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giovedì 11 aprile 2019

Un pezzo di legno - don Bruno Ferrero

C'è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto d'onore, uno strano oggetto. Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:
Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d'inverno. 
Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. 
Era tutto ghiacciato, compatto! "Dovrebbe essere magnifico poter pattinare", urlai, "vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!". Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: "Stai attento...". 
Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. 
Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. 
Piangevo e tremavo. Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. 
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. 
È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!
Per questo motivo noi cristiani oggi ci inginocchiamo dinanzi a quel legno, cui si è appeso l'Amore-Gesù; per questo teniamo nelle nostre case un "pezzo di legno" a forma di croce... 
Per ricordare come si ama, e a chi dobbiamo guardare per amare senza stancarci!

- don Bruno Ferrero -



Tu
Uno come Te
lo si può cercare a lungo.
Uno come te

non lo si trova tanto in fretta.
Uno come te
non lo si può mai perdere.
Uno come te,
Signore!


- Ludwig Soumagne - 

"Lavanda dei piedi" - Giovanni Agostino da Lodi (1500) 
Gallerie dell'Accademia - Venezia)

Per incontrare il risorto non si può stare fermi. 
Lui mi ha cercato e mi ha trovato, ma poi spetta a me decidere che seguirlo significa davvero imparare a spostarsi: incontro oggi il Salvatore non alle mie condizioni ma alle sue, là dove lui è. 

- Cesare Beltrami - 




Mi hai fatto male, Dio mio,
e non parlo del corpo
con il quale ho ormai imparato
a convivere decentemente,
ma di quello che ci sta dentro:
questo cuore balordo
che rimbalza
ad ogni sussulto d’affetto,
quest’anima screpolata
che lascia passare
spifferi di dubbio
e di gelida incredulità.
Mi ha fatto male, Signore,
troppo duro il mattino,
troppo sensibile la sera;
troppo fragile sempre.
Mi hai fatto male, Signore,
eppure un giorno
- ne sono certo -  
mettendo insieme
tutte le macerie
dei miei anni,
capirò il perché
e sarò felice di essere
quello che sono. 
Perché mi hai fatto Tu.

- Eric Pearlman - 


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 7 aprile 2019

Ditelo prima – don Bruno Ferrero

Lui era un omone robusto, dalla voce tonante e i modi bruschi.
Lei era una donna dolce e delicata. Si erano sposati. Lui non le faceva mancare nulla, lei accudiva la casa ed educava i figli.
I figli crebbero, si sposarono, se ne andarono. Una storia come tante.
Ma, quando tutti i figli furono sistemati, la donna perse il sorriso, divenne sempre più esile, non riusciva più a mangiare e in breve non si alzò più dal letto.
Preoccupato, il marito la fece ricoverare in ospedale. Vennero al suo capezzale medici e specialisti famosi.
Nessuno riusciva a scoprire il genere di malattia. Scuotevano la testa e dicevano: "Mah!".
L'ultimo specialista prese da parte l'omone e gli disse: "Direi semplicemente che sua moglie non ha più voglia di vivere!".
Senza dire una parola, l'omone si sedette accanto al letto della moglie e le prese la mano.
Una manina sottile che scomparve nella manona dell'uomo. Poi, con la sua voce tonante, disse deciso: "Tu non morirai!". 
"Perché?", chiese lei, in un soffio lieve. 
"Perché io ho bisogno di te!". 
"E perché non me l'hai detto prima?".
Da quel momento la donna cominciò a migliorare. E oggi sta benissimo. Mentre medici e specialisti continuano a chiedersi che razza di malattia avesse e quale straordinaria medicina l'avesse fatta guarire così in fretta.

Non aspettare mai domani per dire a qualcuno che l'ami.
Fallo subito.
Non pensare: "Ma mia madre, mio figlio, mia moglie lo sa già".
Forse lo sa.
Ma tu ti stancheresti mai di sentirtelo ripetere?
Non guardare l'ora, prendi il telefono: 
"Sono io, voglio dirti che ti voglio bene".
Stringi la mano della persona che ami e dillo: 
"Ho bisogno di te! Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene".
L'amore è la vita.
Vi è una terra dei morti e una terra dei vivi.
Chi li distingue è l'amore!


- Don Bruno Ferrero -


Dio non ha ancora finito di scrivere la miglior storia d'amore per te.



La famiglia è un collegamento con il nostro passato e un ponte verso il nostro futuro.

- A. Haley –

Illustrazione by Elina Ellis



Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 11 marzo 2019

Una leggenda irlandese - John Powell

Ci fu un tempo, dice una leggenda, in cui l'Irlanda era governata da un re che non aveva figli maschi. Così, il sovrano inviò i suoi messi ad affiggere dei bandi sugli alberi di tutte le città del regno, per invitare ogni giovanotto che ne avesse i requisiti a presentarsi a palazzo e avere un colloquio con il re come possibile successore al trono. 
Le caratteristiche richieste erano le seguenti: 1) amare Dio e 2) amare gli altri esseri umani.
Il giovanotto di cui parla la leggenda vide i bandi e riflette fra sé e sé che amava Dio e gli altri esseri umani. Tuttavia, data la sua estrema indigenza, non possedeva degli abiti che lo rendessero presentabile alla vista del re; ne disponeva dei mezzi per acquistare le vettovaglie necessarie per il viaggio sino al castello. Perciò mendicò ed ottenne dei prestiti finché non ebbe denaro a sufficienza per dei vestiti adeguati e per le provviste necessarie, e finalmente potè mettersi in viaggio alla volta del castello. 
Lungo la strada, giunto quasi nei pressi della meta, incontrò un mendicante, il quale stava seduto tutto tremante, e non indossava altro che stracci; il poveretto allungò le braccia per implorare aiuto e con voce debole disse piano: «Ho fame e ho freddo. Mi aiuti?»
Il giovane fu così commosso dallo stato di bisogno del povero mendicante che si privò immediatamente degli abiti, facendo il cambio con gli stracci del mendicante. Senza pensarci un attimo, inoltre, gli diede tutte le sue provviste. Poi, benché titubante, riprese il cammino verso il castello, con indosso gli stracci e senza provviste per il viaggio di ritorno. 
All'arrivo al castello, una persona al seguito del sovrano lo fece entrare e, dopo una lunga attesa, finalmente potè accedere nella sala del trono.
Quando il giovane, chinatesi profondamente davanti al sovrano, sollevò gli occhi, fu colmo di stupore.
«Voi... voi siete il mendicante che ho incontrato lungo la strada».
«Sì», rispose il re. «Quel mendicante ero proprio io».
«Ma non siete un vero mendicante. Siete il re».
«Sì, sono il re».
«Perché avete fatto questo?», chiese, allora, il giovane.
«Perché volevo scoprire se tu ami veramente, se ami Dio e gli altri esseri umani. Sapevo che se mi fossi presentato a te come il re, saresti stato molto colpito dalla mia corona d'oro e dai miei abiti regali.
Avresti fatto qualunque cosa io chiedessi per via del mio aspetto regale; ma in questo modo non avrei mai saputo com'è realmente il tuo cuore. Perciò mi sono presentato a te come un mendicante, senza pretese nei tuoi confronti se non quella dell'amore del tuo cuore.
Ed ho scoperto che tu ami realmente Dio e gli altri esseri umani. 
Tu sarai il mio successore. Tu avrai il mio regno!»

- John Powell, gesuita -
da: Perché ho paura di essere pienamente me stesso, Milano, Gribaudi, 2002, pagg 109-110



Essere generosi vuol dire vincere l'antica ansia di perdere ciò che possediamo. Vuol dire ridisegnare i nostri confini. 
Per la persona generosa i confini sono permeabili. 
Ciò che è tuo - la tua sofferenza, i tuoi problemi - è anche mio: questa è la compassione. 
Ciò che è mio - i miei possessi, le mie abilità e conoscenze, le mie risorse, il mio tempo, la mia energia - è anche tuo. Questa è la generosità.

Con la vittoria sui livelli antichi dell'inconscio e una ridefinizione dei confini, la generosità provoca in noi una trasformazione profonda. 
Inutile negarlo: spesso anche la persona più rilassata e gioviale nell'intimo è aggrappata ai suoi averi con tutte le sue forze. 
Questi muscoli emotivi sono sempre tesi. Ciò che abbiamo, o che crediamo di avere, ce lo teniamo stretto: una persona, una posizione sociale, un oggetto, la nostra sicurezza. E in questo trattenere c'è paura. 
Siamo come quei bambini, descritti da una parabola buddhista, che su una spiaggia hanno costruito i loro castelli di sabbia. Ognuno ha il suo castello. Ognuno ha il suo territorio. 
Tutti si sentono importanti: «È mio!», «È mio!». Magari si azzuffano, fanno la guerra. Poi cala la sera, i bambini ritornano alle loro case. 
Dimenticano i castelli di sabbia e vanno a dormire. 
Intanto l'alta marea cancella tutto. 
I nostri monumenti più preziosi sono castelli di sabbia. 
Vogliamo prenderci veramente così sul serio? 
La generosità molla la presa, è molto più rilassata.

- Piero Ferrucci -
 La forza della gentilezza, Oscar Mondadori 2005



Un chicco di frumento si nascose nel granaio.
Non voleva essere seminato.
Non voleva morire.
Non voleva essere sacrificato.
Voleva salvare la propria vita.
Non gliene importava niente di diventare pane.
Né di essere portato a tavola.
Né di essere benedetto e condiviso.
Non avrebbe mai donato vita.
Non avrebbe mai donato gioia.
Un giorno arrivò il contadino.
Con la polvere del granaio spazzò via anche il chicco di frumento.

- don Bruno Ferrero - 
Bollettino Salesiano, giugno 2016


Buona giornata a tutti. :-)





martedì 26 febbraio 2019

La soluzione - don Bruno Ferrero

Un’allegra e vorace comunità di piccioni aveva eletto come domicilio il sagrato di una chiesa. 

Dopo i matrimoni, le fessure del lastrico si riempivano di chicchi di riso che facevano la gioia dei volatili. 
Qualche chicco finiva anche oltre il portale della chiesa e, presi dall’entusiasmo, i piccioni finirono per entrare dentro la chiesa. 
Qualcuno restava dentro anche durante le funzioni domenicali, e operava incursioni che disturbavano e distraevano i fedeli. 
Senza contare le «firme» oltraggiose lasciate sulle statue dei santi. 
Il parroco, esasperato, convocò in seduta straordinaria il Consiglio Pastorale, mettendo all’ordine del giorno la soluzione del problema. 
«Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per impedire ai piccioni di entrare in chiesa!». 
Parlò per primo un consigliere, forse discendente di Erode, che disse: «Buttiamo del riso avvelenato e facciamoli fuori tutti!». 
L’anima francescana di molti consiglieri si ribellò con veemenza: «Questo mai! Portiamoli in qualche cascina in campagna dove vivranno felici e in compagnia!». Ma anche questa soluzione non sembrò praticabile. 
Furono ugualmente bocciate la proposta di procurare un rapace opportunamente addestrato per catturare i piccioni, come pure quella di installare pesanti reti sulle porte e sulle finestre della chiesa. 
Alla fine, quando cominciava a serpeggiare un silenzio imbarazzato, il più anziano del Consiglio domandò: «Insomma, voi volete che i piccioni non entrino più in chiesa?». 
«Sì!» gridarono in coro i consiglieri. 
«Volete proprio non vederceli mai più?». 
«Sì!» urlarono i consiglieri, spazientiti. «Allora è facile» replicò il vecchietto. «Fate così: battezzateli, fategli fare la Prima Comunione, cresimateli e in chiesa non li vedrete mai più...». 

- don Bruno Ferrero  -
da: "A volte basta un raggio di sole", ed. LDC, Torino 1998, pp. 32-33




La via del servizio è l’antidoto più efficace contro il morbo della ricerca dei primi posti; è la medicina per gli arrampicatori, questa ricerca dei primi posti, che contagia tanti contesti umani e non risparmia neanche i cristiani, il popolo di Dio, neanche la gerarchia ecclesiastica. 

- papa Francesco - 
Angelus in Piazza San Pietro domenica 21 ottobre 2018


Non dire mai


Non dire mai: Io
invece di: Noi
Non dire mai: Mio
invece di: Nostro.
Non dire mai: Tocca a lui
invece di: Comincio io.
Non dire mai: Non posso.
invece di: Eccomi.
Non dire mai: Vattene
invece di: Vieni.
Non dire mai: Domani
invece di: Oggi.
Non dire mai: Mai
invece di: Sempre.

- Charles S. Lawrence -

 -


Buona giornata a tutti. :-)









sabato 23 febbraio 2019

La vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne uscirà vivo - don Bruno Ferrero

Con una certa frequenza è comunicata la notizia dell'avvicinamento di un meteorite al nostro pianeta e quasi sempre qualcuno dichiara che l'esito potrebbe essere infausto per tutta l'umanità. "Il mondo finirà", dichiarano alcuni che pare godano di una discreta infallibilità nel preannunciare sventure.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte".



Per ognuno di noi, il mondo sicuramente finirà.
In termini puramente terreni, la vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne uscirà vivo.

Ci sforziamo continuamente di non pensarci, ma il tempo è un mistero inesorabile al quale non possiamo sfuggire: fa sentire i suoi effetti sui nostri capelli e nelle articolazioni, si diverte a stamparci rughe sul viso e ad ampliare il nostro girovita.
Se ci riflettiamo, dovremo convenire che il tempo è una tra le risorse davvero non rinnovabili.
Un tale ha sintetizzato questa realtà con una semplice affermazione: "Passiamo la vita ad ammazzare il tempo in attesa che il tempo ammazzi noi".
Eppure il tempo che ci è dato è l'unica occasione che abbiamo quaggiù. Non ce ne sarà data un'altra.
Perché allora lasciamo che tutto scorra tra l'impazienza e la noia? 
Che cosa ci tiene così spesso in uno stato di torpore? 
Siamo immersi in una serie di abitudini, sviluppiamo un attaccamento nei confronti di gesti meccanici e poveri di contenuto, permettiamo che un grigiore uniforme livelli la nostra esistenza. A un certo punto potremo accorgerci che la nostra vita se n'è andata e non l'abbiamo vissuta.
Grandi cose ci sfiorano, passano nella nostra anima come acqua sulle pietre. Troppo spesso potremmo essere paragonati ai giovani che vanno in gita a bordo di un pullman che attraversa località incantevoli, ma tengono le tendine del finestrino ben chiuse, per ascoltare l'iPod a occhi chiusi o risolvere il Sudoku.

"State bene attenti", ci dice Gesù, "che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra". 

Un falco era stato catturato da un contadino, che lo aveva legato a una zampa e l'aveva sistemato nell'aia di un cascinale.
Il falco non si era rassegnato a vivere come un pollo. Aveva cominciato a dare decisi strattoni alla corda che lo teneva avvinto ad un robusto trave del pollaio. Fissava il cielo azzurro e si impegnava a tirare con tutte le sue forze. La corda lo riportava però sempre e inesorabilmente a terra. Il falco provò a liberarsi senza sosta per settimane, finché la pelle della zampa legata si lacerò e le sue belle ali si rovinarono.
Alla fine, il falco si abituò a quella vita. A distanza di qualche mese trovava di suo gradimento anche il mangime dei polli. Si accontentò dunque di razzolare.
Così non si accorse che le piogge autunnali e la neve dell'inverno avevano fatto marcire la corda che lo legava a terra.
Sarebbe bastato un ultimo modesto strattone e il falco sarebbe tornato in libertà, padrone del cielo.
Il falco però non lo fece.

"Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

A volte il nostro corpo fa fatica anche solo a salire una rampa di scale, ma la nostra anima ha le ali. 
E il cielo è nostro.

Per evitare sorprese, i primi cristiani hanno fatto una cosa straordinaria: hanno regolato l'orologio della vita su Gesù. Fin dall'inizio hanno orientato la dimensione del tempo su Gesù e, per cominciare, trasformarono il sabato degli ebrei nella domenica.
Il capolavoro cristiano sul senso del tempo è l'anno liturgico, cioè l'anno delle feste cristiane, disposte in modo che nell'arco dell'anno si ripercorra la vita di Gesù, perché è lui "Alfa e Omega, principio e fine" come si proclama nella notte di Pasqua, la notte più solenne dell'anno per i cristiani.
L'anno liturgico immerge il cristiano nella storia di Gesù, dal momento in cui si attende la sua venuta a Natale fino a quando si aspetta che torni alla fine dei tempi. E si concentra sul nucleo drammatico di quella storia, sugli ultimi giorni che Cristo visse a Gerusalemme, dal Giovedì Santo alla domenica di Pasqua.
Il cristiano non è come l'eroe solitario dei film western che cavalca verso il sole che tramonta e le parole "The end". 
Il cristiano cammina verso il sole che sfolgora al mattino, perché sa che nessuno può impedire al sole di sorgere, come nessuno può immaginare di chiudere Dio nell'oscurità di una tomba.

Gesù ha capovolto il senso del tempo: non si va verso la fine, ma verso il principio. E ha anche spiegato chiaramente che cosa dobbiamo fare in questo periodo che chiamiamo tempo o vita.

"Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".

"Sveglia" è la persona che si propone a ogni istante di tenere l'occhio vigile rivolto a ciò che la volontà di Dio raccomanda nelle situazioni che si presentano di volta in volta. Per Gesù "vegliare" significa essere sensibili nei confronti degli esseri umani e delle cose. Averne cura.

"Mio padre si ubriaca sempre perché è disoccupato e la mia mamma non ha soldi e mi hanno messo dentro un istituto.
L'unica creatura che mi vuole bene è un pesce rosso che tengo dentro un vasetto sempre vicino a me, anche quando dormo la notte. 
La direttrice mi ha detto che il pesce non lo posso più tenere e allora di notte dormo con il vasetto del pesce legato alla mano, perché ho paura di svegliarmi e di non trovarlo più.
Se mi portano via il pesce, non ho più nessuno che mi vuole bene" ha scritto un bambino di otto anni.

Tutti abbiamo un "pesce rosso" su cui vegliare. 
E noi siamo il "pesce rosso" di Dio. "Tu sei prezioso ai miei occhi", ci assicura il Signore tramite il profeta Isaia.
Dio non dorme mai. È sempre con noi, mentre noi spesso siamo lontani da Lui.
Il contrario della veglia è la sonnolenza, il sopore, la mancanza di partecipazione e l'elusione delle responsabilità.
Sotto molti aspetti l'esortazione a essere desti è identica ad alcune espressioni bibliche che hanno goduto del loro momento favorevole soprattutto in passato, come "fare penitenza" o "conversione". 
Il termine "risveglio" suona più positivo, perché mira alla luce del giorno e alla gioia di esserci, di ritrovarsi dopo l'incoscienza del sonno.
Vegliare durante la notte non è romantico: bisogna lottare contro il freddo e la stanchezza. Non ci si può fare l'abitudine. Solo quando si è intensamente toccati da qualcuno si può vegliare per aspettarlo.

"Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande".

Il cristiano è una persona "sveglia", una persona che vive nell'Avvento. Gesù sa dunque che c'è almeno uno che lo aspetta. Come la sentinella spera nell'aurora, suggerisce il Salmo 130, così il cristiano aspetta il Signore, con amore e fiducia. Non può e non vuole dormire, finché finalmente arriverà.
Gesù pretende un amore radicale. Chiede di tenere lo sguardo puntato solo su Dio, anticipando così la realtà e i criteri del giorno venturo nel cuore della notte, proprio quando tutti vogliono mettersi comodi.

"Fratelli, ci ha detto San Paolo, il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi".

Il tempo dei cristiani è un tempo pieno. Pieno di senso, inteso come significato e direzione. Si va da qualche parte, si va da Qualcuno. Il momento verrà: abbiamo un appuntamento. Nel cuore della parabola delle dieci ragazze c'è un annuncio: "A mezzanotte un grido risuonò: ecco lo sposo, andategli incontro!"

Un giorno un turista fece visita ad un famoso rabbino.
Rimase stupito nel vedere che la casa del rabbino consisteva soltanto in una stanza piena di libri. Gli unici mobili erano un tavolo e una panca.
"Rabbi, dove sono i tuoi mobili?", chiese il turista.
"E i tuoi dove sono?", replicò il rabbino.
"I miei? Ma io sono qui solo di passaggio", replicò il turista.
"Anch'io", disse il rabbino.

Siamo di passaggio, quaggiù. La vita è solo un ponte, non ci possiamo costruire sopra una casa. Ma quello che il bruco definisce "fine del mondo", per il Maestro si chiama "farfalla".

- Bruno FERRERO sdb - 
2015 - dal sito incammin.com


Buona giornata a tutti. :-)






giovedì 21 febbraio 2019

Un albero – don Bruno Ferrero

In un paese lontano si trovava un albero prodigioso.

Nessuno conosceva la sua età.

Alcuni dicevano che era più vecchio della terra.

Donne e uomini venivano a supplicarlo. Anche i lupi, nelle notti senza luna, ululavano verso di lui.

Ma nessuno osava mangiare i suoi frutti.
Eppure erano frutti magnifici, enormi, innumerevoli, che pendevano dalle due ramificazioni dell'albero.

Metà di questi frutti erano velenosi. Nessuno sapeva quale delle due metà. 

Dei due grandi rami, uno portava la vita, l'altro la morte.
Venne una grande carestia e la gente del paese soffriva la fame.

Solo l'albero rimaneva imperturbabile, carico di frutti splendidi.
Gli abitanti dei dintorni si avvicinavano indecisi e timorosi. Erano affamati e soffrivano, ma non volevano morire avvelenati.
Ma, un giorno, un uomo che stava per morire si fermò sotto il ramo di destra, raccolse un frutto e lo mangiò senza esitare. Rimase in piedi, tranquillo, con un respiro che si faceva sempre più gioioso.
Tutti di colpo si accalcarono verso il ramo di destra e cominciarono a mangiare quei frutti deliziosi e salutari.
Alla sera, gli abitanti dei posto si riunirono in consiglio. Il ramo di sinistra era non solo inutile, ma anche pericoloso. Decisero di reciderlo con decisione dal tronco. Il giorno dopo, tutti si svegliarono presto e si affrettarono a cercare il loro cibo.
Tutti i frutti del ramo di destra erano caduti in terra e imputridivano nella polvere. Gli uccelli che abitavano tra le foglie erano scomparsi.
L'albero era morto durante la notte.

I contadini allora dissero al padrone. "Signore, tu avevi fatto seminare dei buon grano nel tuo campo. Da dove viene l'erba cattiva?".
Egli rispose: "E' stato un nemico a far questo".
I contadini gli domandarono: "Vuoi che andiamo a strapparla via?".
Ma egli rispose: "No! Perché, così rischiate di strappare anche il grano insieme con l'erba cattiva. Lasciate che crescano insieme fino al giorno del raccolto. A quel momento io dirò ai mietitori: raccogliete prima l'erba cattiva e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece mettetelo nel mio granaio" (Matteo 13,2 7-30).

Male e bene sono misteriosamente mescolati e crescono insieme. Nessun essere umano può sottrarsi alla responsabilità fondamentale che sgorga dalla libertà che Dio gli ha donato: scegliere.

- don Bruno Ferrero -
Fonte: La Vita è Tutto Ciò che Abbiamo - Casa Editrice: ElleDiCi




Dobbiamo essere ben coscienti che il male non è una forza anonima che agisce nel mondo in modo impersonale o deterministico.
Il male, il demonio, passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà.
Cerca un alleato, l’uomo. Il male ha bisogno di lui per diffondersi.
È così che, avendo offeso il primo comandamento, l’amore di Dio, viene a pervertire il secondo, l’amore del prossimo.
Con lui, l’amore del prossimo sparisce a vantaggio della menzogna e dell’invidia, dell’odio e della morte. Ma è possibile non lasciarsi vincere dal male e vincere il male con il bene (cfr Rm 12, 21)

- papa Benedetto XVI - 
Libano 15 settembre 2012






Porta un albero verde nel tuo cuore e forse gli uccelli vi verranno a cantare….


(antico proverbio cinese)


Buona giornata a tutti. :-)