare la crudeltà.
Non posso cambiare il mondo, ma posso cambiare me stesso.
Non so che cosa faccio, ma so che sono fatto da ciò che faccio.
Non so chi sono, ma so che non sono colui che non sa.


- Alejjandro Jodorowsky -



Fu così che ti costruii, trasportando in carne i miei sogni
con lo splendore della luna donandoti una pelle d’argento
collocando un occhio vivo nelle tue mille mani che implorano
affinchè duplicata in quattro tu fossi il calice della mia tavola
e nelle tue innumerevoli labbra si tatuasse il nuovo credo.
La tua voce senza fine che entra nel mondo come un’ostia rossa
fino a paralizzare l’infinito specchio in un’eterna immagine 

- Alejandro Jodorowsky - 




Non dire tutto ciò che sai; non credere a tutto ciò che ascolti; non fare tutto ciò che puoi. Mantieni dentro di te un giardino segreto.

- Alejandro Jodorowsky -



Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 10 giugno 2021

Elogio dei piedi - Erri De Luca

Perché reggono l'intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli
e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato.
E chi esce dopo molti anni deve
imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro
se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade
come muli e fare una siepe
davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli  di donna facevano friggere i versi di Puskin.
Perché gli antichi li amavano
e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro
o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre
contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango,
il croccante tiptap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli
nel sedere di qualcuno, viene scrupolo
che il bersaglio non meriti l'appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però
poi quando arriva il punto di morire
scalciano in nome del corpo contro la morte.

- Erri De Luca -





A volte la meta non è l’obiettivo, è il percorso stesso che detta il senso del nostro viaggio. Non bisogna aver fretta di giungere a destinazione, alla propria Itaca, ma bisogna approfittare del viaggio per esplorare il mondo e crescere. 

Indugia nel percorso, goditi il paesaggio, ascolta, gusta, vedi, respira, ama, inebriati di odori e sapori.

Vivi con coraggio, osando, rischiando, pensando che ovunque arriverai ne è valsa la pena.






Quelli che riflettono troppo prima di fare un passo,
trascorreranno tutta la vita su un piede solo.


- Don Pino Puglisi - 




Buona giornata a tutti. :-)








sabato 23 marzo 2019

Il giorno in cui mi sono amato davvero - Charlie Chaplin

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho capito che in ogni circostanza ero al posto giusto,nel momento giusto. 
E allora ho potuto rilassarmi.
Oggi so che si chiama Stima di sé.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho percepito che la mia ansia e sofferenza emozionale non erano altro che un segnale quando contrasto le mie convinzioni.
Oggi so che si chiama Autenticità.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho cessato di volere una vita diversa ed ho cominciato a vedere che tutto quello che mi succede contribuisce alla mia crescita.
Oggi so che si chiama Maturità.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho cominciato a vedere l’abuso nel forzare una situazione od una persona con l’unico scopo di ottenere ciò che voglio, sapendo benissimo che né la persona né io siamo pronte e che non è il momento.
Oggi so che si chiama Rispetto.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho cominciato a liberarmi da tutto ciò che non mi era salutare, persone, situazioni, tutto ciò che abbassava la mia energia.
All’inizio la mia ragione chiamava questo Egoismo.
Oggi so che si chiama Amor Proprio.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho smesso di temere il tempo libero ed ho smesso di elaborare tanti piani, ho abbandonato i grandi progetti per il futuro.
Oggi faccio ciò che è giusto, ciò che mi piace,quando mi piace e secondo il mio ritmo.
Oggi so che si chiama Semplicità.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho smesso di voler sempre avere ragione e mi sono reso conto di tutte le volte in cui mi sono sbagliato.
Oggi so che si chiama Umiltà.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho smesso di rivivere il passato e di preoccuparmi per il futuro.
Oggi vivo nel presente, lì dove la vita si svolge.
Oggi vivo una sola giornata alla volta e so che si chiama Pienezza.

Il giorno in cui mi sono amato per davvero
ho capito che la mente poteva ingannarmi e deludermi ma che se la metto a servizio del cuore diventa un’alleata preziosa.
Tutto questo è Saper vivere.


- Charlie Chaplin -

dal discorso celebrativo per il suo 70° compleanno




Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L'animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca. 

- Charlie Chaplin -  





Il segreto dell'esistenza umana non sta solo nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza sapere con certezza per che cosa vive, l'uomo non accetterà di vivere e si sopprimerà pur di non restare sulla Terra. 

- Fedor Dostpevskij -
 I fratelli Karamàzov




 Ho imparato ad essere felice là dove sono.
 Ho imparato che ogni momento 
di ogni singolo giorno racchiude tutta la gioia, 
tutta la pace,
tutti i fili di quella trama che chiamiamo vita.
Il significato è posto in ogni istante, 
non c'è un altro modo per trovarlo.
Percepiamo solo e soltanto ciò che permettiamo 
a noi stessi di percepire, tutti i giorni,
un istante dopo l'altro.


- Herman Hesse -


Buona giornata a tutti. :-)












domenica 25 marzo 2018

L'asinello che portò Gesù - Mariolina Puddu

In un campo pascolavano un'asina con il suo puledro. Era stato svezzato da poco e talvolta, quando si metteva nei guai, cercava ancora il conforto della sua mamma.
Il suo nome era Lollo e aveva grandi orecchie appuntite e occhioni scuri, intelligenti e furbi. Come tutti i cuccioli era birbaccione, chiassoso, prepotente. Appena poteva si allontanava verso i confini del campo cercando di sconfinare e, quando il padrone andava a riprenderlo, puntava le zampe sul terreno e non c'era modo di smuoverlo. Bisognava trascinarlo e quanto erano acuti i suoi ragli di protesta! Il padrone ancora non si decideva a metterlo al lavoro: era talmente giovane e testone!
Una bella mattina di primavera giungono nel campo degli uomini, parlottano un po' col padrone e poi cominciano a guardare verso Lollo. Erano venuti infatti a fare una richiesta curiosa che riguardava proprio lui. 
Questi uomini erano servi di un tale, un certo Nazareno e, mandati da questo, volevano in prestito proprio Lollo. Serviva al loro Maestro per entrare in Gerusalemme.
Il padrone era perplesso: "Macché Lollo! Per il vostro Maestro ci vuole un cavallo. Io non ce l'ho, ma il mio vicino è un soldato e certamente sarà contento di prestarvi il suo bel cavallo bianco".
Ma quelli insistevano, si erano proprio fissati! Volevano un asino che fosse giovane che non avesse mai lavorato. 
"E' il Maestro che lo chiede - dicevano - ma non temere te lo restituiremo".
Il padrone alzava gli occhi al cielo: "Ma allora proprio non capite, quest'asino non è adatto! E' prepotente, testone e farà fare a me e al vostro Maestro una brutta figura. E' capace di fermarsi in mezzo alla strada e di non voler più camminare, se gli gira, incomincia a ragliare così forte e non la finisce più, e poi, morde!".
E i servi a lui: "Così come è, lo vuole il Maestro, e Lui non sbaglia! Se ha chiesto quest'asino avrà i suoi buoni motivi!". 
Il padrone allora, avvilito, prende un pezzo di corda, lo butta intorno al collo di Lollo e lo consegna ai servi. 
Lollo è troppo interessato alla faccenda per pensare a fare i capricci, e docile si lascia legare e condurre fuori del campo.
Fatta poca strada arrivano a un bivio, poco fuori Gerusalemme. 
Ci sono uomini, donne e anche bambini che attorniano un giovane uomo. 
I servi dirigono proprio verso di Lui: "Ecco, Maestro, questo è l'asino che avevi chiesto". Il Maestro si volta, si avvicina a Lollo, allunga una mano, lo accarezza sulla testa e lo guarda. Anche Lollo alza gli occhi verso questo bizzarro Maestro che ha voluto a tutti i costi averlo come cavalcatura, e i suoi occhi si immergono nello sguardo del Maestro: "Mai nessuno mi aveva guardato così" - dirà poi Lollo - "neanche la mia mamma". E' come se con un solo sguardo il Maestro mi dicesse: "Non temere, va bene così. Sì sei un po' un brigante, ma ce la puoi fare. Io mi fido di te e ti voglio bene! Coraggio! Cominciamo questo viaggio, sarai tu a portarmi a Gerusalemme".
Lollo sente come un fuoco dentro il suo cuore, è contento e un po' ha voglia di piangere, senza motivo... Mansueto si lascia mettere un mantello rosso sulla groppa, si lascia montare dal Maestro e, lentamente, incominciano il loro viaggio verso Gerusalemme. Via via che si avvicinano alla città la gente diventa più numerosa. Stendono per terra dei mantelli rossi, hanno in mano dei rami di palma e di ulivo, li agitano e gridano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell'alto dei cieli!".
Lollo si sente davvero un asinello importante... Tutti fanno festa alla persona che lui sta portando in groppa, bardato con quel bel manto rosso! Anche i bambini fanno festa e alcune bambine portano dei fiori.
Ad un tratto una voce si leva dalla folla e chiede: "Chi è quest'uomo?".
Qualcuno risponde: "E' Gesù, da Nazareth di Galilea!".
"Che cosa ha fatto?".
"Io sono vedova, Gesù ha risuscitato il mio unico figlio. Eccolo!".
"Io ero muto per colpa di un demonio e Gesù mi ha liberato".
"Io avevo questa mano come morta e lui mi ha detto: Stendila! E la mia mano è tornata come nuova! Ha fatto bene ogni cosa!".
Lollo ascolta tutto quello che la gente dice sull'uomo che sta accompagnando a Gerusalemme. "Ora capisco perché alcuni chiamano Gesù il Signore!". 
La folla è al colmo della gioia e della festa. Gesù è pronto per entrare nel tempio. Prima di allontanarsi, con la mano sfiora lentamente il muso dell'asinello. Gesù e Lollo si guardano per un lungo istante.
Gesù capisce ciò che l'asinello gli vuol dire:
"Grazie Signore di avermi cercato.
Tu hai avuto bisogno di me e hai avuto fiducia in me!
D'ora in poi, anche se non credo che riuscirò ad essere sempre bravo, voglio provare ad essere come tu mi vedi.
Forse scalcerò ancora e certamente raglierò ogni tanto ma non potrò mai dimenticare che hai avuto fiducia in me.
Grazie Gesù, anche io ti voglio bene".

- Mariolina Puddu - 


La folla acclama Gesù: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (Mc 11, 9; Sal 117[118], 25s). Questa parola fa parte del rito della festa delle capanne, durante il quale i fedeli si muovono in girotondo intorno all’altare portando nelle mani rami composti da palme, mirti e salici.
Ora la gente eleva questo grido con le palme in mano davanti a Gesù, nel quale vede Colui che viene nel nome del Signore: questa espressione “Colui che viene nel nome del Signore”, infatti, era diventata da molto tempo la designazione del Messia. In Gesù riconoscono Colui che veramente viene nel nome del Signore e porta la presenza di Dio in mezzo a loro.
Questo grido di speranza di Israele, questa acclamazione a Gesù durante il suo ingresso in Gerusalemme, con buona ragione è diventato nella Chiesa l’acclamazione a Colui che, nell’Eucaristia, viene incontro a noi in modo nuovo. 
Salutiamo con il grido di “Osanna!” Colui che, in carne e sangue, ha portato la gloria di Dio sulla terra.
Salutiamo Colui che è venuto e tuttavia rimane sempre Colui che deve venire. Salutiamo Colui che nell’Eucaristia sempre di nuovo viene a noi nel nome del Signore congiungendo così nella pace di Dio i confini della terra. 
Questa esperienza dell’universalità fa parte essenziale dell’Eucaristia. 
Poiché il Signore viene, noi usciamo dai nostri particolarismi esclusivi ed entriamo nella grande comunità di tutti coloro che celebrano questo santo sacramento. Entriamo nel suo regno di pace e salutiamo in Lui in certo qual modo anche tutti i nostri fratelli e sorelle, ai quali Egli viene, per divenire veramente un regno di pace in mezzo a questo mondo lacerato.

- papa Benedetto XVI -
Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006




Entrando in casa con l’Ulivo Benedetto

Per i meriti della tua Passione e Morte, Gesù,
questo ulivo benedetto sia il simbolo della tua Pace, nella nostra casa.
sia anche il segno del nostro aderire sereno all'ordine proposto al tuo Vangelo.

Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!



Preghiera a Gesù che entra in Gerusalemme

Veramente mio amato Gesù,
Voi fate l'ingresso in un'altra Gerusalemme,
mentre entrate nell'anima mia.
Gerusalemme non si mutò avendovi ricevuto,
anzi divenne più barbara, perchè vi crocifisse.
Ah, non permettete mai tale sciagura,
che io vi riceva e, rimanendo in me tutte le passioni
e le mali abitudini contratte, divenga peggiore!
Ma vi prego col più intimo del cuore,
che vi degniate annientarle e distruggerle totalmente,
mutandomi il cuore, la mente e la volontà,
che siano sempre rivolti ad amarvi,
servirvi e glorificarvi in questa vita,
per poi goderne nell'altra eternamente.


Buona domenica delle Palme :-)


martedì 1 marzo 2016

L'intruso - Erri De Luca -

Camminava sull’acqua, riempiva le reti,
i pescatori lasciavano il mestiere per seguirlo.
A una festa di nozze mancò il vino e provvide,
litri a centinaia, un colpo da maestro di vendemmie,
acqua in vasi di pietra si girava in vino.
È migliore, dissero i commensali, sì, è migliore
il vino che non costa premitura, 

il pane fatto senza grano e forno
il pesce che da solo salta in barca: scatenava il gratis
che appartiene alla grazia, passionale e guappa.
Veniva da un battesimo in acque di Giordano, 

morì poco lontano
sopra una trave a T e quando un ferro gli trafisse il fianco
spillò acqua con sangue, come breccia di parto,
morì come sorgente.
Ecco l’intruso del mondo, intriso dal grasso di tutte le colpe,
messo a sbiadire pallido di freddo in un aprile
o addirittura un marzo, oltre ottocento metri
sul livello del mare mai toccato.
Un gargarismo d’acque in fondo a un pozzo asciutto,
uno scatarro nella tubatura delle arterie:
così scroscia la sua resurrezione.

- Erri De Luca - 



«Le passioni che noi abbiamo per debolezza, Gesù Cristo le ha per virtù; 
le passioni che in noi spesso comandano, in Gesù Cristo obbediscono; 
le passioni che in noi prevengono la ragione, in Gesù Cristo la seguono; 
le passioni che in noi sono nel nascere indipendenti dalla volontà, in Gesù Cristo vi sono sottomesse. 
Nulla è in lui effetto di necessità, ma tutto è effetto di potenza e di libertà.»

- San Pier Damiani - 




« II significato delle parole di Gesù : " Triste è l'anima mia fino alla morte ", è questo: tale è la mestizia e lo spavento che io provo nell'intimo mio cuore, che, se la presenza della mia virtù divina non venisse in sostegno della debolezza umana, io non potrei sopravvivervi; dovrei assolutamente morire»

- Sant'Ilario -




Buona giornata a tutti. :-)





domenica 8 novembre 2015

Lettera d'amore di Frida Kahlo a Diego Rivera (1939)

La mia notte è come un grande cuore che pulsa. Sono le tre e trenta del mattino.
La mia notte è senza luna. 
La mia notte ha grandi occhi che guardano fissi una luce grigia che filtra dalle finestre. 
La mia notte piange e il cuscino diventa umido e freddo. 
La mia notte è lunga e sembra tesa verso una fine incerta. 
La mia notte mi precipita nella tua assenza. Ti cerco, cerco il tuo corpo immenso vicino al mio, il tuo respiro, il tuo odore. 
La mia notte mi risponde: vuoto; la mia notte mi dà freddo e solitudine. Cerco un punto di contatto: la tua pelle. Dove sei? Dove sei? Mi giro da tutte le parti, il cuscino umido, la mia guancia vi si appiccica, i capelli bagnati contro le tempie. Non è possibile che tu non sia qui. La mie mente vaga, i miei pensieri vanno, vengono e si affollano, il mio corpo non può comprendere. 
Il mio corpo ti vorrebbe. 
Il mio corpo, quest’area mutilata, vorrebbe per un attimo dimenticarsi nel tuo calore, il mio corpo reclama qualche ora di serenità. 
La mia notte è un cuore ridotto a uno straccio. 
La mia notte sa che mi piacerebbe guardarti, seguire con le mani ogni curva del tuo corpo, riconoscere il tuo viso e accarezzarlo. 
La mia notte mi soffoca per la tua mancanza. 
La mia notte palpita d’amore, quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra. 
La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce. Eppure vorrebbe chiamarti e trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo che massacra. Il mio corpo non può comprendere. Ha bisogno di te quanto me, può darsi che in fondo, io e il mio corpo, formiamo un tutt’uno. Il mio corpo ha bisogno di te, spesso mi hai quasi guarita. 
La mia notte si scava fino a non sentire più la carne e il sentimento diventa più forte, più acuto, privo della sostanza materiale. La mia notte mi brucia d’amore. Sono le quattro e trenta del mattino.
La mia notte mi strema. Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest’evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me. Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero. 
La mia notte non porta consiglio. 
La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti. 
La mia notte si intristisce e si perde. 
La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini. Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori. 
La mia notte è lunga, lunga, lunga. 
La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta. 
La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte. Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno. La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo. 
Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina disordine, è proibito. 
La mia notte si chiede cosa non sia proibito. Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione. Una carne non è fatta per sposare il nulla. 
La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio. 
La mia notte si nutre di echi immaginari. Essa, può farlo. Io, fallisco. 
La mia notte mi osserva. Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa. 
La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza. 
La mia notte ti aspetta. Il mio corpo ti attende. 
La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell’incavo della mia spalla e che io riposassi nell’incavo della tua. 
La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere. 
La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio. 
La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo. 
La mia notte diventerebbe dolce. 
La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te. 
La mia notte è lunga, lunga, lunga. Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio. Sta morendo perché non sei qui e mi uccide. 
La mia notte ti cerca continuamente. Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi. Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra. Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno. Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio. La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile. Mi manchi tanto, tanto. Le tue parole. Il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole."

- Frida Kahlo -  
Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera, Città del Messico, 12 settembre 1939. Mai spedita.




Anche se mi dici che ti vedi molto brutto quando ti guardi allo specchio con i tuoi capelli corti, io non ci credo, so quanto tu sia comunque bello e l' unica cosa che rimpiango è di non essere lì a baciarti e a prendermi cura di te, anche se ogni tanto ti disturberei con i miei brontolii. 
Ti adoro, Diego mio. 
Mi sento come se avessi lasciato il mio bambino e sento che tu hai bisogno di me... Non posso vivere senza il mio chiquito lindo , la casa senza di te non è niente. Senza di te tutto mi sembra orribile. 
Ti amo più che mai e ogni momento di più. Ti mando tutto il mio amore.

- Frida Kahlo a Diego Rivera -



"Non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che portano ad illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza.”

- Frida Kahlo - 



"Dove non puoi amare, non soffermarti." 

- Frida Kahlo -


Buona giornata a tutti. :-)







sabato 29 agosto 2015

Elogio dei piedi - Erri De Luca -

Perché reggono l'intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli
e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato.
E chi esce dopo molti anni deve
imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro
se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade
come muli e fare una siepe
davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli  di donna facevano friggere i versi di Puskin.
Perché gli antichi li amavano
e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro
o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre
contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango,
il croccante tiptap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli
nel sedere di qualcuno, viene scrupolo
che il bersaglio non meriti l'appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però
poi quando arriva il punto di morire
scalciano in nome del corpo contro la morte.

- Erri De Luca -






A volte la meta non è l’obiettivo, è il percorso stesso che detta il senso del nostro viaggio. Non bisogna aver fretta di giungere a destinazione, alla propria Itaca, ma bisogna approfittare del viaggio per esplorare il mondo e crescere. 

Indugia nel percorso, goditi il paesaggio, ascolta, gusta, vedi, respira, ama, inebriati di odori e sapori.

Vivi con coraggio, osando, rischiando, pensando che ovunque arriverai ne è valsa la pena.







Quelli che riflettono troppo prima di fare un passo,
trascorreranno tutta la vita su un piede solo.


- Don Pino Puglisi - 




Buona giornata a tutti. :-)